Nel corso degli ultimi decenni, i media conservatori hanno avuto un impatto decisivo sulla politica americana, dando forma a una nuova dimensione della lotta politica che non può più essere ignorata. Le emittenti radiofoniche e televisive, come Fox News, e i programmi come quelli di Rush Limbaugh, hanno giocato un ruolo cruciale nell'introduzione di una nuova narrativa politica. Questi media non si sono limitati a commentare la politica, ma hanno effettivamente contribuito a definirla, creando una sorta di "realità alternativa" che ha avuto effetti profondi sul comportamento politico e sull'evoluzione della cultura politica americana.

Un esempio emblematico di questo fenomeno è rappresentato dal ruolo di Fox News nella promozione della candidatura di Donald Trump. La rete, da tempo un punto di riferimento per i conservatori, è stata la piattaforma principale attraverso cui Trump ha diffuso il suo messaggio. Le sue apparizioni costanti in programmi come Fox & Friends hanno rafforzato l'immagine di Trump come un outsider che combatte l'establishment politico. Il suo legame con Fox News ha contribuito non solo a guadagnargli visibilità, ma anche a costruire una base di sostegno tra gli elettori più fedeli e arrabbiati contro i politici tradizionali.

Nel contesto di questa nuova forma di politica, la "guerra culturale" ha assunto un'importanza mai vista prima. Le divisioni politiche sono diventate sempre più marcate, alimentate dalla retorica dei media di destra che ha polarizzato l'opinione pubblica su temi come il matrimonio gay, l'immigrazione e, in particolare, la figura di Barack Obama. La sua presidenza è stata vista da molti come un simbolo di un cambiamento radicale, e il suo avversario principale in questo conflitto culturale è diventato la figura di Donald Trump. Le battaglie su questi temi sono diventate una parte centrale del dibattito politico, creando una frattura profonda tra i sostenitori di Trump e coloro che si opponevano alla sua visione del paese.

Oltre a questa polarizzazione, è importante notare l'influenza che i gruppi di media di destra hanno avuto nella manipolazione delle informazioni. Il concetto di "fake news" è stato utilizzato non solo per delegittimare l'opposizione, ma anche per creare una realtà parallela in cui le notizie venivano filtrate attraverso una lente conservatrice. Breitbart, ad esempio, è stato uno degli attori principali in questo processo, contribuendo a modellare l'agenda dei media e a spingere argomenti di destra nell'attenzione nazionale.

La propaganda conservatrice ha trovato fertile terreno nell'era digitale, dove le piattaforme sociali come Twitter e Facebook hanno amplificato le voci di destra. Le figure di spicco come Steve Bannon, ex stratega di Trump, hanno contribuito alla creazione di una "informazione alternativa" che ha avuto un impatto devastante sulle dinamiche politiche tradizionali. La crescita di un ecosistema mediatico di destra ha alimentato una divisione che ha scosso la democrazia americana, in cui le verità e le informazioni sono diventate sempre più soggettive, dipendenti dalla visione politica di ciascuno.

Un altro aspetto fondamentale di questa trasformazione riguarda il concetto di "supremazia conservatrice". L'emergere di una politica che si basa non solo su un messaggio economico, ma anche su un'identità culturale e morale, ha definito la nuova agenda dei conservatori. In questo contesto, le figure politiche come Mitt Romney e Paul Ryan sono passate da un approccio più moderato a uno più intransigente, abbracciando le politiche della "rivoluzione culturale" che caratterizzano la destra odierna.

Nonostante la crescente divisione, è fondamentale comprendere che i media conservatori non solo hanno influenzato il pubblico, ma hanno anche cambiato la stessa natura della politica americana. Quello che una volta era un dibattito pubblico razionale e ponderato è diventato un'arena dominata da attacchi, slogan e identità. Le tradizionali linee di demarcazione tra liberali e conservatori sono diventate sempre più sfumate, mentre la narrativa della "lotta per l'anima dell'America" è diventata il centro del discorso politico.

Questa nuova era politica, alimentata da un'informazione polarizzata, ha reso ancora più difficile per gli elettori comprendere le reali implicazioni delle loro scelte politiche. La creazione di una realtà alternativa ha diviso il paese in due fazioni che si rifiutano di riconoscere la legittimità delle opinioni dell'altro. Questo ha reso più difficile trovare un terreno comune su questioni cruciali come la giustizia sociale, l'immigrazione e la sanità, portando a un'impasse che sembra solo intensificarsi.

Con il rafforzamento di queste divisioni, è necessario comprendere che la trasformazione dei media conservatori non è solo una questione di preferenze politiche. È il segno di un cambiamento più ampio che ha ridisegnato la politica americana, facendo entrare in gioco forze che non possono essere facilmente ignorate. La sfida che ne deriva è quella di ripristinare un discorso pubblico in cui le idee possano essere discusse in modo costruttivo e non come battaglie ideologiche senza fine.

Perché alcuni latinos hanno sostenuto Donald Trump?

La narrativa secondo cui la comunità latina negli Stati Uniti sarebbe un blocco monolitico politicamente progressista si è infranta di fronte a dati elettorali, dinamiche religiose, crisi economiche e strategie comunicative efficaci della destra americana. Donald Trump, malgrado la sua retorica polarizzante e le sue politiche migratorie controverse, è riuscito a costruire un consenso sorprendentemente solido tra segmenti significativi dell’elettorato latino, specialmente in stati come la Florida e il Texas.

Tra gli elementi chiave di questa alleanza vi è la connessione profonda con il mondo imprenditoriale. Organizzazioni come The LIBRE Initiative si sono radicate in comunità latine con messaggi centrati sull’imprenditorialità, l’autonomia economica e il libero mercato. Durante la pandemia di COVID-19, mentre molte imprese latine affrontavano perdite gravi, Trump è riuscito a presentarsi come il difensore dell’economia e della libertà d’impresa, promettendo riaperture rapide e minor burocrazia.

Anche l'identità religiosa ha giocato un ruolo cruciale. La crescita degli evangelici latini – spesso conservatori in materia di famiglia, sessualità e ruolo dello Stato – ha trovato in Trump un alleato nella battaglia contro l’aborto, i diritti LGBTQ+ e l’influenza percepita del “socialismo culturale”. Nonostante episodi di scherno verso i cristiani documentati in fonti autorevoli, la sua amministrazione ha costruito alleanze solide con pastori e leader religiosi latini, soprattutto in Florida e Nevada.

Il linguaggio politico ha avuto un impatto rilevante. Trump ha dipinto Joe Biden e i Democratici come cavalli di Troia del socialismo, evocando immagini di Venezuela e Cuba e risvegliando paure ataviche tra immigrati e discendenti di rifugiati latinoamericani. Questa strategia ha avuto successo particolare tra venezuelani, cubani e nicaraguensi in esilio o autoesilio. La sola presenza di Juan Guaidó, leader dell’opposizione venezuelana, durante il discorso sullo stato dell’Unione, fu un gesto simbolico potente.

Una variabile sorprendente è stata la partecipazione femminile. Le donne latine, considerate in passato un segmento compatto a favore dei Democratici, hanno mostrato segnali di spostamento. In molti casi, è emerso un pragmatismo economico, il desiderio di stabilità e l’adesione a valori tradizionali che hanno alimentato il sostegno a Trump, soprattutto tra madri e piccole imprenditrici.

Le accuse di misoginia, razzismo e autoritarismo, pur avendo forti basi, non sono state sufficienti a cancellare la percezione, in certi ambienti latini, di un presidente che parlava senza filtri, “diceva la verità” e difendeva una visione dell’America centrata sul lavoro, Dio e patria. In parallelo, parte dell’elettorato latino ha sviluppato una crescente disaffezione verso il Partito Democratico, percepito come distante, elitario o troppo orientato verso istanze identitarie bianche e nere, in cui i latini si sentivano invisibili o strumentalizzati.

Il voto latino per Trump non rappresenta un’anomalia, ma il riflesso di una comunità complessa, attraversata da religioni, classi sociali, storie migratorie e progetti di vita eterogenei. Non tutti i latini vogliono lo stesso modello di cittadinanza, né si riconoscono nei simboli della sinistra americana. Alcuni vedono in Trump – paradossalmente – il garante della loro ascesa, del loro spazio nel sogno americano.

Importante, infine, riconoscere il ruolo della comunicazione capillare sui social media e in canali televisivi in lingua spagnola che, spesso, hanno diffuso narrazioni alternative, disinformazione o semplicemente messaggi che i media mainstream non riuscivano a intercettare. La macchina repubblicana ha investito con anticipo e strategia, mentre i Democratici hanno dato per scontato il sostegno latino, commettendo un errore strategico. La mobilitazione culturale e politica della destra latinoamericana ha trovato sponde negli Stati Uniti, creando un asse ideologico transnazionale. In un’epoca in cui le appartenenze si ridefiniscono, anche l’identità latina negli Stati Uniti si riconfigura: più conservatrice, più frammentata, meno prevedibile.

Come i Latini si stanno allontanando dal Partito Democratico negli Stati Uniti?

Nel corso delle ultime elezioni, la politica statunitense ha visto un interessante cambiamento nelle preferenze elettorali della comunità latina, in particolare nelle elezioni presidenziali del 2020. Nonostante Joe Biden abbia vinto, un fatto sorprendente è stato l’aumento del supporto latino per Donald Trump, in alcune aree chiave come la Florida, il Texas e la California. Un fenomeno che ha sollevato molte discussioni tra i politici e gli analisti, i quali si sono chiesti se questo segno di crescente disaffezione verso i Democratici fosse solo un'eccezione o il preludio di un cambiamento duraturo.

Ted Cruz, durante il summit legislativo della Coalizione Latino di Washington nel 2019, ha descritto in modo netto ciò che vedeva come un pericolo crescente per gli Stati Uniti: il socialismo stava prendendo piede all'interno del Partito Democratico. Secondo lui, figure come il presidente venezuelano Nicolás Maduro, il cubano Fidel Castro e la deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez stavano rappresentando una minaccia diretta alla nazione. L’argomento della "minaccia socialista" è stato ulteriormente enfatizzato durante la campagna elettorale del 2020, quando Trump ha etichettato Biden come un "cavallo di Troia" per l'ideologia socialista, anche se Biden stesso non si è mai dichiarato socialista. Trump ha sostenuto che, pur non essendo Biden un socialista, le sue politiche sarebbero state determinate dalla sinistra del suo partito.

Tuttavia, non tutti i cubani e i venezuelani della Florida erano d'accordo con questa narrazione. Alcuni di loro hanno criticato Trump per non aver fatto nulla di concreto per supportare Cuba o il Venezuela, accusandolo di attuare solo gesti simbolici, come l'invito del leader dell'opposizione venezuelana Juan Guaidó a partecipare al suo discorso sullo Stato dell'Unione nel febbraio 2020. Nonostante la proclamazione di Guaidó come "vero presidente del Venezuela", Trump non ha messo in atto le politiche che aveva annunciato. Questo ricorda una sensazione simile a quella provata dai cubani americani durante la presidenza di Ronald Reagan, quando promesse simili di rimuovere Castro dal potere non sono state mantenute, e l’embargo commerciale con Cuba è stato visto come un fallimento.

Il 2020 ha visto anche un cambiamento significativo nel modo in cui i Latini si sono orientati politicamente. I Democratici, pur avendo ottenuto un ampio sostegno in stati come l'Arizona, hanno dovuto fare i conti con un aumento del sostegno a Trump tra i Latini, in particolare in alcune regioni chiave. I Repubblicani hanno visto questa crescita come un segno della futura direzione politica della comunità latina negli Stati Uniti. Da un lato, la storia suggerisce che una porzione significativa dei Latini continuerà a sostenere i candidati repubblicani, ma dall'altro, il cambiamento è sempre un fattore da considerare, soprattutto in un contesto politico in continua evoluzione.

La divisione di opinioni tra i Democratici ha portato ad un dibattito interno: alcuni sostenevano che fosse necessario spiegare meglio cosa significasse il "socialismo democratico" per contrastare le accuse mosse dai Repubblicani, mentre altri ritenevano che fosse più utile ignorare completamente tali accuse, poiché ritenute infondate e strumentalizzate per delegittimare il partito.

Il risultato delle elezioni 2020, in cui Trump ha guadagnato terreno tra i Latini pur perdendo la presidenza, ha fatto sorgere nuove domande sulla possibilità di un cambiamento nel panorama politico. Alcuni sostengono che l’incremento del sostegno a Trump tra i Latini potrebbe essere stato un caso isolato, legato alla particolare situazione del 2020, mentre altri vedono questa tendenza come l'inizio di un cambiamento più profondo nelle alleanze politiche della comunità latina.

Un altro aspetto che ha suscitato sorpresa è stato il cambiamento di supporto tra uomini e donne latine. Sebbene ci si aspettasse che gli uomini latini fossero la maggior parte dei sostenitori di Trump, uno studio di EquisLabs nel 2021 ha rivelato che le donne latine hanno fatto il maggiore spostamento verso Trump rispetto al 2016. Questo cambiamento di preferenze potrebbe essere legato al profilo imprenditoriale di Trump e al suo modo diretto di parlare, caratteristiche che hanno attratto molte donne latine, in particolare quelle che sono imprenditrici.

In ogni caso, i guadagni di Trump tra i Latini nel 2020 sono stati significativi, anche se non determinanti. Nonostante più del 70% dei votanti non bianchi abbia scelto Biden, la crescita del supporto repubblicano dimostra che c’è spazio per i Repubblicani per conquistare il voto delle minoranze, un campo che i Democratici, a volte, non sono riusciti a coltivare in modo efficace, dando per scontato il sostegno di questi gruppi senza rispondere adeguatamente alle loro esigenze concrete.

Il futuro del voto latino negli Stati Uniti appare dunque incerto, ma ciò che emerge con chiarezza è che il panorama politico sta cambiando. I Latini non sono più un blocco monolitico e i partiti politici dovranno adattarsi a queste nuove realtà, senza dare per scontato né il loro sostegno né la loro disaffezione.

Come la politica commerciale di Trump ha trasformato le relazioni con la Cina: dal decoupling tecnologico alla nuova visione strategica

Durante la presidenza di Donald Trump, le relazioni economiche tra gli Stati Uniti e la Cina hanno subito una notevole evoluzione, seppur tra alti e bassi. Nonostante Trump non sia riuscito a ottenere risultati concreti su alcuni degli obiettivi commerciali più ampi, ha comunque introdotto significativi cambiamenti nel commercio di alta tecnologia, in particolare per quanto riguarda gli articoli legati alla sicurezza nazionale. La sua amministrazione ha ricevuto un forte supporto da parte del Pentagono, delle agenzie di intelligence e delle comunità tecnologiche statunitensi. Un esempio emblematico di questo approccio è la lotta contro le aziende cinesi Huawei e ZTE.

Nel 2018, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha proibito alle aziende americane di esportare a ZTE, una mossa che avrebbe potuto di fatto distruggere l’azienda, che dipendeva da semiconduttori statunitensi. Tuttavia, Trump ha cambiato posizione dopo una telefonata con Xi Jinping, e la situazione è stata riaperta, con molti ufficiali dell'amministrazione che hanno interpretato questa decisione come un mero strumento di negoziazione nelle trattative commerciali più ampie. La battaglia contro Huawei, invece, è stata più lunga e determinata. La campagna ha ottenuto il sostegno convinto delle agenzie di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, che sostenevano che Huawei fosse legata all'Esercito Popolare di Liberazione Cinese e rappresentasse una minaccia per la sicurezza informatica. Le autorità americane hanno esortato altri paesi a non acquistare attrezzature Huawei, ma il successo di questa campagna è stato parziale. Paesi come la Germania, infatti, hanno optato per restrizioni più leggere, mentre il Regno Unito ha seguito una linea più rigida.

Una delle situazioni più complicate si è verificata quando, nel 2018, l'amministrazione Trump ha accusato la vice presidente di Huawei, Meng Wanzhou, di violare le sanzioni americane contro l'Iran, emettendo un mandato di estradizione. La sua detenzione in Canada ha scatenato una reazione della Cina, che ha arrestato due cittadini canadesi, portando la situazione a uno stallo che si è prolungato fino alla fine della presidenza Trump.

Tuttavia, mentre i lavoratori americani del settore manifatturiero non hanno ottenuto molti benefici dalle politiche commerciali di Trump, l'industria tecnologica statunitense ha tratto alcuni vantaggi significativi. Un elemento chiave è stato l’avvicinarsi della realtà di un “decoupling” (scissione) tecnologico tra gli Stati Uniti e la Cina. Nel 2019, la leadership del Partito Comunista Cinese ha deciso di formare un gruppo di lavoro per esplorare come realizzare questo “decoupling” nel settore tecnologico, a dimostrazione di come anche la Cina stesse gradualmente spostandosi verso un disaccoppiamento tecnologico da parte degli Stati Uniti.

Questa visione strategica si è tradotta in cambiamenti sostanziali nella percezione della Cina da parte degli Stati Uniti, in particolare sotto la presidenza Trump. La Cina, che durante la Guerra Fredda era vista come partner per contrastare l'Unione Sovietica, è stata progressivamente concepita come il principale avversario degli Stati Uniti, non solo per motivi economici, ma anche geopolitici. La retorica ufficiale americana ha evoluto il termine “competitore strategico” a “rivalità di potenza mondiale” a partire dalla fine degli anni 2000, con Trump che ha definito la Cina come la minaccia geopolitica principale.

Nel 2018, la Casa Bianca ha emesso una dichiarazione strategica in cui affermava che la sfida principale per la politica americana in Asia era "mantenere la primazia strategica degli Stati Uniti e promuovere un ordine economico liberale, impedendo alla Cina di stabilire nuove sfere di influenza illiberali". Questo nuovo approccio ha avuto ripercussioni più ampie, anche per quanto riguarda il termine "Asia" stesso: sotto Trump, gli Stati Uniti hanno iniziato a parlare sempre più spesso della regione come “Indo-Pacifico”, con il comando militare del Pacifico che ha assunto il nome di "Comando Indo-Pacifico".

Questo cambiamento di terminologia non era solo una questione linguistica, ma rifletteva un cambiamento strategico profondo. Durante le decadi precedenti l'amministrazione Trump, le politiche americane in Asia oscillavano tra un approccio sinocentrico e un’attenzione prioritaria agli alleati asiatici orientali, come Giappone e Corea del Sud. Con Trump, si è cercato di ottenere un supporto più ampio e distante, avvicinando sempre più l'India e altri paesi come l'Australia per contrastare l’ascesa della Cina.

Il contesto internazionale è stato ulteriormente influenzato dal crescente autoritarismo della leadership cinese sotto Xi Jinping. La repressione interna, la creazione di campi di rieducazione per i musulmani Uiguri nella provincia dello Xinjiang e la rimozione di qualsiasi autonomia politica a Hong Kong sono stati fattori che hanno reso più difficile per l'amministrazione Trump perseguire politiche di conciliazione con la Cina. In risposta, la retorica ufficiale si è concentrata sulla distinzione tra il popolo cinese e il Partito Comunista Cinese, cercando di separare le azioni del regime dalla popolazione.

Infine, è importante notare che la crescente tensione tra Stati Uniti e Cina non ha avuto solo conseguenze su scala geopolitica, ma ha anche portato ad un ripensamento su come gli Stati Uniti affrontano la competizione globale. La ristrutturazione delle alleanze, l’espansione del concetto di "Indo-Pacifico" e il rafforzamento di alleanze con Paesi come l'India e l'Australia sono manifestazioni tangibili della risposta americana alla crescente potenza della Cina.