L’addestramento specifico dei cani atletici si basa su esercizi mirati che rafforzano muscoli e migliorano la coordinazione, partendo da movimenti semplici fino a manovre complesse. Tra questi, il "crawl" richiede al cane di strisciare senza fermarsi, utilizzando la pancia come punto di appoggio, aumentando la difficoltà variando la velocità, invertendo la direzione e ruotando a 180 o 360 gradi. Progressivamente, si può far passare il cane sotto oggetti sempre più alti, come sedie o aste elevate, per sviluppare flessibilità e controllo muscolare.
L’esercizio “crouch” simula il crawl ma con ostacoli posizionati a circa 10 cm sotto la scapola del cane, costringendo a mantenere una postura più bassa e richiedendo un controllo muscolare più intenso.
Il “roll over” è un esercizio complesso che richiede al cane di rotolare su se stesso per tre volte in entrambe le direzioni. Si inizia posizionando un bocconcino vicino alla scapola, spostandolo lentamente verso la colonna vertebrale, inducendo un movimento naturale di rotolamento. Per aumentare la difficoltà, si può introdurre un ostacolo morbido o inclinazioni crescenti, esercizi che richiedono una notevole forza addominale e laterale, e spesso un periodo di alcune settimane prima che il cane acquisisca la forza necessaria.
Gli esercizi di "crunch addominali" si dividono in laterali e ventrali. Nel crunch laterale, il cane è posto in decubito laterale, con l’arto toracico inferiore esteso e bloccato, mentre con un bocconcino si invita a spostare la testa verso l’area inguinale, obbligando i muscoli addominali laterali a lavorare senza permettere al cane di aiutarsi con le zampe. Il crunch ventrale, invece, vede il cane sdraiato sulla schiena tra le gambe del conduttore, con un arto toracico bloccato e la testa stimolata a muoversi tra le zampe anteriori verso il petto, attivando così la muscolatura addominale ventrale. Quest’ultimo è molto impegnativo, ma essenziale per lo sviluppo della forza del core.
Il “plank” è un esercizio isometrico in cui il cane mantiene la posizione con le zampe anteriori e posteriori su due superfici stabili e distanziate in modo da mantenere gli arti verticali. All’aumentare della distanza tra i supporti, l’anca si estende maggiormente, impegnando profondamente il core. L’uso di superfici instabili e il comando “touch” aiutano a mantenere la posizione per 30-45 secondi, incrementando ulteriormente la difficoltà.
Per la forza degli arti toracici, esercizi come il “wave” insegnano al cane a sollevare una zampa anteriore più in alto della testa per periodi fino a 30 secondi. Questa azione rinforza i muscoli flessori e stabilizzatori del membro elevato e del lato opposto di appoggio. L’innesco del movimento può avvenire posizionando del nastro adesivo sulle sopracciglia del cane, che istintivamente cercherà di toglierlo con la zampa.
L’esercizio “high-nines” coinvolge nove posizioni della mano del conduttore davanti al cane, che deve appoggiare le zampe in successione sulle mani, effettuando movimenti di adduzione e abduzione degli arti toracici, lavorando così sui muscoli responsabili di questi movimenti.
La “wheelbarrow” (carriola) consiste nel sollevare gli arti pelvici del cane, obbligandolo a camminare solo con gli arti toracici, aumentando la difficoltà e il carico spostandolo progressivamente con l’altezza degli arti posteriori. L’esercizio può essere effettuato su superfici complesse come scale o scale a pioli per incrementare la sfida.
Infine, il “handstand” richiede al cane di camminare all’indietro su una rampa inclinata sempre più ripida, fino a riuscire a sostenersi con solo gli arti toracici, sviluppando una forza muscolare e coordinazione avanzata, utili per le manovre di atleti canini durante salti e atterraggi.
Oltre alla pratica costante di questi esercizi, è fondamentale comprendere che la progressione deve essere graduale, rispettando i tempi di adattamento muscolare e articolare del cane. L’attenzione a non forzare movimenti prima che il cane sia pronto evita infortuni e assicura risultati duraturi. L’integrazione di esercizi di propriocezione, equilibrio e resistenza è altrettanto importante per sviluppare una muscolatura armoniosa e prevenire squilibri che potrebbero portare a problemi funzionali. Inoltre, l’allenamento della forza dovrebbe sempre essere accompagnato da un corretto riscaldamento e defaticamento per preservare la salute articolare e muscolare dell’animale. La collaborazione tra conduttore e cane, basata su motivazione e rinforzo positivo, risulta cruciale per ottenere la massima efficacia e benessere durante il percorso di allenamento.
Come funziona la termografia nella medicina sportiva veterinaria: un approccio diagnostico non invasivo
La termografia è una tecnologia diagnostica che utilizza l'immagine infrarossa per monitorare e analizzare la distribuzione del calore emesso da un organismo. È uno strumento fisiologico non invasivo che dipende dal calore radiante generato dal metabolismo cellulare. La variazione della temperatura locale riflette cambiamenti nei processi fisiologici, come l'infiammazione, la vasodilatazione o la vasocostrizione. Questi cambiamenti possono essere correlati a disturbi patologici, lesioni o degenerazioni muscolari, offrendo così un utile strumento di diagnosi.
In medicina veterinaria, la termografia è sempre più utilizzata, non solo come complemento agli esami clinici ma anche come parte integrante di una diagnostica avanzata, in grado di individuare anomalie che potrebbero non essere immediatamente visibili tramite altre tecniche come radiografie o ecografie. Per esempio, un'ecografia longitudinale della coscia cranio-distale di un cane potrebbe mostrare aree ipoecogene di fluido con separazione delle fibre, segnalando un possibile infortunio muscolare o lesioni ai tendini. La termografia, d'altra parte, fornisce una mappa termica che evidenzia aree più calde o più fredde, facilitando la localizzazione e la valutazione del grado di infiammazione o danno tessutale.
Una delle caratteristiche più interessanti della termografia è la sua capacità di rilevare non solo le zone calde, che tipicamente indicano infiammazioni o danni tissutali, ma anche le aree più fredde che potrebbero suggerire una vasocostrizione o una carenza di afflusso sanguigno, segnalando problemi come disturbi circolatori o lesioni croniche non visibili a occhio nudo. I cambiamenti termici di 1°C o più tra aree simili sono considerati significativi a livello diagnostico, rendendo la termografia uno strumento molto preciso e sensibile.
L'utilizzo della termografia, pur non sostituendo esami fisici accurati, integra perfettamente tecniche di imaging anatomico come ecografia, tomografia computerizzata (TC) e risonanza magnetica (RM), contribuendo ad una visione più completa della salute muscoloscheletrica dell'animale. I progressi tecnologici hanno portato alla miniaturizzazione delle telecamere termiche, con modelli disponibili anche per smartphone. Tuttavia, è importante notare che la maggior parte di questi dispositivi non ha ancora una risoluzione sufficiente per l'uso medico, e la qualità dell'immagine potrebbe non essere adeguata per diagnosi precise.
La termografia è particolarmente utile nella valutazione delle lesioni muscolari, dei disturbi articolari come l'osteoartrite, delle tendinopatie e delle contratture muscolari. Un esempio pratico potrebbe essere il controllo di un cane da slitta che si prepara a una gara: la termografia può essere utilizzata per rilevare infiammazioni o dolore in aree specifiche, come il carpo, e per decidere se è sicuro far partire l'animale. L'utilizzo della termografia ha permesso di scoprire infiammazioni che non erano evidenti durante un esame fisico, come nel caso di un cane che, pur non zoppicando, aveva una lieve infiammazione al carpo destro, che è stata confermata dalle immagini termiche.
Inoltre, la termografia è utile per monitorare l'uso di attrezzature ortopediche nei cani, come i collari e le imbracature, che potrebbero causare danni o discomfort se mal adattati. In uno studio su cani da slitta, le immagini termiche hanno mostrato aree calde lungo la colonna vertebrale e nei muscoli glutei laterali, indicanti un possibile disagio dovuto alla posizione dell'imbracatura, fornendo informazioni cruciali per modificare o migliorare il supporto.
È fondamentale che i fattori ambientali vengano controllati durante la raccolta delle immagini termiche. Le fonti di calore esterne, la luce solare diretta o indiretta, e l’umidità possono alterare le immagini, creando artefatti. In ambienti estremamente freddi, ad esempio, la vasocostrizione termoregolatoria potrebbe mascherare anche i cambiamenti infiammatori più gravi. Inoltre, la presenza di bagnato, che provoca l'evaporazione della superficie cutanea, può alterare i risultati delle immagini termiche per diverse ore dopo il bagno. Tali variabili devono essere tenute in considerazione per garantire l'accuratezza e l'affidabilità della diagnosi.
Al fine di ottenere risultati ottimali, la qualità dell'immagine termica deve essere accompagnata da una valutazione accurata del paziente e da una buona gestione delle condizioni ambientali. La termografia, infatti, non è un sostituto dell'esame clinico tradizionale, ma un complemento indispensabile che permette di osservare cambiamenti che potrebbero altrimenti passare inosservati.
L'importanza della nutrizione nei cani atleti: un'analisi dettagliata
Se i canili stanno riscontrando fenomeni di alterata idratazione o problematiche digestive durante periodi di intenso esercizio fisico, un'analisi delle fonti alimentari diventa indispensabile. Numerosi studi che utilizzano miscele di elettroliti non hanno mostrato benefici significativi e, anzi, hanno indicato potenziali disturbi gastrointestinali (come diarrea) dopo una giornata di attività fisica (Young et al., 1960; Mazin et al., 2001). La ricerca suggerisce che l'uso di una soluzione osmolare fisiologica (332 mOsmoli), contenente principalmente sodio, potassio, cloruro e glucosio, possa favorire un migliore consumo orale per scopi idratanti, specialmente in presenza di diarrea da stress o alte temperature ambientali (Reineke et al., 2013; Otto et al., 2017). Se il cibo fornito è conforme alle normative AAFCO, l'integrazione di minerali principali non è necessaria. Tuttavia, offrire una soluzione osmolare iso-osmolare potrebbe essere vantaggioso per aumentare il consumo di acqua, poiché il turnover idrico nei cani che praticano esercizio, come i cani da caccia e da slitta, è circa due o quattro volte superiore alla norma (Stephens-Brown & Davis, 2018).
Il consumo di minerali traccia (Tabella 7.5) aumenterà proporzionalmente con l’assunzione di cibo commerciale per cani e, in misura minore, quando si usa la carne per integrare le diete commerciali. Ad oggi, non è stata osservata alcuna carenza clinica di rame, zinco, ferro, manganese, iodio o selenio nei cani atletici alimentati con cibo commerciale tradizionale o diete miste cibo commerciale/carne. Questo è probabilmente dovuto alle quantità di minerali traccia contenute nella maggior parte dei cibi per animali, che sono superiori alla quantità minima richiesta da AAFCO, e all'aumento dell'assunzione alimentare nei cani atletici. Al momento, non si sa se sia necessario integrare con minerali traccia supplementari, o se le quantità ritenute sufficienti per i cani da compagnia possano soddisfare le esigenze dei cani da prestazione.
Le vitamine sono classificate in solubili in acqua o solubili in grassi (Tabella 7.6). Le vitamine solubili in acqua sono coinvolte nel metabolismo come intermediari e coenzimi nel ciclo dell’acido citrico, oppure come trasportatori e coenzimi per il trasferimento di carbonio. Un sufficiente apporto di queste vitamine è assolutamente necessario per il corretto funzionamento del metabolismo. La maggior parte degli alimenti commerciali per cani e delle carni sono piuttosto ricchi di queste vitamine. Gli alimenti commerciali per animali contengono in genere da 2 a 10 volte la quantità minima richiesta, poiché le vitamine solubili in acqua hanno ampi margini di sicurezza. La vitamina C, che è l'antiossidante solubile in acqua più abbondante nel corpo dei mammiferi, viene sintetizzata dal fegato nei cani; tuttavia, i cani potrebbero non sintetizzare quantità sufficienti rispetto ad altre specie (Chatterjee et al., 1975). La carenza di sintesi epatica, unita al fatto che le concentrazioni sieriche di acido ascorbico si riducono di oltre il 50% dopo una gara indefinita di 1,5 ore, ha portato gli esperti a speculare sull'eventualità che l'integrazione possa essere utile (Kronfeld et al., 1989). Simili diminuzioni sono state osservate nei Greyhound non integrati (1,8-2,8 mg/L; Scott et al., 2002; Marshall et al., 2002). L'integrazione di 1 g di acido ascorbico al giorno restituisce le concentrazioni sieriche a livelli normali (5-6 mg/L), ma un'integrazione simile nei Greyhound per 4 settimane ha comportato un rallentamento dei tempi di corsa di 0,3 km/h. Pertanto, l'integrazione di vitamina C, pur non avendo mostrato benefici definitivi per i cani atletici, non è comunemente raccomandata, in particolare per i Greyhound da corsa.
Le vitamine liposolubili (A, D, E e K) hanno margini di sicurezza più stretti e sono motivo di maggiore preoccupazione. La vitamina K viene sintetizzata da batteri indigeni nel tratto gastrointestinale dei cani sani. La vitamina A potrebbe essere una preoccupazione maggiore se si utilizzano organi come parte della dieta, poiché il fegato contiene una concentrazione elevata di questa vitamina. Un consumo eccessivo di vitamina A può portare a scarsa qualità del mantello, alterazione della mineralizzazione ossea e danni epatici. Tuttavia, i cani sono molto tolleranti a dosi elevate di vitamina A (Morris et al., 2010). La vitamina D si trova anch'essa negli organi, in particolare nel fegato, quindi una piccola quantità di organi è desiderabile se si usa carne come parte della dieta. Molti alimenti commerciali per cani contengono almeno il doppio della quantità di colecalciferolo necessario, quindi, con il maggior consumo energetico richiesto dai cani atletici, la quantità di colecalciferolo consumato risulta solitamente adeguata. La vitamina E è presente in quantità sufficienti negli alimenti commerciali per animali, e la maggior parte dei produttori aggiunge una quantità significativamente superiore a quella richiesta, rendendo improbabile una carenza. Tuttavia, la carenza è stata osservata in cani da caccia alimentati esclusivamente con carne, con conseguente degenerazione retinica (Davidson et al., 1998). La vitamina E è stata studiata ampiamente nei cani da slitta da endurance, e concentrazioni basse di vitamina E nel siero sono state associate ad un maggiore rischio di abbandono dalla corsa dell'Iditarod. Inoltre, le concentrazioni sieriche di vitamina E sono diminuite dopo una singola giornata di attività di endurance in due studi separati (Kronfeld et al., 1989; Piercy et al., 2001a, 2001b). Sebbene l'integrazione di vitamina E possa sembrare vantaggiosa, in realtà non sembra ridurre l'incidenza di rabdomiolisi da esercizio, tanto che il Comitato dell'Iditarod ha abbandonato queste raccomandazioni. Alcuni studi hanno mostrato che l'integrazione di tocferolo non ha alcun effetto positivo, in particolare quando i cani ricevono alimenti commerciali completi e bilanciati, mentre i cani che seguono diete non tradizionali (principalmente carne) dovrebbero considerare l'integrazione con vitamina E (200-400 UI per un cane atletico di 20-40 kg) per prevenire eventuali carenze.
Inoltre, si è ipotizzato che l'uso di cocktail antiossidanti potrebbe essere più efficace nel contrastare i danni da radicali liberi rispetto all'uso di singoli agenti. Alcuni studi hanno esaminato questa possibilità con miscele di alfa-tocoferolo, vitamina C, beta-carotene e luteina. Tuttavia, i risultati non hanno mostrato un'associazione significativa con la riduzione dei danni muscolari, suggerendo che l'integrazione di antiossidanti non comporti miglioramenti evidenti nelle performance. In ogni caso, l'uso di antiossidanti nei cani da performance rimane un tema di discussione e necessita di ulteriori ricerche per valutarne l’efficacia in contesti di esercizio intenso.
La Terapia con Cellule Staminali in Medicina Sportiva Canina: Approfondimenti e Potenzialità
Le cellule staminali mesenchimali (MSCs) hanno suscitato grande interesse in medicina veterinaria, in particolare nel trattamento di patologie degenerative e traumi nei cani. Queste cellule, che possiedono la capacità di differenziarsi in diversi tipi di cellule specializzate come condrociti, osteociti e adipociti, sono fondamentali nel processo di rigenerazione dei tessuti danneggiati. La loro applicazione in medicina sportiva canina ha il potenziale di migliorare significativamente la qualità della vita degli animali, in particolare per quanto riguarda patologie come l’osteoartrite e lesioni ai legamenti.
Le MSCs possono essere ottenute da diverse fonti, tra cui il midollo osseo, il tessuto adiposo, il cordone ombelicale e il sangue fetale. Ogni fonte presenta vantaggi e limitazioni specifiche. Ad esempio, il midollo osseo è una fonte tradizionale di MSCs, ma la sua frazione cellulare MSC rappresenta solo una piccolissima parte delle cellule totali, rendendo necessaria una cultura cellulare che può durare dalle 3 alle 6 settimane. Il tessuto adiposo, d’altra parte, ha una maggiore disponibilità di MSCs, ma anche in questo caso solo una piccola percentuale delle cellule raccolte è effettivamente costituita da MSCs. Un altro approccio consiste nel ricavare il frazionamento vascolare stromale (SVF) dal tessuto adiposo mediante digestione enzimatica, una tecnica che consente di ottenere rapidamente una miscela di cellule da iniettare senza la necessità di coltura.
Le MSCs hanno la capacità unica di migrare verso i siti di lesione, dove svolgono azioni di riparazione e modulazione immunitaria. Inizialmente, si pensava che queste cellule potessero rigenerare i tessuti danneggiati differenziandosi direttamente nei tipi cellulari specifici del tessuto ospite. Tuttavia, studi più recenti suggeriscono che l’efficacia terapeutica delle MSCs sia principalmente legata alla loro capacità di rilasciare citochine, fattori di crescita e molecole della matrice extracellulare, che agiscono in modo paracrino e autocrino per stimolare la riparazione e la proliferazione delle cellule progenitrici locali. In effetti, questo meccanismo paracrino sembra essere alla base dell’efficacia delle MSCs nel trattamento di malattie come l’artrite reumatoide e l’osteoartrite.
Nel trattamento dell’osteoartrite (OA), la terapia con MSCs rappresenta un’opzione emergente. Sebbene le terapie tradizionali mirino a ridurre il dolore e migliorare la funzionalità attraverso farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), la terapia fisica e il controllo del peso, esse non modificano la progressione della malattia. La terapia con MSCs, invece, cerca di ridurre l’attività catabolica e stimolare la rigenerazione della cartilagine. Alcuni studi sperimentali, come quello che ha coinvolto i Beagle con lesioni al legamento crociato craniale, hanno mostrato effetti promettenti quando le MSCs sono combinate con il plasma ricco di piastrine (PRP), che favorisce l’engraftment cellulare e potrebbe avere effetti sinergici positivi nella rigenerazione dei tessuti danneggiati.
Inoltre, la terapia con MSCs potrebbe avere effetti positivi anche grazie alle loro proprietà immunomodulanti. Le MSCs sono in grado di modulare la risposta immunitaria locale, riducendo l’infiammazione e migliorando l’ambiente per la guarigione dei tessuti. Questi effetti sono particolarmente utili in trattamenti per malattie autoimmuni o in presenza di infiammazione cronica, come nel caso dell'osteoartrite. L’iniezione intra-articolare di MSCs potrebbe, in effetti, ridurre i sintomi dell’artrite nei cani e migliorare la funzionalità articolare.
Anche se gli studi sono ancora in corso, l’applicazione delle MSCs in medicina sportiva canina sembra promettente, con molte potenzialità in termini di rigenerazione tissutale e gestione dell’infiammazione. Nonostante gli sviluppi, però, è importante comprendere che la terapia con MSCs non è priva di rischi. La formazione di tumori è stata osservata in alcuni casi di utilizzo di cellule staminali embrionali, sebbene non vi siano prove di carcinogenesi con l’uso di MSCs multipotenti. Inoltre, la differenziazione delle MSCs in specifici tipi cellulari, come i condrociti per la rigenerazione della cartilagine, non sempre produce i risultati attesi. In ogni caso, l’utilizzo di MSCs richiede una valutazione attenta e il monitoraggio dei pazienti per evitare effetti collaterali indesiderati.
Un altro aspetto fondamentale da considerare riguarda la provenienza delle cellule staminali. Le MSCs sono cellule non differenziate che possono essere reperite in diverse fonti, ma la qualità e la quantità di queste cellule possono variare significativamente. L’uso di tecniche per l’amplificazione in laboratorio, così come la scelta del materiale di partenza, influenzeranno il successo del trattamento. Ad esempio, le cellule derivate dal midollo osseo possono avere un potenziale osteogenico superiore rispetto a quelle derivate dal tessuto adiposo, ma quest’ultimo è spesso preferito per la sua maggiore disponibilità e facilità di accesso.
In conclusione, la terapia con cellule staminali mesenchimali rappresenta un approccio innovativo e in continua evoluzione per il trattamento di numerose patologie ortopediche e degenerative nei cani. Sebbene le prove cliniche siano ancora limitate, i risultati preliminari sono promettenti, specialmente nell’ambito della rigenerazione dei tessuti e della gestione dell’infiammazione. Tuttavia, è cruciale comprendere che la medicina con MSCs deve essere utilizzata con cautela e solo in ambienti clinici adeguati, con un attento monitoraggio dei pazienti e dei possibili effetti collaterali.
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