K.F. Ryleev
Duma
LA MORTE DI ERMAK
       A P. A. Mukhanov

Con la parola Siberia oggi si intende uno spazio immenso dall’Altai fino alle coste dell’Oceano Orientale. Un tempo il Regno di Siberia era un piccolo dominio tartaro, la cui capitale, Isker, si trovava sul fiume Irtysh, che sfocia nell’Ob’. A metà del XVI secolo questo regno era subordinato alla Russia. Nel 1569 lo zar Kuchum fu accolto da Ivan il Terribile e si impegnò a pagare tributo. Nel frattempo, i tartari siberiani e i loro sudditi ostiaci e vogulici invadevano talvolta le regioni di Perm’. Questo costrinse il governo russo a porre attenzione alla difesa di queste frontiere con fortezze e all’aumento della popolazione. I ricchi mercanti Stroganov ottennero in possesso vaste terre deserte al confine con Perm’: fu loro concesso il diritto di colonizzarle e coltivarle. Chiamando a raccolta i cosacchi, questi attivi proprietari si rivolsero a uomini liberi che non riconoscevano alcuna autorità superiore, i quali saccheggiavano sulla Volga i commercianti e le carovane mercantili. Nell’estate del 1579, 540 di questi ardimentosi arrivarono sulle rive della Kama; avevano cinque capi, il principale chiamato Ermak Timofeev. Gli Stroganov unirono a loro 300 diversi coloni, li rifornirono di polvere da sparo, piombo e altri materiali e li inviarono oltre gli Urali (nel 1581). Nel corso dell’anno seguente i cosacchi sconfissero i tartari in molte battaglie, presero Isker, catturarono il nipote di Kuchum, il principe Mametkul, e governarono in Siberia per circa tre anni. Nel frattempo il loro numero diminuiva lentamente: molti perirono per imprudenze. Kuchum deposto fuggì nelle steppe kirghise e pianificò modi per annientare i cosacchi. In una notte buia (5 agosto 1584), sotto una pioggia battente, organizzò un attacco improvviso: i cosacchi si difesero con coraggio, ma non poterono resistere a lungo; dovettero cedere alla forza e alla sorpresa dell’assalto. Non avendo altri mezzi di salvezza che la fuga, Ermak si gettò nell’Irtysh, con l’intenzione di nuotare dall’altra parte, e perì tra le onde. I cronisti descrivono questo eroe cosacco come robusto, di bella presenza e spalle larghe, di statura media, con il volto piatto, occhi rapidi, barba nera, capelli scuri e ricci. Alcuni anni dopo la Siberia fu abbandonata dai russi; poi arrivarono nuovamente le truppe dello zar e la ripresero. Nel corso del XVII secolo le continue conquiste di vari capi valorosi portarono i confini dello Stato russo fino alle coste dell’Oceano Orientale.

Urlava la tempesta, pioveva forte,
Nel buio lampeggiavano i fulmini,
Il tuono tuonava incessante,
E i venti infuriavano nella foresta...
Soffiando per la gloria e la passione,
Nella terra aspra e cupa,
Sulla selvaggia riva dell’Irtysh
Sedeva Ermak, avvolto nel pensiero.

I suoi compagni di fatiche,
Di vittorie e fama rimbombante,
Tra le tende distese
Dormivano spensierati vicino al bosco.
«Oh, dormite, dormite,» pensava l’eroe,
«Amici, sotto la tempesta ruggente;
All’alba risuonerà la mia voce,
Che chiama alla gloria o alla morte!

Voi avete bisogno di riposo; dolce sonno
E nella tempesta calmerà i coraggiosi;
Nei sogni ricorderà la gloria
E raddoppierà la forza dei guerrieri.
Chi non ha risparmiato la propria vita
Nelle scorribande, d’oro ottenendo,
Penserà forse a essa,
Morendo per la sacra Russia?

Con il proprio e nemico sangue lavando
Tutti i crimini della vita sfrenata
E per le vittorie meritando
La benedizione della patria, —
Per noi la morte non può essere temuta;
Il nostro compito è compiuto:
La Siberia è soggetta allo zar,
E noi non abbiamo vissuto invano!»

Ma il destino fatale
Già sedeva vicino all’eroe
E guardava con rimpianto
La vittima con occhi curiosi.
Urlava la tempesta, pioveva forte,
Nel buio lampeggiavano i fulmini,
Il tuono tuonava incessante,
E i venti infuriavano nella foresta.

L’Irtysh ribolliva sulle ripide rive,
Le onde grigie si sollevavano,
E con fragore si frantumavano in polvere,
Sbattendo contro la riva, le canoe cosacche.
Con il capo nel sonno tranquillo
La valorosa banda si ristabiliva;
Con Kuchum solo la tempesta
Non dormiva sulla loro rovina!

Temendo di affrontare l’eroe in battaglia,
Kuchum, come un ladro spregevole,
Si intrufolò verso le tende
Con un sentiero segreto, circondato da tartari in massa.
Le spade scintillarono nelle loro mani —
E la valle si tinse di sangue,
E cadde la temibile truppa in battaglia,
Senza sguainare le spade...

Ermak si destò dal sonno
E, senza speranza, si gettò nelle onde,
L’anima piena di coraggio,
Ma lontano dalla riva le canoe!
L’Irtysh si agitava più forte —
Ermak spronava tutte le sue forze
E con la potente mano
Squarciava le onde grigie...

Nuotava... già vicino alla canoa —
Ma la forza del destino cedette,
E, ribollendo più feroce, il fiume
Con fragore inghiottì l’eroe.

Privando di forza l’eroe
Per combattere l’onda furiosa,
La pesante armatura — dono dello zar —
Fu la causa della sua morte.

Urlava la tempesta... improvvisamente la luna
Argentò l’Irtysh ribollente,
E il corpo, scagliato dall’onda,
Brillò nell’armatura di rame.
Correvan le nuvole, pioveva forte,
E i fulmini ancora scintillavano,
E il tuono in lontananza ancora tuonava,
E i venti infuriavano nella foresta.
1821