Nel contesto dell’identificazione delle frequenze proprie di un ponte a parete sottile, un ostacolo significativo è rappresentato dalla dominanza delle frequenze proprie del veicolo stesso—tipicamente quelle di beccheggio e oscillazione verticale—che tendono a mascherare le componenti dinamiche proprie della struttura. Tuttavia, si è osservato che attraverso l’analisi delle risposte di contatto, è possibile sopprimere tali contributi del veicolo e rendere visibili con chiarezza le frequenze proprie del ponte.
Le risposte di contatto sinistra e destra, calcolate analiticamente e con il metodo degli elementi finiti (FEM), mostrano un’eccellente corrispondenza. Tale accordo non si limita alla frequenza fondamentale, ma si estende anche alle frequenze superiori, comprese quelle torsionali-flessionali. La sovrapposizione tra le risposte analitiche, quelle ottenute dal FEM e quelle retro-calcolate dai segnali del veicolo conferma la validità teorica del metodo. È fondamentale notare che tali risposte di contatto non sono accessibili sperimentalmente, ma possono essere simulate numericamente con sufficiente precisione.
Un risultato particolarmente rilevante emerso è la completa eliminazione delle frequenze proprie del veicolo dalle risposte di contatto, che consente un'identificazione chiara di tutte le frequenze del ponte, anche quelle di ordine superiore, normalmente difficili da distinguere nel segnale composito veicolo-ponte. La ruota sinistra, trovandosi più distante dall’asse longitudinale del ponte, mostra maggiore sensibilità alle deformazioni torsionali, il che si traduce in picchi leggermente più accentuati nelle frequenze torsionali rispetto alla ruota destra.
Tradizionalmente, la separazione delle frequenze verticali da quelle torsionali-flessionali richiedeva la conoscenza delle forme modali associate. Tuttavia, tramite specifiche relazioni analitiche, è stato dimostrato che tale separazione è possibile anche in assenza di informazioni modali esplicite. Le accelerazioni torsionali e verticali, calcolate dalle risposte di contatto, corrispondono quasi perfettamente ai risultati del FEM. Le frequenze torsionali-flessionali emergono esclusivamente nello spettro torsionale, mentre le frequenze verticali si manifestano solo nello spettro verticale, dimostrando la capacità del metodo di distinguere chiaramente tra i due comportamenti dinamici.
Un’ulteriore validazione è stata ottenuta confrontando le frequenze così identificate con quelle ottenute analiticamente. La concordanza è notevole, con discrepanze trascurabili nell’ordine di pochi centesimi di Hz, confermando la robustezza del metodo anche in presenza di accoppiamento veicolo-ponte, che si è rivelato trascurabile.
La costruzione delle forme modali è stata realizzata utilizzando la trasformata wavelet (WT). Le risposte verticali e torsionali, già separate, vengono analizzate nel dominio tempo-frequenza mediante WT, assumendo una frequenza centrale di 3 Hz e un intervallo analizzato tra 0.5 e 50 Hz. I coefficienti wavelet evidenziano i massimi locali in corrispondenza delle frequenze modali del ponte, permettendo la loro localizzazione temporale. I dati estratti vengono poi normalizzati per ottenere le forme modali lungo l’asse longitudinale della struttura.
Le forme modali così ottenute mostrano una perfetta concordanza con quelle analitiche sia per le due prime modalità verticali, sia per la prima modalità torsionale. Questo dimostra non solo la validità della metodologia proposta, ma anche la possibilità concreta di ricostruire le forme modali di una struttura reale mediante dati indiretti, quali le risposte di contatto simulate.
È essenziale comprendere che il successo di questo approccio risiede nella capacità di isolare e caratterizzare componenti specifiche della risposta dinamica della struttura. L’analisi non si limita a un semplice confronto spettrale, ma integra la trasformazione wavelet per ottenere una mappatura spazio-temporale delle vibrazioni modali, fondamentale per l’identificazione strutturale. L’utilizzo sinergico di strumenti analitici e numerici, unito a una modellazione accurata delle interazioni veicolo-struttura, permette una comprensione raffinata del comportamento dinamico anche in strutture complesse come i ponti a parete sottile.
Come si analizzano le vibrazioni di una trave curva usando elementi di trave diritta?
Nel contesto dell'analisi dinamica delle travi curve, uno degli approcci più utilizzati è quello di discretizzare la trave curva in elementi di trave diritta. Questo metodo, sebbene utile per semplificare i calcoli, presenta delle sfide significative, in particolare per quanto riguarda il trattamento dell'offset tra la trave curva e l'elemento di trave diritta. Questo offset introduce una serie di correzioni da applicare nei modelli di carico e nelle matrici di rigidità e di massa.
L'analisi lineare delle deformazioni di una trave rettilinea, per esempio, si basa su vari operatori di deformazione generalizzati che descrivono la variazione del dislocamento in ciascuna direzione (radiale, verticale, longitudinale) e la rotazione. Le deformazioni principali, come quella assiale, flessionale e torsionale, vengono rappresentate attraverso gli operatori di deformazione 𝛺ux, 𝛺uy, 𝛺uz e 𝛺𝜃x (Equazioni E.8a, E.8b, E.8c e E.8d). La formulazione dell'energia di deformazione virtuale 𝛿U tiene conto di queste deformazioni, incorporando le costanti elastiche del materiale come il modulo di Young (EA), il momento d'inerzia (EI) e il modulo di taglio (GJ).
L'energia di deformazione virtuale complessiva del sistema viene quindi espressa in una forma matriciale che lega il vettore di spostamento ai gradi di libertà nodali e alla matrice di rigidezza elastica Ke (Equazione E.9). La matrice di rigidezza elastica, a sua volta, viene calcolata attraverso l'integrazione di un operatore di deformazione, che dipende dalla geometria e dalle proprietà del materiale della trave (Equazione E.11).
Inoltre, è importante notare che anche le matrici di massa coerente (Me), che descrivono l'inerzia dell'elemento di trave, sono necessarie per calcolare la risposta dinamica. Le matrici di massa sono ottenute mediante l'integrazione dell'operatore di massa, che tiene conto della densità del materiale e della geometria dell'elemento (Equazione E.13).
Una sfida fondamentale nell'analisi delle travi curve è il trattamento dell'offset tra la trave curva e l'elemento di trave rettilinea. Questo offset deriva dalla discrepanza tra la geometria della trave curva e la posizione dell'elemento di trave rettilinea. Il carico verticale fv e la forza centrifuga fr di un veicolo in movimento vengono mappati sull'elemento di trave rettilinea utilizzando una relazione di trasformazione (Equazioni E.15a–c). Inoltre, i torques mx e mz indotti dalla forza verticale vengono calcolati in funzione dell'offset e della posizione del veicolo lungo la trave curva (Equazioni E.16a e E.16b).
L'integrazione di questi carichi dinamici nel modello richiede l'uso di matrici di trasformazione che permettono di convertire i gradi di libertà locali in quelli globali, garantendo la compatibilità tra gli elementi adiacenti (Equazioni E.20a–f). Queste matrici di trasformazione sono essenziali per assembrare correttamente le matrici globali di rigidità e massa della trave curva e per applicare correttamente i carichi nodali alle posizioni corrispondenti lungo l'elemento di trave (Equazione E.24).
Una volta ottenute le matrici globali, è possibile calcolare le frequenze naturali della trave curva risolvendo l'equazione degli autovalori |K + ω²M| = 0, dove K è la matrice di rigidità globale e M è la matrice di massa globale. Per simularne la risposta dinamica, è necessario considerare gli effetti del movimento del veicolo lungo la trave curva, aggiornando continuamente i carichi nodali durante la simulazione tramite metodi numerici come il metodo di Newmark-β (Equazione E.19).
Oltre alla modellazione delle deformazioni e alla gestione dei carichi, un aspetto cruciale che deve essere compreso è l'influenza del movimento del veicolo sulla distribuzione dei carichi dinamici lungo la trave. Poiché il carico del veicolo è variabile nel tempo, in particolare durante il suo movimento lungo la trave curva, è fondamentale tener conto delle variazioni temporali nei carichi nodali e delle interazioni tra il veicolo e la struttura della trave. L'accuratezza del modello dipende fortemente dalla precisione con cui vengono calcolate queste interazioni, in particolare per strutture complesse come le travi curve sotto carichi mobili.
La precisione del modello dipende inoltre dalla qualità della discretizzazione, poiché l'approccio basato su elementi finiti deve essere in grado di rappresentare correttamente la geometria della trave curva, specialmente quando le deformazioni flessionali e torsionali sono dominanti. Il numero e la disposizione degli elementi di trave rettilinea devono essere scelti in modo da catturare accuratamente le risposte dinamiche senza introdurre errori significativi dovuti alla discretizzazione.
L'effetto della frequenza e della posizione del shaker sulla risposta del veicolo e sull'estrazione delle frequenze del ponte
L’analisi della risposta dinamica del veicolo e del ponte sotto l’azione di un shaker è fondamentale per comprendere l’impatto di diversi parametri sul comportamento strutturale, in particolare in scenari reali dove il shaker è impiegato per ottimizzare la rilevazione delle frequenze del ponte. Vengono considerati quattro casi relativi alla frequenza del shaker: 0 Hz (senza shaker), 5 Hz, 15 Hz e 25 Hz, con l’assunzione di una pavimentazione liscia. Le altre proprietà del sistema rimangono costanti rispetto alla Sezione 5.4, e il shaker è posizionato a 12,5 metri dall'estremità sinistra della trave, come punto di riferimento.
Il primo aspetto che emerge dall’analisi della risposta del veicolo (Figura 5.9) è che, per il Caso 2, la risposta del veicolo risulta notevolmente amplificata a causa della vicinanza tra la frequenza dello shaker (f_s = 5 Hz) e la frequenza naturale del veicolo (f_v = 6.16 Hz). Questo fenomeno, come previsto, dimostra che la risonanza tra le frequenze del shaker e del veicolo amplifica la risposta del sistema. Quando si confrontano i casi con e senza shaker, si nota che le frequenze del ponte estratte dalle risposte del veicolo nei casi 2–4 sono tutte ingrandite rispetto al Caso 1.
Nel caso della risposta da contatto, le ampiezze calcolate per le quattro frequenze dello shaker, mediante la formula della risposta da contatto (Eq. 2.28), vengono rappresentate nella Figura 5.10. In particolare, la Figura 5.10(b) rivela che le frequenze del ponte nei dati di risposta da contatto vengono significativamente amplificate quando lo shaker è fissato sul ponte, rispetto al caso senza shaker. Per ciascun caso, sono identificabili cinque picchi: le quattro frequenze del ponte e la frequenza dello shaker stesso. Un punto di interesse è che la quarta frequenza del ponte (f_b,4), che era invisibile nella risposta del veicolo (Figura 5.9), diventa chiaramente visibile nella risposta da contatto (Figura 5.10).
L’effetto di amplificazione causato dallo shaker è diverso a seconda della frequenza scelta. Per ogni caso, i fattori di amplificazione dinamica (DAF) sono stati calcolati e riportati nella Tabella 5.3. Dalla Figura 5.9(b) e 5.10(b), si osserva che per la prima frequenza del ponte f_b,1, il DAF diminuisce nell'ordine: Caso 2 > Caso 3 > Caso 4 > Caso 1, come confermato dai risultati teorici mostrati nella Tabella 5.3. Per le altre frequenze del ponte (f_b,2, f_b,3, e f_b,4), i DAF teorici concordano perfettamente con i risultati ottenuti tramite il metodo FEM, confermando la validità delle formule teoriche.
Un’altra osservazione importante è che quando una frequenza del ponte è vicina a quella dello shaker, l’amplificazione di tale frequenza risulta essere molto maggiore rispetto alle altre. Per esempio, per il caso con frequenza shaker di 5 Hz (Caso 2), la frequenza del ponte f_b,3 viene amplificata in modo significativo. Questo fenomeno è essenziale da considerare durante le applicazioni sul campo, dove la scelta della frequenza dello shaker può influenzare notevolmente i risultati delle misurazioni.
Un ulteriore parametro che influisce sulla dinamica del sistema è la posizione del shaker sul ponte. La posizione del shaker, infatti, può avere un impatto significativo sulla risposta e sull’accuratezza dell’identificazione delle frequenze del ponte. Vengono analizzati quattro posizionamenti del shaker lungo il ponte: a 7,5 m (un quarto della lunghezza), a 10 m (un terzo della lunghezza), a 12,5 m (posizione di riferimento), e a 15 m (metà della lunghezza). I risultati delle accelerazioni e degli spettri per queste diverse posizioni sono mostrati nelle Figure 5.11 e 5.12.
Dall’analisi di queste figure, emerge che la posizione del shaker non ha effetto sull’eliminazione della frequenza del veicolo nella risposta da contatto. Tuttavia, cambia significativamente l'amplificazione delle frequenze del ponte. Ad esempio, il shaker posizionato a un quarto della lunghezza del ponte ha quasi nessun effetto sulla quarta frequenza del ponte f_b,4, mentre un shaker posizionato alla metà della lunghezza ha poco o nessun effetto sulle frequenze f_b,2 e f_b,4. Questi fenomeni sono ulteriormente confermati dai fattori di amplificazione dinamica (DAF) calcolati per le diverse posizioni dello shaker, riportati nella Tabella 5.4. Per la posizione a un quarto della lunghezza del ponte, ad esempio, il DAF per la quarta frequenza f_b,4 risulta essere molto basso, mentre per la posizione a metà della lunghezza, l’effetto è praticamente nullo per le frequenze f_b,2 e f_b,4.
In conclusione, è fondamentale comprendere che l’efficacia della rilevazione delle frequenze del ponte dipende non solo dalla scelta della frequenza dello shaker, ma anche dalla sua posizione. La relazione tra la frequenza del shaker e le frequenze naturali del ponte è determinante per l’accuratezza dei risultati. Le tecniche di analisi dinamica, come quelle presentate, permettono di ottimizzare la configurazione del sistema di rilevamento per ottenere misurazioni più precise, specialmente nei casi in cui le frequenze del ponte siano vicine a quelle dello shaker.
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Raccomandazioni per l'insegnante nella gestione di attività progettuali e di ricerca Sforzatevi di sviluppare le inclinazioni e le capacità individuali di ogni bambino Concentratevi sul processo di ricerca Insegnate a identificare le connessioni tra oggetti, eventi e fenomeni Insegnate ai bambini a raccogliere informazioni, analizzarle, sintetizzarle e classificarle Non farete per i bambini ciò che possono fare da soli Insegnate agli studenti ad analizzare le situazioni e a risolvere i problemi di ricerca Ricordate, quando valutate: è meglio lodare senza motivo che criticare senza motivo.
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