Nel trattamento delle lesioni del legamento crociato craniale (CCLD) nei cani, è stato osservato che una riparazione completa del legamento è stata possibile in nove dei soggetti trattati con terapie ortobiologiche (Canapp et al., 2016). Tuttavia, solo il 19,4% dei 36 cani trattati ha necessitato di un intervento chirurgico TPLO (osteotomia tibiale prossimale) nei primi due anni successivi al trattamento (Canapp et al., 2016). Questi dati suggeriscono che la selezione del paziente gioca un ruolo fondamentale nella scelta di questo tipo di trattamento. Infatti, i prodotti di medicina rigenerativa richiedono un supporto adeguato per favorire la riparazione del legamento, pertanto si ritiene che siano inefficaci nei casi di rottura completa del legamento crociato o in quelli con grave lassità del ginocchio (Canapp et al., 2016).

La causa principale del CCLD nei cani non sembra essere legata a eventi traumatici evidenti, come una caduta o una collisione ad alta velocità, ma è il risultato di un meccanismo multifattoriale complesso che porta alla rottura del legamento. In questi casi, se non ci sono cause traumatiche, rimane incerto quanto a lungo un trattamento ortobiologico possa mantenere l'efficacia prima che il legamento si rompa nuovamente. Pertanto, la terapia ortobiologica potrebbe non essere la migliore opzione come terapia unica nei pazienti con segni di CCLD bilaterale o in quelli senza una storia di zoppia immediata dopo un evento traumatico noto. Va anche sottolineato che attività fisiche di routine, come correre al parco o saltare nell'auto, non sono da considerarsi eventi traumatici.

Il paziente ideale per la terapia ortobiologica sarebbe uno con una rottura parziale unilaterale del legamento, senza instabilità articolare dopo un noto trauma, e senza segni evidenti di fibrosi palpabile o cambiamenti degenerativi cronici osservabili mediante radiografie.

Per quanto riguarda la lussazione rotulea, una condizione che si verifica quando le strutture che compongono il meccanismo del quadriceps sono disallineate, causando la deviazione parziale o completa della rotula dalla troclea, esistono vari gradi di severità. La lussazione rotulea mediale (MPL) è molto più comune rispetto a quella laterale, soprattutto nei cani di piccola taglia, ed è considerata ereditaria in alcune razze. La MPL, se non trattata, può predisporre il cane alla rottura del legamento crociato craniale (CCLR), e più alto è il grado di MPL, maggiore è la probabilità di una rottura concomitante del legamento crociato (Campbell et al., 2010).

Nei casi di MPL di grado I-III, i cani possono manifestare zoppia intermittente o riluttanza a saltare, mentre nei casi di grado IV, l'anomalia della rotula è permanente, con un grave danno strutturale e zoppia grave. La diagnosi viene generalmente effettuata tramite esame fisico, ma le radiografie sono spesso consigliate per valutare la presenza di malattia articolare degenerativa e per pianificare eventuali interventi chirurgici. Tuttavia, gli studi hanno dimostrato che le radiografie tradizionali non sono sempre accurate, suggerendo che la tomografia computerizzata (CT) possa essere il gold standard per l'assessment del corretto allineamento femoro-tibiale nei casi di lussazione rotulea.

Il trattamento chirurgico è solitamente indicato per i casi di MPL di grado II e superiore, dove il dolore e l'instabilità sono significativi. L'approccio chirurgico dipende dalla gravità della condizione, e nei casi di MPL avanzata, la correzione del difetto osseo e il ripristino dell'allineamento della rotula sono fondamentali per ridurre il rischio di lesioni concomitanti come la rottura del legamento crociato. Inoltre, uno studio ha dimostrato che i cani trattati chirurgicamente per MPL hanno visto un miglioramento significativo della loro zoppia, misurato tramite l'analisi della postura post-operatoria (DiGiovanni et al., 2023).

Inoltre, è fondamentale considerare le possibili deformità ossee associate alla MPL. In cani come il Toy Poodle con MPL di grado 4, le deformità comprendono il varo femorale, la traslazione mediale della tuberosità tibiale e la torsione interna della tibia prossimale, che contribuiscono significativamente alla condizione. Queste anomalie possono complicare il trattamento chirurgico e influenzare negativamente la prognosi se non vengono adeguatamente affrontate.

È quindi evidente che la selezione del trattamento deve essere estremamente personalizzata. Un approccio che combina la conoscenza approfondita della patologia, l'accurata diagnosi radiografica e la comprensione delle condizioni strutturali del cane è essenziale per ottenere i migliori risultati. Il trattamento ortobiologico, sebbene promettente in alcuni casi, non è una soluzione universale e deve essere applicato con cautela, tenendo conto delle caratteristiche individuali di ogni paziente.

Quali sono le principali caratteristiche e funzioni dei tessuti muscoloscheletrici e come influenzano il recupero e le prestazioni?

Il sistema muscoloscheletrico degli esseri vertebrati è una rete complessa di elementi scheletrici che si sviluppano ed evolvono per ottimizzare le prestazioni in risposta alle necessità funzionali dell’organismo. Le strutture muscoloscheletriche, che comprendono ossa, muscoli, tendini, legamenti e articolazioni, sono fondamentali non solo per supportare e consentire il movimento del corpo, ma anche per il trasporto di nutrienti e rifiuti, il supporto immunitario, la riparazione dei tessuti danneggiati e la connessione e il supporto di altre strutture corporee. Questo sistema si sviluppa dalla mesoderma durante la fase embrionale, dando origine a tessuti connettivi che rispondono a stimoli meccanici e biologici in vari modi, inclusi meccanismi di adattamento, rigenerazione e rimodellamento.

I tessuti connettivi muscoloscheletrici si suddividono in due categorie principali: tessuti connettivi densi, che comprendono tendini, legamenti e capsule articolari, e tessuti connettivi specializzati, tra cui ossa, cartilagine, grasso, sangue e tessuti reticolari. La matrice extracellulare (ECM), prodotta da una serie di cellule specializzate (osteociti, condrociti, fibroblasti, e altri), è fondamentale per la struttura e la funzione di questi tessuti. L’ECM è composta da fibre strutturali, proteine non fibrillari, proteoglicani, glicoproteine, proteolipidi e polisaccaridi, e svolge un ruolo cruciale nella protezione, nella risposta immunitaria e nel trasporto di nutrienti e rifiuti.

In termini cellulari, i principali componenti muscoloscheletrici sono rappresentati da cellule specifiche per ciascun tipo di tessuto. Ad esempio, i tendini contengono tenociti, mentre la cartilagine ospita condrociti. Queste cellule sono altamente interconnesse tra loro attraverso estensioni citoplasmatiche e giunzioni cellulari, permettendo una comunicazione intercellulare efficace e una distribuzione uniforme degli stimoli biologici e meccanici. Queste interconnessioni cellulari sono essenziali per la capacità dei tessuti di rispondere a stimoli esterni e interni, come ad esempio la deformazione della membrana plasmatica o l'attivazione di recettori cellulari.

In risposta agli stress meccanici, il sistema muscoloscheletrico può attivare una serie di risposte fisiologiche, tra cui il rimodellamento adattivo della matrice extracellulare, che rinforza i tessuti per far fronte alle richieste a cui sono sottoposti. Questo rimodellamento è particolarmente evidente nei muscoli scheletrici, che si adattano ai carichi di lavoro fisici, migliorando la loro capacità di gestire la tensione. Tuttavia, con l’avanzare dell’età o in seguito a danni ripetuti, la capacità di rimodellamento e di riparazione del sistema muscoloscheletrico diminuisce, portando a un indebolimento della matrice e ad una maggiore vulnerabilità a lesioni e malattie degenerative.

Un elemento cruciale nella struttura dei tessuti connettivi è il collagene, che costituisce la proteina più abbondante nel corpo dei mammiferi, rappresentando un terzo dell’intero proteoma umano. Il collagene svolge un ruolo fondamentale nel conferire resistenza e stabilità ai tessuti muscoloscheletrici. Le fibre di collagene sono disposte in diverse configurazioni, a seconda delle necessità funzionali dei tessuti: possono essere disposte in modo lineare nei tendini e legamenti, oppure in modo reticolato o ondulato in tessuti sottoposti a stress meccanici variabili. Esistono diversi tipi di collagene, tra cui i tipi I, II e III, che si trovano rispettivamente nei tendini, nelle ossa e nella cartilagine, con funzioni specifiche relative alla resistenza alla trazione, alla pressione e alla deformazione.

Ad esempio, il tipo I di collagene è particolarmente abbondante in strutture come i legamenti e i tendini, dove è necessario un alto grado di resistenza alla trazione. Il tipo II di collagene è presente nella cartilagine e nelle menischi, contribuendo alla resistenza alla compressione e alla deformazione in più direzioni. Il tipo III, noto come collagene reticolare, è invece associato alla pelle e alla membrana sinoviale, dove svolge funzioni legate alla struttura e alla flessibilità dei tessuti.

A lungo termine, il rimodellamento e la riparazione dei tessuti muscoloscheletrici sono influenzati da una combinazione di fattori genetici, meccanici e ambientali. Il mantenimento di un adeguato stato di salute dei tessuti connettivi è fondamentale per la funzionalità complessiva del corpo, ed è essenziale che le pratiche mediche sportive e riabilitative si basino su una conoscenza approfondita della fisiologia dei tessuti muscoloscheletrici. Solo attraverso questa comprensione si possono sviluppare strategie efficaci per la prevenzione e il trattamento di lesioni muscoloscheletriche, nonché per ottimizzare le prestazioni fisiche durante l’attività atletica.

Inoltre, è fondamentale che i professionisti della medicina sportiva e della riabilitazione siano consapevoli del ruolo cruciale che l’adattamento fisiologico dei tessuti muscoloscheletrici gioca nella prevenzione e nel recupero da lesioni. L’esercizio fisico regolare, se ben strutturato, può stimolare la rigenerazione e il rafforzamento dei tessuti muscoloscheletrici, mentre l’inattività prolungata o un’attività eccessiva senza un adeguato recupero può compromettere la salute dei tessuti, aumentando il rischio di lesioni e infiammazioni. Pertanto, la comprensione dei meccanismi cellulari e molecolari che governano la risposta dei tessuti agli stimoli esterni è cruciale per sviluppare trattamenti e interventi riabilitativi mirati.