La viscosità intrinseca e il raggio idrodinamico dei polimeri a pettine rappresentano due parametri chiave nella comprensione delle loro proprietà molecolari in soluzione. L’analisi condotta su polimacromonomeri di polistirene con diverse lunghezze delle catene laterali (ns = 15, 33, 65 e 113 per F15, F33, F65 e F110, rispettivamente) mostra come la viscosità intrinseca [η] si modifichi in funzione del grado medio in peso di polimerizzazione della catena principale (Mw), in due diversi solventi: cicloesano a 34.5 °C (solvente Θ) e toluene a 15 °C (buon solvente).
Nel caso del cicloesano, dove le interazioni polimero-solvente si compensano, la dipendenza molecolare di [η] a bassi valori di Mw è molto debole, indicando una conformazione globulare delle molecole. All’aumentare di Mw, la viscosità intrinseca aumenta secondo l’equazione di Mark-Houwink-Sakurada. I valori sperimentali sono ben descritti dalle equazioni teoriche proposte, con parametri di fitting riportati in tabella. Nei casi di toluene, la presenza di effetti di volume escluso viene considerata, portando a una maggiore espansione conformazionale. L'equazione di Barrett per il fattore di espansione αη si dimostra efficace nel riprodurre i dati sperimentali.
Per quanto riguarda il raggio idrodinamico RH, derivato dal coefficiente di attrito traslazionale di cilindri semiflessibili (modello Yamakawa-Fujii), la teoria mostra una buona corrispondenza con i dati sperimentali solo per catene sufficientemente lunghe (L/d > 4). Per catene corte, è necessario impiegare l’equazione proposta da Norisuye, che considera cilindri terminati da semisfere. L’accordo tra i valori teorici e sperimentali varia con la lunghezza delle catene laterali e il tipo di solvente, evidenziando l’importanza della geometria molecolare e dell’ambiente solutale.
L'effetto del volume escluso viene nuovamente trattato tramite un fattore di espansione αH per RH, calcolato anch’esso secondo Barrett. Anche in questo caso, l’adattamento dei modelli teorici ai dati sperimentali conferma la validità delle assunzioni e dei parametri impiegati.
Nel contesto della ramificazione, le molecole polimeriche con ramificazioni presentano dimensioni più contenute rispetto ai corrispettivi lineari a parità di peso molecolare. Questo comporta l’introduzione di un parametro quantitativo, gS, definito come il rapporto tra il valore medio quadratico della distanza radiale 〈S²〉 di un polimero ramificato rispetto a quello di un polimero lineare composto dagli stessi monomeri. Con l’aumentare del grado di ramificazione, gS diminuisce.
Nel caso di polimeri a ramificazione casuale, dove ogni unità monomerica ha la stessa probabilità di fungere da punto di ramificazione, gS può essere calcolato tramite formule specifiche in funzione del numero medio di punti di ramificazione m e della funzionalità f. Quando la struttura assume la forma regolare di un pettine, con ramificazioni distribuite a intervalli costanti, gS è funzione del numero di ramificazioni m e del rapporto r = ns/nc, dove ns è il numero di monomeri nella catena laterale e nc il numero di monomeri tra due punti successivi di ramificazione.
Dati sperimentali su polietilene ottenuto a differenti pressioni di polimerizzazione mostrano che la diminuzione di pressione comporta un aumento nella ramificazione, con valori decrescenti di gS. Le curve teoriche basate su modelli di pettine regolare riproducono accuratamente i risultati, suggerendo che i campioni studiati presentano strutture molecolari a pettine ben definite, più che ramificazioni casuali. La discrepanza tra i modelli casuali e i dati conferma l'importanza della regolarità spaziale nella distribuzione delle ramificazioni.
È essenziale comprendere che la struttura a pettine di un polimero influenza in modo significativo le sue proprietà reologiche e idrodinamiche. Le catene laterali impongono una barriera sterica, che modifica sia la conformazione in soluzione sia il modo in cui la molecola interagisce con il flusso e con altre molecole. Nei buoni solventi, tali strutture possono portare a una maggiore rigidità apparente della catena principale, mentre in solventi Θ l’effetto può essere attenuato.
La natura regolare o irregolare della ramificazione influenza anche la capacità del polimero di autoassemblarsi, la viscosità in soluzione e le proprietà di trasporto. In applicazioni pratiche, come nella formulazione di materiali plastici, rivestimenti o sistemi di rilascio controllato, la comprensione fine di questi parametri è cruciale per la progettazione molecolare.
Come si determina il peso molecolare attraverso la pressione osmotica e altre tecniche analitiche?
La pressione osmotica, Π, è una grandezza fondamentale nella determinazione del peso molecolare delle soluzioni polimeriche e rappresenta la somma delle contribuzioni di ciascun componente soluto in soluzione. Se la concentrazione di massa del componente i-esimo con peso molecolare Mi è ci, allora il contributo di questo componente alla pressione osmotica può essere espresso come Πi = RT ci / Mi, dove R è la costante dei gas e T la temperatura assoluta. Pertanto, la pressione osmotica totale si ottiene sommando questi contributi per tutti i componenti, portando alla relazione Π = RT Σ (ci / Mi).
Poiché il rapporto ci/c, dove c è la concentrazione totale di massa, è uguale alla frazione ponderale wi, si ha che la somma delle frazioni ponderali è 1. Questo permette di esprimere la pressione osmotica in funzione delle frazioni ponderali e dei pesi molecolari, risultando in un sistema che lega direttamente la pressione osmotica al peso molecolare medio.
Per la misurazione sperimentale della pressione osmotica, gli strumenti moderni utilizzano una cella divisa in due parti da una membrana semipermeabile: la parte superiore contiene la soluzione, mentre quella inferiore il solvente puro. Monitorando la pressione nella parte inferiore, che si riduce a causa dell’effetto osmotico, si determina la pressione osmotica in equilibrio. Questo equilibrio richiede generalmente pochi minuti, migliorando notevolmente la rapidità rispetto a metodi più tradizionali.
I dati sperimentali mostrano che per polimeri come il poliisobutilene in solventi buoni come il cicloesano, la relazione tra Π/RTc e la concentrazione c non è lineare. In questi casi, si applica la cosiddetta “square-root plot”, che, mediante l’uso del coefficiente viriale di terzo ordine ridotto g e del secondo coefficiente viriale A2, fornisce una linearizzazione più accurata. Il coefficiente g, che per polimeri flessibili in solventi buoni si attesta attorno a 1/4, permette di interpretare le interazioni soluto-solvente e la distribuzione del peso molecolare.
Nonostante l’affermarsi di metodi basati sulla diffusione della luce, la misura della pressione osmotica mantiene un ruolo importante, soprattutto per polimeri che assorbono nella regione del visibile, rendendo la diffusione luminosa meno affidabile. L’intervallo di peso molecolare accessibile mediante pressione osmotica va da alcune migliaia a circa un milione di unità di massa atomica.
Un metodo complementare è l’osmometria a pressione di vapore (VPO), che si basa sulla variazione della pressione di vapore del solvente in presenza di un soluto non volatile. Seguendo la legge di Raoult, la diminuzione della pressione di vapore rispetto al solvente puro è correlata alla frazione molare del soluto, e quindi alla sua concentrazione e peso molecolare. La variazione di pressione è piccola per soluti ad alto peso molecolare, rendendo la misura sensibile, ma grazie a sensori di temperatura differenziale si può risalire a questa variazione indirettamente. Il metodo VPO è efficace per pesi molecolari da circa 50 fino a decine di migliaia.
Infine, la tecnica di equilibrio di sedimentazione sfrutta la forza centrifuga per separare le molecole in soluzione in base alla loro massa e densità. Utilizzando un ultracentrifugo analitico, la distribuzione della concentrazione del soluto in funzione della distanza dal centro di rotazione viene monitorata mediante assorbimento UV o interferometria. Quando il sistema raggiunge l’equilibrio a una determinata velocità angolare, la relazione tra concentrazione e posizione fornisce informazioni sul peso molecolare medio apparente. La linearità o la curvatura del grafico del logaritmo della concentrazione rispetto al quadrato della distanza permette di valutare la monodispersione o polidispersione della soluzione.
È essenziale comprendere che, sebbene questi metodi forniscano valori del peso molecolare medio, la natura polidispersa dei polimeri richiede spesso l’uso di più tecniche combinate per ottenere una descrizione completa della distribuzione molecolare. Inoltre, i parametri viriali non solo descrivono il peso molecolare ma forniscono anche informazioni sulle interazioni molecolari tra soluto e solvente, fondamentali per predire il comportamento della soluzione e il processo di dissoluzione.
La scelta del metodo più appropriato dipende dalla natura del soluto, dal peso molecolare atteso e dalle condizioni sperimentali. La pressione osmotica resta insostituibile nei casi in cui la trasparenza ottica è limitata, mentre la sedimentazione offre un’analisi più diretta della massa molecolare in soluzione, con la possibilità di analizzare più campioni simultaneamente grazie alle tecnologie moderne. La combinazione di queste tecniche con la modellizzazione teorica consente una caratterizzazione dettagliata e precisa delle proprietà dei polimeri e delle loro soluzioni.

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