La sensibilità nella localizzazione del sanguinamento gastrointestinale (GI) aumenta significativamente quando lo studio viene eseguito in modalità cine-loop, che consente di osservare dinamicamente il flusso del sangue marcato. Nei pazienti con sanguinamento intermittente, una prima indagine negativa non esclude la presenza di un sanguinamento attivo, poiché è possibile acquisire immagini fino a 24 ore dopo, qualora il paziente riprenda a sanguinare senza necessità di reiniezione di globuli rossi marcati. Tuttavia, la localizzazione precisa del sanguinamento in immagini ritardate è spesso compromessa a causa dell’attività peristaltica intestinale e del tempo trascorso dall’inizio del sanguinamento all’esecuzione dell’esame, che riducono l’accuratezza nell’identificare l’origine esatta del flusso emorragico.
Gli studi con globuli rossi marcati con 99mTc (99mTc-RBC) si sono dimostrati più sensibili rispetto alla colonscopia e all’angiografia tradizionale nella rilevazione di sanguinamenti intermittenti. La sensibilità del metodo si evidenzia nella capacità di individuare sanguinamenti con tassi inferiori a 0,1 mL/min, un valore nettamente più basso rispetto a quello rilevabile con la TC angiografia (0,3-0,5 mL/min) e l’angiografia fluoroscopica convenzionale (0,5-1,0 mL/min). Questo aspetto è cruciale, perché permette di identificare anche sanguinamenti di bassa entità che possono sfuggire ad altre tecniche diagnostiche.
Un ulteriore vantaggio degli studi con globuli rossi marcati è la possibilità di monitorare sia l’intestino tenue sia il colon per un intervallo di tempo molto più lungo rispetto ad altre metodiche. Ciò consente di osservare il sanguinamento anche se questo si verifica in momenti diversi, migliorando la probabilità di localizzazione. Quando il sanguinamento viene identificato con precisione, è più rapido e mirato l’intervento radiologico interventistico, che potrà concentrarsi sul trattamento del vaso specifico responsabile, riducendo così i tempi e i rischi dell’intervento.
Tuttavia, un limite significativo di questa tecnica riguarda la valutazione dei sanguinamenti gastrici. L’attività fisiologica della milza può interferire con la visualizzazione, complicando l’identificazione del punto esatto di emorragia in quest’area. Ciò richiede una cautela interpretativa e, talvolta, il ricorso a metodi diagnostici complementari.
La medicina nucleare offre inoltre ulteriori applicazioni, come la valutazione della funzionalità gastrica tramite studi di svuotamento con 99mTc-solfuro colloidale, sia in fase liquida che solida. Tali studi permettono di quantificare con precisione i tempi di svuotamento gastrico e sono impiegati in diverse fasce di età, dagli infanti agli adulti, con protocolli adattati alle specifiche esigenze. La valutazione quantitativa mediante curve di svuotamento consente di diagnosticare disturbi funzionali gastrici e pianificare trattamenti mirati.
Nel trattamento di patologie epatiche non resecabili, come il carcinoma epatocellulare, la medicina nucleare ha introdotto l’utilizzo delle microsfere di ittrio-90 (90Y), che rilasciano radiazioni beta in modo mirato, limitando l’esposizione sistemica. La somministrazione è preceduta da un’approfondita mappatura vascolare con 99mTc-MAA per valutare la distribuzione del radiofarmaco e il rischio di shunt verso polmoni o altri tessuti non target. Questo approccio consente un trattamento efficace e sicuro, rappresentando una delle frontiere più avanzate della terapia oncologica minimamente invasiva.
La tomografia a emissione di positroni (PET) con 18F-fluorodeossiglucosio (18F-FDG) rappresenta un ulteriore strumento diagnostico nel campo oncologico. Questo metodo sfrutta la maggiore attività metabolica delle cellule tumorali, rilevata attraverso l’assorbimento e l’intrappolamento del glucosio marcato. Nonostante i costi elevati e la necessità di un ciclotrone per la produzione del radiofarmaco, la PET offre un livello di precisione insuperabile nell’individuazione di lesioni metaboliche, supportando la diagnosi e la stadiazione tumorale.
Infine, la medicina nucleare trova applicazione anche nel riconoscimento di tessuto splenico accessorio o di splenosi dopo splenectomia, situazioni che possono complicare il quadro clinico e provocare recidive o dolori addominali inspiegabili. Lo studio con globuli rossi marcati e danneggiati termicamente si rivela la tecnica più sensibile per identificare piccoli residui di tessuto splenico ectopico, migliorando così la gestione clinica.
È fondamentale comprendere che la medicina nucleare, pur essendo estremamente sensibile e capace di fornire informazioni funzionali non ottenibili con altre tecniche, deve essere sempre integrata con la valutazione clinica complessiva e le altre indagini diagnostiche. La complessità della fisiologia e dei meccanismi patologici impone una lettura accurata e multidisciplinare dei risultati, considerando anche i limiti intrinseci di ogni procedura, per ottimizzare il percorso diagnostico-terapeutico del paziente.
Come identificare e classificare i polipi gastrici: una guida alla valutazione endoscopica e istologica
I polipi gastrici sono formazioni benigne che possono svilupparsi nella mucosa dello stomaco, con diverse caratteristiche e variabili cliniche. La loro diagnosi avviene attraverso l'endoscopia, ma la conferma finale e la classificazione precisa si ottengono solo con l'esame istologico. Esistono diverse tipologie di polipi gastrici, ognuna delle quali presenta caratteristiche distintive sia sotto l'aspetto macroscopico che microscopico. L'approccio endoscopico gioca un ruolo cruciale nell'individuazione di queste lesioni, mentre l'esame istologico permette di definire la natura e il rischio di malignità.
Il polipo della ghiandola fundica è uno dei più comuni polipi gastrici. Durante l'esame endoscopico, questi polipi si localizzano principalmente nel fondo e nel corpo dello stomaco. Possono essere sporadici o associati alla poliposi adenomatosa familiare. L'esame istologico mostra ghiandole ossintiche dilatate, mentre l'epitelio sovrastante generalmente appare normale o mostra talvolta una lieve iperplasia. La displasia in questi polipi è estremamente rara nei casi sporadici. L'assenza di lesioni pre-cancerose è una caratteristica distintiva di questa tipologia di polipi.
Un altro tipo di polipo comune è il polipo iperplastico, che si presenta endoscopicamente come un polipo sessile localizzato principalmente nell'antro dello stomaco. Istologicamente, si osservano ghiandole foveolari dilatate in un contesto di lamina propria infiammata ed edematosa, spesso con erosioni o ulcerazioni della superficie. L'infiammazione cronica della mucosa adiacente è tipica, e occasionalmente, si può riscontrare displasia, sebbene questo sia raro. I polipi iperplastici possono essere associati a condizioni come la sindrome di Cronkhite-Canada, la malattia di Ménétrier e i polipi giovanili. Tuttavia, i polipi gastrici isolati non sono associati a polipi nell'intestino tenue o nel colon.
I polipi di Peutz-Jeghers sono un altro tipo di polipo gastrico che si presenta endoscopicamente in tutto il tratto gastrointestinale superiore, ma è più comune nell'intestino tenue. L'esame istologico mostra una prominente iperplasia foveolare nello stomaco, con infiammazione minima o assente nella lamina propria. In alcuni casi, si può osservare un pattern di muscolatura liscia arborizzata nella lamina propria, sebbene questo sia meno frequente.
Un'altra lesione interessante è l'eterotopia pancreatica e la metaplasia, che si localizzano comunemente nell'antro dello stomaco e si presentano come noduli sottosierosi con una depressione centrale, simile ad una lesione a "vulcano". Istologicamente, si osservano acini pancreatici ectopici, dotti e occasionalmente isole pancreatiche (presenti nel 30% dei casi), in proporzioni variabili. Questo tipo di lesione è particolarmente importante per la sua somiglianza ad altre patologie, come la pancreatite cronica.
Infine, lo xantoma gastrico, sebbene raro, può essere rilevato endoscopicamente come una lesione piatta e di colore giallo, spesso scoperta incidentalmente durante un'indagine endoscopica. L'esame istologico mostra una raccolta benigna di macrofagi contenenti lipidi nella lamina propria. Questo tipo di lesione è stato associato al reflusso biliare, a pazienti post-gastrettomizzati e a chi soffre di colestasi.
Questi polipi sono generalmente benigni, ma la loro classificazione e gestione dipendono dalla loro natura istologica e dalle condizioni cliniche del paziente. È fondamentale che i medici valutino attentamente l'aspetto endoscopico dei polipi e successivamente confermino la diagnosi con esami istologici. Solo attraverso questa combinazione è possibile determinare se un polipo necessiti di ulteriori indagini o interventi, in particolare quando si sospetta una possibile malignità.
Oltre alla corretta classificazione dei polipi, è importante considerare le possibili complicazioni associate alla loro presenza. In alcuni casi, polipi gastrici possono essere precursori di condizioni patologiche più gravi, come il carcinoma gastrico, sebbene ciò sia raro. Inoltre, la presenza di polipi, specialmente quelli iperplastici o in condizioni patologiche complesse come la gastrite cronica, può essere un indicatore di disturbi gastrici più ampi che richiedono un monitoraggio continuo. La gestione ottimale dei polipi gastrici include un'adeguata valutazione delle condizioni del paziente e una strategia di sorveglianza a lungo termine per identificare tempestivamente eventuali cambiamenti.
Quando dovrebbe essere utilizzato il G-POEM nella gastroparesi?
La gastroparesi è una condizione debilitante caratterizzata da una motilità gastrica compromessa, che porta a sintomi come nausea cronica, vomito, e sazietà precoce. Tra i trattamenti innovativi per questa malattia, il G-POEM (Gastric Peroral Endoscopic Myotomy) sta emergendo come una soluzione efficace per pazienti con gastroparesi refrattaria, specialmente quando la fisiologia ostruttiva del piloro è un fattore determinante nella sintomatologia.
Due studi multicentrici hanno mostrato significativi miglioramenti nei sintomi dei pazienti trattati con G-POEM, così come una riduzione dei tempi di svuotamento gastrico (GE). Tuttavia, è importante sottolineare che questo trattamento deve essere riservato a casi selezionati di gastroparesi refrattaria, con criteri di selezione appropriati, come una fisiologia ostruttiva del piloro. Il G-POEM deve essere effettuato solo in centri di motilità di terzo livello, dotati di endoscopisti altamente qualificati, per garantire l'efficacia e la sicurezza del trattamento.
Accanto a G-POEM, la stimolazione elettrica gastrica (GES) rappresenta un'altra opzione terapeutica per i pazienti con gastroparesi. Il trattamento con GES utilizza stimoli a bassa energia e alta frequenza (12 cicli al minuto) per alleviare la nausea e il vomito refrattari, tipici di questa patologia. Nonostante la stimolazione elettrica non migliori direttamente lo svuotamento gastrico, ha dimostrato di ridurre i sintomi di nausea e vomito, e in alcuni casi di migliorare il controllo glicemico, lo stato nutrizionale e la qualità della vita. Tuttavia, è importante notare che il GES non è indicato per la gastroparesi associata a dolore, e l'uso cronico di oppioidi è una controindicazione per l'installazione del dispositivo.
Il meccanismo d'azione esatto del GES rimane sconosciuto, ma i benefici potrebbero derivare dalla modulazione delle cellule interstiziali di Cajal (ICCs), dall'aumento dell'attività vagale, dal miglioramento del rilassamento/accomodamento del fondo gastrico, dal controllo delle vie nervose centrali per nausea e vomito, o dal rilascio di peptidi locali. Questo approccio terapeutico è in grado di migliorare il controllo dei sintomi, sebbene non risolva completamente i problemi di motilità gastrica.
In alternativa, un trattamento farmacologico mirato è fondamentale nella gestione della gastroparesi. È essenziale affrontare prima di tutto il difetto patofisiologico dominante che causa i sintomi principali. A seconda della gravità del ritardo di svuotamento gastrico, i trattamenti si differenziano. In caso di gastroparesi lieve, si può optare per un cambiamento dietetico, con pasti frequenti e piccoli, integrati da farmaci prochinètici come metoclopramide e domperidone. Quando la gastroparesi è moderata, è possibile aggiungere farmaci come eritromicina e prucalopride, nonché antiemetici come ondansetron e prometazina. Nei casi più gravi, oltre ai farmaci, potrebbero essere necessarie interventi come la decompressione tramite gastrostomia o interventi endoscopici o laparoscopici.
Un'altra opzione emergente per il trattamento della gastroparesi riguarda i nuovi farmaci in fase di ricerca. La comprensione dei meccanismi alla base delle disfunzioni motorie nella gastroparesi ha aperto la strada a numerosi potenziali target farmacologici. Gli agonisti del recettore 5-HT4, come il prucalopride, e gli agonisti del recettore motilina, come l'eritromicina, sono stati testati per migliorare lo svuotamento gastrico e le contrazioni antrali. Altri composti, come i recettori di ghrelina e i recettori D2/D3, mostrano potenziale per trattare la gastroparesi idiopatica e quella diabetica. L'uso di questi farmaci, se approvato, potrebbe rivoluzionare il trattamento della condizione, specialmente per i pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali.
La gestione della gastroparesi è complessa e dipende da una serie di fattori individuali. È fondamentale che i trattamenti siano personalizzati, con una comprensione accurata dei meccanismi alla base dei sintomi del paziente. La combinazione di trattamenti farmacologici, interventi chirurgici e approcci dietetici, insieme a tecniche avanzate come G-POEM e GES, offre nuove speranze per i pazienti con gastroparesi refrattaria.
La gastroparesi non è solo una malattia che colpisce la motilità gastrica, ma un disturbo complesso che influisce profondamente sulla qualità della vita. I pazienti necessitano di una gestione multidisciplinare, che può includere gastroenterologi, nutrizionisti, chirurghi e psicologi. Inoltre, è cruciale monitorare continuamente l'evoluzione della malattia, poiché il trattamento della gastroparesi richiede un adattamento continuo alle circostanze individuali del paziente, evitando soluzioni universali e approcci one-size-fits-all.
Qual è il ruolo della chirurgia mini-invasiva nelle malattie gastrointestinali?
La chirurgia mini-invasiva ha visto un'espansione significativa nel trattamento delle malattie gastrointestinali, grazie ai progressi nelle tecnologie e alle tecniche innovative che consentono interventi con minori danni ai tessuti e tempi di recupero più rapidi per i pazienti. L'approccio mini-invasivo, che include chirurgia laparoscopica, endoscopia e altre tecniche, è diventato un pilastro fondamentale nella gestione di molte patologie gastrointestinali. La chiave di questo approccio è la riduzione dell'invasività, che minimizza il trauma chirurgico, limita le complicazioni post-operatorie e accelera il processo di guarigione.
Uno degli esempi più significativi dell'efficacia della chirurgia mini-invasiva è l'uso dell'ultrasuono endoscopico (EUS), che permette una valutazione precisa di lesioni gastrointestinali. In un paziente con un nodulo ulcerato nello stomaco, ad esempio, l'EUS può fornire informazioni cruciali per la stadiazione del tumore, rivelando se la lesione ha invaso la parete gastrica e se ci sono metastasi nei linfonodi perigeastrici. L'utilizzo dell'EUS per diagnosticare e gestire tumori come il carcinoma gastrico è un chiaro esempio di come la tecnologia mini-invasiva migliori l'accuratezza diagnostica e la gestione terapeutica.
Un altro esempio di successo della chirurgia mini-invasiva riguarda l'infiltrazione del plesso celiaco con anestetici locali e steroidi, eseguita tramite EUS. Questa tecnica consente di ridurre il dolore cronico nei pazienti con tumori avanzati, senza la necessità di interventi chirurgici invasivi. I benefici per il paziente sono notevoli, in quanto si riduce significativamente il rischio di complicazioni associate alla chirurgia tradizionale, come infezioni, emorragie o lunghi tempi di recupero.
In aggiunta, la chirurgia laparoscopica è una delle metodiche più utilizzate in gastrochirurgia. Gli interventi laparoscopici, che comportano l'inserimento di piccoli strumenti chirurgici attraverso piccole incisioni, sono ampiamente impiegati per trattare patologie come la colecistectomia, la resezione intestinale e l'intervento per la sindrome di Zollinger-Ellison. La colecistectomia laparoscopica, in particolare, ha rivoluzionato il trattamento delle malattie della colecisti, riducendo il dolore post-operatorio, la durata del ricovero e il rischio di complicazioni.
Oltre alla chirurgia tradizionale e laparoscopica, le tecniche endoscopiche hanno migliorato notevolmente la gestione delle patologie gastrointestinali. Ad esempio, la resezione endoscopica di polipi o la dilatazione endoscopica di stenosi esofagee permettono di trattare patologie complesse senza dover ricorrere a interventi chirurgici complessi. L'endoscopia è anche cruciale nella diagnosi precoce e nella gestione del cancro gastrointestinale, in quanto consente la biopsia mirata di aree sospette e l'identificazione precoce di lesioni maligne.
La chirurgia mini-invasiva non è priva di sfide. La formazione del chirurgo e l'accesso a tecnologie avanzate sono fattori chiave per il successo di questi interventi. Inoltre, alcune condizioni, come l'ostruzione intestinale grave o le infezioni complicate, potrebbero non essere trattabili con approcci mini-invasivi. Tuttavia, le continue innovazioni e l'approfondimento delle conoscenze sui benefici a lungo termine di queste tecniche suggeriscono che la chirurgia mini-invasiva continuerà a giocare un ruolo cruciale nel trattamento delle malattie gastrointestinali.
Oltre a ridurre i rischi e migliorare i tempi di recupero, un altro aspetto fondamentale della chirurgia mini-invasiva è la qualità della vita post-operatoria. Molti pazienti trattati con queste tecniche hanno riportato una ripresa più rapida delle normali attività quotidiane e un ritorno alla funzionalità pre-operatoria. Inoltre, l'estetica del risultato, con cicatrici minime o invisibili, rappresenta un ulteriore vantaggio, soprattutto per quei pazienti che sono sensibili agli aspetti estetici della chirurgia.
L'approccio mini-invasivo, infine, deve essere visto come parte di un continuum terapeutico che include la diagnosi precoce, la gestione multidisciplinare e il follow-up a lungo termine. Ad esempio, nei pazienti con tumore gastrico o esofageo, l'uso combinato di tecniche di imaging avanzate, come l'EUS e la tomografia computerizzata, con la chirurgia mini-invasiva, offre una strategia globale per un trattamento ottimale. La diagnosi precoce attraverso tecniche non invasive, seguita da un trattamento chirurgico minimamente invasivo, potrebbe migliorare notevolmente la prognosi di pazienti con patologie oncologiche gastrointestinali.
Per ottenere il massimo vantaggio dalle tecniche mini-invasive, è cruciale che i professionisti della salute continuino a sviluppare competenze avanzate nelle tecnologie endoscopiche e laparoscopiche. L'adozione di queste metodiche, unita alla ricerca continua e all'aggiornamento professionale, promette di offrire cure sempre più precise e meno invasive, migliorando la vita dei pazienti e riducendo l'impatto delle malattie gastrointestinali.
Qual è l'importanza della vaccinazione nei pazienti con malattia epatica cronica e malattie infiammatorie intestinali?
Nei pazienti con malattie epatiche croniche, come la cirrosi, la protezione contro le infezioni diventa una priorità assoluta, in quanto il fegato non è più in grado di sostenere danni aggiuntivi, come le infezioni, senza un rischio elevato di scompenso e insufficienza epatica. La cirrosi compromette la funzione del sistema immunitario, in particolare quello reticoloendoteliale (composto da cellule di Kupffer nel fegato, macrofagi e monociti), riducendo la capacità del corpo di rispondere a nuove minacce infettive. Inoltre, l’aumento della permeabilità intestinale in questi pazienti favorisce il passaggio di batteri e tossine nel flusso sanguigno, favorendo così lo sviluppo di infezioni spontanee. La presenza di shunt venosi che bypassano il fegato, frequente nei casi di cirrosi, compromette ulteriormente la capacità di eliminare le infezioni.
Vaccinarsi contro l'epatite A e B è dunque fortemente raccomandato per i pazienti con cirrosi. L'infezione da epatite A in un paziente cirrotico aumenta significativamente il rischio di insufficienza epatica e morte rispetto a chi non ha malattia epatica preesistente. La stessa considerazione vale per l'epatite B: quando un paziente cirrotico sviluppa infezioni acute da HBV, può presentare manifestazioni severe, tra cui encefalopatia, ascite, ipoprothrombinemia e insufficienza epatica acuta. Inoltre, la coinfezione da epatite B e C nei pazienti con malattia epatica cronica è associata a un rischio aumentato di carcinoma epatocellulare.
In generale, i pazienti con malattia epatica cronica devono essere vaccinati quanto prima possibile. L’efficacia della risposta immunitaria ai vaccini è inferiore nei pazienti con malattia epatica avanzata, come la cirrosi. Pertanto, è fondamentale che questi pazienti ricevano la vaccinazione contro l’epatite A e B, idealmente prima di un trapianto di fegato, poiché la risposta immunitaria post-trapianto è più debole e il rischio di complicazioni aumenta. È importante sottolineare che i vaccini vivi sono controindicati dopo il trapianto di fegato e non devono essere somministrati almeno quattro mesi prima del trapianto.
Anche la vaccinazione contro l'influenza è essenziale per i pazienti con cirrosi. Gli studi hanno dimostrato che l'influenza può causare un aggravamento significativo della cirrosi, inducendo decompensazione epatica nei pazienti con cirrosi avanzata. Pertanto, la vaccinazione antinfluenzale può ridurre il rischio di complicanze, ma va evitato l'uso del vaccino antinfluenzale vivo-attenuato nei pazienti con malattia epatica cronica. Lo stesso principio si applica anche alla vaccinazione contro il COVID-19, che è fortemente raccomandata per i pazienti con cirrosi o che stanno per sottoporsi a trapianto di fegato. La CDC ha classificato questi pazienti come ad alto rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19, quindi è importante che ricevano sia la serie primaria di vaccini che le dosi di richiamo.
Altri vaccini raccomandati per i pazienti con cirrosi includono quelli di routine, come i richiami del vaccino contro la difterite e il tetano, che vanno somministrati ogni dieci anni, e altri vaccini appropriati per l’età. In generale, i vaccini non vivi sono preferibili rispetto ai vaccini vivi, quando possibile.
Per i pazienti con malattia infiammatoria intestinale (IBD), che include malattie come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa, c’è un rischio maggiore di contrarre infezioni prevenibili con vaccino. Queste infezioni comprendono herpes zoster, papillomavirus umano (HPV), polmonite e infezioni acute da HBV. Tale vulnerabilità è dovuta principalmente a due fattori: la disfunzione del sistema immunitario tipica dell’IBD, che si attiva in modo inappropriato contro i batteri intestinali, e l’uso di farmaci immunosoppressori, come glucocorticoidi, immunomodulatori (azatioprina, 6-mercaptopurina, metotrexato) e inibitori del TNF-α (infliximab, adalimumab, golimumab). Questi farmaci aumentano il rischio di infezioni gravi. La combinazione di inibitori del TNF-α con immunosoppressori o corticosteroidi aumenta ulteriormente questo rischio, mentre l’uso di inibitori del JAK o modulatori dei recettori S1P è associato ad un rischio maggiore di linfopenia, che può aumentare ulteriormente il rischio di infezioni.
Nel trattamento dell'IBD, la vaccinazione dovrebbe essere pianificata sin dal momento della diagnosi, idealmente prima di iniziare la terapia immunosoppressiva. La maggior parte dei vaccini può essere somministrata quando possibile, ma l’efficacia dei vaccini sarà massima se somministrati prima dell'inizio del trattamento immunosoppressivo. È importante sottolineare che non è stato riscontrato alcun aumento del rischio di esacerbazione della malattia infiammatoria intestinale a seguito della vaccinazione con vaccini come quello contro l'influenza e il pneumococco, né per la vaccinazione contro il COVID-19.
I vaccini raccomandati per i pazienti con IBD includono i vaccini inattivati contro l'influenza, il vaccino contro il tetano (incluso nel Td, Tdap o DTap), il vaccino contro l’HPV, il vaccino contro il meningococco e il vaccino contro l’epatite A. È fondamentale che i pazienti con IBD ricevano questi vaccini in modo tempestivo per proteggersi dalle infezioni che potrebbero complicare ulteriormente la loro condizione.
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