La gestione dei rifiuti provenienti da costruzioni e demolizioni è regolata da una serie di leggi e normative che mirano a garantire una gestione adeguata, dall’analisi e separazione dei materiali alla loro valorizzazione. A livello europeo, la Direttiva Quadro sui Rifiuti del 2008 è un punto di riferimento fondamentale per l’intero processo di recupero dei rifiuti. Questo documento guida gli Stati membri dell'Unione Europea nel definire le politiche e le misure legislative, specificando le modalità per la gestione e il trattamento dei rifiuti. La Direttiva è stata successivamente aggiornata nel 2018 per promuovere un'economia circolare, introducendo obiettivi più ambiziosi in materia di riciclaggio, prevenzione dei rifiuti e criteri per il termine della qualifica di rifiuto.

Nel settore delle costruzioni, la demolizione delle strutture riveste un ruolo chiave nella gestione dei rifiuti edilizi. La qualità dei rifiuti prodotti dipende in gran parte dalla modalità di demolizione adottata, che deve essere selettiva. A tal fine, è necessario un audit preliminare che esamini le caratteristiche strutturali dell'edificio, i materiali utilizzati e la presenza di sostanze inquinanti. La demolizione deve essere pianificata in modo tale da consentire una separazione dei materiali sul luogo di origine, riducendo la contaminazione e migliorando le possibilità di recupero.

I rifiuti derivanti da questa attività devono essere opportunamente trattati e recuperati, evitando quanto più possibile il loro conferimento in discarica. La legislazione incoraggia l’impiego di incentivi economici per ridurre l'invio dei materiali in discarica, puntando sull’utilizzo di materiali riciclati. La cosiddetta "economia verde", che favorisce l’acquisto di materiali da costruzione riciclati, è un altro aspetto importante delle politiche ambientali, destinato ad essere sempre più applicato. Per favorire l’uso di materiali riciclati nei progetti di costruzione, è fondamentale che i rifiuti siano certificati come “non rifiuto”, secondo le normative stabilite.

In Italia, il quadro normativo nazionale è allineato con le direttive europee e promuove l’adozione di pratiche di recupero e riciclaggio. La normativa prevede misure specifiche per la gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione (C&D), con l’intento di minimizzare gli impatti ambientali. La Legge 152/2006 stabilisce le disposizioni in materia di gestione dei rifiuti, introducendo concetti di recupero e riciclo, in sintonia con i principi della sostenibilità. Inoltre, il Decreto Legislativo 50/2016, che riguarda gli appalti pubblici, sottolinea la necessità di promuovere l’uso di materiali riciclati nei progetti di costruzione, creando un incentivo economico per le imprese che scelgono soluzioni sostenibili.

Accanto alle leggi e alle politiche, è fondamentale l’adozione di tecnologie innovative per il trattamento e la valorizzazione dei materiali di recupero. Le tecniche di frantumazione, selezione e lavorazione dei rifiuti edilizi sono sempre più avanzate e consentono di ottenere materiali di qualità per la realizzazione di nuove opere, limitando così il consumo di risorse naturali. L’uso di materiali riciclati nei lavori pubblici ed edilizi sta diventando sempre più una prassi consolidata, anche grazie alla crescente consapevolezza ambientale e alla disponibilità di soluzioni che rendono il recupero più economico ed efficiente.

Il settore del recupero dei rifiuti edilizi non si limita al trattamento dei materiali provenienti da demolizioni, ma si estende anche alla progettazione di edifici con un ciclo di vita più lungo e facilmente deconstruibili. Questo approccio, che prende il nome di “design for deconstruction” (design per la de-costruzione), favorisce l’impiego di materiali e tecniche che semplificano la futura rimozione e riutilizzo dei componenti degli edifici, riducendo il bisogno di nuove risorse e il volume di rifiuti da smaltire. L'integrazione di queste pratiche nella progettazione edilizia, anche in fase di costruzione, è una tendenza crescente che punta a garantire la sostenibilità nel lungo periodo.

La gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione è una parte fondamentale della transizione verso un’economia circolare. Comprendere a fondo le normative vigenti, le tecniche di trattamento e il ruolo dei materiali riciclati è cruciale per tutti gli attori del settore edilizio, dai progettisti agli imprenditori, fino agli enti locali che regolano il ciclo dei rifiuti. È importante inoltre tenere conto delle implicazioni economiche, in quanto l’adozione di pratiche sostenibili può portare non solo a un impatto positivo sull’ambiente, ma anche a risparmi significativi sui costi di smaltimento e approvvigionamento di materiali.

Qual è l'efficacia reale dei processi di selezione a umido nei rifiuti da costruzione?

L'utilizzo del jig a membrana nei processi di selezione a umido ha evidenziato una significativa riduzione del contenuto di gesso nel materiale pesante rispetto al materiale in ingresso. Non solo il gesso, ma anche altri componenti minerali a bassa densità vengono efficacemente eliminati, provocando un incremento sostanziale della densità del materiale residuo pesante. Tuttavia, questo miglioramento qualitativo comporta una riduzione del rendimento: il rapporto tra la massa del materiale pesante ottenuto e quella del materiale alimentato diminuisce sensibilmente con l’aumento del contenuto di gesso nel materiale di partenza. Con un contenuto di gesso inferiore all’1% in massa, il rendimento del materiale pesante è di 0,85 kg per kg di materiale alimentato, ma scende a 0,75 kg/kg con un contenuto di gesso del 10%.

I materiali leggeri risultanti da questo processo non vengono generalmente riciclati, ma richiedono uno smaltimento costoso. Questo implica che, nonostante il miglioramento della qualità del prodotto ottenuto, l’applicazione della tecnologia di jigging in questo contesto risulta economicamente poco giustificata.

I processi di separazione a umido, escluso il jigging, mostrano una certa efficacia nella rimozione di impurità non minerali con densità bassa o media. La selezione a umido è meno sensibile alla granulometria rispetto a quella a secco, rendendo possibile il trattamento di frazioni granulometriche più ampie. In molti casi è sufficiente una separazione tra aggregati fini e grossolani. Tuttavia, l’assorbimento d’acqua dei materiali gioca un ruolo cruciale nell’efficacia del processo. Durante il confronto tra le distribuzioni di densità dei materiali da costruzione riciclati e le densità di separazione dei vari sistemi, emerge che lo stato di saturazione idrica delle particelle può alterare significativamente il risultato della selezione.

Nel caso del jigging, la permanenza prolungata dei materiali nel bagno d'acqua favorisce un maggior assorbimento, influenzando direttamente la densità apparente e quindi la separazione. Per contro, nei separatori a vite o a nastro idraulico, la permanenza è breve e l’assorbimento minimo, lasciando il risultato di separazione pressoché invariato rispetto allo stato secco.

Gli impianti stazionari che impiegano metodi a umido devono prevedere sistemi di disidratazione per i materiali leggeri e pesanti in uscita, generalmente tramite vagliatura. L'acqua di lavaggio può essere riciclata dopo un adeguato trattamento; soltanto l'acqua trasportata via dal materiale viene reintegrata con acqua fresca. La sedimentazione dei componenti fini nell'acqua avviene tramite l'aggiunta di flocculanti. Sabbie fini separate da processi come il tamburo idraulico o i test di jigging su sabbie di calcestruzzo frantumato mostrano spesso differenze chimiche e mineralogiche marcate rispetto ai materiali leggeri e pesanti. Tali sabbie possono contenere una percentuale elevata di componenti reattivi, potenzialmente problematici nel riutilizzo.

Il materiale pesante ottenuto da questi processi contiene acqua, il che può risultare vantaggioso se impiegato direttamente come strato di base o come aggregato riciclato per la produzione di calcestruzzo, riducendo o eliminando la necessità di umidificazione aggiuntiva.

Infine, la selezione dei metalli ferrosi e non ferrosi riveste un ruolo fondamentale nel trattamento dei rifiuti da costruzione. Per i metalli ferrosi si utilizzano separatori magnetici a nastro o a tamburo. La separazione dipende dall’intensità del campo magnetico, dalla velocità di trasporto, dall’altezza del materiale e dalle dimensioni e forme degli oggetti da rimuovere. Il separatore a nastro, il più utilizzato, impiega un magnete sospeso trasversalmente alla direzione del nastro trasportatore. Il separatore a tamburo, invece, trattiene il materiale magnetizzabile con un segmento magnetico fisso nel tamburo di deviazione, lasciando che il materiale non magnetico venga espulso per inerzia.

Per i metalli non ferrosi si applica la separazione a correnti parassite. Un campo magnetico alternato induce correnti parassite nei materiali conduttivi, che a loro volta generano un campo magnetico opposto, respingendo i materiali. Il successo della separazione dipende dalla conducibilità elettrica e dalla densità del metallo: l’alluminio, con alta conducibilità e bassa densità, si separa facilmente; il piombo, con bassa conducibilità e alta densità, è difficilmente separabile.

L’efficacia generale della selezione a umido nei rifiuti da costruzione è fortemente legata alla natura compositiva del materiale, al grado di assorbimento idrico e alla precisione con cui si regolano i parametri operativi. In assenza di un bilancio economico favorevole, l’adozione su larga scala di questi sistemi richiede una valutazione attenta de

Quali sono le caratteristiche e i processi di produzione dei materiali da costruzione per muratura?

I mattoni di argilla sono tra i materiali da costruzione più comuni e tradizionali, ma la loro produzione, così come quella di altri materiali da muratura, richiede una serie di passaggi tecnici e specifici che influenzano le proprietà finali del prodotto. L'argilla, combinata con agenti leganti, acqua e additivi, viene trasformata attraverso un trattamento ad alte temperature che ne modifica la struttura e conferisce al mattone la sua resistenza e durabilità. Durante la cottura, l'acqua cristallina contenuta nell'argilla viene espulsa e, attraverso un processo di sinterizzazione, si formano fasi di fusione che contribuiscono alle caratteristiche del prodotto finale. Per i mattoni da rivestimento, che non necessitano di resistenza al gelo, la temperatura di cottura varia tra gli 850°C e i 1000°C. Per i mattoni refrattari o clinker, la temperatura di cottura è superiore a 1000°C, dove la sinterizzazione avviene con la formazione di fasi fusibili.

La produzione di mattoni in silicato di calcio, un altro materiale comunemente usato, è un processo che implica la miscelazione di sabbia quarzifera e calce viva con acqua. Dopo che la calce reagisce con l'acqua formando calce idrata, i mattoni vengono modellati con presse e induriti in autoclavi. Durante questo processo, la calce idrata reagisce con la SiO2 della sabbia quarzifera, formando idrati di silicato di calcio che crescono sui granuli di sabbia e li legano insieme.

Anche il calcestruzzo aerato autoclave, utilizzato per la costruzione di muri, si basa sulla reazione tra sabbia quarzifera finemente macinata e calce, che, durante la cura in autoclave, forma idrati di silicato di calcio. Il materiale iniziale, una sospensione, viene versato in stampi. L'aggiunta di polvere di alluminio o pasta provoca una formazione intensiva di pori nel materiale ancora liquido. Per garantire la stabilità dei blocchi di materia prima espansi e altamente porosi, vengono aggiunti gesso e/o anidrite. Una volta che il processo di espansione è completato, i blocchi vengono tagliati e poi induriti in autoclave.

Anche i blocchi di calcestruzzo per muratura sono realizzati con aggregati leggeri o normali, cemento, cenere volante e acqua. Dopo che i componenti sono stati dosati e mescolati, la miscela di calcestruzzo viene lavorata in blocchi tramite macchine per la formatura dei blocchi. Le operazioni di riempimento degli stampi, compattazione e smontaggio della cassaforma avvengono automaticamente in successione. I blocchi verdi che escono dalla macchina per la formatura possiedono già una resistenza sufficiente. La successiva indurimento può essere accelerato con il trattamento termico.

Nei calcestruzzi leggeri, esistono due varianti in base alla composizione: quelli con una struttura densa, che consistono in aggregati naturali fini e aggregati leggeri grossi, e quelli senza sabbia fine, dove gli aggregati leggeri sono legati insieme dal cemento solo in alcuni punti, lasciando vuoti tra gli aggregati. I calcestruzzi leggeri senza sabbia fine sono i più diffusi nella produzione. La resistenza dei mattoni legati da minerali nella costruzione muraria si basa sulla formazione di idrati di silicato di calcio, che sono composti cristallini di dimensioni nell'ordine dei nanometri e sono molto poco solubili in acqua.

I mattoni in silicato di calcio, così come i calcestruzzi aerati autoclave, presentano una componente principale di idrati di silicato di calcio cristallini. La differenza sta nella loro proporzione e nel tipo di cristallinità presente in ciascun materiale. Nei mattoni in silicato di calcio, gli idrati di silicato di calcio sono presenti come fase legante cristallina che cresce sui granuli di sabbia e li lega saldamente. Nei calcestruzzi aerati autoclave, questa fase cristallina è la componente principale in termini di massa. La quantità di porosità, che può arrivare fino all'85%, è un'altra caratteristica distintiva di questi materiali. Il calcestruzzo, invece, è caratterizzato dalla presenza di idrati amorfi di silicato di calcio che uniscono gli aggregati fini e grossi.

I materiali da muratura vengono classificati in base alla loro densità e resistenza. I prodotti leggeri, come il calcestruzzo aerato autoclave, hanno densità inferiori a 1 kg/dm3, ma anche i mattoni in argilla e i blocchi di calcestruzzo leggero rientrano in queste classi di densità. Le classi di densità che vanno da 1 a 2 kg/dm3 sono occupate dai mattoni in argilla, dai mattoni in silicato di calcio e dai calcestruzzi leggeri. Le classi di densità più alte sono raggiungibili con i clinker, i mattoni in silicato di calcio e i blocchi di calcestruzzo. La resistenza tipica dei materiali da costruzione per muratura varia da meno di 10 N/mm² per il calcestruzzo aerato autoclave, circa 10 N/mm² per i calcestruzzi leggeri, e circa 20 N/mm² per i mattoni in silicato di calcio e in argilla. I mattoni in argilla, inoltre, presentano la maggiore variabilità nella resistenza standardizzata, con valori che possono arrivare fino a 60 N/mm² per i mattoni ad alta resistenza e clinker.

La composizione chimica dei materiali da costruzione per muratura, legata ai loro componenti di base e ai processi di formazione, mostra differenze distintive. I mattoni in argilla sono caratterizzati da un basso contenuto di perdita per ignizione e da un contenuto di SiO2 di circa il 70%, con un contenuto di Al2O3 generalmente più alto rispetto al Fe2O3. I mattoni in silicato di calcio, al contrario, hanno il contenuto di SiO2 più elevato di tutti i materiali da costruzione per muratura. I calcestruzzi aerati autoclave e il calcestruzzo, a seconda dei materiali usati, presentano contenuti variabili di CaO, SiO2 e altre sostanze, come il gesso e l'anidrite nel caso del calcestruzzo aerato autoclave.

Come vengono riciclati i residui fibrosi e il vetro: processi, sfide e applicazioni nel ciclo produttivo

Durante la lavorazione di materiali isolanti come le lane minerali, si generano residui fibrosi che richiedono un attento trattamento per essere reintrodotti nel ciclo produttivo. Questi residui si distinguono in due tipologie principali: quelli non fibrosi e quelli fibrosi. I residui non fibrosi vengono modellati in forme simili a mattoni mediante l’aggiunta di cemento e acqua e successivamente utilizzati nel processo di fusione nel forno a cupola, insieme alle materie prime primarie. Al contrario, i residui fibrosi non vengono nuovamente fusi; essi sono macinati finemente e rimandati nella camera di raccolta collegata sia al forno che alla macchina di defibrillazione, per essere ulteriormente lavorati.

Nel caso delle lane di roccia prodotte in vasche di fusione e delle lane di vetro, è necessario un pre-trattamento termico che consenta la combustione del legante organico, prevenendo così danni al rivestimento delle vasche stesse. Tale tecnologia di riciclo interno permette anche il riutilizzo di scarti puri di lana minerale provenienti dai cantieri, come ritagli generati durante l’installazione o la rimozione selettiva di pannelli isolanti. Per questi scarti sono già operative reti di ritiro legate all’acquisto di nuovo materiale, gestite dai rivenditori di lana minerale.

Il riciclo di scarti derivanti dalla demolizione edile è però più complesso a causa della minore purezza dei materiali, richiedendo una cooperazione strutturata tra impianti di trattamento rifiuti e produttori di materie prime. Poiché la produzione di lana minerale è concentrata in poche sedi e la produzione di rifiuti è diffusa in molteplici siti, un sistema nazionale di raccolta e trasporto può essere efficiente solo se integrato nell’attuale rete distributiva.

Al di fuori dell’industria della lana minerale, i residui di questo materiale trovano impiego nella produzione di laterizi e tegole. In questi processi, le lane minerali svolgono la funzione di ausiliari di sinterizzazione, grazie alla loro struttura vetrosa, purché la temperatura di cottura sia sufficientemente elevata. Questa modalità di riciclo è stata sperimentata con scarti di vecchie lane di vetro e roccia, i quali, dopo frantumazione e separazione delle impurità, sono stati miscelati con leganti e argilla per essere reintrodotti nell’impasto destinato ai forni di laterizi. Tuttavia, alcune difficoltà rimangono, come la persistenza di fibre residue nei laterizi dovuta a temperature di cottura insufficienti per una completa distruzione delle fibre.

Un’innovazione promettente riguarda il trattamento mediante microonde, che ha dimostrato in laboratorio la possibilità di distruggere la struttura fibrosa della lana minerale, producendo scorie da ulteriormente trattare. In fase di studio sono anche altre possibilità di riutilizzo, quali l’aggiunta a calcestruzzi refrattari, l’impiego come materia prima attivabile alcalinamente per geopolimeri, o l’uso come aggregato fine o sostituto del cemento in calcestruzzi. Tuttavia, il riciclo chiuso, che riporti il materiale allo stato originale, rimane ancora un obiettivo difficile da realizzare; la gestione di prodotti di seconda generazione può risultare problematica.

Per quanto riguarda il vetro, questo materiale amorfo è ottenuto principalmente da sabbia quarzifera, ossidi alcalini e terre alcaline, soda, calcare e dolomite, integrati da materiali di riciclo (cullet). Diverse varianti di vetro, come il borosilicato, si ottengono aggiungendo componenti che ne migliorano la resistenza chimica e termica. Il processo produttivo del vetro prevede la miscelazione delle materie prime, la fusione a temperature intorno ai 1500 °C in vasche refrattarie, il raffinamento per eliminare bolle d’aria, la formatura tramite diverse tecniche e il raffreddamento per ridurre le tensioni interne.

Il vetro è completamente riciclabile e può essere rifuso e lavorato infinite volte purché il materiale mantenga una composizione simile. Tuttavia, le variazioni di composizione, la presenza di rivestimenti e le impurità accumulate durante l’uso ne limitano la qualità del riciclo. Il vetro di scarto viene selezionato, separato per colore e processato per garantire la massima purezza del cullet, essenziale per il reinserimento produttivo.

In Germania, la raccolta e il riciclo del vetro, soprattutto del vetro da contenitori, hanno raggiunto livelli molto elevati negli ultimi decenni, grazie anche al risparmio energetico che l’impiego di cullet comporta, riducendo del 2-3% il consumo energetico ogni 10% di vetro riciclato usato nel processo di fusione. Il vetro di scarto proveniente da edilizia rappresenta una quota inferiore, ma è anch’esso un materiale potenzialmente riciclabile.

I prodotti ottenuti dal riciclo del vetro variano in base alla qualità del cullet e alle esigenze del processo produttivo. Le esigenze più severe si riscontrano nel vetro per schermi e illuminazione e nel vetro piano. In questi casi, la purezza e l’omogeneità del materiale sono essenziali per garantire le caratteristiche tecniche richieste.

L’efficacia del riciclo di materiali fibrosi e vetrosi dipende dunque non solo dalle tecnologie di trattamento, ma anche dalla capacità di organizzare una raccolta efficiente e di realizzare processi di selezione e pretrattamento che permettano di reinserire i materiali nel ciclo produttivo senza comprometterne la qualità. È cruciale comprendere che il riciclo non è un processo isolato, ma un sistema integrato che coinvolge produzione, raccolta, trattamento e utilizzo finale, dove ogni fase deve essere ottimizzata per garantire un’effettiva sostenibilità ambientale ed economica.