La misurazione della corrosione nei metalli è un processo fondamentale nell’ambito della protezione e manutenzione industriale, essenziale per prevenire guasti strutturali e perdite economiche. Uno dei metodi più utilizzati si basa sulla misura della variazione della resistenza elettrica di un campione metallico, o coupon, costituito dallo stesso materiale del componente da monitorare. Questo coupon è inserito in un ambiente corrosivo e, secondo la legge di Ohm, con l’avanzare della corrosione la resistenza elettrica aumenta a causa della riduzione dell’area di sezione trasversale del metallo attaccato. La relazione lineare tra resistenza e tempo consente di determinare la velocità di corrosione tramite l’inclinazione della curva, offrendo un metodo non invasivo che fornisce dati rapidi, utilizzabile in diversi ambienti escludendo quelli contenenti idrogeno solforato, poiché la formazione di solfuro di ferro altera la conduttività e complica le misurazioni. L’accuratezza delle letture è influenzata anche dalle variazioni di temperatura, per cui il sistema include una calibrazione dedicata a compensare questo effetto. Un limite significativo di questo metodo è la difficoltà nel rilevare tassi di corrosione molto bassi, dove la sottilizzazione del coupon è minima e quindi le variazioni di resistenza elettrica risultano estremamente piccole, richiedendo strumenti di elevata precisione.
Parallelamente, le tecniche elettrochimiche rappresentano un ulteriore approccio per valutare la corrosione, particolarmente utile per l’analisi di film passivi formati sulla superficie dei metalli. La misura del potenziale elettrico di questi film, seppur non dia direttamente il tasso di corrosione, ne indica l’integrità e la stabilità nel tempo. Tale misurazione richiede strumenti ad alta impedenza e elettrodi di riferimento specifici, come quelli al calomelano o argento/cloruro d’argento, la cui scelta è cruciale per la corretta interpretazione. L’industria chimica adotta ampiamente questa tecnica per monitorare lo stato di materiali passivi, facilitata dall’uso di sonde commerciali di resistenza di polarizzazione che consentono il controllo elettrochimico in situ.
La polarizzazione potenziodinamica e ciclica, metodi più sofisticati, permettono di mappare le caratteristiche anodiche e catodiche del sistema metallo-ambiente. Attraverso l’applicazione controllata di corrente e la variazione di potenziale rispetto a un elettrodo di riferimento, si ottengono curve di polarizzazione da cui si estraggono costanti di Tafel e si stimano i tassi di corrosione a partire dal potenziale naturale del metallo. La polarizzazione ciclica, con inversione del potenziale, consente di identificare fenomeni di rottura anodica e suscettibilità a corrosione localizzata come pitting o crevice, indicati da specifiche caratteristiche nelle curve di ritorno. Questi metodi, sebbene potenti, richiedono un’interpretazione esperta e non sono sempre adottati nei programmi di monitoraggio di routine.
Infine, la resistenza di polarizzazione lineare (LPR) è un metodo elettrochimico quantitativo basato sulla legge di Faraday, che correla la corrente elettrica dovuta alla corrosione con il tasso di corrosione. Attraverso la relazione di Stern–Geary, si calcola la corrente di corrosione a partire dalle variazioni di potenziale molto ridotte vicino al potenziale naturale del metallo. Questo consente letture rapide e quasi istantanee, fondamentali per il controllo in tempo reale dei processi di mitigazione, come l’aggiunta di inibitori in circuiti di raffreddamento. La validità del metodo dipende da condizioni sperimentali specifiche, tra cui l’applicazione di bassi potenziali in corrente continua.
È importante comprendere che, nonostante la precisione e l’avanzamento tecnologico di questi metodi, la corrosione è un fenomeno complesso influenzato da molteplici variabili ambientali e chimiche. La valutazione accurata richiede sempre un’analisi combinata e interdisciplinare che consideri le condizioni operative, la natura dei materiali, e le possibili interferenze chimiche come la presenza di gas o impurità. Solo integrando misure elettriche ed elettrochimiche con un’attenta interpretazione scientifica è possibile ottenere un quadro completo e affidabile dello stato di corrosione industriale, indispensabile per una gestione efficace della sicurezza e durata degli impianti.
Che cos'è la corrosione da stress: comprendere le sue cause, effetti e soluzioni in ambito industriale
La corrosione da stress (Stress Corrosion Cracking, SCC) è uno dei fenomeni di degrado più insidiosi e complessi che colpiscono le strutture metalliche, in particolare quelle utilizzate in ambienti industriali. Si manifesta attraverso la rottura di materiali sotto l'azione combinata di stress meccanico e un ambiente corrosivo, con conseguenti danni strutturali che possono risultare in guasti catastrofici. È un tipo di corrosione che non si limita alla semplice esposizione a un ambiente corrosivo, ma che coinvolge la sinergia tra forze interne ed esterne, determinando fratture che si sviluppano in modo subdolo e invisibile.
La corrosione da stress si distingue da altri tipi di corrosione per la sua capacità di manifestarsi in modo localizzato, senza una deformazione evidente del materiale. I danni derivano dalla creazione di crepe microscopiche che si propaggiano lentamente nel tempo. Queste crepe si formano e si allargano sotto l'influenza di tensioni interne (come quelle residue nelle saldature o nei componenti soggetti a carico) e la presenza di determinati agenti chimici nell'ambiente. Questi agenti possono essere acidi, sali o altre sostanze chimiche che accelerano la propagazione della frattura.
Tra i fattori che influenzano la formazione della SCC, la temperatura è uno dei più significativi. Un aumento della temperatura può ridurre la resistenza dei materiali alla corrosione, favorendo la diffusione di specie chimiche attraverso le superfici metalliche e accelerando il processo di iniziazione e propagazione delle crepe. Un altro aspetto fondamentale è la composizione del materiale: alcune leghe, ad esempio, sono più suscettibili alla SCC rispetto ad altre, soprattutto quando sono a contatto con agenti chimici specifici come il cloruro di sodio.
Nella progettazione di impianti industriali, in particolare quelli che operano in settori ad alta tecnologia come quello nucleare, l'acciaio e altre leghe metalliche sono scelti con attenzione per evitare la SCC. Le potenziali cause includono vibrazioni, stress termici, deformazioni plastiche e la combinazione di tutte queste forze meccaniche. Nei reattori nucleari, per esempio, la presenza di radiazioni può esacerbare la SCC, creando una variante nota come SCC assistita da irraggiamento (Irradiation-Assisted Stress Corrosion Cracking, IASCC). Questo tipo di corrosione è di particolare preoccupazione per la sicurezza, poiché anche un piccolo difetto può portare a failure catastrofici.
L'effetto della SCC nei reattori nucleari, così come in altre applicazioni industriali critiche, è devastante non solo in termini di sicurezza, ma anche di costi economici. I guasti derivanti dalla SCC possono comportare fermi impianto, costosi interventi di manutenzione e persino danni irreparabili agli impianti. Per questo motivo, la prevenzione della SCC diventa una priorità assoluta per le industrie in cui la sicurezza e l'affidabilità sono imperativi. Gli approcci per minimizzare il rischio di SCC includono l'uso di leghe resistenti, trattamenti termici per ridurre lo stress residuo e l'adozione di tecniche di monitoraggio avanzate.
In questo contesto, l'uso di strumenti di monitoraggio della corrosione è fondamentale per rilevare i primi segni di deterioramento. Le tecniche di monitoraggio in situ, come l'analisi ultrasensibile, permettono di identificare il manifestarsi della SCC prima che possa compromettere l'integrità strutturale. L'utilizzo di sensori avanzati per monitorare in tempo reale le condizioni di stress e corrosione può contribuire a prevenire guasti disastrosi. Tuttavia, la limitata capacità di rilevamento di alcuni metodi attuali, unita ai costi elevati e alla difficoltà di applicazione in ambienti ad alta temperatura e radiazioni, rappresentano una delle principali sfide nella gestione della SCC.
Inoltre, le soluzioni preventive includono l'applicazione di inibitori di corrosione, che possono ridurre la velocità di propagazione delle crepe, ma sono efficaci solo se combinati con altre misure di protezione come il controllo del carico e l'uso di materiali specificamente progettati per resistere alle condizioni ambientali. Il monitoraggio continuo è quindi una componente fondamentale della gestione della SCC.
La comprensione della SCC non si limita alla sola prevenzione, ma include anche un'analisi approfondita dei meccanismi di frattura. La SCC segue un processo evolutivo che passa dall'iniziazione delle crepe alla loro propagazione e, infine, alla rottura totale. Questo processo dipende da una serie di variabili, come la composizione chimica dell'ambiente circostante, le caratteristiche meccaniche del materiale e il tipo di stress applicato.
È inoltre importante comprendere che la SCC può manifestarsi in diverse forme, a seconda del tipo di materiale coinvolto e delle condizioni operative. In alcune circostanze, può essere accompagnata da fenomeni di corrosione intergranulare, che si verificano a livello dei confini dei grani del materiale, o da fenomeni di corrosione pitting, dove le crepe sono concentrate in punti locali.
Nel complesso, la prevenzione della SCC richiede un approccio integrato che tenga conto della scelta dei materiali, delle condizioni operative e dei metodi di monitoraggio. Solo attraverso una corretta gestione di questi fattori è possibile ridurre al minimo i rischi di fallimento strutturale legato alla corrosione da stress.
Quali sono le forme principali della corrosione e come possono essere prevenute?
La corrosione si manifesta attraverso molteplici forme, ciascuna caratterizzata da meccanismi distinti e condizioni ambientali specifiche. Le giunzioni tra metalli dissimili, come acciaio inossidabile e alluminio, sono particolarmente vulnerabili alla corrosione galvanica, soprattutto in presenza di elettroliti come l’acqua salata. Le superfici esposte a flussi ad alta velocità, come tubazioni e valvole, subiscono spesso erosione-corrosione dovuta all’azione combinata dell’usura meccanica e dell’attacco chimico. Inoltre, i punti di saldatura e le zone soggette a concentrazione di stress sono soggetti a fenomeni come la corrosione da fessurazione sotto stress, che può portare a cedimenti improvvisi senza segnali evidenti di degrado.
La corrosione da cricca o intergranulare colpisce specificamente i confini di grano del metallo, indebolendo la struttura in modo subdolo e spesso irreversibile, soprattutto se sono state effettuate lavorazioni termiche o saldature inappropriate. La corrosione selettiva comporta la rimozione preferenziale di un elemento da una lega multicomponente, compromettendo la resistenza meccanica e la durabilità dell’intero componente.
Le zone ristrette, come fessure o giunti con soluzioni stagnanti, favoriscono la corrosione a crevice. Qui, l’ambiente micro-localizzato con scarsa ossigenazione e accumulo di sostanze corrosive crea condizioni ottimali per un rapido degrado, simile per dinamica alla corrosione a pitting, particolarmente pericolosa negli ambienti marini ricchi di cloruri.
La corrosione galvanica si sviluppa quando metalli con potenziali elettrochimici diversi sono in contatto in presenza di un elettrolita. Il metallo più reattivo funge da anodo e si corrode rapidamente, mentre quello meno reattivo rimane protetto. Questo fenomeno è frequente in sistemi con più metalli diversi e può essere limitato mediante isolamenti, rivestimenti o scelta di materiali con potenziali simili.
La fessurazione da stress-corrosione combina stress meccanico e ambiente corrosivo, provocando la formazione di crepe che si propagano nel tempo. La prevenzione richiede controllo degli stress, utilizzo di materiali resistenti e applicazione di inibitori di corrosione.
La corrosione da erosione risulta dall’azione combinata di usura meccanica e attacco chimico, tipica in condizioni di flusso rapido di fluidi abrasivi che rimuovono strati protettivi, esponendo il metallo a una corrosione accelerata. Ridurre la velocità del fluido, impiegare materiali resistenti e rivestimenti protettivi rappresentano strategie essenziali di mitigazione.
La fatica da corrosione si verifica in presenza di sollecitazioni cicliche e ambiente corrosivo, causando l’inizio e la crescita di cricche da fatica con conseguente indebolimento strutturale progressivo. Tale fenomeno è particolarmente critico in settori come aerospaziale, automobilistico e navale, dove è necessaria un’accurata progettazione e selezione dei materiali.
Infine, la corrosione microbiologica (MIC) è dovuta all’attività di microrganismi come batteri, funghi o alghe, che possono accelerare i processi corrosivi direttamente o indirettamente. Biofilm formati su superfici metalliche e la produzione di sostanze corrosive, come l’idrogeno solforato da parte dei batteri solfato-riduttori, rappresentano un rischio significativo in condotte, sistemi idrici e strutture offshore.
La prevenzione della corrosione richiede un approccio integrato che comprende ispezioni regolari, l’uso di leghe stabilizzate, procedure di saldatura appropriate, trattamenti termici, rivestimenti protettivi e sistemi di protezione catodica. La conoscenza approfondita dei meccanismi di corrosione permette di individuare le cause specifiche e adottare strategie mirate per aumentarne la durata e la sicurezza operativa.
È essenziale comprendere che la corrosione non è mai un fenomeno isolato ma un’interazione complessa tra materiali, ambiente e condizioni operative. Oltre alle tecniche di protezione e manutenzione, è fondamentale riconoscere i segnali precoci di degrado e valutare il comportamento del materiale nel contesto specifico d’uso, poiché una prevenzione efficace si basa su una diagnosi tempestiva e una scelta consapevole dei materiali e delle condizioni di esercizio.
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