La misurazione della corrente elettrica, soprattutto a valori molto elevati, può rappresentare una sfida significativa per gli strumenti di misura convenzionali. In particolare, gli amperometri, che sono progettati per misurare correnti relativamente basse (come 1 mA a piena scala), necessitano di soluzioni aggiuntive per estendere la loro portata a correnti ben più alte, come 300 A, senza compromettere la loro precisione o necessitare di strumenti molto ingombranti. Una delle tecniche più comuni per affrontare questo problema è l’utilizzo di resistenze shunt o trasformatori di corrente. Analizzando entrambe le soluzioni, si evidenziano i limiti e le complessità che gli ingegneri devono affrontare nel progettare sistemi di misurazione efficienti.

Quando si utilizza una resistenza shunt per estendere la portata di un amperometro, il principio è relativamente semplice. Una resistenza di shunt viene inserita in parallelo con l’amperometro per misurare una frazione della corrente. Ad esempio, per estendere la portata di un amperometro da 1 mA a 300 A, è necessario utilizzare una resistenza shunt molto bassa, nell’ordine dei milliohm (0,1 mΩ). Tuttavia, il problema sorge quando si considera la potenza dissipata in questa resistenza. Per estendere la portata a 300 A, la potenza dissipata nella resistenza shunt aumenta significativamente, raggiungendo circa 9 W. In pratica, una resistenza shunt di così bassa resistenza deve essere abbastanza ingombrante e viene collocata all’esterno dell’amperometro stesso, come mostrato in un diagramma tipico.

Anche se questa soluzione funziona, ci sono dei limiti. La resistenza shunt, pur permettendo una misurazione diretta della corrente, è fisicamente grande e richiede dissipatori di calore per gestire la potenza. Inoltre, l'approccio ha difficoltà nell’affrontare le correnti alternate (AC). Infatti, le correnti in un sistema di potenza operano a frequenze di 50 Hz o 60 Hz, e in questi casi è necessario considerare anche l’induttanza dell'amperometro, complicando ulteriormente la misurazione della corrente.

Per affrontare questi limiti, si può utilizzare un trasformatore di corrente (CT). Questo dispositivo, tramite un principio di trasformazione, consente di misurare correnti molto elevate riducendole a un valore più gestibile, come 1 A. Il principio di funzionamento di un trasformatore di corrente ideale si basa sull’equilibrio tra gli ampere-turn del primario e del secondario, che deve soddisfare l’equazione:

I1N1=I2N2I_1 N_1 = I_2 N_2

Dove I1I_1 è la corrente primaria, N1N_1 è il numero di spire del primario, I2I_2 è la corrente secondaria e N2N_2 è il numero di spire del secondario. Questa relazione stabilisce che la corrente primaria e la corrente secondaria sono proporzionali al numero di spire nei rispettivi avvolgimenti del trasformatore. Ad esempio, se il trasformatore è progettato per ridurre una corrente primaria da 100 A a una secondaria di 1 A, il rapporto nominale del trasformatore sarà 100:1.

Tuttavia, un trasformatore di corrente pratico non è ideale. Le resistenze nei fili degli avvolgimenti, i perdite nel materiale ferromagnetico del nucleo e le perdite per isteresi ed effetti di correnti parassite introducono errori nel rapporto di trasformazione. Questi errori possono influire sulla misurazione della corrente primaria, creando difficoltà nella calibrazione e nell’accuratezza del sistema di misura. Inoltre, la corrente magnetizzante e la corrente per le perdite nel nucleo ferromagnetico devono essere considerate per ottenere un bilanciamento preciso del flusso magnetico nel trasformatore.

Nei trasformatori pratici, le perdite nel nucleo (perdita di isteresi ed eddy currents) e la resistenza degli avvolgimenti primari e secondari influenzano la misurazione, richiedendo una gestione accurata del carico e della resistenza interna dell'amperometro. La resistenza di carico, chiamata "burden", si riferisce all'impedenza interna che il trasformatore di corrente deve gestire, il cui valore deve essere ben compreso per evitare distorsioni nelle misurazioni.

Anche il diagramma fasoriale di un trasformatore di corrente diventa un utile strumento per visualizzare il comportamento delle correnti e delle tensioni nei vari componenti. Quando il carico è induttivo, come nel caso degli amperometri pratici che possiedono resistenza e induttanza, è possibile separare le correnti primarie e secondarie su un diagramma che le rappresenta come fasori in quadranti distinti.

In conclusione, mentre i trasformatori di corrente sono un’ottima soluzione per estendere la portata di un amperometro, essi non sono privi di difficoltà. Le non-idealità e i fenomeni fisici, come le perdite nel nucleo e le correnti magnetizzanti, devono essere considerati con attenzione per ottenere misurazioni accurate. Con l’uso corretto dei trasformatori di corrente e la comprensione dei loro limiti, è possibile estendere efficacemente la portata degli amperometri a correnti elevate senza compromettere la precisione.

Come Ridurre l'Errore di Excitazione nei Trasformatori di Corrente: Approcci Teorici e Tecnologici

Nel contesto del trasformatore di corrente (CT), uno degli aspetti critici è la gestione della corrente di eccitazione (Ie), che può introdurre errori nel rapporto e nell'angolo di fase. Questi errori si verificano a causa della necessità di eccitare il nucleo ferromagnetico del trasformatore per generare il campo magnetico richiesto, e la corrente di eccitazione risulta dalla tensione indotta nel primario che deve essere gestita in modo efficace per minimizzare le distorsioni. Nella progettazione e nell’ottimizzazione dei trasformatori di corrente, la riduzione della corrente di eccitazione gioca un ruolo fondamentale nella precisione del dispositivo, soprattutto quando si richiede una riduzione significativa degli errori di rapporto e di fase.

Strategia per la Riduzione della Corrente di Eccitazione

L'equazione fondamentale per la corrente di eccitazione IeI_e nel trasformatore di corrente è definita come segue:

Ie=E1RjE1ωLI_e = E_1 R - j \frac{E_1}{\omega L}

Dove E1E_1 rappresenta la tensione indotta nel primario, RR è la resistenza del carico, LL è l'induttanza e ω\omega la frequenza angolare. Per ridurre la corrente di eccitazione, possiamo seguire tre approcci principali: ridurre la tensione indotta E1E_1, aumentare la lunghezza del percorso magnetico LmL_m e aumentare la resistenza RiR_i del nucleo.

  1. Riduzione della Tensione Indotta E1E_1:

    La tensione indotta E1E_1 può essere ridotta principalmente in due modi:

    • Riducendo l’impedenza di fuga secondaria (R2+jωL2)(R_2 + j\omega L_2).

    • Minimizzando il carico Z_B sul trasformatore di corrente standard.

  2. Aumento della Lunghezza del Percorso Magnetico LmL_m:

    L'aumento di LmL_m si ottiene aumentando il numero di spire nel primario e secondario. Se si aumenta il numero di spire primarie N1N_1, è necessario aumentare anche il numero di spire secondarie N2N_2. Inoltre, l'uso di nuclei ferromagnetici morbidi con permeabilità molto alta è una soluzione efficace, poiché LmL_m è direttamente legato alla permeabilità relativa μr\mu_r e all'area di sezione trasversale del nucleo AcA_c.

  3. Aumento della Resistenza RiR_i:

    Un altro approccio consiste nell'aumentare la resistenza RiR_i per ridurre la componente di potenza attiva della corrente di eccitazione. Questo può essere realizzato con l'uso di nuclei ferromagnetici che presentano basse perdite per isteresi e alte resistenze per ridurre le correnti parassite.

In pratica, i trasformatori di corrente standard sono progettati per operare con elevati numeri di ampere-turno, utilizzando materiali con permeabilità elevata come il permalloy (una lega contenente nichel, ferro e piccole percentuali di altri metalli). Questo approccio permette di contenere le dimensioni del trasformatore e migliorare l’efficienza operativa, ma comporta anche costi significativi.

Tecniche di Compensazione Elettronica della Corrente di Eccitazione

Un altro metodo avanzato per ridurre gli errori di eccitazione è l'uso di trasformatori di corrente elettronici, che impiegano la compensazione elettronica della corrente di eccitazione. Questi trasformatori, noti anche come trasformatori di corrente a compensazione elettronica, operano sulla base di un principio semplice: riducendo il flusso magnetico del nucleo a zero o quasi zero, la corrente primaria non è più necessaria per eccitare il nucleo, il che consente di ridurre gli errori di rapporto e fase.

Le configurazioni elettroniche di compensazione della corrente di eccitazione si dividono in due categorie principali:

  • Schema a nucleo singolo

  • Schema a due nuclei

Nel schema a nucleo singolo, un avvolgimento detector e un amplificatore operano insieme per ridurre il flusso AC nel nucleo a zero, compensando così la corrente di eccitazione. Il flusso indotto dal primario è annullato, e si ottiene una perfetta corrispondenza tra la corrente primaria e quella secondaria, eliminando gli errori.

Nel schema a due nuclei, come illustrato in alcune applicazioni commerciali, l’uso di due nuclei consente di distribuire meglio la richiesta di potenza sul lato secondario, riducendo significativamente il carico sull’amplificatore e migliorando la stabilità del sistema.

Importanza del Nucleo e delle Permeabilità

Il materiale del nucleo gioca un ruolo cruciale nella gestione della corrente di eccitazione. L'uso di leghe con alta permeabilità, come il permalloy, consente di ottenere nuclei compatti con elevate capacità di induzione magnetica. L'alto valore di permeabilità riduce il numero di ampere-turno necessari, migliorando l’efficienza complessiva del trasformatore. Tuttavia, l'uso di tali materiali comporta anche sfide pratiche in termini di costi e dimensioni, che devono essere bilanciati rispetto alle esigenze del sistema.

Comportamento del Trasformatore di Corrente con Compensazione Elettronica

Nel contesto degli schemi di compensazione elettronica, è importante comprendere che, sebbene questi approcci riducano in modo significativo gli errori di fase e rapporto, introducono anche alcune limitazioni. La principale difficoltà è legata alla necessità di un amplificatore che possa sostenere il carico del trasformatore secondario. Nei trasformatori elettronici con compensazione a nucleo singolo, infatti, l'amplificatore deve essere in grado di gestire una richiesta di potenza relativamente alta, il che può rappresentare un limite in applicazioni dove la richiesta di corrente è bassa e il carico è limitato a piccoli valori, come nelle applicazioni di misura energetica.

Il sistema a due nuclei, invece, riduce drasticamente la necessità di potenza da parte dell’amplificatore, permettendo un miglioramento significativo in termini di stabilità e praticità.

Come Funziona un Trasformatore di Tensione e il Calcolo degli Errori di Rapporto e Fase

Il trasformatore di tensione (VT) è un componente cruciale nelle reti elettriche, utilizzato per ridurre la tensione a valori misurabili per i dispositivi di misurazione o protezione. Tuttavia, la precisione di queste misurazioni non è mai perfetta, e gli errori di rapporto e di fase sono fenomeni inevitabili che devono essere compresi e calcolati per garantire la qualità del sistema.

Gli errori di rapporto di un VT si verificano quando la tensione secondaria deviata rispetto al valore previsto, V2=N2/N1VuV_2 = N_2 / N_1 \cdot V_u, diverge dal valore nominale. Questo errore può essere causato da vari fattori, tra cui la resistenza e la reattanza di carico, la perdita di fase e la non linearità nel comportamento del trasformatore stesso. L'analisi di questi errori può essere rappresentata tramite diagrammi di fasori, come illustrato in Figura 6.36, che mostrano le relazioni tra le grandezze sulla parte primaria e secondaria del trasformatore.

Nel calcolare gli errori di rapporto e di fase, bisogna tener conto delle componenti resistive e reattive sia sulla parte primaria che secondaria del circuito. Ad esempio, l'equazione:

Vp=V1cosβ=KtV2+I1Rpcosδ+Xpsinδ+Ie(R1cosγ+X1sinγ)V_p = V_1 \cos \beta = K_t V_2 + I_1' R_p \cos \delta + X_p \sin \delta + I_e (R_1 \cos \gamma + X_1 \sin \gamma)

mostra come i diversi parametri influenzano la tensione primaria. L'errore di rapporto percentuale può essere calcolato come la differenza tra il rapporto nominale KNK_N e il rapporto reale KvK_v, diviso per KNK_N, e moltiplicato per 100:

Errore di Rapporto=KNKvKN×100\text{Errore di Rapporto} = \frac{K_N - K_v}{K_N} \times 100

In alcune situazioni, come nel caso di circuito aperto secondario, dove I1=0I_1' = 0, l'errore di rapporto si riduce a:

Errore di Rapporto=IwR1+ImX1V×100\text{Errore di Rapporto} = - \frac{I_w R_1 + I_m X_1}{V} \times 100

Analogamente, l'errore di fase β\beta è definito come l'angolo di fase tra la tensione primaria e secondaria, e può essere calcolato come:

β=tan1(VqV1)\beta = \tan^{ -1} \left( \frac{V_q}{V_1} \right)

Gli errori di fase sono correlati alla corrente e alle impedenze del circuito, e in condizioni normali, poiché β\beta è solitamente piccolo, si può approssimare tanββ\tan \beta \approx \beta.

Inoltre, è possibile calcolare l'errore di fase per un VT in circuito aperto, dove si ha una minore complessità nelle equazioni, come evidenziato nell'espressione:

βImR1IwX1Vradians.\beta \approx \frac{I_m R_1 - I_w X_1}{V} \, \text{radians}.

Oltre agli errori di rapporto e fase, negli Stati Uniti è utilizzato un indicatore differente chiamato "fattore di correzione del rapporto" (RCF), che rappresenta un errore in relazione al rapporto di tensione nominale del trasformatore. In questo caso, l'errore percentuale di rapporto è:

Errore di Rapporto=KNKtKN×100eRCF=KvKN\text{Errore di Rapporto} = \frac{K_N - K_t}{K_N} \times 100 \, \text{e} \, \text{RCF} = \frac{K_v}{K_N}

Quando il carico sul VT è di fattore di potenza unitario, l'errore di rapporto e di fase può essere ulteriormente raffinato in base a questa condizione, come mostrato nelle equazioni (6.94) e (6.95).

Nel contesto di sistemi trifase, le configurazioni di collegamento dei trasformatori di tensione possono variare. In un sistema trifase a quattro fili, ad esempio, si utilizzano tre trasformatori monofase con primari e secondari collegati a stella. Altre configurazioni, come il collegamento delta-delta, sono meno comuni. In pratica, un trasformatore trifase si realizza con un nucleo unico con tre rami, uno per fase, che consente di semplificare la costruzione e l'installazione.

Quando si considera un trasformatore di tensione destinato alla misurazione, come un VT per misurazione, è importante prendere in considerazione la classe di precisione, che definisce i limiti di errore ammissibili. Secondo lo standard IS3156, le classi di precisione variano da 0.1% a 3.0%, con errori di fase che vanno da ±5 minuti a ±40 minuti, a seconda della classe. Inoltre, esistono VTs con isolamento a olio o a tipo secco, a seconda dell'ambiente di utilizzo, che può essere interno o esterno.

In sistemi ad alta tensione, per ridurre i costi di isolamento, vengono spesso utilizzati trasportatori di tensione capacitivi. Questi dispositivi impiegano un partitore capacitivo e un trasformatore di isolamento per ridurre il livello di tensione, ma introducono errori di rapporto e fase che devono essere corretti tramite l'uso di induttori compensativi. Il circuito equivalente di un trasformatore di tensione capacitivi è più complesso, ma la correzione degli errori viene ottenuta con la risonanza del circuito LC, che minimizza gli errori residui dovuti alle induttanze parassite.

Infine, un VT standard, utilizzato per confronti di precisione, è misurato in base agli errori di rapporto e fase rispetto a un trasformatore di riferimento, che garantisce la corretta calibrazione dei dispositivi di misurazione in un sistema elettrico.

Come determinare e gestire le cifre significative nei risultati di misura?

Il concetto di "cifre significative" è essenziale per garantire la corretta interpretazione e rappresentazione dei risultati delle misurazioni. Quando si eseguono misurazioni, specialmente in contesti scientifici o ingegneristici, è fondamentale comprendere non solo il valore misurato, ma anche il livello di precisione con cui tale valore è stato determinato. Le cifre significative ci indicano questa precisione e devono essere trattate con attenzione.

Nel contesto delle misurazioni, la risoluzione di un dispositivo di misura determina la quantità di dettagli che possiamo osservare nei risultati. Se, ad esempio, un misuratore di resistenza restituisce un valore di 1200 Ω, questo implica una risoluzione di 1 Ω. Tuttavia, se il valore è scritto come 1200,0 Ω, la risoluzione aumenta a 0,1 Ω. Questo concetto non riguarda solo la misura in sé, ma anche come vengono interpretati i numeri. Quando i risultati sono indicati, le cifre non significative – quelle che appaiono dopo l'ultima cifra significativa – possono essere omesse, poiché la risoluzione dell'apparecchiatura di misurazione stabilisce quale cifra rappresenta il livello di precisione. Così, per esempio, un valore di 90 V è meno preciso di 90,0 V o 90,00 V, dove la precisione è progressivamente più alta.

L'importanza della propagazione delle cifre significative diventa chiara quando si utilizzano i risultati di più misurazioni per calcolare un parametro. Quando si combinano misure provenienti da dispositivi con diverse risoluzioni, è essenziale scrivere il risultato finale con un numero di cifre significative che non ecceda quello della misurazione meno precisa. Per esempio, se si misura una tensione VR di 100,00 V (5 cifre significative) e una corrente IR di 10 mA (2 cifre significative), la resistenza R calcolata come R=VRIRR = \frac{VR}{IR} sarà di 10 Ω, espressa con 2 cifre significative, corrispondenti alla precisione del valore della corrente. Se invece la corrente fosse misurata come 10,0 mA, il risultato della resistenza sarebbe 10,0 Ω, con 3 cifre significative.

Quando si eseguono calcoli, la regola delle cifre significative stabilisce che il risultato finale non dovrebbe mai possedere più cifre significative di quelle presenti nella misurazione meno precisa. Per esempio, se la tensione DC è misurata come 1,251 V e la corrente come 10 mA, il calcolo della potenza come PDC=VDC×IDCP_{DC} = V_{DC} \times I_{DC} darà come risultato 12,51 mW, ma tale valore non è corretto in termini di cifre significative. Il valore corretto, applicando la regola di arrotondamento, sarà Pdc = 12,5 mW, dato che il risultato non può avere più di 2 cifre significative, come stabilito dalla corrente di misura.

L’arrotondamento delle cifre significative segue una regola ben definita, che prevede l’eliminazione delle cifre in eccesso secondo un criterio di soglia: se le cifre da eliminare sono superiori a 5000, si aggiunge 1 alla cifra significativa più bassa. Ad esempio, se il risultato di un calcolo è 12,514 mW, l'arrotondamento diventerà 12,5 mW, mentre se il valore fosse 12,4499 mW, il risultato arrotondato sarebbe 12,4 mW. Nel caso in cui la cifra da eliminare sia esattamente 5000, la cifra significativa viene aumentata se è dispari, o mantenuta invariata se è pari, come nel caso di 12,4500 mW, che diventa 12,4 mW.

Inoltre, è essenziale comprendere come scrivere correttamente le unità di misura nel Sistema Internazionale (SI). Quando il nome dell'unità è scritto per esteso, si usa sempre la lettera minuscola, anche se l'unità è stata nominata in onore di una persona, come per esempio "ampere", "joule", "kelvin". Tuttavia, quando il nome dell'unità appare all'inizio della frase, si usa la maiuscola, come nel caso di "Ampere è l'unità di misura della corrente". Per quanto riguarda i simboli delle unità, se l'unità è stata denominata in onore di una persona, si usa la maiuscola (ad esempio, 2 A per ampere, 50 Hz per hertz). Per le unità che non sono nomi propri, come i prefissi "mega" o "milli", si usano le lettere minuscole.

Al momento della scrittura di valori numerici accompagnati da unità, è importante ricordare che i simboli delle unità devono essere separati da uno spazio dal numero, ad esempio, 2,1 mA e non 2,1mA, 4 kΩ e non 4kΩ. Inoltre, quando si utilizzano prefissi per indicare multipli o sottomultipli delle unità, è necessario lasciare uno spazio tra il prefisso e l'unità, come in "3,5 mA" e non "3,5mA".

L'uso corretto delle cifre significative e delle unità di misura, nonché l'applicazione delle regole di arrotondamento, è cruciale per evitare errori nei calcoli e garantire che i risultati siano coerenti con la precisione dei dati di partenza. Comprendere queste norme consente di trasmettere in modo chiaro e preciso i risultati scientifici, riducendo il rischio di malintesi e migliorando l'affidabilità delle misurazioni.