Un sistema sovraconnesso si presenta quando il numero di equazioni è maggiore del numero delle incognite. Tale situazione, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non comporta sempre una contraddizione: può esistere una soluzione se alcune delle equazioni sono ridondanti o dipendenti l'una dall'altra. L'analisi dei sistemi sovraconnessi è fondamentale in molte branche della matematica applicata, dalla meccanica alla teoria dei circuiti elettrici, passando per l'analisi strutturale.

Quando un sistema è sovraconnesso, è possibile che alcune delle equazioni siano superflue, ovvero che possano essere espresse come combinazioni lineari di altre. In tal caso, il numero effettivo di equazioni indipendenti si riduce, portando il sistema a un livello di sovraccarico che potrebbe sembrare irrisolvibile a una prima analisi. Tuttavia, attraverso l'uso di tecniche adeguate, come la riduzione di Gauss, è possibile ridurre il sistema a una forma in cui solo le equazioni realmente significative restano, e di conseguenza, si possono determinare le soluzioni per le incognite.

Un altro aspetto importante da considerare è l'interpretazione fisica dei sistemi sovraconnessi. In meccanica, ad esempio, in un sistema di masse e molle o in un circuito elettrico, la presenza di equazioni sovrabbondanti potrebbe indicare ridondanze nel modello, come un eccesso di forze o di resistenze che non influenzano significativamente il comportamento del sistema. Queste ridondanze, se non correttamente identificate, potrebbero portare a un'analisi errata del comportamento dinamico del sistema, sia esso un sistema di oscillazioni meccaniche o elettriche.

Per esempio, nel caso di un circuito elettrico, un sistema sovraconnesso potrebbe sorgere se si includono equazioni che descrivono componenti in serie o in parallelo senza tenere conto dei vincoli di Kirchhoff. Sebbene ogni legame tra resistenze, induttanze e capacità possa essere descritto da un'equazione, in un sistema sovraconnesso, la ridondanza di tali equazioni non aggiunge nuove informazioni rispetto al comportamento del circuito, che può essere efficacemente descritto da un numero inferiore di equazioni.

Nel contesto delle vibrazioni meccaniche, l'eccesso di equazioni in un sistema sovraconnesso può apparire quando si descrivono oscillazioni in strutture come travi o corde. Una trave, per esempio, può essere modellata da un insieme di equazioni che considerano vari gradi di libertà, ma non tutte queste equazioni sono indipendenti. Alcune possono derivare direttamente da altre, rendendo il sistema ridondante e quindi non necessario risolvere ogni equazione separatamente.

Inoltre, sebbene l'approccio algebraico sia utile per identificare e trattare la sovraconnettività in un sistema, anche la comprensione fisica della situazione è cruciale. I modelli sovraconnessi riflettono, in molte occasioni, un tentativo di adattare un sistema ideale o teorico alla complessità del mondo reale, dove numerosi fattori possono essere interconnessi ma non necessariamente indipendenti.

La soluzione di un sistema sovraconnesso, quindi, richiede una buona conoscenza delle tecniche di riduzione dei sistemi lineari e una solida comprensione dei principi fisici che governano il modello. Tecniche come la decomposizione in valori singolari (SVD) o l’analisi delle matrici di ranghi possono essere utilizzate per determinare le soluzioni effettive, riducendo il sistema a un numero gestibile di equazioni.

Una volta identificato il numero effettivo di equazioni indipendenti, la risoluzione del sistema diventa simile a quella di un sistema determinato, ma con un grado di libertà che permette di esplorare diverse configurazioni del sistema. In meccanica strutturale, ad esempio, tale approccio può essere utilizzato per calcolare deformazioni, stress e vibrazioni di strutture complesse, dove l’interazione tra diversi elementi non è completamente indipendente, ma legata da vincoli fisici.

Quando si affrontano sistemi sovraconnessi, è essenziale avere una visione chiara dell’interpretazione geometrica o fisica delle equazioni coinvolte. La ridondanza non è mai solo un concetto astratto ma riflette una realtà concreta che può essere osservata in numerosi campi, dall’elettronica all’ingegneria meccanica. La comprensione della ridondanza, delle dipendenze tra le equazioni e dei vincoli fisici rende il processo di modellazione più accurato e permette di ottenere previsioni più precise del comportamento del sistema nel suo insieme.

In definitiva, l’approccio ai sistemi sovraconnessi deve essere duplice: teorico, per affrontare la complessità matematica delle equazioni, e pratico, per comprendere come tali equazioni si riflettono nella realtà fisica. Senza una simile comprensione integrata, la risoluzione del sistema potrebbe risultare incompleta o fuorviante, compromettendo così l’accuratezza delle analisi e delle simulazioni.

Come l'altitudine e la densità dell'aria influenzano la traiettoria dei proiettili: Il caso delle armi Krupp nella Prima Guerra Mondiale

La dipendenza del coefficiente di resistenza all'aria dalla velocità dei proiettili ha acquisito una crescente importanza pratica nel corso della storia dell'artiglieria, in particolare durante la Prima Guerra Mondiale, quando il raggio di tiro dei cannoni cominciò ad aumentare significativamente. Con l'incremento delle altitudini raggiunte dai proiettili, è diventato essenziale considerare anche la diminuzione della densità dell'aria con l'aumento dell'altitudine.

Nel periodo precedente la guerra, gli ingegneri militari avevano già modellato la densità dell'aria in funzione dell'altitudine sopra il livello del mare, utilizzando una funzione comunemente accettata. Essi tenevano conto non solo della velocità del proiettile, ma anche della variazione della densità dell'aria lungo la traiettoria. Tuttavia, ciò che ha veramente sorpreso gli ingegneri tedeschi durante la guerra è stata la scoperta di un fenomeno inaspettato che avrebbe cambiato per sempre il modo in cui si calcolavano le traiettorie dei proiettili.

Nel 1914, la Marina tedesca incaricò la Krupp, famosa per la sua esperienza nella progettazione di armi, di sviluppare un sistema di bombardamento in grado di colpire il porto inglese di Dover dalla costa francese. Questo avrebbe richiesto un cannone capace di sparare un proiettile a circa 37 chilometri, un raggio di tiro che superava di 16 chilometri quello mai raggiunto in precedenza. L'impresa non sembrava impossibile per la Krupp, che aveva già progettato proiettili dalle forme innovative, riducendo il coefficiente di resistenza all'aria rispetto ai proiettili precedenti.

Dopo aver progettato e testato un cannone sperimentale con una canna di 35,5 cm, che avrebbe dovuto lanciare proiettili del peso di 535 kg a una velocità iniziale di 940 m/s, gli ingegneri della Krupp calcolarono che il nuovo proiettile avrebbe dovuto raggiungere una distanza di circa 39 chilometri. Il 21 ottobre 1914, fu effettuato il primo test di tiro, ma i risultati furono sorprendenti. Nonostante le aspettative, il proiettile raggiunse una distanza di circa 49 chilometri, una prestazione che superò le previsioni di circa il 25%. Questo sorprendente risultato sollevò dubbi riguardo al modello di calcolo utilizzato, che si basava sull'assunzione di una densità dell'aria costante lungo tutta la traiettoria.

Una volta compreso che l'uso di una densità dell'aria media e costante non aveva tenuto conto della diminuzione della densità con l'altitudine, gli ingegneri tedeschi modificarono il modello di calcolo. Adottando una suddivisione della traiettoria in bande atmosferiche da 3 chilometri, in cui venivano utilizzate diverse densità dell'aria per ogni segmento, ottennero una previsione molto più precisa del comportamento del proiettile, che ora corrispondeva esattamente ai risultati del test del 21 ottobre. Questo esperimento evidenziò l'importanza della variazione della densità dell'aria lungo la traiettoria e il bisogno di considerarla nei calcoli per ottenere stime più accurate dei raggi di tiro.

Questo progresso nelle capacità di calcolo portò, qualche anno dopo, alla progettazione dei famosi "Parigi Gun", un cannone progettato per bombardare Parigi a una distanza di oltre 120 chilometri, ben oltre le capacità di tiro di qualsiasi altro cannone dell'epoca. Il cannone, progettato per lanciare un proiettile di 106 kg con una velocità iniziale di 1646 m/s, utilizzò le stesse tecniche di calcolo avanzato per prevedere il percorso del proiettile, tenendo conto della densità dell'aria in funzione dell'altitudine e delle altre variabili atmosferiche.

È importante sottolineare che, sebbene gli ingegneri tedeschi avessero compreso l'importanza della densità dell'aria nel calcolo della traiettoria, il modello utilizzato per calcolare la traiettoria dei Parigi Gun non prendeva in considerazione alcuni fattori come la possibilità di sollevamento aerodinamico (che influenzerebbe la traiettoria di un oggetto in volo), la curvatura della Terra, e l’effetto di rotazione del proiettile. Questi fattori non furono considerati nel modello, ma il risultato fu comunque sorprendentemente preciso per l'epoca.

Con il passare degli anni, i modelli di calcolo della traiettoria dei proiettili hanno continuato a evolversi, ma la lezione appresa dagli ingegneri della Krupp durante la Prima Guerra Mondiale è ancora fondamentale: la comprensione della fisica dei corpi in volo, in particolare dell'influenza della densità dell'aria e della velocità, è cruciale per prevedere accuratamente le traiettorie di lunga distanza. Un altro aspetto fondamentale è che la complessità di calcolare traiettorie in ambienti reali non si limita solo alla conoscenza della resistenza dell'aria, ma include anche variabili come la temperatura, l'umidità, e la velocità del vento, che possono alterare significativamente i risultati ottenuti.