Gli Indiani d'America non utilizzavano il tradizionale processo di concia delle pelli come lo conosciamo oggi, che si avvale di agenti chimici. La loro tecnica si basava principalmente su un lungo e laborioso lavoro manuale che rendeva la pelle morbida, flessibile e durevole. In assenza di tannini estratti dalla corteccia di alberi come l'ontano, la quercia o il sommacco, gli Indiani impiegavano metodi naturali che prevedevano il raschiamento, la stiratura e il lavorare la pelle su superfici ruvide.
Il processo per la preparazione delle pelli era composto da sei fasi principali: "fleshing" (rimozione della carne), "dehairing" (raschiamento dei peli), "braining" (trattamento con il cervello di animali), "stretching" (stiramento), "graining" (levigatura della superficie) e infine, il lavoro di finitura. In alcuni casi, un settimo passaggio veniva aggiunto: la fumigazione. Il risultato finale era una pelle non solo resistente, ma anche esteticamente gradevole, capace di adattarsi a vari usi, dal vestiario agli utensili.
Nella fase di "fleshing", la pelle fresca veniva stesa a terra, con il lato della carne rivolto verso l'alto, e veniva raschiata con strumenti di osso per rimuovere tutta la carne e il grasso. Successivamente, la pelle veniva invertita, in modo che il lato della pelliccia fosse in alto, e i peli venivano raschiati via. A questo punto, veniva applicata una miscela di cervello d'animale, fegato e sego, che agiva come agente di concia naturale. Dopo una notte di immersione in acqua, la pelle veniva strizzata e poi distesa su una cornice per procedere allo stiramento. Durante questa fase, due donne lavoravano insieme per spremere l'umidità residua utilizzando strumenti a lama larga.
Il passaggio successivo, il "graining", consisteva nell’operazione di levigatura, che veniva eseguita con strumenti di osso o pietra pomice, per ottenere uno spessore uniforme della pelle. Infine, la pelle veniva resa morbida attraverso un intenso lavoro manuale, strofinandola contro superfici ruvide come la corteccia degli alberi o una corda tesa, per ottenere la desiderata morbidezza.
Nel caso in cui si volesse fumare la pelle per migliorarne la resistenza e conferire una colorazione più scura, veniva scavato un buco nel terreno, largo circa 60 cm e profondo 30 cm. Si accendeva un fuoco con legno duro, creando un letto di cenere e carbone. Sopra il fuoco veniva posta una struttura di rami verdi, su cui veniva stesa la pelle, assicurandosi che non fosse troppo vicina al fuoco per evitare che si bruciasse. Venivano aggiunti pezzi di legno verde o trucioli di legno di hickory per produrre fumo denso. La pelle veniva fumata fino a raggiungere la tonalità desiderata.
Un altro esempio di come gli Indiani d'America utilizzassero le pelli è la creazione dei famosi cappelli di pelle di procione, o "coonskin caps", un simbolo iconico dell'epoca pionieristica americana. La pelle di procione veniva scelta con cura per evitare difetti o macchie, ed era utilizzata per creare un cappello che, grazie alla sua forma e al caratteristico codino, divenne un simbolo di resistenza e spirito di sopravvivenza. Il processo di realizzazione del cappello prevedeva la creazione di un pattern da adattare alla pelle, e l'assemblaggio avveniva attraverso cuciture precise, utilizzando tecniche come la cucitura a punto copto, per evitare che le cuciture fossero visibili e per garantire che la pelle rimanesse integra.
Oltre ai cappelli, un altro esempio di artigianato tradizionale erano le mocassine, che costituivano l'elemento base del calzature degli Indiani, dalla Mesoamerica fino ai territori più settentrionali. Le mocassine venivano realizzate con pelli di animali conciate e fumate, e la loro costruzione implicava un processo simile a quello dei cappelli, con l'uso di modelli di carta per tagliare la pelle, la cucitura a mano dei pezzi e l'inserimento di uno stivale per garantire una calzata perfetta. La pelle, spesso trattata con olio per migliorarne la resistenza all'umidità, veniva lavorata fino a diventare flessibile e resistente, pur mantenendo la sua capacità di adattarsi al piede.
Questi esempi di lavorazione delle pelli testimoniano non solo la maestria degli artigiani indiani, ma anche la connessione profonda che avevano con la natura e gli animali che cacciavano. Il processo di creazione di un oggetto come un cappello o un paio di mocassini non era solo una questione di abilità manuale, ma un vero e proprio atto di rispetto nei confronti dell'animale e dell'ambiente circostante.
La lavorazione della pelle, in tutte le sue forme, era una delle pratiche più raffinate tra le tribù native, e ogni passaggio, dalla raschiatura alla fumigazione, richiedeva una conoscenza approfondita dei materiali e delle tecniche, tramandata di generazione in generazione. Oggi, molte di queste tradizioni sono ancora vive nelle comunità native americane, sebbene il processo sia stato influenzato dall'uso di metodi moderni.
Come Essiccare e Conservare le Erbe: Tecniche e Consigli Pratici
L'essiccazione delle erbe è un'arte che richiede tempo, pazienza e attenzione, ma che ripaga con una conservazione ottimale delle proprietà aromatiche e terapeutiche delle piante. Esistono vari metodi per essiccare le erbe, ognuno adatto a diverse tipologie di piante e a diverse necessità. Una delle modalità più comuni e pratiche è l'essiccazione in forno, particolarmente adatta per le foglie e i fiori. Per ottenere il miglior risultato, è fondamentale impostare il forno a una temperatura bassa, non superiore ai 150°F (circa 65°C), e mantenere la porta leggermente aperta per favorire la fuoriuscita dell'umidità.
Le radici, invece, richiedono una procedura leggermente diversa. Vanno raccolte in autunno o all'inizio della primavera, pulite accuratamente e tagliate in fette sottili. A differenza delle foglie, le radici necessitano di un tempo di essiccazione più lungo, che può arrivare anche a due anni se lasciate ad asciugare all'aria. Tuttavia, per accelerare questo processo, è possibile riporle in un forno a bassa temperatura, ma sempre tenendo sotto controllo la situazione, poiché l'umidità residua può compromettere la qualità finale. Una radice ben essiccata è fragile e si spezza facilmente quando piegata.
Una volta che le erbe sono completamente essiccate, è fondamentale conservarle correttamente per mantenere intatti il loro aroma e le loro proprietà. È consigliabile utilizzare contenitori ermetici, come barattoli di vetro con tappi a chiusura ermetica, evitando l'esposizione alla luce diretta e all'umidità. Dopo alcuni giorni dalla conservazione, è importante controllare se nel barattolo si sono formate tracce di condensa. Se si dovesse notare umidità, le erbe dovranno essere rimosse, essiccate ulteriormente e riposte in nuovi contenitori.
Esistono, tuttavia, piante che non si prestano bene all'essiccazione, come il prezzemolo, il basilico, l'aneto, il crescione e diverse varietà di menta. Queste erbe, infatti, perdono gran parte del loro sapore durante il processo di essiccazione. Il metodo migliore per conservarle è il congelamento. Si possono congelare intere subito dopo essere state lavate, oppure tritate finemente e messe in cubetti di ghiaccio con acqua, per un accesso rapido e pratico durante l'inverno.
Per chi desidera conservare erbe fresche per lunghi periodi senza compromettere il gusto e le qualità, il congelamento è un'opzione ideale. La congelazione, infatti, consente di mantenere intatte molte delle caratteristiche organolettiche delle piante, senza i rischi che comporta un essiccamento improprio.
Oltre alla conservazione delle erbe per uso culinario, è importante comprendere che molte di esse hanno anche proprietà medicinali. La corretta conservazione permette di mantenere anche queste caratteristiche, rendendo possibile l'uso delle erbe per la preparazione di tisane o per trattamenti terapeutici naturali. Alcune erbe, come la camomilla o la menta, possono essere utilizzate in infusi per trattare piccoli disturbi, ma solo se conservate in modo adeguato. Al contrario, un errato metodo di conservazione potrebbe ridurre l'efficacia di questi rimedi naturali.
Inoltre, va tenuto presente che la freschezza delle erbe è determinante non solo per il loro aroma, ma anche per la loro potenza terapeutica. L’uso delle erbe fresche, rispetto a quelle essiccate, è generalmente più indicato in alcune preparazioni, come nelle ricette di cucina o nelle infusioni per la cura di disturbi comuni.
Infine, vale la pena sottolineare che il processo di essiccazione e conservazione non deve essere visto solo come un mezzo per rendere le erbe disponibili durante l'inverno, ma anche come una possibilità per l’autoproduzione di prodotti che possono essere venduti o utilizzati in modo alternativo, come nei casi di piccole produzioni artigianali di oli essenziali, polveri di erbe o sali aromatizzati.
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