I cluster di ossido di zirconio (ZrOCs) sono stati sviluppati con successo per la costruzione di strutture complesse, mostrando proprietà uniche come l'adsorbimento di ospiti, la fluorescenza e la fotocatalisi. Negli ultimi decenni, sono state messe a punto diverse strategie sintetiche per la preparazione e l'assemblaggio di nuovi cluster di ossido di zirconio (Zr), ossido di titanio (Ti) e ossido di lantanoide (Ln), insieme all’ingegnerizzazione delle loro proprietà. Seppur alcuni studi abbiano trattato i cluster di Zr, Ti e Ln separatamente, un’approfondita rassegna su tutti questi cluster poli-ossido avrebbe un impatto significativo sul progresso di questo settore, considerando le continue scoperte nella preparazione, modifica e applicazione di MOC (cluster di ossidi metallici). In questo contesto, ci concentriamo principalmente sullo sviluppo di cluster di Zr oxo, Ti oxo e Ln oxo stabilizzati da vari ligandi, introducendo recenti approcci sintetici e il riassunto delle modifiche post-sintetiche e dell’assemblaggio tramite interazioni supermolecolari o legami di coordinazione.

La Struttura e le Proprietà dei Cluster di Ossido di Zirconio (ZrOCs)

I cluster di ZrOCs sono stati preparati principalmente attraverso due approcci distinti, che differiscono per la natura acquosa o organica del mezzo di reazione. In soluzioni acquose, i leganti solfato e perossido sono tra i più comuni, e hanno un grande impatto sulla formazione dei cluster di ZrOCs. Al contrario, i leganti alcossi e carbossilato sono predominanti per stabilizzare i cluster di ZrOCs, a seconda della condensazione tra specie organiche. Diverse serie di ZrOCs sono state preparate, spaziando da cluster con 4 atomi di Zr fino a cluster con 70 atomi di Zr. Inoltre, cluster di ZrOCs con leganti carbossilati misti possono essere ottenuti attraverso sintesi dirette o scambio di leganti post-sintesi.

La Formazione dei Cluster di Ossido di Zirconio in Soluzione Acquosa

In soluzione acquosa, il prodotto primario della idrolisi, utilizzando ZrOCl₂·8H₂O come fonte di metallo, è la struttura tetramerica [Zr₄(OH)₈(H₂O)₁₆]⁸⁺, una specie molto incline all’idrolisi anche in condizioni altamente acide. Questo cluster tetramerico di [Zr₄(OH)₈(H₂O)₁₆]Cl₈·12H₂O è stato il primo ad essere isolato e caratterizzato strutturalmente tramite diffrazione a raggi X su cristallo singolo. In questa struttura, quattro atomi di Zr sono disposti ai vertici di un piano tetragonale, con uno degli atomi di Zr legato a quattro molecole di acqua e quattro gruppi OH⁻ in una geometria quadrata, formando un tetramero attraverso ponti μ₂-hidroxi.

Aumentando il pH della soluzione, è possibile ottenere l’aggregazione delle unità tetrameriche in altre specie. La specie ottamerica [Zr₈(OH)₂₀(H₂O)₂₄Cl₁₂] è stata verificata in equilibrio con il tetramero [Zr₄(OH)₈(H₂O)₁₆Cl₆]²⁺, a seconda del pH della soluzione di ZrOCl₂, come mostrato da misurazioni di scattering a piccoli angoli di raggi X (SAXS). Sebbene l’ottamero sia stato identificato tramite SAXS, non è mai stato isolato come specie separata.

Altri nuovi cluster di Zr oxo sono stati isolati reagendo il tetramero primario con vari leganti. L’aggiunta di leganti perossido alla soluzione del cluster [Zr₄(OH)₈(H₂O)₁₆]⁸⁺ ha portato a una reazione di disassemblaggio e ri-assemblaggio del cluster Zr₄, generando due strutture isolate, il cluster Zr₄(OH)₄(μ-O₂)₂(μ₄-O)(H₂O)₁₂₆·xH₂O (ZrTd) e il cluster Zr₂₅O₁₀(OH)₅₀(O₂)₅(H₂O)₄₀₁₀·xH₂O (Zr₁₇), che mostrano geometrie complesse.

Il Ruolo dei Leganti e le Condizioni di Sintesi

L’introduzione di solfato nelle soluzioni di tetramero porta alla formazione di una vasta gamma di solidi con strutture a ponte idrosso e solfato. La chimica acquosa dei solfati di Zr è stata studiata approfonditamente, e sono stati descritti numerosi composti cristallini di oligomeri di ossiosolfati di Zr. L’introduzione di leganti solfato nelle soluzioni di Zr preferisce formare cluster di Zr più grandi. In generale, la concentrazione dei leganti solfato gioca un ruolo cruciale nella speciazione della soluzione e nella determinazione della struttura finale del cluster.

In condizioni di bassa concentrazione di solfato, si promuove la formazione di specie monomero e dimeriche che tendono a condensarsi in cluster più grandi. Tuttavia, concentrazioni elevate di solfato inibiscono la condensazione dei cluster Zr discreti, poiché il solfato passiva la superficie del cluster. Temperature relativamente basse, tra i 40 e i 100°C, hanno portato alla formazione del cluster [Zr₆O₄(OH)₄(H₂O)₈(HCOO)₄(SO₄)₄]·2HCl·3H₂O (Zr₆), mentre a temperature più elevate (90-100°C), il cluster Zr₁₇ è risultato essere il solo prodotto, indipendentemente dalla concentrazione di H₂SO₄.

Questi risultati dimostrano come la combinazione di solfato, temperatura e pH possieda un ruolo centrale nella progettazione e stabilizzazione dei cluster ZrOCs.

Materiale Supplementare per il Lettore
È fondamentale che il lettore comprenda non solo il processo chimico e strutturale alla base della formazione dei cluster ZrOCs, ma anche come la scelta dei leganti influenzi direttamente le proprietà finali di questi cluster, come la loro stabilità e la capacità di interagire con altre molecole. Inoltre, la manipolazione del pH e delle condizioni termiche durante la sintesi è cruciale per ottenere cluster di diverse dimensioni e configurazioni. Questo controllo preciso delle condizioni di sintesi e l'uso di leganti adeguati aprono la strada a nuove applicazioni dei cluster ZrOCs, in particolar modo nei campi della fotocatalisi e dell'adsorbimento selettivo.

Interazioni e Nanocluster d'Argento: Dalla Chimica dei Superatomi alla Strutturazione Atomica Precisa

Nel campo della chimica inorganica, il concetto di interazioni "strong closed-shell" (forti interazioni a guscio chiuso) è di fondamentale importanza per comprendere come gli atomi e le molecole possano interagire in modo stabile e prevedibile. Le interazioni argentofile, descritte per la prima volta in dettaglio da Schmidbaur e Schier nel 2015, sono un esempio chiave di queste interazioni, dove gli atomi di argento formano legami tra di loro grazie a una combinazione di interazioni metalliche e di coordinazione con ligandi. Questi legami, sebbene relativamente deboli rispetto ad altri tipi di legami chimici, giocano un ruolo cruciale nel comportamento dei nanocluster d'argento.

Gli sviluppi più recenti nella chimica dei nanocluster d'argento si concentrano sull'ottenimento di strutture atomiche precise, che siano non solo stabili ma anche in grado di esibire proprietà ottiche, elettroniche e magnetiche uniche. I nanocluster d'argento atomisticamente precisi, come quelli descritti da Desireddy et al. nel 2013, hanno mostrato una straordinaria stabilità, con alcune particelle che mantengono la loro struttura anche in ambienti estremi. Tali nanocluster possono essere protetti da uno strato di leganti thiolati, che previene l'ossidazione e ne migliora la reattività superficiale.

L'ingegnerizzazione e l'assemblaggio di questi cluster a livello atomico sono diventati un obiettivo di ricerca fondamentale per ottenere materiali con proprietà su misura. A tal fine, numerosi studi hanno esplorato la modifica dei leganti superficiali come descritto da Yang et al. nel 2017, per ottenere cluster d'argento che possano essere utilizzati in applicazioni come sensori ottici e catalizzatori. L'approccio di assemblare questi cluster in strutture superatomiche, cioè in gruppi di atomi che si comportano come singoli atomi, è stato un passo importante in questa direzione. Queste strutture superatomiche presentano proprietà collettive emergenti che vanno ben oltre quelle dei singoli atomi di argento.

Un altro aspetto fondamentale della chimica dei nanocluster d'argento è la loro capacità di esibire fenomeni ottici avanzati. Il controllo preciso della fotoluminescenza, per esempio, è stato ottenuto attraverso l'ingegnerizzazione della superficie dei nanocluster. Alcuni studi, come quello di Li et al. nel 2018, hanno dimostrato che è possibile modulare la luminescenza dei cluster in modo specifico, sia per migliorare la loro efficienza che per ottenere risposte spettroscopiche altamente sensibili. Inoltre, gli effetti chiroptici, ossia la capacità di rispondere a un campo magnetico o polarizzato, sono emersi come una proprietà interessante per l'uso in dispositivi ottici avanzati.

Le tecniche di sintesi, come quelle descritte da Kang e Zhu nel 2019, sono essenziali per ottenere questi nanocluster d'argento con una precisione atomica. L'uso di leganti complessi, come i gruppi dithiolate o i carborani, consente una stabilizzazione ancora più forte dei cluster, migliorando la loro reattività e apertura verso applicazioni innovative. Le metodologie di stabilizzazione dei cluster d'argento possono anche portare alla creazione di materiali con struttura cristallina unica, come dimostrato da Chakraborty et al. nel 2019, che ha portato a un avanzamento importante nella cristallizzazione di adotti supramolecolari con nanoparticelle atomiche.

Infine, la possibilità di progettare e modificare a livello atomico le proprietà dei nanocluster d'argento rappresenta una frontiera nella ricerca sui materiali avanzati. Questo tipo di chimica, che permette di ottenere strutture nano-materialistiche con alta precisione, apre nuove strade per la creazione di dispositivi optoelettronici, catalizzatori e sensori ultrasensibili. Le applicazioni future di questi nanocluster sono potenzialmente rivoluzionarie, e la continua ricerca in questo campo promette di portare a scoperte scientifiche significative.

Oltre agli aspetti tecnici e scientifici già esposti, è importante comprendere il potenziale impatto di queste tecnologie sulla società e sull'ambiente. Il miglioramento delle proprietà ottiche e reattive dei nanocluster può infatti portare a dispositivi sempre più efficienti e sostenibili. Inoltre, l'approfondimento della chimica dei superatomi e dei nanocluster non si limita alla chimica tradizionale, ma apre anche a nuovi orizzonti in campi come la biotecnologia e la nanomedicina. La possibilità di costruire materiali con precisione atomica potrebbe anche rivoluzionare il design di nuovi materiali per la sostenibilità, riducendo l'uso di risorse naturali attraverso la progettazione mirata di strutture più efficienti e meno inquinanti.

Come la Sintesi di Cluster Magici di Indio Fosfato Influenza le Strutture Nanocristalline e le Loro Proprietà Ottiche

Il processo di sintesi dei cluster magici di indio fosfato (InP MSCs) ha portato alla creazione di nuove strutture nanometriche con caratteristiche ottiche avanzate. In particolare, quando si cattura la fase iniziale di un cluster, è possibile ottenere nanocristalli di InP con una struttura tridimensionale a polytwistane, un'impresa che non solo sfida le convenzioni della chimica tradizionale dei nanomateriali, ma apre anche nuove possibilità per la progettazione di dispositivi ottici e fotonici. La chiave di questo processo risiede nella reazione tra il precursore P(SiMe3)3 e i leganti carboxilati stabilizzanti degli MSCs di InP. Questo incontro chimico porta alla formazione di silylester e al rilascio di monomeri di InP, scatenando un fenomeno di frantumazione della superficie del cluster senza compromettere le sue proprietà ottiche dominanti a livello del nucleo.

La particolare stabilità ottica e strutturale di questi cluster è il risultato della loro parziale disintegrazione, che non modifica la fase cristallina del nucleo, pur favorendo il passaggio a una fase non termodinamica a causa dell'elevato potenziale chimico dei frammenti prodotti, soprattutto a basse temperature. I prodotti frammentati, ricchi di fosforo, e i monomeri liberati durante questo processo cristallizzano successivamente, assumendo la forma di un polytwistane tridimensionale. Questa struttura rispecchia le caratteristiche della fase iniziale dei cluster di InP, che agiscono come modelli per la formazione di nuove forme nanometriche.

In un'altra ricerca significativa, Kim e i suoi collaboratori hanno esplorato la sintesi di nanocristalli di InP (NPs) e nanostrutture a forma di nanorod, hyper-ramificate e dendritiche partendo dai 386-MSCs. La reazione iniziale, che coinvolge il complesso (TMS)3P e In(My)3, produce frammenti dai quali si originano i monomeri necessari per la formazione di NPs di InP a 240 °C. Questi frammenti possono attaccarsi direttamente, conferendo una forma facettata ai nanocristalli di InP. Con l'ulteriore trattamento e purificazione dei 386-MSCs, si ottengono nuovi monomeri che causano un'evoluzione nella morfologia dei nanocristalli, dando luogo a strutture biforcute e ramificate.

La disintegrazione dei 386-MSCs è un processo interessante, che coinvolge l'addizione di In(My)3 e HMy, i quali facilitano la frantumazione a temperature relativamente basse, come 110 °C. Questa trasformazione porta alla coesistenza di morfologie bimodali: grandi nanostrutture ramificate (BNSs) e nanocristalli sferici. La formazione di BNSs avviene attraverso l'assemblaggio di frammenti amorfi di circa 2 nm, che si organizzano in semi-tetraedrici. Questi semi poi crescono e si ramificano, formando strutture nanometriche a doppio ramo, tipiche dei BNSs. La fase finale di questo processo è la cristallizzazione di InP con struttura zinc-blende.

Un altro aspetto fondamentale riguarda la manipolazione delle proprietà ottiche dei MSCs di InP, che sono particolarmente influenzate dal fenomeno di confinamento quantico. A causa delle loro dimensioni nanometriche, i nanocristalli di InP presentano proprietà ottiche e elettriche che dipendono strettamente dalle loro dimensioni. Le strutture MSCs di InP hanno dimostrato di possedere una brillantezza particolarmente interessante, tale da essere utilizzate in dispositivi di emissione luminosa e fotocatalisi. L'inserimento di uno strato di ZnS o ZnSe sulle superfici dei MSCs di InP è stato studiato per migliorare le proprietà ottiche. Per esempio, l'applicazione di uno strato di ZnS ha portato a un redshift dell'assorbimento, ma la fluorescenza non è aumentata significativamente fino a quando non sono stati aggiunti più strati.

Nonostante l'applicazione di strati di ZnS e ZnSe su InP MSCs abbia portato a risultati interessanti, la loro efficienza in termini di emissione luminosa rimane limitata, a causa delle trappole interfaciali. In particolare, quando si è applicato uno strato di ZnSe, è stato osservato un redshift significativo nell'assorbimento, ma la fluorescenza emessa era limitata a 610 nm, indicativa di stati di trappola dei difetti piuttosto che di un miglioramento delle proprietà ottiche.

Un elemento fondamentale nella ricerca sui MSCs di InP è la necessità di migliorare la qualità e la stabilità di questi cluster, in particolare per quanto riguarda la distribuzione delle dimensioni e la stabilità termica. Sebbene i precursori attualmente utilizzati siano efficaci, come il (TMS)3P, essi presentano delle problematiche di tossicità e di costi elevati, che rendono difficile un'applicazione su larga scala per la produzione industriale. La ricerca futura dovrà concentrarsi sullo sviluppo di precursori alternativi, più economici e meno dannosi per l'ambiente.

L'introduzione di dopanti negli MSCs di InP ha attirato particolare attenzione, poiché offre la possibilità di modificare le proprietà ottiche e elettroniche di questi materiali. Sebbene i risultati siano promettenti, sono necessari ulteriori studi per comprendere appieno gli effetti dei dopanti e ottimizzare le sintesi per ottenere nanomateriali con caratteristiche più precise.