L'indagine ha rivelato la natura e l'estensione del comportamento scorretto del Presidente, nonostante una campagna senza precedenti di ostruzionismo messa in atto dal Presidente e dalla sua amministrazione per impedire ai comitati di ottenere prove documentali e testimonianze. Una dozzina di testimoni ha seguito gli ordini del Presidente Trump, sfidando richieste volontarie e citazioni legali, rifiutandosi di testimoniare. La Casa Bianca, il Dipartimento di Stato, il Dipartimento della Difesa, l'Ufficio di Gestione e Bilancio, e il Dipartimento dell'Energia si sono rifiutati di produrre anche un singolo documento in risposta alle nostre citazioni.
Alla fine, questo ampio sforzo di bloccare il “potere esclusivo di impeachment” della Camera dei Rappresentanti, previsto dalla Costituzione, ha fallito, perché alcuni testimoni si sono presentati coraggiosamente e hanno testimoniato in risposta al processo legale. Il rapporto che segue è stato possibile solo grazie al loro senso del dovere e alla loro devozione al paese e alla sua Costituzione. Tuttavia, ci sono ancora domande senza risposta, e la nostra indagine deve proseguire, anche mentre trasmettiamo il nostro rapporto al Comitato Giudiziario. Data la minaccia imminente di ulteriori tentativi da parte del Presidente di sollecitare interferenze straniere nelle prossime elezioni, non possiamo aspettare che i nostri sforzi per ottenere ulteriori testimonianze e documenti passino attraverso i tribunali.
Le prove del comportamento scorretto del Presidente sono schiaccianti, così come le prove del suo ostacolo al Congresso. In effetti, sarebbe difficile immaginare un caso di ostruzione più forte e completo di quello dimostrato dal Presidente da quando è iniziata l’indagine. Il danno che il Presidente ha causato alla nostra relazione con un partner strategico chiave sarà riparato col tempo, e l'Ucraina continua a godere di un forte sostegno bipartisan al Congresso. Ma il danno al nostro sistema di separazione dei poteri e all'equilibrio tra i tre rami del governo sarà duraturo e potenzialmente irreversibile se il potere del Presidente di bloccare il Congresso non verrà fermato. Ogni futuro Presidente si sentirà legittimato a resistere a un'indagine sul proprio malcostume, cattiva condotta o corruzione, e il risultato sarà una nazione a rischio molto maggiore di tutti e tre.
La decisione di proseguire con un'indagine di impeachment non è stata presa alla leggera. Nelle migliori circostanze, l’impeachment è un processo doloroso per la nazione. Ho resistito alle richieste di intraprendere un'indagine di impeachment per molti mesi proprio per questo motivo, nonostante l'esistenza di comportamenti scorretti da parte del Presidente che ritenevo profondamente immorali e dannosi per la nostra democrazia. Tuttavia, gli eventi e le azioni allarmanti descritti in questo rapporto ci hanno lasciato senza altra scelta se non quella di procedere. Quando abbiamo deciso di andare avanti, siamo rimasti colpiti dal fatto che il comportamento scorretto del Presidente non fosse un episodio isolato, né il frutto di un Presidente ingenuo. Al contrario, gli sforzi per coinvolgere l’Ucraina nelle elezioni presidenziali del 2020 sono stati condotti da un Presidente che stesso è stato eletto nel 2016 grazie a una campagna senza precedenti di interferenze elettorali da parte della Russia, che il Presidente ha accolto e utilizzato.
Avendo assistito alla misura in cui l'interferenza di una potenza straniera nel 2016 ha danneggiato la nostra democrazia, il Presidente Trump non può credibilmente dichiarare di non conoscere gli effetti dannosi di tale intervento. Più precisamente, la telefonata di luglio con il Presidente ucraino Zelensky, nella quale ha sollecitato un'inchiesta per danneggiare il suo avversario più temuto nel 2020, è avvenuta il giorno dopo che il Procuratore Speciale Robert Mueller aveva testimoniato davanti al Congresso riguardo agli sforzi della Russia per danneggiare il suo rivale del 2016 e il suo urgente avvertimento sui pericoli di ulteriori interferenze straniere nelle prossime elezioni. Con questo sfondo, la sollecitazione di una nuova interferenza straniera è stata l'azione di un Presidente senza freni, non di un Presidente che ha imparato dall'esperienza. Era l'atto di un Presidente che si vedeva come irresponsabile e determinato a utilizzare i suoi ampi poteri ufficiali per garantirsi la rielezione.
Questa minaccia ripetuta e pervasiva al nostro processo elettorale democratico ha dato urgenza al nostro lavoro. Il 3 ottobre 2019, mentre il nostro Comitato era impegnato in questa indagine, il Presidente Trump ha dichiarato pubblicamente che altri paesi dovrebbero aprire inchieste sul suo principale avversario politico, dicendo: “La Cina dovrebbe iniziare un'inchiesta sui Biden,” e che “il Presidente Zelensky, se fossi io, gli consiglieresti di iniziare un'inchiesta sui Biden.” Quando un giornalista ha chiesto al Presidente cosa si aspettasse che facesse il Presidente ucraino dopo la telefonata del 25 luglio, il Presidente Trump, cercando di dissipare ogni dubbio sulla sua intenzione di continuare, ha risposto: “Beh, penso che, se fossero onesti, dovrebbero avviare un'inchiesta sui Biden. È una risposta molto semplice.” Raddoppiando la sua condotta scorretta e dichiarando che la sua telefonata del 25 luglio con il Presidente Zelensky era “perfetta”, il Presidente Trump ha mostrato una continua volontà di usare il potere del suo ufficio per cercare un’interferenza straniera nelle nostre prossime elezioni.
La testimonianza dei testimoni chiamati alla Commissione ha mostrato una sorprendente coerenza, eppure c’è stata una reazione molto diversa da parte dei membri del Congresso di ciascun partito. Se c’era un male che i Fondatori della Costituzione temevano tanto quanto quello di un Presidente indegno, era quello di un eccessivo settarismo. Sebbene i Padri Fondatori vedessero i partiti politici come necessari, cercarono di strutturare il nuovo governo in modo tale da minimizzare la “violenza delle fazioni.” Come avvertiva George Washington nel suo discorso di addio, “i mali comuni e continui dello spirito di partito sono sufficienti per fare dell’interesse e del dovere di un popolo saggio quello di scoraggiarlo e limitarlo.” Oggi, potremmo assistere a una collisione tra il potere di un rimedio inteso a frenare la cattiva condotta presidenziale e il potere delle fazioni determinate a difendere l’immunità di un Presidente dello stesso partito. Ma forse, ancor più corrosivo per il nostro sistema democratico di governo, il Presidente e i suoi alleati stanno mettendo in atto un attacco totale alla stessa idea di fatto e verità. Come può una democrazia sopravvivere senza accettare un insieme comune di esperienze?
Quali sono le implicazioni della condizionalità sugli aiuti militari per l'Ucraina?
Nel contesto della diplomazia internazionale e delle relazioni bilaterali tra gli Stati Uniti e l'Ucraina, uno degli aspetti più controversi riguarda la condizione posta dagli Stati Uniti per l'erogazione degli aiuti militari. La situazione si è intensificata con il coinvolgimento diretto del vice presidente Mike Pence, l'ambasciatore Gordon Sondland e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, all'interno di un processo politico teso e complesso, culminato in un confronto sulle indagini politiche relative alla famiglia Biden e alla società Burisma.
Nel corso di una riunione bilaterale tra il vice presidente Pence e il presidente Zelensky, la questione degli aiuti militari è stata immediatamente sollevata dal presidente ucraino. Zelensky, consapevole della centralità del supporto degli Stati Uniti, ha posto la domanda più urgente: quale sarebbe stato lo status degli aiuti alla sicurezza? La risposta di Pence, che ha cercato di rassicurare il presidente ucraino sulla continua solidarietà degli Stati Uniti, si è rivelata però insufficiente. Sebbene il vice presidente avesse promesso di comunicare al presidente Trump i progressi delle riforme in Ucraina, il rinvio della decisione sull'assistenza militare ha alimentato la percezione che l'Ucraina stesse affrontando una punizione politica da parte degli Stati Uniti.
Nel frattempo, l'ambasciatore Sondland, nel corso di un incontro separato con un consigliere di Zelensky, ha esplicitamente legato la ripresa dell'assistenza militare a una dichiarazione pubblica da parte dell'Ucraina riguardo l'apertura di un'inchiesta su Burisma e su presunti interventi ucraini nelle elezioni americane del 2016. Questo collegamento tra l'assistenza e le indagini ha suscitato preoccupazioni significative tra i funzionari diplomatici americani, come evidenziato dalle dichiarazioni del consigliere della sicurezza nazionale, Mr. Morrison, che ha sottolineato il rischio di coinvolgere l'Ucraina nella politica interna degli Stati Uniti.
Il processo di "leverage" o ricatto politico, con l'obiettivo di ottenere un annuncio pubblico da parte di Zelensky su queste indagini, ha rappresentato una rottura con la tradizionale diplomazia internazionale. La condizionalità degli aiuti militari ha suscitato un ampio dibattito sul ruolo degli Stati Uniti nella protezione della sovranità di altri paesi e sul rispetto degli impegni internazionali.
In un contesto di guerra come quello che l'Ucraina stava vivendo, l'uso degli aiuti come strumento di pressione ha avuto implicazioni di vasta portata, sia per le relazioni bilaterali che per la credibilità internazionale degli Stati Uniti. La decisione di ritardare gli aiuti, per di più, ha minato la fiducia reciproca e ha posto in discussione la coerenza della politica americana di sostegno alla sicurezza di un paese in guerra.
Anche il coinvolgimento dei legali della Casa Bianca, che sono stati informati delle azioni dell'ambasciatore Sondland, indica quanto questa situazione fosse complessa e rischiosa. Le preoccupazioni su come questi sviluppi potessero riflettersi sulla posizione politica del presidente Trump sono state esplicitate da Morrison e da altri funzionari che, pur non essendo certi di un'autorizzazione esplicita, temevano che queste azioni potessero creare un "paper trail" compromettente.
In un ulteriore scambio di messaggi tra Sondland e Taylor, l'ambasciatore ha confermato che non solo l'incontro alla Casa Bianca, ma anche gli aiuti militari, erano condizionati all'annuncio pubblico delle indagini da parte di Zelensky. Questo ha chiarito ulteriormente che la condizione posta dagli Stati Uniti non riguardava solo un incontro diplomatico, ma anche l'assistenza vitale per un paese in conflitto.
La questione degli aiuti militari, dunque, non si limita a un semplice scambio di risorse. Essa si intreccia con dinamiche politiche delicate, dove la sovranità di un paese come l'Ucraina può essere messa in discussione in nome di strategie politiche interne agli Stati Uniti. Le implicazioni legali e morali di tali azioni devono essere attentamente valutate, soprattutto in un contesto globale dove il rispetto degli impegni internazionali gioca un ruolo cruciale per la stabilità politica e la fiducia reciproca tra le nazioni.
Inoltre, è fondamentale comprendere che la condizione degli aiuti non riguarda solo gli aspetti legati alla politica interna americana. La geopolitica globale, la gestione delle alleanze e la sicurezza internazionale sono tutti fattori che influenzano queste decisioni. L'Ucraina, in quanto nazione in guerra, ha necessità di una protezione internazionale stabile, che non dovrebbe essere negoziata in cambio di promesse politiche interne, ma dovrebbe riflettere un impegno sincero verso la sovranità e la sicurezza del paese.
Come la diplomazia e le pressioni politiche internazionali influenzano il sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina
L’Ucraina, in quanto nazione in conflitto aperto, si trova in una posizione estremamente vulnerabile che la costringe a dipendere da un sostegno multilivello, diplomatico, finanziario e militare, proveniente soprattutto dagli Stati Uniti, il suo alleato più potente e imprescindibile. Nonostante la sospensione temporanea di alcuni aiuti alla sicurezza, è evidente che le aspettative e le richieste degli ucraini nei confronti dell’amministrazione americana non sono cessate. Questo equilibrio di necessità e pressioni è ancora attuale e si manifesta nelle continue trattative e nelle delicate relazioni diplomatiche tra i leader.
Le parole di Mr. Holmes evidenziano come, anche dopo la revoca del blocco sugli aiuti militari, l’Ucraina fosse consapevole che per ottenere un incontro diretto con il Presidente degli Stati Uniti e altri importanti favori politici, avrebbe dovuto mantenere una cauta strategia di diplomazia. La necessità di dimostrare il proprio impegno e di ottenere il sostegno americano, soprattutto in vista di un possibile vertice con il Presidente Putin per avviare un processo di pace, testimonia quanto il supporto statunitense sia fondamentale e non semplice da ottenere senza condizioni implicite. La questione del sostegno agli ucraini non si esaurisce quindi con il semplice ripristino degli aiuti militari, ma rimane un tema aperto e dinamico, intrecciato con la geopolitica globale e con gli interessi interni delle potenze coinvolte.
Parallelamente, la gestione di queste relazioni ha subito interferenze significative legate alla politica interna degli Stati Uniti. La figura di Rudy Giuliani e il Presidente Trump hanno reso esplicita la volontà di sollecitare indagini dall’Ucraina su questioni politiche americane, in particolare riguardanti Joe Biden e presunte interferenze nelle elezioni presidenziali del 2016. Le dichiarazioni pubbliche di Trump mostrano una duplice strategia: da una parte, la proclamazione di un impegno contro la corruzione in Ucraina, dall’altra l’uso di queste tematiche come leva per favorire interessi personali e politici.
Il dibattito pubblico e le azioni di Trump e Giuliani hanno quindi complicato ulteriormente la relazione tra i due Paesi, rendendo il sostegno americano all’Ucraina non solo un fatto di alleanze strategiche, ma anche uno strumento in una partita politica più ampia e controversa. Le continue richieste di indagini su avversari politici statunitensi, accompagnate da un’apparente indifferenza alle conseguenze diplomatiche, evidenziano come la politica estera possa essere profondamente influenzata da dinamiche interne e da interessi personali dei leader.
È importante comprendere che la situazione tra Ucraina e Stati Uniti è un esempio lampante di come la diplomazia internazionale non si limiti alla pura negoziazione tra Stati, ma sia un intreccio complesso di pressioni politiche, interessi personali, e strategie militari e finanziarie. La necessità di equilibrio tra il sostegno alla sovranità e indipendenza di un Paese e le richieste politiche interne può influenzare in maniera decisiva il corso degli eventi.
Inoltre, il caso sottolinea la vulnerabilità delle relazioni internazionali agli interessi elettorali e alle campagne politiche interne, elementi che possono alterare o compromettere la continuità e l’efficacia del sostegno estero in situazioni di crisi. Il lettore deve essere consapevole che dietro le dichiarazioni ufficiali e gli accordi formali spesso si celano dinamiche di potere e manipolazioni che non sempre sono trasparenti o immediatamente comprensibili.
Il sostegno militare e finanziario a una nazione in guerra, quindi, non è mai neutrale o disgiunto da interessi politici; è un terreno dove si incrociano strategie di influenza globale, lotte interne al potere e pressioni diplomatiche. L’analisi di questo caso invita a riflettere sul peso delle relazioni internazionali contemporanee, sulla loro complessità e sulle implicazioni che ogni decisione politica può avere sul destino di intere popolazioni e sugli equilibri mondiali.
Impeachment e la Costituzione: Un'Analisi Sulle Procedure e le Controversie Legali
Nel contesto dell’impeachment, la Camera dei Rappresentanti ha il potere esclusivo di avviare il processo senza alcuna limitazione specifica su come condurre l'indagine. Sebbene alcune lamentele, come quelle di Mr. Cipollone, siano state sollevate riguardo alla legittimità del procedimento, le argomentazioni risultano infondate. La Camera ha, infatti, implementato una serie di misure procedurali che garantiscono una protezione adeguata per il Presidente, in linea con la sua autorità costituzionale. La Risoluzione della Camera 660 autorizza procedure che "permettono la partecipazione del Presidente e dei suoi avvocati", come delineato nel rapporto che accompagna la risoluzione stessa. Tali garanzie seguono il modello dei procedimenti durante le inchieste su Nixon e Clinton, prevedendo che il Presidente e il suo avvocato possano partecipare a tutte le audizioni, esaminare i testimoni, opporsi all’ammissione di testimonianze e presentare prove davanti alla Commissione Giuridica, inclusa la possibilità di convocare testimoni.
Un altro punto di dibattito sollevato da Mr. Cipollone riguarda la trasparenza del processo di raccolta delle prove. Secondo lui, le indagini sarebbero state condotte "in segreto", ma questa visione non riflette correttamente la realtà del procedimento iniziale. Rispetto ai casi di Nixon e Clinton, infatti, la Camera ha condotto una parte significativa delle indagini autonomamente, dato che non è stato nominato un procuratore indipendente per investigare sui comportamenti del Presidente Trump in relazione all'Ucraina. Il Procuratore Generale William P. Barr si è rifiutato di autorizzare un'indagine penale su accuse di cattiva condotta, limitandosi a ipotizzare possibili violazioni delle leggi federali sulle finanze elettorali. Le Commissioni hanno seguito le regole della Camera e le migliori pratiche investigative per evitare il rischio che i testimoni potessero coordinarsi nel raccontare fatti contrastanti. Come spiegato nel rapporto che accompagna la Risoluzione 660, le prime fasi di un'inchiesta di impeachment sono simili a quelle che precedono la decisione di una causa penale, in quanto la Camera ha il compito di raccogliere le prove per decidere se approvare o meno gli articoli di impeachment.
I verbali di tutte le audizioni e delle testimonianze sono stati resi pubblici, offrendo a tutti i membri delle tre Commissioni — compresi i 47 membri repubblicani — l’opportunità di porre domande. Questi verbali sono ora disponibili anche per il Presidente e i suoi avvocati. Le stesse procedure sono state sostenute da figure di rilievo come Mick Mulvaney, ex Capo di Gabinetto della Casa Bianca, e Mike Pompeo, ex Segretario di Stato, durante indagini relative ad altre amministrazioni, come quelle di Clinton, Bush e Obama. Inoltre, la Commissione per l'Intelligence ha tenuto udienze pubbliche con i testimoni più rilevanti.
Un altro aspetto controverso riguarda la partecipazione degli avvocati delle agenzie governative alle deposizioni. Mr. Cipollone ha sostenuto che fosse "incostituzionale" escludere gli avvocati delle agenzie dalle audizioni congressionali, ma non cita alcuna giurisprudenza a sostegno della sua posizione. La Costituzione attribuisce al Congresso il potere di determinare le regole dei suoi procedimenti, il che include anche la gestione delle audizioni e la raccolta di prove da testimoni. L'esclusione degli avvocati delle agenzie è giustificata dalla necessità di proteggere i testimoni da possibili pressioni da parte di funzionari che potrebbero essere coinvolti nelle indagini. Questa regola è stata seguita per decenni da entrambe le parti politiche, sia sotto amministrazioni repubblicane che democratiche, come dimostrato dalle presidenze di Nixon, Clinton, Bush e Obama.
Mr. Cipollone ha anche messo in discussione la capacità del Congresso di esercitare il suo ampio potere di supervisione durante un'inchiesta di impeachment. Tuttavia, la Corte Suprema ha chiarito che il "potere di indagine" del Congresso è "penetrante e vasto quanto il potere di legiferare e di appropriarsi di fondi sotto la Costituzione". L'inchiesta riguarda questioni che toccano sia il potere di impeachment della Camera che altre aree di legislazione e supervisione, comprese l'etica governativa, la trasparenza, l'integrità delle elezioni, gli stanziamenti, gli affari esteri, gli abusi di potere, il ricatto, l'estorsione e l'ostruzione della giustizia. Infatti, molti membri del Congresso hanno già introdotto leggi su questioni legate all’inchiesta di impeachment.
In merito agli interessi di "riservatezza" che sarebbero stati invocati dall'Amministrazione per giustificare il rifiuto di collaborare con le richieste di documenti e testimonianze, non esiste una base legale che permetta un rifiuto categorico di rispondere a un mandato della Camera. Durante un'inchiesta di impeachment, la necessità di informazioni e l'autorità costituzionale della Camera sono massime, e l’interesse esecutivo alla riservatezza deve cedere. Solo il Presidente ha il potere di invocare il privilegio esecutivo, ma non lo ha fatto in questa inchiesta. In ogni caso, molte delle informazioni richieste non sarebbero coperte da alcun privilegio esecutivo, e tale privilegio, se invocato in modo valido, non dovrebbe prevalere sugli interessi legittimi dell'inchiesta.
Infine, Mr. Cipollone ha sostenuto che gli alti collaboratori del Presidente siano "immuni in modo assoluto" dal dover testimoniare davanti al Congresso. Questa posizione estrema è stata esplicitamente respinta dal Congresso e dai tribunali federali. Nel 2008, un tribunale federale ha respinto l’argomento avanzato dall’amministrazione Bush secondo cui l'avvocato della Casa Bianca Harriet Miers fosse immune dal testimoniare.
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