L'Isola Tangier, situata nel cuore della Baia di Chesapeake, rappresenta un esempio unico di come i cambiamenti climatici possano alterare profondamente le tradizioni e la cultura di una comunità. Con una popolazione che si aggira attorno ai 460 abitanti, quest'isola ha visto una continua diminuzione della sua superficie dal 1850, perdendo oltre il 66% della sua terra a causa di uno dei tassi di subsidenza più elevati della regione. Sebbene la sua economia sia tradizionalmente basata sulla pesca del granchio, con l'ostricoltura e il turismo come attività complementari, la crescente marea e l'innalzamento del livello del mare stanno minacciando la sua sopravvivenza.
Tangier è una terra che evoca nostalgia e un senso di familiarità, nonostante la sua crescente estraneità per il resto d'America. Quando i giornalisti americani raccontano della sua realtà, creano una sorta di ponte tra l'Isola e la coscienza collettiva degli Stati Uniti, facendo leva su un'immagine di comunità chiusa, radicata nelle tradizioni e nelle storie antiche. Questi racconti sono, in fondo, l'espressione di un'America che esiste solo nei ricordi, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. Le immagini dell'isola, con i suoi abitanti che parlano un dialetto antico e conducono una vita semplice e isolata, evocano la nostalgia per un passato che sembra essere scomparso nel resto della nazione. La stessa mancanza di modernità, come la scarsità di copertura cellulare e l'assenza di alcol, vengono spesso descritte come tratti distintivi che rendono Tangier un luogo dove l'America sembra tornare alle sue radici.
Questa dimensione nostalgica è spesso esaltata dai giornalisti, che tracciano un parallelo tra la storia di Tangier e i momenti fondativi della nazione americana. La scoperta dell'isola da parte di Captain John Smith nel 1608 è uno dei punti di riferimento principali in questo racconto, un elemento che crea un legame simbolico tra gli abitanti di Tangier e l'America "pionieristica". Questo legame, purtroppo, non è sufficiente a proteggere Tangier dalla crescente minaccia dei cambiamenti climatici. La comunità di Tangier, pur trovandosi a pochi passi dalla capitale degli Stati Uniti, sembra vivere in un'altra dimensione temporale, un'America che non è più in grado di fronteggiare le sfide del presente.
La narrazione su Tangier Island assume una piega politica dal 2017, quando il tema del cambiamento climatico diventa meno una questione scientifica e più una battaglia ideologica. Le tensioni politiche, rafforzate dalla presidenza Trump, introducono un nuovo livello di separazione tra la comunità di Tangier e il resto del paese. Mentre i residenti di Tangier, tradizionalmente legati a una cultura conservatrice e rurale, continuano a lottare contro la perdita della loro terra, molti lettori, soprattutto quelli più progressisti, vedono il loro legame con queste storie come uno specchio della disconnessione che esiste tra le zone rurali e urbane dell'America. Nonostante il crescente impatto dei cambiamenti climatici sulla loro vita quotidiana, gli abitanti di Tangier sono spesso visti come una rappresentazione di una America che resiste, attaccata alle sue tradizioni e alla sua cultura, ma al contempo sempre più vulnerabile ai cambiamenti globali.
Il caso di Tangier Island offre quindi un'opportunità per riflettere non solo sulle conseguenze ambientali del cambiamento climatico, ma anche sulle implicazioni politiche, sociali e culturali che accompagnano queste trasformazioni. Sebbene la storia di Tangier sembri parlare di un passato idilliaco, esso è minacciato dalla realtà implacabile di un futuro incerto. Gli abitanti dell'isola, pur appartenendo a un contesto familiare e facilmente riconoscibile per molti americani, si trovano sempre più isolati, non solo fisicamente, ma anche ideologicamente, in un paese diviso su come affrontare la crisi climatica.
Accettare questa realtà e cercare di comprendere come il cambiamento climatico stia trasformando anche le comunità più remote è essenziale per capire come il fenomeno non conosca confini politici o geografici. Il caso di Tangier ci insegna che, sebbene la memoria storica possa ancorarci al passato, è nel presente che dobbiamo trovare le risposte alle sfide del futuro. La perdita di un'isola non è solo una tragedia per i suoi abitanti, ma un segno della fragilità di un ecosistema più ampio, che riguarda l'intera umanità.
Perché Trump ha vinto in Wisconsin: dinamiche rurali e retorica populista
L’analisi dei risultati elettorali nelle presidenziali del 2016 mostra come Donald Trump sia riuscito a conquistare il supporto di segmenti elettorali che prima erano tradizionalmente fedeli ai Democratici. Tra i luoghi chiave della sua vittoria ci sono stati stati industrializzati e agricoli come il Wisconsin, il Michigan e la Pennsylvania, dove la retorica populista di Trump ha avuto un impatto decisivo, pur non trovando lo stesso successo nelle aree urbane e metropolitane.
Trump ha avuto un successo particolare nelle zone rurali e nelle piccole città, dove la disillusione verso le politiche economiche tradizionali e il crescente malcontento verso le élite politiche si sono fatti sentire più fortemente. In Wisconsin, ad esempio, Trump ha vinto con un margine ristretto di circa 22.000 voti, grazie al suo appello alle preoccupazioni delle comunità rurali. Il suo messaggio, centrato sulla creazione di posti di lavoro tramite la produzione e l’industria, la lotta contro l’immigrazione e il contrasto alla corruzione politica, ha trovato una sponda favorevole tra gli elettori più vulnerabili all’economia globale, che da anni stavano affrontando difficoltà economiche sempre più gravi.
Queste aree, principalmente agricole e industriali, hanno visto un progressivo declino a causa della delocalizzazione della produzione, dei costi elevati e della concorrenza internazionale. Molti impianti produttivi hanno chiuso i battenti, e le difficoltà economiche sono state aggravate da problemi sociali come l’alcolismo e l’abuso di droghe, in particolare la metanfetamina. La combinazione di questi fattori ha creato un terreno fertile per il messaggio di Trump, che ha saputo promuoversi come l'unico candidato capace di risolvere i problemi delle "genti dimenticate" dalle politiche tradizionali.
Il ruolo della legislazione dello stato, implementata durante la presidenza di Scott Walker, ha avuto un’importanza fondamentale in questo contesto. Walker, ispirato dal movimento Tea Party, ha introdotto leggi che dividevano ulteriormente l’elettorato, mirando a ridurre il potere dei sindacati, abbassare le tasse e incentivare la crescita del settore manifatturiero. Queste azioni hanno contribuito a consolidare il supporto tra i Repubblicani rurali, mentre il Partito Democratico, concentrandosi principalmente sulle aree urbane come Madison e Milwaukee, ha perso contatto con le preoccupazioni degli elettori rurali.
Le parole di John Andrews, ex Democratico passato ai Repubblicani, illustrano bene questa frattura tra le zone urbane e rurali. Secondo Andrews, i cittadini delle aree urbane tendevano a considerare con disprezzo quelli delle zone rurali, mettendo in luce una mancanza di rispetto che ha alimentato il risentimento verso il Partito Democratico. Questo risentimento è stato ampiamente esplorato nel libro Politics of Resentment di Kathy Cramer, che ha documentato come gli elettori rurali di Wisconsin si sentissero emarginati e ignorati dalle politiche di Madison.
Trump ha capitalizzato questa frattura con la sua retorica, puntando sull’idea che la classe operaia rurale fosse stata tradita dalle élite politiche, e promettendo di portare la "grandezza" in America attraverso il ritorno alla produzione interna e la lotta contro l'immigrazione. Le sue parole hanno trovato un eco nelle difficoltà economiche e sociali di questi elettori, che, più che mai, cercavano un cambiamento radicale.
Le difficoltà economiche delle zone rurali non erano l’unico fattore che ha determinato il successo di Trump. Le politiche dei Democratici, che spesso si concentravano su temi progressisti o sulle politiche urbane, non riuscivano a rispondere alle preoccupazioni di questi elettori, lasciando campo libero ai messaggi populisti di Trump. Nonostante la sua campagna sia stata ostacolata dalla sfida di Ted Cruz nelle primarie, la sua capacità di connettersi con gli elettori attraverso una retorica semplice, ma potente, gli ha permesso di ottenere risultati sorprendenti nelle aree rurali del Wisconsin, riuscendo a raccogliere sufficienti voti per prevalere sul suo avversario, Hillary Clinton.
Se ci si concentra sulle dinamiche demografiche, si nota che il Wisconsin, insieme a Michigan e Pennsylvania, presenta caratteristiche comuni: un’economia ancora legata all’agricoltura e all’industria, una popolazione rurale bianca e anziana, ma anche un recente aumento delle popolazioni ispaniche, coinvolte soprattutto nelle industrie e nell’agricoltura. Queste dinamiche hanno creato un quadro elettorale complesso, dove le frustrazioni dei lavoratori, sia bianchi che ispanici, sono state alimentate dalla crescente polarizzazione tra le aree urbane e quelle rurali.
La vittoria di Trump in Wisconsin, dunque, non è stata un caso isolato, ma il risultato di un processo lungo e complesso che ha visto il rafforzarsi di una frattura tra città e campagna, e di un crescente risentimento verso le politiche percepite come favorevoli solo alle aree urbane e alle élite politiche. La sua vittoria dimostra l'importanza di comprendere e rispondere alle esigenze specifiche di ciascun elettorato, in particolare in uno stato come il Wisconsin, dove la divisione tra le aree rurali e urbane ha avuto un ruolo fondamentale.
Perché Donald Trump ha conquistato il supporto degli elettori bianchi ed educati meno?
Nel 2016, Donald Trump è riuscito a ottenere una vittoria sorprendente nelle elezioni presidenziali statunitensi, nonostante avesse affrontato un avversario forte come Hillary Clinton. Il successo di Trump si è radicato in un'abilità straordinaria di conquistare una parte specifica della popolazione americana, principalmente quella bianca, con un basso livello di istruzione e una forte identità etnonazionalista. L'analisi delle dinamiche del voto ci permette di comprendere le ragioni profonde di questa vittoria e le radici della sua appeal, soprattutto tra gli elettori che si sentivano minacciati da un futuro demograficamente diverso.
Nel corso delle elezioni, Trump ha ottenuto una performance significativamente migliore rispetto ai candidati repubblicani precedenti, come Mitt Romney. La sua vittoria si è consolidata principalmente grazie a cambiamenti nei comportamenti di voto nelle contee del Midwest e dell'Appalachia. Queste aree, tradizionalmente conservatrici, hanno visto un aumento dei consensi per Trump rispetto a Romney nel 2012. Nonostante Hillary Clinton avesse guadagnato terreno nelle grandi metropoli, dove si concentrano i voti più progressisti, Trump ha saputo capitalizzare il sostegno proveniente dalle aree rurali e suburbane.
Il risultato delle elezioni può essere spiegato in parte dalla composizione demografica delle aree dove Trump ha ottenuto il massimo sostegno. In particolare, Trump ha ottenuto un ampio supporto da parte degli elettori bianchi, meno istruiti, cristiani evangelici, e da coloro che si sentivano in qualche modo estranei alla diversità. Questi gruppi erano già inclini a sostenere il partito repubblicano, ma la retorica di Trump ha amplificato la loro sensazione di essere marginalizzati e minacciati da un cambiamento sociale ed etnico in corso.
Uno degli aspetti distintivi del suo appello è stato l’uso di linguaggi e immagini che hanno alimentato l’idea di una "minaccia" rappresentata dagli immigrati, principalmente latini e musulmani, e da altre minoranze. Le sue dichiarazioni, come quella riguardo al Messico ("Il Messico non sta mandando le sue ‘migliori persone’"), o quelle sui "paesi di merda" e sugli immigrati come "animali", hanno trovato un terreno fertile tra coloro che vedevano queste identità come una minaccia all'ordine sociale e culturale americano. L’appeal di Trump, dunque, si è radicato nell’etnonazionalismo, un'ideologia che difendeva la supremazia della cultura bianca, facendo leva sulla paura di perdere il posto di maggioranza demografica.
Questo sentimento si è mescolato con la protesta contro l’élite politica e intellettuale, un'altra delle caratteristiche centrali del messaggio di Trump. Sebbene l’istruzione non sia sempre direttamente legata all’etnonazionalismo, il sostegno a Trump è stato fortemente connesso alla divisione tra coloro che avevano un alto livello di istruzione e quelli che invece non avevano conseguito un diploma universitario. Trump è riuscito a capitalizzare su un sentimento di disillusione tra i lavoratori meno istruiti, promettendo il ritorno di posti di lavoro industriali e l’inversione dei danni causati dalla globalizzazione, che avevano, secondo lui, svantaggiato la classe operaia bianca.
La relazione tra istruzione e sostegno a Trump ha anche radici storiche e internazionali. In altri paesi, il sostegno ai partiti di estrema destra è spesso più forte tra gli elettori meno istruiti. Sebbene l’istruzione universitaria non elimini automaticamente il razzismo o il nazionalismo, ci sono prove che suggeriscono che una maggiore istruzione possa portare a una visione più cosmopolita del mondo, riducendo la propensione verso le ideologie nazionaliste. Tuttavia, Trump ha saputo sfruttare la paura di una classe lavoratrice che si sentiva sopraffatta dal cambiamento economico e sociale.
Il supporto di Trump tra i bianchi con basso livello di istruzione non è stato uniforme. Sebbene la sua retorica abbia risuonato soprattutto tra i bianchi meno istruiti, in alcune contee bianche più urbanizzate, come quelle del New England o della Costa Pacifica, il sostegno a Trump è stato relativamente basso. Tuttavia, Trump ha ottenuto un notevole supporto anche da alcune contee a maggioranza latina, come quelle del Texas o del New Mexico, dove la sua retorica anti-immigrati si è fusa con un appello identitario che ha raggiunto anche una parte della popolazione latina che si sentiva più affine ai bianchi e più allineata con la sua visione conservatrice.
Una delle caratteristiche più forti della strategia di Trump è stata la sua capacità di sfruttare una divisione sociale ed economica che aveva radici più profonde di quanto sembrasse a prima vista. La sua retorica ha amplificato la paura di un cambiamento che non solo minacciava la posizione politica ed economica degli elettori bianchi, ma anche la loro identità culturale e sociale. In questo contesto, Trump non ha solo parlato a un’America bianca impoverita, ma ha toccato le corde di un movimento più ampio, che si sentiva tradito dalla politica globale e dalla modernizzazione rapida.
Oltre a comprendere questi meccanismi, è importante notare come la retorica di Trump abbia contribuito a spaccare ulteriormente la società americana. La polarizzazione che ha caratterizzato il periodo successivo alla sua elezione ha avuto radici profonde in una politica che ha esacerbato le differenze etniche, educative e sociali. La sua vittoria ha segnato l’inizio di un cambiamento nel panorama politico degli Stati Uniti, dove l’identità razziale e l’opposizione all’immigrazione sono diventate forze centrali nella politica nazionale.
Perché il Partito Comunista Cubano è Entrato nelle Menti degli Abitanti dell'Isola?
La promessa che la caduta del regime di Saddam Hussein avrebbe reso facile la costruzione di un Iraq "democratico" si è rivelata un'illusione. Si pensava che la rimozione delle istituzioni chiave dello stato, come il Partito Ba'ath e l'esercito, avrebbe permesso una transizione rapida e indolore, con il supporto di una breve supervisione statunitense. Questa visione di un Iraq che, dopo la fine del regime di Saddam, avrebbe generato una "democrazia" che si sarebbe estesa per effetto domino in tutto il Medio Oriente e oltre, è fallita clamorosamente. Un concetto simile può essere applicato alla Cuba rivoluzionaria, ma le caratteristiche di tale fallimento sono peculiari e specifiche del caso cubano, mostrando quanto la territorialità ideologica di uno stato possa avere un impatto duraturo sulle menti e sulle vite degli individui.
Nel caso di Cuba, la creazione del nuovo stato rivoluzionario, che si sviluppò dopo la caduta del governo di Fulgencio Batista, ha territorializzato il paese. La nazione è stata trasformata in uno spazio sotto il controllo totalizzante del Partito Comunista Cubano (PCC), che ha permeato ogni aspetto della vita politica, economica e sociale. Fondato nel 1965, il PCC è divenuto la colonna portante di ogni sfera di governo, ed è riuscito a penetrare anche nelle menti dei cittadini cubani, giungendo a dominare la loro capacità di immaginare un futuro senza di esso. Questo sistema di dominio ideologico è stato così pervasivo che molti cubani hanno cominciato a rassegnarsi all'idea che non esistesse alternativa alla sua permanenza.
Un esempio calzante di come il PCC sia radicato nella società cubana ci viene da Adrián, un professore universitario di 30 anni originario di Marianao, un quartiere di Havana. Cresciuto in una famiglia che vedeva il Partito e la Rivoluzione come il fondamento della propria identità nazionale, Adrián ha, all'inizio, abbracciato con entusiasmo l'ideologia comunista. La sua adesione alla Unión de Jóvenes Comunistas (UJC) e successivamente al Partito, erano naturali conseguenze di un ambiente familiare e sociale che lo spingeva a farlo. Durante gli anni giovanili, la sua partecipazione a queste strutture ideologiche non gli sembrava mai in discussione, in quanto rappresentavano l'unico percorso verso un avanzamento sociale e professionale.
Tuttavia, una volta che Adrián ha avuto l'opportunità di viaggiare all'estero, la sua visione sulla politica cubana ha iniziato a cambiare. Dopo un viaggio di due mesi in Europa e negli Stati Uniti, la sua visione della Cuba rivoluzionaria è diventata più critica. Se prima parlava con passione dei benefici del governo cubano, ora lo vedeva come un regime autoritario, inadeguato e marcio, che aveva consolidato il potere nelle mani di una ristretta élite, composta principalmente da membri della burocrazia e delle forze armate. Nonostante questa visione critica, Adrián ha dimostrato pessimismo rispetto alla possibilità di un cambiamento reale. Come molti altri giovani cubani, era convinto che la corruzione fosse troppo radicata nei vertici del governo e che nessuna riforma significativa potesse emergere da un sistema che manteneva il potere e i privilegi nelle mani di pochi.
Tuttavia, nonostante questa frustrazione, Adrián ha continuato a partecipare alla politica cubana. Ha votato e preso parte ai processi di governo, ma con un atteggiamento sarcastico e di distacco. Fidel Castro, per esempio, è ormai visto da lui come "el dueño" (il padrone) di tutto ciò che riguarda il paese, una figura che incarna un sistema che, pur rivelandosi fallimentare e dannoso, rimane incredibilmente stabile e resistente al cambiamento.
Questo fenomeno non è isolato. Tra i giovani cubani, e soprattutto tra quelli relativamente privilegiati, esiste una forma di adattamento al regime, un "gioco" con il sistema che prevede l'acquisto di opportunità personali, sfruttando le maglie di un sistema rigido per guadagnare e migliorare la propria condizione. La critica al regime non è sinonimo di attivismo o desiderio di cambiamento; al contrario, la maggior parte dei giovani, sebbene critici, non intraprende azioni concrete per cercare di cambiare lo stato delle cose. La partecipazione al sistema, infatti, è vista più come un compromesso necessario che una vera adesione ideologica.
L'aspetto più interessante di questo adattamento è che, nonostante la disillusione, la maggior parte dei giovani cubani continua a vivere una vita caratterizzata da conformismo, sia economico che sociale. La convivenza con un sistema autoritario è accettata come una realtà ineluttabile. Molti, come Alayn, un giovane imprenditore nel settore privato, che ha avviato una caffetteria e lavora come autista di taxi privato per turisti, riflettono amaramente sul loro passato, ricordando quanto fosse ridicolo l'impegno nelle organizzazioni giovanili. Tuttavia, nonostante l'esperienza di crescita e la conoscenza di nuove realtà grazie al contatto con turisti stranieri, tra cui molti americani, Alayn rimane pessimistico riguardo alle possibilità di cambiamento. La fine del nemico esterno – il governo degli Stati Uniti – non ha fatto che accentuare le paure del regime cubano, che percepisce ogni critica come una minaccia esistenziale.
Il sistema cubano ha avuto un successo straordinario nel radicarsi nella coscienza collettiva dei suoi cittadini. Questo non è dovuto solo alla propaganda, ma a un processo educativo che inizia fin da bambini, quando gli studenti vengono formati attraverso un curriculum che promuove un patriottismo esasperato e una fedeltà assoluta alla Rivoluzione. Ogni giorno, all'inizio della scuola, gli studenti partecipano al matutino, un rituale che culmina con il celebre slogan: “¡Pioneros por el Comunismo, seremos como el Che!” Questo processo di educazione ideologica è stato fondamentale per la costruzione di una società che sembra incapace di concepire un futuro diverso.
Le riflessioni di Adrián e Alayn non sono uniche, ma rappresentano un quadro generale che descrive come la Cuba contemporanea sia una società che, pur criticando profondamente il regime, continua a vivere sotto il suo giogo. Il potere del PCC si riflette non solo nelle strutture politiche e sociali, ma anche nella sfera personale e intima di ogni cittadino cubano, creando una vera e propria territorialità delle menti, che rende quasi impensabile la possibilità di un cambiamento radicale.
Perché i giovani cubani rifiutano l'attivismo politico e come il sistema cubano reagisce alla pressione esterna
I giovani adulti cubani, che vivono e lavorano principalmente a L'Avana, sembrano completamente disinteressati ad intraprendere azioni che potrebbero metterli nel mirino delle autorità o compromettere la loro ascesa socioeconomica all'interno di Cuba, o la loro possibilità di emigrare. Non sono coinvolti in nessuna forma di attivismo politico che vada oltre i canali ufficiali, nonostante le loro frustrazioni, rabbia e disillusione nei confronti del sistema. La maggior parte di loro, infatti, rifiuta decisamente qualsiasi forma di protesta che possa portare a ripercussioni dirette, non solo sulla loro vita, ma anche sulle loro famiglie. Questo atteggiamento di resistenza passiva evidenzia una realtà complessa, in cui il desiderio di cambiamento è contrastato dalla paura di pagare un prezzo troppo alto.
La politica di isolamento da parte degli Stati Uniti, per quanto possa sembrare una risposta logica alla situazione, non fa altro che rinforzare il controllo del governo cubano sulla sua popolazione. Il fallimento delle politiche americane di pressione, soprattutto quelle portate avanti durante l'amministrazione Trump, non è dovuto tanto alla solidità materiale del sistema cubano quanto alla sua potenza ideologica. Il Partido Comunista de Cuba (PCC) ha costruito un dominio ideologico che permea ogni aspetto della vita quotidiana, trasformando l'isola in una sorta di enclave protetta, sia fisicamente che mentalmente. Il modello di governo cubano resta in gran parte incontrastato, accettato dalla popolazione come un dato di fatto, per quanto problematico e insoddisfacente.
Ciò che emerge chiaramente è che, nonostante le crescenti disillusioni, il sistema cubano non viene messo in discussione, nemmeno dai giovani che ne sono teoricamente più distanti. Non si tratta, infatti, di una generazione che sia particolarmente legata alla Rivoluzione Cubana o ai suoi ideali originali, ma più semplicemente una generazione che ha imparato a navigare tra le crepe e le contraddizioni del sistema, senza spingersi a sovvertirlo apertamente. Per questi giovani, l'attivismo politico è un rischio che non vale la pena correre, soprattutto perché la repressione del governo cubano è ormai radicata nella vita quotidiana e capace di scoraggiare qualsiasi tentativo di cambiamento radicale.
A questo proposito, l'idea che l'apertura e il dialogo con il mondo esterno possano in qualche modo erodere il potere del regime cubano è interessante, ma rischia di sottovalutare la forza con cui il sistema cubano risponde a qualsiasi forma di pressione esterna. L'ulteriore apertura della società cubana, favorita dalle politiche di normalizzazione dell'amministrazione Obama, ha cominciato a smuovere la mentalità di molti cittadini. Tuttavia, i cambiamenti che potrebbero derivare da un maggiore accesso all'informazione, dalla crescita di contatti internazionali e dalla crescente liberalizzazione economica non sono ancora sufficienti a scardinare la base ideologica del regime.
Per comprendere pienamente questo fenomeno, è cruciale notare come la risposta cubana alla pressione esterna, soprattutto quella proveniente dagli Stati Uniti, non si manifesti solo in termini di repressione fisica o politica. La risposta è anche e soprattutto ideologica, con il governo che si sforza di mantenere il controllo sull'immaginario collettivo della popolazione. Le manifestazioni di cambiamento, sebbene sotterranee e lente, sono possibili proprio grazie all'intrusione dei flussi esterni di informazione e cultura, che erodono gradualmente le certezze costruite dal PCC. Questa erosione, tuttavia, non è né rapida né uniforme; anzi, la crepa che si sta formando nel sistema appare fragile e rischia di essere facilmente riparata dalla macchina propagandistica del regime.
L'apertura, quindi, non è semplicemente una porta verso il cambiamento, ma un terreno di battaglia su cui si gioca una lotta ideologica. La sfida è quella di capire come queste forze che entrano in conflitto possano evolversi nel tempo, e in che misura i giovani cubani, in particolare quelli che appartengono alla classe media emergente, possano cambiare la loro visione del mondo e la loro partecipazione alla vita politica.
In un contesto come quello cubano, non è solo la presenza o l'assenza di attivismo che segna la differenza. La chiave del cambiamento potrebbe risiedere nel modo in cui il sistema reagisce ai segnali di disillusione, frustrazione e cambiamento che già si intravedono, anche se in modo frammentato e per lo più invisibile a livello macrosociale. I giovani cubani sono un riflesso di una società che sta cercando di adattarsi alle sfide di un mondo sempre più connesso, ma la loro resistenza passiva potrebbe rivelarsi un elemento chiave per il futuro della Cuba post-rivoluzionaria.
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