L'apprendimento di una lingua straniera, in particolare per l'utilizzo pratico durante un viaggio, è un'esperienza che richiede costanza e pratica. Una delle chiavi per apprendere rapidamente il giapponese, ad esempio, è familiarizzare con alcune frasi di uso quotidiano che sono fondamentali per comunicare in situazioni comuni come ordinare cibo, chiedere indicazioni o prenotare un taxi.

In Giappone, la cortesia è un elemento cruciale delle interazioni quotidiane, quindi imparare le espressioni giuste per chiedere qualcosa in modo educato è essenziale. Un esempio classico di come comportarsi in un contesto giapponese è quello di ordinare in un ristorante o in un caffè: "ケーキをお願いします" (Ke-ki o onegai shimasu) significa "Vorrei un dolce, per favore". Questo tipo di frase è usato comunemente per esprimere una richiesta in modo rispettoso. Allo stesso modo, se desideri un caffè o del tè, puoi usare "コーヒーをお願いします" (Kohii o onegai shimasu) per il caffè e "紅茶をお願いします" (Ko-cha o onegai shimasu) per il tè. È fondamentale ricordare che l’uso di "お願いします" (onegai shimasu) rende ogni richiesta più gentile e formale.

Quando si viaggia, un altro aspetto importante è la gestione delle proprie necessità logistiche, come il trasporto. Se hai bisogno di prendere un taxi, ad esempio, puoi dire "タクシー乗り場はどこですか?" (Takushi noriba wa doko desu ka?) che significa "Dove si trova la fermata del taxi?". Oppure, se hai bisogno di conoscere la stazione della metropolitana, potresti chiedere "地下鉄の駅はどこですか?" (Chikatetsu no eki wa doko desu ka?), che vuol dire "Dove si trova la stazione della metropolitana?".

Anche per prenotare un hotel o verificare i servizi disponibili, conoscere alcune frasi è utile. Per esempio, "朝食は含まれていますか?" (Choushoku wa fukumarete imasu ka?) significa "La colazione è inclusa?". Se ti serve internet in camera, potresti chiedere "部屋からインターネットにアクセスできますか?" (Heya kara intānetto ni akusesu dekimasu ka?), ovvero "C’è accesso a internet dalla stanza?".

Durante il viaggio, anche l'aspetto pratico del pagamento diventa cruciale, soprattutto in un paese come il Giappone, dove le transazioni avvengono frequentemente in contante. Per esempio, quando acquisti qualcosa, è utile sapere come chiedere il prezzo: "これはいくらですか?" (Kore wa ikura desu ka?), che significa "Quanto costa questo?". Se desideri sapere l'orario di apertura o chiusura di un negozio, puoi chiedere "店は何時に開きますか?" (Mise wa nanji ni akimasu ka?), che significa "A che ora apre il negozio?" o "店は何時に閉まりますか?" (Mise wa nanji ni shimarimasu ka?) per chiedere l'orario di chiusura.

Infine, un'altra situazione comune è la richiesta di informazioni riguardo la disponibilità di camere in un hotel. In questo caso, la frase "空いている部屋はありますか?" (Aiteiru heya wa arimasu ka?) significa "Ci sono camere disponibili?". Per aggiungere dettagli, si può chiedere specificamente se ci sono camere doppie: "ダブルルームはありますか?" (Daburu rūmu wa arimasu ka?).

Queste frasi sono un ottimo punto di partenza, ma è importante anche esercitarsi nel loro utilizzo e adattarle a diverse situazioni. Puoi testare te stesso coprendo il testo di destra durante la lettura delle frasi e cercando di ripeterle senza guardare. Ripetere frequentemente ti aiuterà a memorizzare le parole e ad acquisire fiducia nel parlato.

Inoltre, quando viaggi in Giappone, cerca di sfruttare ogni opportunità per interagire con i locali. Non temere di fare errori, poiché la maggior parte delle persone apprezzerà il tuo impegno nel parlare giapponese. Se possibile, visita negozi, caffè e ristoranti dove potrai ordinare in giapponese e, se ti senti sicuro, scambiare qualche parola con i giapponesi. Questo ti aiuterà a migliorare le tue capacità linguistiche in modo naturale.

Oltre alle frasi di uso comune, è utile anche imparare a leggere i cartelli e le etichette, che in Giappone spesso contengono informazioni in giapponese e occasionalmente anche in inglese. Osservare i caratteri giapponesi, anche se inizialmente può sembrare difficile, ti permetterà di comprendere meglio l’ambiente che ti circonda.

Infine, uno degli aspetti più gratificanti dell'apprendimento del giapponese per il viaggio è la possibilità di interagire in modo più profondo con la cultura locale. Se ti trovi in Giappone, potresti voler esplorare negozi di elettronica, dove troverai una vasta gamma di dispositivi elettronici unici, o partecipare a eventi culturali, come cerimonie del tè o festival locali, dove puoi ascoltare la lingua in un contesto autentico. Ogni parola che impari è un passo verso una comprensione più profonda del paese e della sua cultura.

Cosa significa davvero "onaji"? L'idea di identità, ripetizione e unicità nella lingua giapponese

"Onaji" è una parola giapponese che, a prima vista, può sembrare semplice: viene spesso tradotta come "uguale" o "stesso". Tuttavia, il suo uso nel giapponese quotidiano rivela un insieme di sfumature che vanno ben oltre la mera uguaglianza formale. È una parola che collega individui, oggetti, situazioni e persino stati d’animo, sottolineando l’identità condivisa, la ripetizione intenzionale o involontaria, e la consapevolezza della propria singolarità all'interno del ripetersi dell'identico.

Quando diciamo onaji hito – "la stessa persona" – entriamo immediatamente nel territorio dell’identità. Non si tratta solo di riconoscere una persona già vista, ma di sottolineare che quella persona, in quel contesto, è invariata, identica rispetto a un momento precedente. Il giapponese, con la sua struttura linguistica e culturale, enfatizza il riconoscimento della continuità. In una società che storicamente ha posto grande valore sull’armonia e sulla coerenza dei ruoli sociali, onaji è anche una parola che tranquillizza, che conferma che nulla è cambiato, che l’ordine è mantenuto.

Tuttavia, onaji non si limita alle persone. Quando si parla di onaji doresu, "lo stesso vestito", ci si riferisce a qualcosa di più che una mera coincidenza. In una cultura attenta all’apparenza e al contesto, indossare onaji doresu può suscitare imbarazzo, sorpresa, o addirittura un senso di connessione. In questo caso, onaji agisce da ponte tra due individui che, per caso o per scelta, si ritrovano ad esprimersi attraverso un’identica forma esterna. La coincidenza diventa significato.

Nel linguaggio giapponese contemporaneo, onaji si presenta anche in combinazione con particelle o espressioni che rafforzano o chiariscono il concetto. Ad esempio, onaji no o mō hitotsu – "ancora uno uguale a questo" – è un’espressione comune nei negozi, nei ristoranti, nei luoghi in cui il desiderio di ripetere un’esperienza positiva si manifesta con naturalezza. Qui onaji non è solo identico: è desiderato, cercato, scelto.

Nel teatro, la parola setto indica la scenografia, e l’uso di onaji setto può implicare la ripetizione di una scena, un contesto narrativo ripreso, oppure una scelta stilistica di richiamo e coerenza visiva. La ripetizione non è solo economica o pratica: è narrativa, carica di senso.

L’espressione onaji hito ga uta o utau – "la stessa persona canta la canzone" – porta con sé un’ulteriore stratificazione. La canzone potrebbe essere la stessa, ma ogni esecuzione, ogni momento, ogni intonazione è nuova. La persona è la stessa, ma è anche diversa, inevitabilmente cambiata dal tempo, dall’emozione, dalla memoria. In questo senso, onaji diventa quasi un paradosso: nulla è mai davvero uguale, eppure sentiamo il bisogno di definirlo come tale.

La lingua giapponese, con la sua inclinazione a distinguere tra ciò che è apparente e ciò che è reale, tra il tatemae e l’honne, fa di onaji un concetto mobile, vivo, che non si lascia irrigidire in una definizione univoca. Si potrebbe dire che onaji esiste proprio perché le cose non sono mai completamente identiche, e dunque sentiamo il bisogno di dichiararle tali.

Il concetto si estende anche alla sfera sociale: onaji kurasu – "la stessa classe" – o onaji kaisha – "la stessa azienda" – sono espressioni che implicano appartenenza, condivisione di tempo, spazio, esperienze. L’uguaglianza qui è anche vincolo, comunità, identità collettiva. Allo stesso tempo, in frasi come onaji yō ni – "allo stesso modo" – si cela una volontà di imitazione, di armonizzazione con l’altro, una forma di empatia strutturata linguisticamente.

Ma onaji si presta anche a una lettura critica, soprattutto in un mondo contemporaneo dove l’individualità è sempre più valorizzata. Essere onaji può anche significare essere indistinto, conforme, anonimo. È il rischio dell’omologazione, della perdita della vo

Come comprendere le presentazioni e le relazioni familiari in giapponese

In giapponese, la lingua per le presentazioni e per parlare dei membri della famiglia riflette una struttura sociale complessa che richiede attenzione ai dettagli formali e informali. Se si desidera comunicare in modo appropriato in giapponese, è necessario comprendere le differenze nelle modalità di presentazione e di utilizzo del linguaggio, tenendo conto della formalità e della relazione con l'interlocutore.

Iniziamo dalle espressioni più comuni usate per salutarsi e presentarsi. Le formule di saluto sono fondamentali in Giappone, dove l'etichetta e il rispetto sono cruciali. Alcuni esempi includono:

  • おはようございます (Ohayou gozaimasu) – Buongiorno (formale)

  • こんばんは (Konbanwa) – Buona sera

  • さようなら (Sayōnara) – Arrivederci (formale)

  • ではまたあした (Dewa mata ashita) – A domani

Nel contesto di una conversazione formale, le presentazioni sono seguite dall'uso di formule di cortesia come どうぞよろしく (Dōzo yoroshiku), che significa "Piacere di conoscerti" o "Sono felice di incontrarti", usato in modo molto simile alla versione occidentale, ma con un livello maggiore di deferenza. Un esempio di presentazione potrebbe essere:

  • こんにちは。私の名前は岡田です。どうぞよろしく。(Konnichiwa. Watashi no namae wa Okada desu. Dōzo yoroshiku.) – Ciao. Mi chiamo Okada. Piacere di conoscerti.

Va notato che in Giappone non è comune chiedere direttamente il nome di qualcuno; piuttosto, si prestano attenzione alle introduzioni che gli altri fanno. Inoltre, quando si parla di una persona, è consuetudine aggiungere l'onorifico "-san" al cognome dell'interlocutore, ma non si usa quando si parla di sé stessi. Questo elemento di cortesia è una parte essenziale della comunicazione giapponese.

Nelle conversazioni informali, come quando si parla con amici o persone di pari grado, le presentazioni sono più snelle e il linguaggio è meno formale. Ad esempio:

  • ではまたあした?(Dewa mata ashita?) – A domani?

  • はい、ではまたあした (Hai, dewa mata ashita) – Sì, a domani.

  • さよなら (Sayonara) – Arrivederci (informale)

La differenza tra forme formali e informali si riflette anche nelle relazioni familiari. In giapponese, i termini usati per parlare dei membri della famiglia dipendono da chi stiamo descrivendo. Ci sono due serie di vocaboli: una per parlare della propria famiglia e l'altra per riferirsi alla famiglia di altri. Quando si parla della propria famiglia, termini come 母 (Haha) per madre e 父 (Chichi) per padre sono utilizzati, mentre per parlare di una famiglia altrui si usano i termini più rispettosi come お母さん (Okāsan) per madre e お父さん (Otōsan) per padre.

Ad esempio:

  • これは私の父です (Kore wa watashi no chichi desu) – Questo è mio padre.

  • これは明子さんの娘さんです (Kore wa Akiko-san no musume-san desu) – Questa è la figlia di Akiko.

Un altro aspetto importante da notare è l'uso dei classificatori, che sono necessari per contare persone o oggetti in giapponese. Quando si parla della propria famiglia, si usa un classificatore specifico per il numero di persone:

  • 一人 (Hitori) – una persona

  • 二人 (Futari) – due persone

  • 三人 (Sannin) – tre persone

Nella lingua giapponese, c'è una distinzione tra "fratello maggiore" (兄, Ani) e "fratello minore" (弟, Otōto), e la stessa distinzione si applica alle sorelle con le parole "sorella maggiore" (姉, Ane) e "sorella minore" (妹, Imōto). Inoltre, quando ci si riferisce a fratelli e sorelle nel complesso, si usa il termine 兄弟 (Kyōdai).

Un altro concetto importante è quello dell'onorifico utilizzato quando si parla degli altri. Mentre ci si riferisce a un membro della propria famiglia, si evita di usare onorifici, ma quando si parla della famiglia di qualcun altro, è necessario aggiungere la particella “-san” per mostrare rispetto. Ad esempio, si dirà:

  • これはお母さんですか? (Kore wa okāsan desu ka?) – È questa tua madre? (formale)

  • これは私の父です (Kore wa watashi no chichi desu) – Questo è mio padre.

Concludendo, una conoscenza profonda della lingua giapponese richiede non solo l'apprendimento del vocabolario, ma anche una comprensione delle sottili sfumature di formalità e rispetto che permeano ogni conversazione. Non si tratta solo di saper dire qualcosa, ma di farlo nel modo giusto, adattandosi alle convenzioni culturali giapponesi.