L'arte della menzogna è un aspetto fondamentale della comunicazione politica e sociale, una pratica che, sebbene frequentemente criticata, ha un potere straordinario nel plasmare la realtà e influenzare le menti collettive. Il linguaggio, infatti, non è solo uno strumento per esprimere pensieri, ma anche per manipolarli, per costruire mondi alternativi che possano facilmente prendere piede nella mente di chi li ascolta. Questo processo di manipolazione linguistica non è recente; è una pratica che affonda le radici nella storia, come dimostra la continua applicazione dei principi machiavelliani da parte di leader politici.
Nel contesto della politica moderna, la manipolazione della lingua è diventata un'arte sofisticata, usata non solo per ingannare, ma per creare una realtà parallela in cui la verità diventa relativa. Prendiamo ad esempio il caso di Donald Trump, che ha usato una forma di "iperbole veritiera" – un linguaggio iperbolico che giustifica le menzogne come parte integrante del gioco politico. Questo fenomeno non è solo una caratteristica del linguaggio politico, ma anche una manifestazione della psiche collettiva di una società che accetta la distorsione della verità come un meccanismo per mantenere il potere.
Le menzogne politiche, come quelle elaborate da Nixon durante il Watergate, sono state esaminate da molti come un virus che corrode il tessuto morale della società. Quando il linguaggio è utilizzato per ingannare e manipolare, la fiducia nel sistema democratico vacilla, e le persone, incapaci di discernere tra verità e menzogna, cominciano a conformarsi a una visione distorta della realtà. La ripetizione costante di false dichiarazioni crea una sorta di effetto psicologico che mina la capacità del pubblico di riconoscere la verità, portando a una sorta di rassegnazione mentale.
Un aspetto interessante della manipolazione linguistica è l'effetto che ha sulla psicologia delle masse. La distorsione della verità e la creazione di realtà alternative attraverso il linguaggio non solo destabilizzano l'ordine pubblico, ma influenzano anche la psiche individuale. Le persone che sono costantemente esposte a menzogne politiche iniziano a dubitare della loro capacità di percepire la realtà, e spesso si ritrovano a vivere in una sorta di "alienazione". Questo fenomeno di alienazione non è solo intellettuale, ma emotiva, poiché la continua esposizione a menzogne mina la fiducia e crea una separazione tra l'individuo e il suo ambiente sociale.
La lingua, quindi, diventa un'arma, e chi la padroneggia può usarla per manipolare e controllare. La comunicazione non è mai neutra, ogni parola ha un peso e un impatto sul pensiero collettivo. Un politico che sa come giocare con le parole può piegare la realtà a suo favore, suscitando emozioni, paure e speranze che orientano il comportamento della gente. In questo contesto, il linguaggio non solo riflette la realtà, ma la costruisce attivamente. Le menzogne, in questo senso, diventano uno strumento potente di persuasione e controllo.
Un altro aspetto cruciale di questa manipolazione del linguaggio è la creazione di "fatti alternativi" – un concetto che si è diffuso particolarmente durante la presidenza di Trump. Il linguaggio, in questo caso, non si limita a distorcere i fatti, ma li riscrive completamente. Le narrazioni alternative offrono un'alternativa alla verità oggettiva, creando una realtà parallela in cui il confine tra ciò che è vero e ciò che è falso diventa confuso e labile. Questo non solo altera la percezione individuale della verità, ma mina anche la capacità collettiva di distinguere il bene dal male, il giusto dall'ingiusto.
Quando parliamo di menzogne politiche, dobbiamo considerare non solo il loro impatto immediato, ma anche le loro conseguenze a lungo termine. La ripetizione di menzogne, soprattutto da parte di figure di potere, crea una cultura della disinformazione che permea tutte le aree della vita sociale. Le persone cominciano a dubitare di tutto, e questa incertezza diventa terreno fertile per le teorie del complotto e altre forme di pensiero distorto. La disinformazione non è solo un danno per la politica, ma per la società nel suo complesso, poiché erode la fiducia nelle istituzioni e indebolisce il senso di comunità.
In questo scenario, è fondamentale comprendere che la verità non è solo un concetto oggettivo, ma anche un prodotto sociale. La costruzione di una verità condivisa richiede fiducia, comunicazione chiara e trasparente, e la capacità di discernere tra ciò che è verosimile e ciò che è manipolato. Quando questa capacità viene meno, le società rischiano di sprofondare in una spirale di confusione e disgregazione.
Nel mondo odierno, caratterizzato da un'incessante circolazione di informazioni e disinformazioni, è essenziale che le persone sviluppino una maggiore consapevolezza critica nei confronti del linguaggio utilizzato dai leader e dai media. La capacità di riconoscere la manipolazione del linguaggio è fondamentale per preservare la verità e per evitare che la menzogna diventi la norma. La responsabilità individuale di comprendere il linguaggio che ci circonda è la chiave per proteggere la nostra salute mentale e la nostra integrità sociale.
Come le "Storie Alternative" Manipolano la Storia e la Mente Collettiva
Ogni società sviluppa narrazioni sulle proprie origini storiche, che consentono ai membri di una collettività di interpretare il senso della propria esistenza e delle istituzioni che la costituiscono. Queste storie diventano il punto di riferimento per comprendere leggi, simboli, credenze e usanze, e non sono semplicemente registrazioni di fatti passati, ma costruzioni sociali che influenzano profondamente la percezione del presente. Gli storici, in quanto creatori di verità, hanno il compito di trasformare gli eventi storici in una narrazione che dia un significato alle connessioni tra passato e presente, ma ciò che viene selezionato e come viene raccontato fa la differenza tra una storia di consapevolezza e una storia manipolata. Nella distopia di 1984 di Orwell, il Ministero della Verità è incaricato di modellare la storia in base agli interessi del partito, revisionando i fatti passati per adeguarli alla visione del potere. Il risultato è una verità distorta, scritta in una lingua che nega il passato e inganna il presente. Questo è ciò che chiamiamo “storia alternativa” — un racconto storico progettato per instillare e diffondere fatti alternativi attraverso il linguaggio ambiguo, che oscura la verità e crea una nuova realtà.
Nel romanzo di Orwell, Winston Smith lavora nel Dipartimento dei Documenti, dove la sua missione è quella di riscrivere la storia. Ogni giorno, egli distrugge prove di eventi che non si allineano con la narrativa del partito, cancellando la memoria di chi è stato etichettato come "non persona". Questa pratica di cancellazione e riscrittura della memoria è una strategia utilizzata dai regimi totalitari per controllare la percezione collettiva della realtà. Le persone vengono tenute in uno stato di confusione mentale, come nel caso del compleanno di Winston, un evento che rimane indefinito, contribuendo a creare una nebbia cognitiva che impedisce a chiunque di comprendere chiaramente il proprio passato e, di conseguenza, il proprio presente.
La riscrittura della storia serve a proteggere il potere, e le teorie del complotto sono uno degli strumenti più potenti per costruire storie alternative. Le teorie del complotto, che operano sullo stesso principio della "doppia lingua", si infiltrano nella coscienza collettiva, proponendo versioni della realtà che si allontanano dal consenso popolare. Un esempio emblematico di tale manipolazione è il concetto di "deep state" utilizzato da Donald Trump, che descrive un complotto orchestrato da una parte dell’establishment politico e militare contro di lui. La metafora del "deep state" suggerisce un sistema oscuro che controlla il paese dietro le quinte, negando la realtà delle istituzioni democratiche e creando una narrazione alternativa in cui chi si oppone viene descritto come il nemico da combattere.
La strategia di manipolazione storica e narrativa non è nuova. I regimi autoritari e totalitari hanno spesso utilizzato tecniche simili per distorcere la percezione del passato. Stalin fece lo stesso con la sua propaganda, e anche Vladimir Putin usa il linguaggio per presentare la Russia come vittima di un complotto internazionale. Le narrazioni alternative, come quelle create da Trump o da altri leader, si basano sul potere di una retorica ingannevole, che rende le opposizioni politiche impotenti e le trasforma in una parte di una storia mitica di lotta contro il male.
Le teorie del complotto si basano su principi psicologici ben definiti, che le rendono incredibilmente efficaci nel manipolare le masse. Secondo Michael Barkun, le teorie complottistiche si fondano su tre principi chiave: nulla accade per caso, nulla è come sembra e tutto è collegato. Questi principi creano una visione del mondo chiusa e impermeabile alla verità, un sistema di credenze che non ha bisogno di prove oggettive per essere accettato come realtà. Le narrazioni complottistiche lavorano per instillare una fede nella propria verità, e più un'informazione viene messa in discussione, più la percezione di una cospirazione diventa forte, rinforzando il ciclo di credenze.
Un esempio di come i leader moderni usano la metafora per manipolare la percezione del pubblico è la "caccia alle streghe" evocata da Trump riguardo all'indagine sul suo presunto coinvolgimento con la Russia nelle elezioni del 2016. Utilizzando questa metafora, Trump evoca un periodo oscuro della storia americana, le famose persecuzioni di Salem, per dipingersi come una vittima di un complotto persecutorio. La metafora non è solo un gioco di parole: è un potente strumento psicologico che incita alla paura e alla sfiducia nelle istituzioni legittime.
In ultima analisi, le storie alternative non solo cambiano il modo in cui vediamo il passato, ma alterano anche il nostro modo di pensare al futuro. Quando una narrazione alternativa si impone, essa definisce la percezione del mondo e guida le azioni collettive, impedendo alla società di evolversi liberamente. È fondamentale che il pubblico non si limiti a prendere per verità ciò che viene raccontato, ma sviluppi una consapevolezza critica che permetta di smascherare le manipolazioni e le distorsioni che minano la nostra capacità di conoscere la realtà. La libertà mentale dipende dalla nostra capacità di riconoscere la verità, anche quando essa è avvolta in una rete di inganni.
Come la Menzogna Influenza la Mente Collettiva: Una Storia di Deformazione Cognitiva
Il 5 maggio 1895, un fumetto apparve per la prima volta nel New York Sunday World, intitolato Hogan’s Alley. Mostrava un lato nascosto della città, caratterizzato da fatiscenti palazzi, cortili dove cani e gatti correvano disordinatamente, e una serie di ragazzini e malfattori coinvolti in atti di malefatte e scherzi. Tra questi ragazzini, uno di loro spiccava: Mickey Dugan, un bambino calvo, con orecchie sporgenti e un sorriso astuto, noto come "The Yellow Kid" per via della sua lunga veste gialla. Questo personaggio, e la sua popolarità, non solo trasformò il fumetto in una delle strisce più seguite dell’epoca, ma contribuì anche a coniare un nuovo termine: "giornalismo giallo". Questo stile di scrittura sensazionalista, che mirava a catturare l’attenzione a ogni costo, segnò l'inizio di una tradizione che sarebbe poi evoluta in fenomeni più complessi come le "fake news".
Il giornalismo giallo ebbe il merito di generare un'era di competizione tra i giornali, che cercavano di superarsi a vicenda in termini di popolarità e contenuti esagerati. La spinta verso una scrittura emozionale, viscerale, e semplificata, che non rispettava alcun confine tra verità e finzione, non solo divenne predominante nei tabloid, ma diede origine anche al fenomeno delle teorie del complotto e delle notizie false. Nel 1835, addirittura il New York Sun pubblicò un articolo che sosteneva la scoperta di vita sulla Luna, una notizia ovviamente falsa, ma che affascinò l'opinione pubblica, alimentando il desiderio collettivo di mistero e la sfiducia verso le autorità. Questo episodio prefigurava ciò che, molto tempo dopo, sarebbe diventato il fenomeno del "fake news".
Ciò che è fondamentale comprendere, e ciò che questo esempio ci insegna, è che la mente umana è facilmente manipolabile, soprattutto quando una storia è intrigante, raccontata con un linguaggio che risuona emotivamente, e presenta elementi che potrebbero farci credere che qualcosa di più profondo ci venga nascosto. L’epidemia di disinformazione, che inizia con le storie fantasiose dei giornali del XIX secolo, non ha fatto che crescere, alimentata dai social media e da campagne mirate di disinformazione come quelle che hanno contrassegnato le elezioni presidenziali americane del 2016. Qui, hacker russi diffusero menzogne mirate, sfruttando divisioni razziali e sociali per manipolare le emozioni e le percezioni degli utenti.
La disinformazione si presenta spesso come incredibilmente realistica, da non poter essere considerata falsa, soprattutto quando le immagini di disordini e conflitti sociali sembrano confermare le paure più profonde di un cambiamento drastico. Il caso delle elezioni del 2016 è emblematica: molti sostenitori di Trump, esposti a fake news sui social media, accettarono come reali storie che altri avrebbero immediatamente scartato come false. Questo esempio mostra chiaramente come le teorie del complotto, una volta piantate nella mente, non solo si radicano profondamente, ma filtrano tutto ciò che potrebbe contrastarle, creando una visione distorta della realtà.
Oggi, l'industria delle fake news ha trovato terreno fertile nel cyberspazio, alimentata da siti web che propongono contenuti volutamente falsi, ma che attraggono un vasto pubblico. Ogni clic su questi siti genera profitti pubblicitari, creando così un circolo vizioso che coinvolge sia i creatori di contenuti che i consumatori. Questo fenomeno ha un effetto psicologico devastante: l’esposizione costante alla falsità, attraverso le notizie sensazionalistiche, finisce per disabituare le persone a esercitare un pensiero critico. Quando una notizia corrisponde alle proprie credenze ideologiche, è quasi impossibile convincere qualcuno che essa sia falsa, indipendentemente dalla mancanza di prove concrete.
Questa sindrome delle fake news è particolarmente evidente nelle generazioni più giovani, cresciute nell'era digitale. Un sondaggio condotto nel 2015 dalla Stanford Graduate School of Education su migliaia di studenti ha rivelato che molte di queste giovani persone, pur essendo tecnicamente esperte, non riuscivano a distinguere notizie vere da quelle false, soprattutto su piattaforme come Facebook e Instagram. Il fenomeno delle fake news, con la sua capacità di influenzare la mente collettiva, rappresenta un pericolo crescente per la nostra capacità di discernere la verità.
Inoltre, la disinformazione, diffusa senza sforzo e con risorse minime, diventa una forma di controllo mentale. Le leggi sulla libertà di parola, purtroppo, non permettono di perseguire legalmente chi diffonde contenuti falsi, e questo rende il fenomeno ancora più insidioso. La proliferazione di notizie false e teorie del complotto ha generato un ambiente cognitivo ideale per la manipolazione. La capacità di pensare in modo critico si indebolisce, mentre la mente si abitua a una sorta di "processamento catatonico" delle informazioni, incapace di reagire a quelle che vanno contro la propria visione del mondo.
Questa crescente pervasività della disinformazione, che non si limita a eventi politici o sociali, ma riguarda anche ambiti scientifici, medici e culturali, ci mette di fronte a una sfida globale. Oggi, come ieri, le persone sono suscettibili alla menzogna, soprattutto quando essa arriva in forme apparentemente innocue e rassicuranti. La capacità di discernere, di saper riconoscere il vero dal falso, è diventata più cruciale che mai.
Come la Sindrome delle Fake News Influenza la Percezione della Realtà nella Società Contemporanea
La sindrome delle fake news ha acquisito una rilevanza crescente nella nostra comprensione dei fenomeni mediatici contemporanei. Se osserviamo il modo in cui le notizie false si diffondono e l’impatto che hanno sulle persone, ci rendiamo conto che ciò non riguarda solo la disinformazione intenzionale, ma anche il modo in cui la realtà e la finzione si mescolano, diventando indiscernibili. Un esempio che dimostra l'efficacia di tale fenomeno è lo studio di Cantril, che esplora il panico suscitato dalla trasmissione radiofonica nel 1938 di "La guerra dei mondi" di H.G. Wells. Nonostante i ripetuti avvisi che l'emissione fosse una drammatizzazione, molti ascoltatori credettero che gli attacchi dei marziani fossero reali. Lo studio di Cantril ha sottolineato come i più istruiti tendessero a riconoscere la finzione, ma non ha considerato un aspetto fondamentale: la sindrome delle fake news, che si diffonde come un virus emotivo in una parte della popolazione così abituata a notizie sensazionalistiche da non riuscire più a distinguere la realtà dalla fiction.
Questo fenomeno è diventato ancora più marcato con l’avvento delle piattaforme di social media. All'inizio, piattaforme come SixDegrees (1997) hanno introdotto la possibilità di creare profili personali, e successivamente, altre piattaforme hanno aggiunto funzionalità come diari e bacheche. Con l'ascesa di Facebook, YouTube e Instagram, la costruzione del sé attraverso la simulazione è diventata parte integrante dell'esperienza online, spesso sfociando in un gioco di illusioni, dove la realtà si mescola con finzioni autoproclamate. L’immediatezza e l’ampiezza di diffusione delle informazioni sui social network hanno amplificato questo processo, contribuendo a creare una realtà parallela, dove l’autenticità e la veridicità sono sempre più difficili da discernere.
La sindrome delle fake news, quindi, è strettamente connessa con la crescita della cultura memetica, dove informazioni false e sensazionalistiche si diffondono rapidamente. I contenuti che diventano virali spesso sono brevi, ironici o sorprendenti, e per questo catturano l’attenzione degli utenti, che raramente si soffermano su analisi approfondite. Questo fenomeno ha influenzato anche la politica, portando a una crescita del populismo, il cui linguaggio è fortemente influenzato dallo stile del giornalismo giallo, adattato e amplificato da internet. L'effetto di questa dinamica è evidente nella politica contemporanea, dove le fake news contribuiscono a creare divisioni profonde e a influenzare le opinioni pubbliche su vasta scala.
Un altro aspetto fondamentale che emerge dal fenomeno delle fake news è l’uso strategico della disinformazione. Le tattiche di disinformazione, inizialmente associate all’Unione Sovietica sotto Stalin, sono state riprese e perfezionate nel contesto moderno, come nel caso delle interferenze russe nelle elezioni americane del 2016. L'obiettivo principale di queste campagne è destabilizzare l’opinione pubblica e creare confusione. La disinformazione viene diffusa con l'intento di manipolare e rafforzare credenze preesistenti, con l’uso di bot e altre tecnologie per diffondere false narrative. L'esempio delle dichiarazioni e dei tweet di Donald Trump è emblematico di come una comunicazione intenzionalmente distorta possa avere un impatto potente e immediato, creando realtà alternative per milioni di persone.
Nel contesto attuale, quindi, non è solo l'informazione falsa a rappresentare un problema, ma anche il fatto che la verità e la finzione si siano ormai mescolate in modo tale da rendere quasi impossibile discernere ciò che è autentico da ciò che è costruito ad arte. Le piattaforme social, come Facebook, non sono semplicemente strumenti di comunicazione, ma diventano luoghi in cui la realtà stessa è messa in discussione, manipolata e, spesso, stravolta. L’effetto più pericoloso di questa distorsione è la creazione di un ambiente in cui le persone, incapaci di distinguere la realtà dalla finzione, vivono in una continua sospensione tra il vero e il falso, influenzando le scelte politiche, le percezioni sociali e le relazioni interpersonali.
Inoltre, mentre i social media hanno sicuramente amplificato questo fenomeno, è importante considerare anche il ruolo delle istituzioni e dei media tradizionali nella creazione di ambienti che favoriscono la diffusione della disinformazione. Le notizie false si diffondono più rapidamente quando vi è una crisi di fiducia nei confronti dei media tradizionali. Questo fenomeno, quindi, non riguarda solo gli utenti delle piattaforme social, ma anche la nostra comprensione e gestione dell'informazione a livello globale.
Come l'Arte della Menzogna può Manipolare le Masse e Sostenere Regimi Pseudo-Religiosi
Nel contesto della politica contemporanea, il concetto di "gaslighting" – la manipolazione psicologica volta a far dubitare le vittime della propria realtà – si intreccia con il potere e l'influenza di figure politiche e ideologiche che assumono toni quasi religiosi. La manipolazione della percezione, in particolare nei regimi autoritari e nelle ideologie che cercano di presentarsi come salvatori morali della società, è una strategia che non è affatto nuova. La figura del "volpe machiavellica", che manipola le masse con false promesse e immagini di salvezza, si è ripresentata sotto varie forme nel corso della storia, anche nel panorama politico moderno.
Un esempio eclatante di tale fenomeno è rappresentato dalla figura di Donald Trump e dalla sua retorica che ha saputo manipolare le paure e i desideri religiosi di una parte significativa della popolazione statunitense. Trump, come una moderna "volpe" machiavellica, ha giocato il ruolo del salvatore che si pone come difensore dei valori cristiani e delle tradizioni americane, cercando di contrastare la minaccia che, secondo lui, rappresentano il liberalismo, il relativismo e la secolarizzazione.
Il suo rapporto con l'evangelismo, ad esempio, è emblematico di come un politico possa utilizzare il linguaggio religioso per consolidare il proprio potere. In questo scenario, Trump è riuscito a presentarsi come un "Re Ciro", un liberatore che avrebbe ristabilito l'ordine morale nella società americana, trasformando la lotta contro il cosiddetto "deep state" liberale in una crociata sacra. Questa narrazione, pur essendo un'illusione, ha trovato terreno fertile tra coloro che si sentivano alienati e minacciati dalla crescente diversità culturale e dal relativismo morale.
Non è una novità che i regimi autoritari, come quelli che Mussolini cercò di instaurare in Italia, abbiano spesso usato la religione come strumento di legittimazione. Mussolini stesso dichiarava che il fascismo era una "religione" e che il ventesimo secolo sarebbe stato conosciuto come il secolo del fascismo. In effetti, uno degli aspetti più insidiosi di questa manipolazione è la presentazione della politica come una guerra morale contro un nemico esterno o interno che minaccia il benessere e la purezza della nazione. L'idea di "restaurare" la moralità, che Mussolini cercava di promuovere, si mescolava spesso con una retorica pseudo-religiosa che vedeva il fascismo come una forza salvifica.
Nel caso di Trump, questa retorica si è estesa alla sua creazione di un "nemico" morale, che erano, secondo lui, i giudici liberali, le scuole pubbliche secolari, i media di sinistra, e tutti coloro che difendevano la diversità culturale come un principio fondamentale della democrazia. Questa dicotomia tra il bene e il male è un elemento centrale nella manipolazione delle masse, poiché fornisce una giustificazione per l'uso di metodi discutibili per raggiungere un obiettivo che viene presentato come moralmente superiore.
La strategia politica di Trump, pur non essendo tecnicamente un "gaslighting" nel senso stretto del termine, ha tuttavia molto in comune con esso. Utilizzando un linguaggio che le persone volevano sentire, Trump ha saputo costruire un'immagine di sé come una figura quasi messianica, pronta a sconfiggere i nemici morali della nazione. Questo processo di manipolazione si realizza non solo attraverso discorsi pubblici, ma anche attraverso il modo in cui i suoi seguaci percepiscono le sue azioni e dichiarazioni: come un cammino di salvezza, un ritorno a valori più puri e tradizionali.
In questo contesto, è importante notare che la menzogna politica, come la descrive Machiavelli ne "Il Principe", è una strategia che permette ai governanti di manipolare la percezione della realtà e di esercitare il potere. La persuasione delle masse non avviene attraverso la verità, ma attraverso l'illusione. Per Machiavelli, chi vuole governare deve essere pronto a mentire, mascherando la verità dietro una facciata di moralità e giustizia. La differenza tra il bene e il male viene deliberatamente distorta per giustificare azioni che, altrimenti, potrebbero essere considerate inaccettabili.
La manipolazione delle masse attraverso la religione e la moralità è un processo che non solo porta alla distorsione della realtà, ma che può anche trasformarsi in una giustificazione per la violenza e l'oppressione. Le azioni di Trump, così come quelle di altri leader autoritari che si sono rifatti a retoriche simili, ci insegnano che la vera minaccia non è tanto nelle idee che vengono dichiarate, ma nel modo in cui vengono presentate e nel terreno fertile che queste trovano tra i timori e le insicurezze della popolazione. In questo senso, la politica può diventare un gioco psicologico, in cui il leader sa perfettamente come sfruttare le emozioni e i desideri del pubblico per consolidare il proprio potere.
Il risultato di questa manipolazione è un'erosione della democrazia, poiché le istituzioni democratiche vengono dipinte come corrotti e moralmente falliti, incapaci di rispondere alle esigenze di una società che si percepisce in pericolo. In un mondo in cui la verità è manipolata e la realtà distorta, la democrazia stessa diventa un obiettivo da distruggere, poiché permetterebbe alle voci diverse e agli ideali contrapposti di convivere, minando l'autorità assoluta del leader.
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