La mia esperienza con l'amministrazione del TIFR è stata sempre caratterizzata da rapporti amichevoli, e ho sempre avuto l'impressione che lo staff infrastrutturale mi rispettasse come individuo. Iniziamo la mia riflessione sugli anni trascorsi al TIFR con il periodo iniziale sotto la direzione di M.G.K. (Goku) Menon. Fu lui, infatti, a scrivermi la lettera di invito per entrare al TIFR, facilitando tutte le pratiche di insediamento come l'alloggio, il pagamento del viaggio e l'organizzazione di un assistente d'ufficio. Lo avevo incontrato un paio di volte prima di unirmi all'Istituto, durante le mie visite precedenti in India, e mi aveva invitato ad usare con lui il "tu", un atteggiamento informale che all'epoca non era affatto comune in un'istituzione indiana.
Questo suo stile informale si rifletteva anche nel modo in cui conduceva le riunioni del corpo docente, che presiedeva ogni volta che si trovava a Bombay. La tradizione, risalente ai tempi del Fondatore, prevedeva che, dopo la riunione settimanale (di solito un mercoledì), si tenesse un pranzo cui partecipava la maggior parte dei membri della facoltà. Il pranzo, che inizialmente aveva una connotazione occidentale, venne successivamente trasformato in un buffet con piatti indiani, una modifica che personalmente trovai deludente. Ma il cambiamento non riguardava solo il menu. Il ritmo delle riunioni del corpo docente, sia sotto la presidenza di Goku che di Roy Daniel, decano della facoltà, appariva spesso dilatato, con interventi che si prolungavano senza una chiara guida. Eppure, a quanto pare, il presidente preferiva lasciare che i membri si sfogassero per favorire una comunicazione più aperta e rilassata.
Nel 1971, Goku ricevette l'incarico aggiuntivo di presiedere la Commissione per l'Elettronica, oltre a diventare Segretario del Governo Indiano nel Dipartimento di Elettronica. Questo incarico rifletteva l'importanza che il Governo Indiano attribuiva alla tecnologia elettronica emergente, con la speranza che l'India, grazie alla sua solida base scientifica, potesse avvantaggiarsi rapidamente dell'ascesa dell'elettronica. Tuttavia, con il senno di poi, risulta chiaro che questo tentativo non riuscì. Nonostante le ampie conoscenze e competenze scientifiche presenti nel paese, l'India non riuscì a sfruttare appieno queste opportunità. Il sistema del "Permit Raj", che regolava ogni nuova impresa, finì per soffocare l'iniziativa e l'innovazione. Persino un uomo della statura di Goku Menon non riuscì a sbloccare questa situazione.
Le conseguenze per il TIFR furono gravi. Goku non poté più concentrarsi pienamente sullo sviluppo dell'Istituto, poiché i suoi molteplici incarichi lo costringevano a spostarsi costantemente tra diverse città indiane. La gestione quotidiana dell'Istituto ricadde, di fatto, sui Deani delle Scuole di Matematica e Fisica, con un maggiore impegno sulla seconda, che rappresentava un sistema più grande e diversificato. Questo stato di cose raggiunse il culmine nel 1974, quando Goku fu chiamato a diventare Consigliere Scientifico del Ministero della Difesa. L'incarico richiedeva la sua presenza a Delhi per la maggior parte del tempo, e Goku dovette quindi prendere la difficile decisione di lasciare la direzione del TIFR, non potendo più mantenere tutti i ruoli che aveva assunto.
All'interno della Scuola di Fisica, l'organizzazione era suddivisa in gruppi più piccoli, ognuno dei quali era diretto da un membro anziano della facoltà. Sebbene non fosse ufficialmente riconosciuto come "capo", il termine più comune era "In Charge". Prima del mio arrivo, il gruppo di Astrofisica Teorica (TAP) faceva parte del Gruppo di Teoria o di Fisica Teorica. La mia presenza era vista come un'opportunità per dare una solida base teorica all'astrofisica e all'astronomia al TIFR. Oltre al mio gruppo, che comprendeva colleghi come Mahendra Singh Vardya, Shashikumar Chitre, K.S. Krishna Swamy, S.P. Tarafdar e S. Ramadurai, c'erano anche studenti di ricerca che lavoravano sotto la mia supervisione, tra cui P.K. Das e Ajit Kembhavi.
Un aspetto interessante della nostra attività accademica era il "Journal Club", un incontro settimanale dove un membro del gruppo presentava e discuteva un articolo scientifico recentemente pubblicato. Io introdussi anche una tradizione: ogni martedì, prima di questa discussione, il gruppo si incontrava per pranzare insieme. Questo incontro sociale prima della discussione scientifica divenne una parte importante della nostra routine. Inoltre, ogni anno, offrivo un corso di relatività generale e cosmologia, che riscosse grande successo non solo tra i nuovi ricercatori, ma anche tra i membri senior della facoltà.
Il TIFR, durante il mio periodo di permanenza, organizzò anche una serie di conferenze pubbliche tenute nel grande auditorium di Homi Bhabha. Questi eventi, pensati per il grande pubblico, erano un'importante occasione di divulgazione scientifica e di apertura dell'Istituto alla comunità esterna. In particolare, P.V. Ramana Murthy, uno dei ricercatori in astronomia a raggi X e gamma, fu tra i principali organizzatori di queste lezioni popolari.
Nonostante l'elevato livello di competenza e l'importanza dei progetti in corso, il periodo in cui Goku Menon fu alla guida del TIFR segnò anche un punto di svolta per l'Istituto. L'intreccio di numerosi ruoli dirigenziali e la crescente complessità burocratica del paese dimostrarono le difficoltà insormontabili che anche le figure più rispettate dovevano affrontare, rendendo sempre più difficile mantenere una leadership efficace in un istituto di ricerca di tale portata.
Quali sono le dinamiche e i criteri nella selezione del nuovo direttore?
Il processo di selezione del nuovo direttore di un istituto di ricerca è spesso avvolto da una certa discrezione e informalità, che non sempre riflettono la chiarezza delle procedure ufficiali. La Search Committee, istituita con il compito di identificare una lista di potenziali candidati, non è tenuta a seguire una metodologia rigida, ma si affida alla consultazione di fonti informate, colloqui informali con candidati potenziali e una valutazione delle opinioni degli stessi membri dell’istituto. Quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante, poiché il direttore, una volta nominato, dovrà lavorare a stretto contatto con tutti i livelli dell’organizzazione, affrontando le aspettative e le percezioni che i membri hanno riguardo alle scelte future.
Un esempio di come potrebbe svolgersi una ricerca iniziale per il direttore lo fornisce il caso di un individuo che, di fronte alla necessità di individuare candidati idonei, avrebbe avviato un dialogo con due scienziati di rilievo internazionale, Obaid Siddiqi e Govind Swarup, entrambi ben consapevoli dei problemi e delle necessità dell’istituto in questione. La domanda fondamentale sarebbe se questi scienziati fossero disposti ad assumere il ruolo di direttore e, in caso contrario, se avessero suggerimenti per altre figure da prendere in considerazione. Questa fase di raccolta di opinioni è cruciale, in quanto il direttore scelto dovrà affrontare una serie di sfide interne e assicurare la fiducia di tutto il personale.
La valutazione della figura del direttore deve essere basata su criteri concreti. Un indicatore oggettivo potrebbe essere l’impatto delle sue attività, come quelle documentate nel rapporto annuale dell’istituto, che evidenziano il suo contributo alla ricerca, all’insegnamento e alla guida degli studenti. La sua rilevanza internazionale, determinata dalla partecipazione a conferenze di alto livello, dalla pubblicazione di lavori significativi e dal numero di citazioni ricevute, è un altro fattore determinante. Non meno importante è la considerazione che il direttore goda del rispetto tra i colleghi e il personale amministrativo dell’istituto, un aspetto che, sebbene non sempre misurabile, gioca un ruolo fondamentale nel buon funzionamento di un’organizzazione.
Durante il processo di selezione, emerge che il direttore deve possedere anche capacità di gestione e conoscenze politiche che vanno oltre la pura competenza scientifica. Infatti, la lingua e la cultura locali possono avere un impatto significativo nelle interazioni quotidiane con il personale, anche in un istituto scientifico nazionale dove le competenze accademiche dovrebbero prevalere. In un caso, ad esempio, la familiarità con la lingua marathi si rivelò utile per un candidato che poteva comunicare facilmente con il personale di supporto, prevalentemente marathi. Sebbene questo aspetto possa sembrare secondario rispetto alle competenze scientifiche, è innegabile che in un contesto organizzativo locale possa assumere un'importanza pratica non trascurabile.
Nel contempo, si osserva che la Search Committee ha preso una decisione che, sebbene seguita da un’intervista con i due candidati finalisti, ha sollevato dubbi sulla reale importanza attribuita a questo incontro. In un colloquio che si sarebbe aspettato più approfondito, i membri del consiglio sembrano aver posto poche domande, e quelle che sono state fatte erano di carattere più formale che sostanziale. Questo ha lasciato l’impressione che l’intera selezione fosse più un formalismo che un vero e proprio processo di scelta basato su un’analisi approfondita delle qualità e delle capacità dei candidati. Il colloquio, che si è svolto in un’atmosfera piuttosto distaccata e senza un coinvolgimento significativo dei membri del consiglio, ha avuto più il tono di una formalità che di una discussione approfondita sui temi rilevanti per il futuro dell’istituto.
Oltre a quanto detto, è fondamentale che il futuro direttore non solo comprenda le sfide interne dell’istituto, ma anche le opportunità offerte dalle nuove frontiere scientifiche. La ricerca in ambiti come la superconduttività ad alta temperatura, la fotonica, la biologia molecolare e l’astronomia rappresenta una direzione che potrebbe rilanciare l’istituto e contribuire alla sua vitalità. Tuttavia, per attuare un cambiamento significativo, sarà necessario ridurre o abbandonare alcune aree di ricerca obsolete che non portano più frutti significativi, indirizzando risorse verso quelli che sono i settori più promettenti. La capacità di prendere decisioni impopolari, come la chiusura di vecchi progetti, è una qualità che il direttore deve possedere, insieme alla visione di un futuro innovativo per l'istituto.
Perché le decisioni burocratiche a volte sono più influenti della competenza: la storia della nomina del Direttore del TIFR
La nomina del Direttore del TIFR (Tata Institute of Fundamental Research) nel 1987 rappresentò un caso emblematico di come le decisioni che dovrebbero riflettere la competenza scientifica possano essere influenzate da dinamiche politiche e burocratiche, distaccandosi talvolta dalla logica di meritocrazia e di buona amministrazione. Quella che inizialmente sembrava una semplice formalità si rivelò una vera e propria farsa. La mia esperienza di partecipazione al processo di selezione mi mostrò come, a volte, la mente dei decisori fosse già predefinita, ben prima che l'incontro ufficiale avesse luogo. Il tutto, infine, si tradusse in una decisione che sfidava le aspettative, sia mie che di molti altri al TIFR.
La mia conversazione con Mangala quella sera, quando ancora non era stata comunicata alcuna decisione, rifletteva una situazione di incertezza. Non avevo idea di quale fosse il risultato, eppure le attese erano forti, sia tra i colleghi, che tra i membri del consiglio. Tutti si aspettavano che sarei stato scelto come nuovo Direttore, ma le settimane passavano senza che arrivasse un annuncio definitivo. Ogni giorno che passava, la mia posizione diventava sempre più imbarazzante: la mia totale mancanza di informazioni concrete riguardo alla decisione mi rendeva vulnerabile e sospettoso. La cosa che più mi sorprese fu il fatto che, nonostante fosse chiaro che il mio mandato stava per scadere, nessuno sembrava sapere esattamente quando sarebbe stata presa la decisione ufficiale.
Era evidente che la scelta sarebbe dovuta arrivare prima della fine di giugno, data in cui scadeva il mandato di Sreekantan come Direttore. La mia esperienza al TIFR, purtroppo, non riusciva a darmi alcuna indicazione chiara: nessuno all'interno del consiglio sembrava disposto a condividere informazioni reali o a chiarire le cose. La situazione sembrava evolversi in una continua suspense. Un giorno, mentre partecipavo a una riunione del Consiglio Consultivo Scientifico del Primo Ministro a Delhi, C.N.R. Rao mi informò finalmente della decisione del Consiglio di nominare Virendra Singh come nuovo Direttore del TIFR, una scelta che mi rattristò profondamente. La sua spiegazione fu diretta e disarmante: io non avrei mai potuto restare sotto l'influenza di X, come invece farà Virendra Singh.
Il fatto che X non si fosse preso la briga di consultare il personale locale, come aveva fatto Srinivasan in passato, mi fece capire che la decisione era già stata presa prima ancora che l'intervista avesse avuto luogo. La sua convinzione che conoscesse l'istituto a fondo lo portò a ignorare le opinioni di chi vi lavorava da tempo. In un certo senso, la sua approccio divenne l’emblema di un atteggiamento tradizionale: quello di decidere per gli altri senza consultarsi, come i genitori che, convinti di sapere cosa fosse meglio per i figli, decidevano senza il loro consenso.
La dinamica che si sviluppò durante il colloquio del Consiglio di Amministrazione confermò questo sospetto. Era chiaro che la selezione era stata solo una formalità e che la decisione era stata presa prima ancora di iniziare. Il processo di selezione si rivelò quindi una farsa, poiché la discussione non riguardava la valutazione delle reali capacità del candidato, ma solo la conferma della visione di chi già deteneva il potere.
Mi rammaricai soprattutto per la modalità con cui la decisione fu comunicata. Nonostante Sreekantan fosse un membro del Consiglio e si trovasse in città, l'annuncio avvenne in modo impersonale e burocratico, senza che avessi ricevuto un avviso privato. L'indifferenza con cui fu trattato un tema così delicato rivelò quanto l'istituto fosse ormai distante dal valore delle relazioni personali e si fosse avvicinato al modello di funzionamento di un ente governativo. La decisione, pur dolorosa, non fu tanto il problema principale, quanto la forma con cui mi venne comunicata.
La storia di questa nomina mi insegnò quanto siano potenti le dinamiche politiche e burocratiche all'interno delle istituzioni scientifiche, e come, spesso, esse finiscano per prevalere sulla competenza e sull'integrità. Le relazioni informali, le influenze di figure politiche e la gestione del potere all'interno di un'organizzazione possono facilmente determinare il corso degli eventi, al di là dei meriti scientifici o delle capacità personali.
Nel caso specifico di TIFR, la decisione finale non fu il frutto di un’analisi ponderata delle necessità future dell'istituto, ma piuttosto il risultato di una combinazione di fattori interni all'istituto stesso e di pressioni esterne, tra cui la volontà di mantenere lo status quo e di non allontanarsi troppo dai modelli consolidati. Il nuovo Direttore, Virendra Singh, pur avendo le proprie qualità, non avrebbe portato TIFR verso i nuovi orizzonti di ricerca che io stesso ritenevo necessari.
In questa vicenda, la comunicazione e la trasparenza furono tra i maggiori problemi. Il modo in cui le informazioni venivano filtrate e diffuse dimostrò quanto sia facile manipolare una situazione a proprio favore, anche senza compiere atti clamorosi. Non si trattava solo di una nomina, ma di come quella nomina fosse stata gestita e percepita da chi vi era coinvolto, sia dentro che fuori l'istituto.
Come affrontare le difficoltà di viaggio e le sfide burocratiche negli Stati Uniti: un racconto di esperienze e incontri
Dopo aver visitato alcuni luoghi interessanti, ci trovammo a percorrere la strada lungo la riva del fiume, dal lato canadese. Viaggiando per circa venti miglia, arrivammo a un ponte a Lewiston che ci avrebbe condotto negli Stati Uniti. Attraversato il ponte, giungemmo a un posto di controllo per l'immigrazione, dove un ufficiale americano chiese di vedere i nostri passaporti. Quando esaminò il mio, mi informò che non avrei potuto entrare negli Stati Uniti, poiché il mio visto “d'ingresso singolo” era già scaduto. Avevo infatti varcato la frontiera a Buffalo e l'avevo lasciata a Niagara Falls, il che rendeva impossibile un nuovo ingresso.
Lui, però, informò che poteva far entrare Mangala, poiché lei aveva un visto per ingressi multipli. Mi trovai in una situazione difficile. Spiegai all'ufficiale che il mio viaggio in Canada era solo una breve escursione turistica, mentre il mio visto era valido per lavorare all'Università del Maryland. Inoltre, il mio piano era di restituire l'auto noleggiata negli Stati Uniti il giorno seguente. L'ufficiale mi spiegò che, in casi come il mio, era possibile ottenere un permesso temporaneo per rientrare in Canada, ma sottolineai che, partendo dal lato americano, non avevo mai incontrato un posto di controllo in uscita, e pertanto non avevo avuto l'opportunità di richiedere tale permesso.
Dopo aver riflettuto per alcuni lunghi istanti, durante i quali il tempo sembrò dilatarsi, l'ufficiale sorrise e mi restituì il passaporto senza timbro, dicendomi di procedere verso gli Stati Uniti. Mi spiegò che non poteva timbrare il passaporto, poiché il mio ingresso singolo era già scaduto. In pratica, mi stava permettendo di entrare "illegalmente", scegliendo l'opzione più semplice. Non posso nascondere la mia grande sollievo quando tornai all'auto e guidammo verso Buffalo, evitando una situazione che avrebbe potuto diventare davvero problematica se l'ufficiale avesse insistito a seguire le regole.
La sera, dopo una buona cena, sentimmo dei colpi di arma da fuoco. Il mattino successivo, chiedemmo al personale dell'hotel e scoprimmo che c’era stata una sparatoria in una zona vicina al centro città. Quello fu il nostro primo incontro con la violenza che caratterizza alcune zone degli Stati Uniti.
Il giorno seguente, restituimmo l'auto e prendemmo un volo da Washington National, dove incontrammo Rajan Devadas con tutta la sua famiglia. Ci dirigemmo verso la sua casa per un pranzo tranquillo, prima che ci portasse all'ufficio di Howie Laster, all'Università del Maryland. La giornata si svolse con calma e, verso sera, arrivammo al Rossborough Inn, il Faculty Club dove avevamo prenotato per la notte. Non era un posto particolarmente emozionante, ma per una notte, andava bene. Il giorno successivo, andammo in ufficio per raccogliere informazioni sui noleggi di auto.
Mentre eravamo a Maryland, un nostro amico, Krishna Swamy, ci aveva prestato le chiavi del suo appartamento, dove ci trasferimmo per un po' finché non trovammo un altro alloggio più adatto. Rajan ci aiutò a cercare un appartamento in affitto a Silver Spring, dove due persone, i signori Nayak, ci affittarono un posto finché non tornarono dall'India. La sistemazione si rivelò un grande vantaggio, poiché poi riuscimmo a prendere in affitto un altro appartamento nello stesso complesso.
Mentre ero impegnato con il lavoro, tra seminari e incontri con colleghi come Charlie Misner, Dieter Brill e Joe Weber, ci siamo concessi alcune gite turistiche nei dintorni di Washington, come il Skyline Drive o Colonial Williamsburg, luoghi che ci permisero di rilassarci e godere del tempo libero. Durante il nostro soggiorno, Rajan scattò alcune splendide fotografie che ricordavano la nostra esperienza in Maryland.
Una parte significativa di quel periodo fu rappresentata dal nostro incontro con John Wheeler a Princeton, che mi invitò a discutere del mio lavoro con lui. Dopo aver preso il treno da Washington, arrivammo a Trenton, dove Wheeler venne a prenderci. La visita a Princeton fu piacevole, mentre io parlavo con John, Mangala si dedicò allo shopping con sua moglie, Mrs. Wheeler. Quello fu un weekend che ricorderemo con piacere, anche per i dettagli più curiosi, come la firma su tovaglioli che poi Mrs. Wheeler ricamava.
Tuttavia, non tutte le esperienze furono positive. A New York, incontrammo Yashoda Dilwali, che, dopo la morte improvvisa del marito Charat, stava ancora cercando di trovare un senso alla sua vita senza di lui. Sebbene la sua accoglienza fosse calorosa, il dolore per la sua perdita era evidente. Col tempo, Yashoda riuscì a riprendersi e a condurre una vita soddisfacente lavorando come dietista in ospedale, un'esperienza che ci lasciò una forte impressione sulla resilienza dell'animo umano.
Nel complesso, questi viaggi ci hanno offerto una visione complessa della vita negli Stati Uniti. Abbiamo vissuto momenti di gioia e di difficoltà, ma ogni esperienza è stata un passo verso una maggiore comprensione delle sfide e delle opportunità che la vita può offrire, sia sul piano personale che professionale.
Come Affrontare le Sfide Quotidiane della Vita a Bombay dopo un Lungo Periodo all'Estero
Arrivare a Bombay dopo un lungo soggiorno all'estero significava non solo riprendere il contatto con una nuova realtà professionale, ma anche adattarsi a una serie di sfide quotidiane che, pur sembrare ovvie a chi vive in India, risultavano difficili da affrontare per chi rientrava da esperienze internazionali. Un aspetto fondamentale di questo ritorno era il contrasto tra le comodità di un ambiente occidentale e le difficoltà della vita in una metropoli come Bombay, dove anche le esigenze quotidiane più semplici spesso richiedevano un notevole impegno.
Uno degli ostacoli principali che affrontavo era la gestione delle necessità di base nella vita domestica. Il fatto di avere un alloggio messo a disposizione dall'istituto, un appartamento di 1200 piedi quadrati nella colonia abitativa del TIFR, mi sollevava dall’onere di un lungo pendolarismo, tipico per molti abitanti di Bombay. In effetti, il tempo di percorrenza dalla porta di casa al mio ufficio era di appena sette minuti, un lusso che pochi potevano permettersi in una città tanto congestionata. Tuttavia, anche con una posizione geografica vantaggiosa, la vita quotidiana era tutt'altro che priva di difficoltà.
Tra le prime problematiche da affrontare c’era la questione del gas. L'approvvigionamento era una vera e propria sfida. Le bombole erano scarsissime, con lunghe liste di attesa che potevano durare anni. Nonostante i tentativi di accelerare la pratica, come la lettera di raccomandazione inviata da Vasantmama al CEO della Burshane, la risposta fu deludente: le procedure dovevano seguire il loro corso. Questa esperienza mi insegnò una lezione importante: spesso, nel sistema indiano, cercare aiuti da chi sta ai vertici non porta ai risultati sperati. Piuttosto, un approccio più diretto e pratico, rivolto a chi opera più vicino alla realtà del servizio, potrebbe rivelarsi più fruttuoso.
La situazione migliorò solo quando Mangala, senza che io lo sapessi, riuscì a ottenere una priorità grazie a un contatto personale nell’ambito della Burshane. Fu così che, a sorpresa, una mattina venni contattato dal distributore locale, pronto a fornirci la tanto attesa bombola di gas. Un altro ostacolo fu quello dell’elettricità, il cui consumo era stato regolato in base ai consumi del precedente inquilino, un matematico che viveva in modo molto parsimonioso. Questo mi creò qualche difficoltà, poiché, con l'arrivo dei nostri effetti personali, il consumo sarebbe aumentato significativamente. Fortunatamente, anche in questo caso, grazie all'intervento di un collega dell'istituto, il mio problema fu risolto in modo soddisfacente, con l’aumento del mio limite di consumo mensile.
Ma la questione delle forniture non si fermava al gas e all'elettricità. La difficoltà maggiore si presentò con il telefono. A quel tempo, ottenere una linea telefonica in India poteva essere un processo lungo e burocratico, e spesso, se non si sapeva a chi rivolgersi, si rischiava di rimanere senza comunicazioni per mesi. Ancora una volta, il supporto di Puthran, il registro dell'istituto, si rivelò determinante per sbloccare la situazione.
Questi episodi sono emblematici della difficoltà di adattarsi a una realtà dove la scarsità delle risorse e la burocrazia influenzano ogni aspetto della vita quotidiana. Ma dietro a questi ostacoli si nascondono anche le dinamiche sociali di una società che, nonostante le difficoltà, cerca di rendere possibile l’impossibile attraverso il sostegno reciproco e le relazioni personali. In ogni caso, l’esempio di come ogni piccolo successo quotidiano sia il risultato di una serie di sforzi congiunti - tra amici, familiari e colleghi - non può essere sottovalutato.
Inoltre, comprendere come la vita in una grande città come Bombay si intrecci con una complessa rete di dipendenze e relazioni personali è fondamentale. I problemi che si presentano non sono solo tecnici, ma richiedono anche una certa sensibilità sociale e una capacità di navigare tra le varie sfide burocratiche con pazienza e determinazione.
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