L’Australia si trova di fronte a sfide considerevoli con l’eventuale ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, specialmente riguardo alla politica commerciale, fiscale e climatica. Trump ha storicamente adottato politiche economiche protezionistiche, mirando a ridurre l'influenza globale degli Stati Uniti a favore di un approccio unilaterale e di maggiore autarchia. Questo potrebbe danneggiare non solo l'equilibrio commerciale globale, ma anche le relazioni economiche tradizionali tra Australia e Stati Uniti.

Nel contesto commerciale, l'Australia ha bisogno di espandere i suoi mercati esteri per mitigare l'impatto delle politiche protezionistiche di Trump. Un'alleanza strategica con paesi in Asia, Europa, Africa e Sud America potrebbe rappresentare un'opportunità per rafforzare l’economia australiana, riducendo la dipendenza dalle politiche commerciali americane. In effetti, Australia ha cercato di sostenere il multilateralismo e, secondo alcune analisi, potrebbe fungere da ponte per la World Trade Organization (WTO), promuovendo una coalizione tra l’Unione Europea, il Giappone e l’Australia per sfidare le politiche unilaterali della Cina.

Un altro scenario preoccupante riguarda i dazi sulle esportazioni australiane. Sebbene nel 2019 Trump avesse deciso di non imporre tariffe sull’acciaio e sull’alluminio australiani, non è escluso che, con il suo ritorno alla Casa Bianca, possa ripensare tale decisione. L’Australia potrebbe anche trovarsi a dover difendere le sue esportazioni di minerale di ferro, risorsa fondamentale nelle sue relazioni commerciali con la Cina. Per fronteggiare queste eventualità, l'Australia dovrà sfruttare al massimo la sua alleanza con gli Stati Uniti, rafforzando i legami politici e strategici a Washington.

Nel campo climatico, la posizione di Trump è diametralmente opposta a quella del Primo Ministro Anthony Albanese. Mentre Trump sostiene un’industria energetica basata sul carbone e sugli idrocarburi, Albanese ha già fatto significativi passi in avanti, imponendo politiche di riduzione delle emissioni di gas serra e promuovendo l’obiettivo di net-zero entro il 2050. Con il ritorno di Trump, l'Australia si troverebbe a fronteggiare una pressione costante per rivedere le proprie politiche ecologiche. Albanese dovrà garantire che il governo australiano rafforzi le politiche ambientali attuali prima delle elezioni del 2025, cercando di renderle “a prova di Trump”. Il quadro climatico internazionale sta diventando sempre più complicato, e le politiche climatiche australiane devono adattarsi per tutelare il futuro del paese.

Inoltre, il 2025 potrebbe segnare l'inizio di una nuova fase per l'energia negli Stati Uniti, con Trump che mira a espandere le risorse energetiche tradizionali, tra cui il carbone e il petrolio. Queste politiche entreranno in contrasto con gli sforzi globali per ridurre le emissioni e promuovere l'energia rinnovabile. L'Australia, quindi, dovrà rimanere ferma nei suoi impegni climatici, cercando di influenzare le politiche globali, anche se gli Stati Uniti dovessero abbandonare nuovamente gli accordi internazionali sul clima.

Il ritorno di Trump avrà anche implicazioni sulla salute pubblica. Durante la sua amministrazione, gli Stati Uniti hanno visto un indebolimento del sistema sanitario pubblico e un crescente disinteresse verso la scienza, soprattutto durante la pandemia di Covid-19. Le politiche sanitarie della sua amministrazione hanno messo a rischio milioni di vite, soprattutto nelle aree con forte supporto per Trump. In Australia, sebbene la situazione sanitaria sia molto diversa, le politiche sanitarie nazionali sono a rischio, in particolare per quanto riguarda la gestione delle emergenze sanitarie e la preparazione alle pandemie. La pandemia ha messo in luce le debolezze del sistema sanitario, ma anche la resilienza della comunità australiana. Ora, più che mai, è essenziale investire in un sistema sanitario che preveda azioni preventive e una solida comunicazione basata su evidenze scientifiche.

La crescente politicizzazione della salute è un tema che non può essere ignorato. Le politiche sanitarie negli Stati Uniti sono state fortemente influenzate dalla divisione politica interna, con esiti devastanti per la salute pubblica. L'Australia, purtroppo, non è immune a tendenze simili. La crescente polarizzazione potrebbe minare gli sforzi per migliorare il sistema sanitario australiano, soprattutto in un contesto globale che continua a evolversi.

L'ascesa di politiche che negano la scienza e il progresso sanitario in altre nazioni potrebbe avere ripercussioni anche in Australia. La sfida per il governo australiano sarà, quindi, quella di mantenere l'indipendenza delle sue politiche sanitarie e climatiche, soprattutto mentre i venti di cambiamento soffiano da Washington.

L'evoluzione della relazione tra Trump, i media e la politica: come la narrativa mediatica ha cambiato il destino politico degli Stati Uniti

Nel corso della sua presidenza, Donald Trump ha instaurato una relazione complessa con i media, in particolare con Fox News e le piattaforme sociali come Twitter. All'inizio del suo mandato, Trump ha trovato in Rupert Murdoch e nel suo impero mediatico un alleato potente. La vicinanza tra Trump e Murdoch era ben nota, con un particolare legame che si sviluppò anche attraverso Jared Kushner. Tuttavia, l'elezione del 2020 e le sue conseguenze segnarono una svolta significativa. In particolare, la sera delle elezioni, Trump premeva su Kushner affinché contattasse Murdoch per cercare di far cambiare la decisione di Fox News, che aveva dato Arizona a Joe Biden. Questo episodio rivelò l'influenza dei media e la capacità di manipolare l'informazione in momenti cruciali, ma anche i limiti di tale potere, poiché Murdoch rispose semplicemente: "Non c'è nulla che io possa fare".

La relazione di Trump con Fox News cambiò in modo evidente a partire dalla metà del 2022. Per più di cento giorni, Trump non concesse alcuna intervista alla rete e i suoi comizi non venivano più trasmessi in diretta. L'attenzione si spostò su Ron DeSantis, governatore della Florida, che venne intervistato innumerevoli volte, mentre l'ex presidente veniva sempre più messo da parte. Il cambio di strategia da parte dei Murdoch avvenne in risposta agli eventi del 6 gennaio 2021 e alle audizioni del Comitato Select della Camera, che dipingevano un quadro devastante di Trump come presidente incapace di fermare l'insurrezione che stava minacciando la sicurezza del suo vice, Mike Pence.

Questa transizione nei media si concretizzò anche con le dichiarazioni del Wall Street Journal e del New York Post che, il 22 luglio 2022, rifiutavano le azioni di Trump durante l'assalto al Campidoglio. La loro condanna era netta: Trump, nonostante il giuramento di difendere la Costituzione, non aveva fatto nulla per fermare l'attacco. Anzi, si era concentrato sull'ostacolare il trasferimento pacifico del potere. Questi articoli segnarono la fine di una "relazione di convenienza e necessità" tra Trump e i Murdoch. La sconfitta politica di Trump alle elezioni di metà mandato del 2022 e il fallimento dei suoi candidati, sostenuti dalla sua endorsement, consolidarono ulteriormente il cambiamento nel rapporto tra l'ex presidente e il mondo dei media.

Nonostante queste critiche, è difficile credere che, se Trump dovesse vincere nel 2024 e tornare alla Casa Bianca, Fox News e altre istituzioni mediatiche non si riallineerebbero a lui. La politica, come dimostrato in passato, è spesso un gioco di alleanze strategiche, e la forza di Trump come leader resta un punto cruciale. La sua influenza sui media non si è limitata ai tradizionali canali televisivi, ma ha incluso anche l'uso diretto di piattaforme come Twitter, dove la sua voce ha raggiunto milioni di persone in tempo reale.

Trump ha utilizzato Twitter in modo prolifico, con oltre 20.000 tweet durante la sua presidenza. La sua capacità di comunicare direttamente con i suoi sostenitori senza filtri ha fatto di lui una delle figure politiche più potenti sui social media. Le sue dichiarazioni, a volte aggressive e denigratorie, sono diventate parte integrante della sua strategia politica. Non si limitava a commentare le notizie, ma interveniva direttamente su questioni politiche, condannando i suoi avversari e criticando i media, in particolare quelli che non erano favorevoli alla sua agenda. Ha creato una narrativa parallela, in cui le sue accuse di "notizie false" contro i media tradizionali sono diventate parte del suo modus operandi.

Twitter ha anche giocato un ruolo fondamentale durante le indagini su Russiagate e le controversie legate alle elezioni del 2020. Trump ha continuato a sostenere che le elezioni erano truccate, nonostante la sua vittoria nel 2016, e ha usato la piattaforma per lanciare attacchi contro chiunque sfidasse questa narrativa. Il suo uso di Twitter, anche per insultare o denigrare avversari politici, ha dimostrato quanto il potere dei social media fosse diventato centrale nella politica moderna.

Tuttavia, la situazione si è complicata quando Twitter ha sospeso Trump dopo l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Questo evento ha segnato un punto di rottura tra Trump e la piattaforma, che per anni era stata uno strumento fondamentale per il suo messaggio politico. La questione del controllo dei contenuti sulle piattaforme social ha sollevato dibattiti importanti sulla libertà di espressione e sulla responsabilità delle aziende tecnologiche.

Il caso di Trump è emblematico di come i media, tradizionali e digitali, possano essere sia strumenti di potere che di critica. Mentre i Murdoch hanno preso le distanze da lui, la sua influenza sui media e sul discorso pubblico rimane significativa. L'evoluzione della sua relazione con i media riflette non solo il cambiamento nella sua carriera politica, ma anche le dinamiche di potere che definiscono la politica americana contemporanea. Trump ha dimostrato che, nel mondo moderno, l'informazione e il controllo della narrativa sono essenziali per chi aspira a un ruolo di leadership. L'interazione tra politica e media è destinata a essere sempre più centrale, con o senza Trump.

Come QAnon e Trump Influenzano la Politica e la Società Australiana

QAnon, nato come un movimento di cospirazione negli Stati Uniti, ha trovato una risonanza crescente in Australia, un fenomeno che non può più essere considerato un problema esclusivo degli Stati Uniti. Nonostante le differenze politiche e sociali tra i due paesi, le influenze di QAnon sono diventate evidenti, con una crescente penetrazione nelle istituzioni politiche australiane e un notevole impatto sulla cultura digitale. La sua diffusione è stata alimentata non solo dal contesto globale, ma anche da un atteggiamento permissivo e talvolta complice di alcune figure politiche, tra cui il primo ministro Scott Morrison, che non ha mai condannato esplicitamente il ruolo di Trump nell'insurrezione del 6 gennaio 2021. Questa omissione è stata vista dai seguaci di QAnon come un segnale di supporto al movimento, rafforzando ulteriormente il legame tra la politica australiana e le teorie del complotto americane.

L'Australia, con uno dei più alti tassi di penetrazione dei social media al mondo, è diventata un terreno fertile per la produzione e la diffusione di contenuti di QAnon. Secondo un rapporto dell'Istituto per il Dialogo Strategico, l'Australia è stata il quarto paese al mondo per produzione di contenuti legati a QAnon, superando addirittura la Russia. La potenza della rete digitale e dei social media ha permesso a queste teorie di propagarsi rapidamente, coinvolgendo una parte crescente della popolazione, compresi alcuni politici che non hanno esitato a promuovere la retorica di QAnon. Il movimento ha acquisito una tale visibilità che, in vista delle elezioni del 2024, Trump ha intensificato i suoi legami con QAnon, usando simboli e dichiarazioni che alimentano ulteriormente il culto che ruota attorno alla sua figura.

Nel contesto australiano, la presenza di QAnon e delle sue ideologie estremiste non è solo un problema di informazione distorta. Essa è anche legata a una minaccia crescente di violenza politica. Il terrorismo di matrice estremista di destra, come quello che ha portato alla strage di Christchurch nel 2019, ha radici profonde anche in Australia. La scrittrice e ricercatrice australiana Kristy Campion ha sottolineato la necessità di una risposta istituzionale robusta per monitorare e contrastare l'ideologia suprematista bianca e altre forme di estremismo. La creazione di un database nazionale che raccolga dati su crimini d'odio, violenza politica e terrorismo potrebbe essere un passo fondamentale per comprendere meglio l'entità e la diffusione di queste minacce, nonché per combattere il rischio di radicalizzazione tra le giovani generazioni.

Nonostante queste sfide, l'Australia ha sviluppato un contrappeso significativo: la Australian Broadcasting Corporation (ABC). Con un finanziamento annuale di 1 miliardo di dollari australiani, l'ABC è una delle emittenti pubbliche più solide al mondo, con una vasta gamma di contenuti su televisione, radio e piattaforme online. L'ABC ha un ruolo centrale nel garantire una narrazione equilibrata e corretta, contrastando le manipolazioni informative che potrebbero minare la democrazia. Questo ruolo di custode della verità è stato riconosciuto dal primo ministro Anthony Albanese, che ha ribadito la necessità di un media pubblico indipendente per difendere la democrazia da attacchi esterni e interni.

Nonostante il pericolo rappresentato dall’estremismo e dalle teorie complottistiche, l'Australia ha finora resistito alla corruzione del dibattito pubblico. La leadership dell'ABC è consapevole della sua responsabilità e, grazie al sostegno del governo, ha garantito continuità e indipendenza nelle sue operazioni, anche in tempi di crescente pressione politica. Questo modello di media pubblico forte e indipendente potrebbe rivelarsi decisivo per preservare la salute democratica del paese, specialmente in un periodo in cui la disinformazione si diffonde più velocemente che mai.

Ciò che è essenziale comprendere in questo contesto è che l'Australia, pur non trovandosi di fronte a un movimento estremista e complottista alla stessa scala degli Stati Uniti, non è immune dalle sue insidie. Il paese si trova di fronte alla necessità di affrontare non solo la proliferazione di contenuti dannosi sui social media, ma anche di rispondere a una crescente polarizzazione politica che minaccia di destabilizzare il discorso pubblico. La protezione della democrazia in Australia non può prescindere dalla salvaguardia dell'integrità dell'informazione, dalla difesa della libertà di stampa e dalla promozione di un ambiente digitale sano, dove le teorie complottiste e le ideologie di odio non abbiano terreno fertile per crescere.