Nel panorama legislativo statunitense, la protezione della privacy dei consumatori si fonda prevalentemente su un modello di "avviso e consenso", che assume che i diritti individuali possano essere tutelati attraverso l'informazione e la scelta. Tuttavia, con l'emergere delle tecnologie di intelligenza artificiale generativa (IA generativa), questo paradigma si rivela insufficiente e obsoleto. Le leggi sulla privacy, sebbene numerose e spesso aggiornate, sono frammentate e reattive, affrontando danni specifici senza prendere in considerazione le condizioni strutturali che li permettono. La difficoltà maggiore risiede nel fatto che l'ecosistema di dati che alimenta questi sistemi è complesso, opaco e, in molti casi, non facilmente controllabile dagli individui.
La base della privacy, in molte giurisdizioni, è costruita su un sistema di protezione che si affida fortemente al consenso individuale. La legge richiede che le organizzazioni informino gli utenti sui loro metodi di raccolta e utilizzo dei dati personali, e ottengano il consenso esplicito prima di impiegare tali dati per scopi ulteriori. Tuttavia, l'ampiezza e la complessità dei flussi di dati, che comprendono fonti indirette come i data brokers o i crawling del web, complicano la possibilità per un individuo di monitorare e gestire efficacemente l'uso dei propri dati.
Le tecnologie di IA generativa operano su vasti database di informazioni raccolte in modo spesso invisibile agli utenti. Persino quando gli individui sono informati della raccolta dei dati e possono scegliere se acconsentire o meno, la realtà è che non hanno né il tempo né le risorse per analizzare a fondo le politiche sulla privacy e i termini di servizio, che sono perlopiù formulati in modo complesso e astratto. Inoltre, la capacità di tracciare esattamente come i dati vengano raccolti, aggregati e utilizzati all'interno di sistemi complessi come quelli di IA generativa è virtualmente inesistente.
La trasparenza e la responsabilità sono altri aspetti problematici in questo contesto. Le attuali normative sulla privacy statunitensi si basano su meccanismi di rimedio "ex post", come il diritto di accesso, correzione e cancellazione dei dati, ma questi strumenti si presuppongono applicabili a dati identificabili e a pratiche problematiche ben definite. Nel caso dell'IA generativa, l'opacità delle operazioni dei modelli di machine learning, che coinvolgono dati proprietari, algoritmi complessi e caratteristiche emergenti, rende estremamente difficile l'applicazione di tali rimedi. La difficoltà principale sta nella mancanza di divulgazione pubblica sulle fonti dei dati, sulle architetture dei modelli e sui processi di addestramento. Inoltre, la rappresentazione compressa dei dati all'interno dei modelli rende praticamente impossibile l'eliminazione di informazioni personali che potrebbero essere state integrate durante la fase di training.
Queste problematiche sollevano una serie di interrogativi sul futuro della privacy nell'era dell'intelligenza artificiale. Le leggi che dipendono fortemente dall'informazione e dal consenso individuale non sembrano essere in grado di affrontare la complessità della raccolta e dell'uso dei dati nelle tecnologie moderne. La protezione della privacy, dunque, necessita di un ripensamento radicale per affrontare in modo efficace le sfide poste dai sistemi di IA generativa, che richiedono un approccio più olistico e amministrato centralmente, piuttosto che affidarsi a meccanismi reattivi che rimangono indietro rispetto agli sviluppi tecnologici.
Inoltre, è importante comprendere che, sebbene la regolamentazione della privacy stia facendo progressi, le soluzioni adottate fino ad ora tendono a focalizzarsi su rischi particolari, come la produzione di deepfake, senza considerare gli impatti a lungo termine e la portata globale delle tecnologie emergenti. L'idea che la privacy possa essere protetta semplicemente tramite il consenso informato, come suggerito dalle normative correnti, è una visione che non tiene conto delle dinamiche di potere e controllo che le grandi aziende tecnologiche esercitano sulle informazioni. Il quadro normativo esistente non è in grado di bilanciare in modo equo i diritti degli utenti con le necessità di innovazione, creando una serie di disuguaglianze e vulnerabilità che vanno affrontate urgentemente.
Come le Tecnologie GenAI Influenzano la Regolamentazione della Pubblicità e dei Comportamenti dei Consumatori nell'UE
L'introduzione delle tecnologie di intelligenza artificiale generativa (GenAI) ha segnato una svolta significativa nell'interazione tra aziende e consumatori, creando nuove sfide per i regolatori. L'Unione Europea ha risposto a queste sfide con iniziative legislative come la Direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali (UCPD) e il Digital Services Act (DSA), che mirano a garantire la trasparenza, l'affidabilità e la protezione degli utenti in un ambiente digitale sempre più influenzato dall'AI.
Una delle principali problematiche riguarda la capacità delle tecnologie GenAI di influenzare sottilmente le decisioni dei consumatori senza che questi ne siano consapevoli. L'UCPD, pur affrontando in parte i problemi derivanti dalle manipolazioni online, si trova comunque limitata nella gestione delle tecniche sempre più sofisticate di persuasione automatica impiegate dalle piattaforme digitali. In particolare, l'integrazione di algoritmi di raccomandazione alimentati da GenAI permette alle piattaforme di personalizzare i contenuti in modo tale da massimizzare l'interazione e il coinvolgimento degli utenti, spesso a scapito della loro autonomia decisionale.
Secondo l'articolo 7(4a) della Direttiva UCPD, quando le aziende invitano i consumatori ad acquistare un prodotto o un servizio, devono fornire informazioni trasparenti sulle caratteristiche principali del prodotto, nella misura in cui ciò sia necessario per il mezzo utilizzato e il prodotto stesso. Questo principio mira a ridurre l'incidenza di pratiche ingannevoli, che potrebbero indurre i consumatori a fare acquisti basati su informazioni incomplete o fuorvianti. Tuttavia, le piattaforme che utilizzano GenAI possono facilmente aggirare questo requisito attraverso tecniche di ipersuasione che vanno al di là della mera presentazione del prodotto.
Un altro aspetto fondamentale è la trasparenza nella pubblicità online. L'Annex I dell'UCPD stabilisce che qualsiasi contenuto sponsorizzato, come gli annunci pagati che appaiono nei risultati di ricerca, deve essere chiaramente contrassegnato per evitare inganni nei consumatori. La direzione verso la trasparenza è ulteriormente rafforzata dal DSA, che obbliga le piattaforme digitali a rendere pubblico il funzionamento dei loro algoritmi di raccomandazione. Questi sistemi sono spesso alimentati da dati personali che, se non gestiti correttamente, possono portare a una sorveglianza invasiva e compromettere la privacy degli utenti.
Il DSA introduce misure specifiche per garantire che le piattaforme online siano più responsabili riguardo alle pratiche che impiegano, con particolare attenzione alla lotta contro i contenuti dannosi, come l'incitamento all'odio o la propaganda terroristica, che possono essere amplificati tramite algoritmi progettati per massimizzare il coinvolgimento. Queste piattaforme sono obbligate a fornire informazioni sui fattori che influenzano la priorizzazione dei contenuti, un passo necessario per permettere agli utenti di comprendere come vengono manipolati i loro comportamenti online.
Tuttavia, le normative attuali si scontrano con i limiti imposti dalla velocità e dalla complessità dell'evoluzione delle tecnologie di AI. Le piattaforme che integrano GenAI, come Adobe Photoshop, Google Gemini e LinkedIn di Microsoft, utilizzano queste tecnologie non solo per migliorare l'esperienza utente ma anche per raccogliere e analizzare enormi quantità di dati. Questi dati vanno oltre le semplici azioni dell'utente, includendo segnali impliciti come la cronologia di navigazione, il tempo speso su determinate pagine e le risposte emotive dedotte dai modelli di interazione. Il ricorso a tale tipo di sorveglianza può compromettere seriamente la fiducia degli utenti e ridurre la loro consapevolezza riguardo alle pratiche di raccolta dei dati.
La regolamentazione dell'intelligenza artificiale nell'UE si è ulteriormente concretizzata con l'adozione del regolamento sull'AI (AIA), che adotta un approccio basato sul rischio per disciplinare l'uso delle tecnologie AI in contesti ad alto rischio, come la GenAI. Secondo l'AIA, i fornitori di sistemi AI devono implementare un sistema di gestione del rischio per monitorare continuamente i rischi prevedibili e emergenti, nonché garantire la conformità a rigorosi requisiti di governance dei dati e di valutazione dei modelli. Inoltre, è prevista la supervisione umana per evitare che gli algoritmi operino senza una comprensione critica delle loro implicazioni. L'AIA obbliga anche i fornitori a documentare in modo trasparente il funzionamento dei modelli AI, inclusi i dati di addestramento e i consumi energetici, per garantire che gli utenti possano comprendere le capacità e le limitazioni degli strumenti con cui interagiscono.
La combinazione di questi sforzi normativi indica una crescente consapevolezza dei rischi associati all'intelligenza artificiale, ma la strada per garantire una piena protezione dei consumatori e per regolare efficacemente le piattaforme che utilizzano queste tecnologie è ancora lunga. Le normative devono essere continuamente aggiornate per rispondere alle sfide poste dall'evoluzione tecnologica e per tutelare i diritti degli utenti in un ambiente digitale sempre più intricato.
Come la Generative AI Sta Cambiando la Governance Aziendale: Rischi, Responsabilità e Etica
La crescente implementazione della generative AI (intelligenza artificiale generativa) nelle aziende pone sfide uniche alla governance aziendale, sollevando importanti interrogativi su come bilanciare innovazione, responsabilità e gestione dei rischi. A partire dalla sua capacità di automatizzare e migliorare numerosi processi aziendali, l'AI può avere impatti significativi sulla gestione e sulle decisioni strategiche. Tuttavia, se non adeguatamente regolamentata, questa tecnologia comporta rischi che vanno dalla perdita di posti di lavoro alla violazione della privacy, fino all’introduzione di bias nei sistemi decisionali.
Un aspetto cruciale che emerge dalla discussione attuale sull’AI è la necessità di un approccio continuo e sistematico alla gestione dei rischi. Ogni fase del ciclo di vita di un sistema AI deve essere monitorata con attenzione per evitare che i suoi effetti negativi compromettano l'equilibrio tra profitto, sicurezza e diritti dei lavoratori. Le aziende devono adottare un sistema di governance che non solo rispetti le normative legali e etiche, ma che garantisca anche un'adeguata supervisione umana. Questo significa che, nonostante la potenza e la potenziale autonomia dell’AI, le decisioni strategiche devono essere sempre oggetto di un controllo critico da parte di esperti umani, in particolare per evitare errori catastrofici che potrebbero risultare in danni economici o legali significativi.
In Germania, ad esempio, le aziende stanno affrontando una sfida complessa nell’integrare l’AI nel loro sistema di governance, soprattutto nei settori tradizionali come l’automobile, la chimica e la manifattura. L'introduzione dell'AI, se non gestita correttamente, potrebbe ridurre il numero e la qualità dei posti di lavoro, mettendo a rischio l'equilibrio tra i diritti dei lavoratori e gli obiettivi economici aziendali. In questo contesto, la co-determinazione, un sistema che consente ai rappresentanti dei lavoratori di influenzare le decisioni aziendali, sta acquisendo sempre maggiore importanza. L'applicazione di questo sistema potrebbe essere una soluzione per integrare l'AI in modo che i benefici tecnologici non prevalgano sui diritti dei lavoratori, come stabilito nelle normative nazionali ed europee.
Anche sul piano globale, l'adozione dell'AI nelle grandi multinazionali comporta impatti enormi sui processi decisionali e sulle dinamiche di governance. Studi recenti, come quello della Goldman Sachs, suggeriscono che un numero significativo di posti di lavoro è a rischio di sostituzione da parte dell'AI, con stime che prevedono la perdita di circa 300 milioni di posti di lavoro a livello globale. La sfida che ne deriva non è solo una questione di gestione dei posti di lavoro, ma anche di come mantenere un modello di governance aziendale che rispetti le normative etiche e legali in continuo mutamento, soprattutto riguardo alla privacy e alla sicurezza dei dati.
Inoltre, la governance dell'AI non riguarda solo l'interno delle aziende, ma si estende anche alla relazione con gli investitori. Gli investitori istituzionali, come i fondi pensione e i fondi sovrani, stanno cominciando a prestare particolare attenzione all'uso dell'AI da parte delle aziende in cui investono. Questi investitori, che sono sempre più concentrati su temi come la sostenibilità e la responsabilità sociale, stanno integrando pratiche di gestione responsabile dell'AI nelle loro decisioni di investimento. Ad esempio, il fondo sovrano norvegese, noto per il suo impegno nella sostenibilità e nei diritti umani, ha recentemente focalizzato la sua attenzione sull'uso responsabile dell'AI, ponendo l'accento su aspetti come la trasparenza, la spiegabilità e la gestione robusta dei rischi. Questi investitori sono diventati cruciali nel promuovere un'AI che rispetti non solo gli aspetti legali, ma anche quelli etici e sociali.
La trasparenza e la capacità di spiegare come funziona un sistema AI sono diventati criteri essenziali nella valutazione dell'affidabilità di un’azienda, e non solo da un punto di vista tecnico. L’approccio trasparente consente agli stakeholder di comprendere le decisioni prese dall’AI, riducendo i rischi di discriminazione o di decisioni non giustificabili. D’altra parte, la sicurezza dei dati e la protezione della privacy sono diventati elementi non negoziabili, con il rischio di danni reputazionali e legali in caso di violazioni.
In questo scenario, il ruolo degli esperti legali, finanziari e tecnici è più che mai centrale. Le aziende devono essere pronte ad affrontare le sfide legate all’adozione dell'AI, non solo attraverso il miglioramento delle competenze interne, ma anche con un forte impegno verso la collaborazione con esperti esterni. La gestione dei rischi legati all'AI non può essere delegata completamente agli strumenti tecnologici; è necessaria una supervisione costante e una critica costruttiva.
L'integrazione dell'AI nei processi decisionali aziendali richiede quindi un equilibrio tra innovazione e responsabilità. Le aziende devono non solo sfruttare le opportunità che l'AI offre, ma anche prepararsi a rispondere alle criticità che possono emergere. La governance aziendale deve evolversi per tenere conto non solo degli aspetti economici e tecnici, ma anche delle implicazioni sociali e etiche dell'uso dell'AI. In futuro, le aziende che riusciranno a integrare l’AI in modo responsabile e consapevole saranno quelle che avranno una visione più ampia del loro ruolo nella società e nel mercato globale.
Come l'Intelligenza Artificiale Sta Modificando il Quadro Legale dell'Unione Europea
L'intelligenza artificiale (IA) sta entrando sempre di più nel cuore delle politiche europee, con la creazione di normative come l'Artificial Intelligence Act (AI Act) destinato a disciplinare e regolamentare l'uso di queste tecnologie. Un tema particolarmente delicato riguarda la gestione dei rischi associati all'IA e come la legislazione possa rispondere in modo efficace a queste sfide in continua evoluzione.
Una delle preoccupazioni più rilevanti è la protezione dei diritti fondamentali, inclusi i rischi ambientali e sociali. Nonostante le ampie disposizioni del regolamento, ci sono zone grigie che potrebbero non essere completamente coperte. In particolare, alcuni dei rischi ambientali legati all'uso dell'IA e la protezione di certi diritti fondamentali potrebbero non rientrare nelle definizioni strette previste dall'AI Act. Questo solleva una domanda cruciale su come la legge possa adattarsi per affrontare nuove problematiche che, pur essendo gravi, non rientrano nei parametri già definiti dalla normativa, come ad esempio la protezione dell'ambiente o la difesa di specifici diritti.
Un'altra sfida significativa è la questione della certezza giuridica. L'AI Act si propone di armonizzare le normative sull'IA con altre legislazioni europee esistenti, come il GDPR o le normative riguardanti dispositivi medici e droni. Tuttavia, questa armonizzazione tra le diverse leggi non è semplice. La combinazione di regolamenti tecnici provenienti da settori disparati crea una complessità che rischia di indebolire l'efficacia complessiva della legislazione. Ad esempio, i testi giuridici che modificano le leggi preesistenti, come quelli sul sistema di aviazione civile o sull'interoperabilità dei sistemi ferroviari, presentano una difficoltà intrinseca: la lingua estremamente tecnica che accompagna queste modifiche non rende sempre chiaro come coordinare i vari settori in modo efficiente. Un altro problema emerso riguarda il fatto che il Regolamento non stabilisce con sufficiente chiarezza come le leggi già in vigore dovrebbero interagire con quelle nuove, come nel caso della regolazione dei servizi digitali o delle normative sulla governance dei dati.
L'adozione delle modifiche proposte dal Parlamento europeo nel giugno 2023 ha messo in evidenza ulteriori carenze nel testo iniziale dell'AI Act. La principale critica riguardava la mancanza di una valutazione d'impatto sui diritti fondamentali, la quale è stata finalmente incorporata nel testo rivisitato. Tra le principali modifiche, una in particolare si distingue: l'introduzione dei modelli fondatori, che sono definiti come sistemi IA che, da un lato, presentano capacità emergenti quando vengono scalati e, dall'altro, possono essere adattati a una vasta gamma di compiti distinti. Questi modelli sono in grado di essere utilizzati in molti settori, ma la loro regolamentazione pone problemi unici. Il Parlamento ha risposto creando una serie di disposizioni specifiche per disciplinare l'uso di questi modelli, che possono presentare rischi significativi.
I "modelli generali di IA" (GPAI) e le loro capacità di impatto elevato sono al centro delle preoccupazioni normative. Questi modelli, capaci di effetti sistemici a causa delle loro capacità avanzate, possono infatti generare rischi per la salute pubblica, la sicurezza e i diritti fondamentali. L'AI Act ha cercato di gestire questi rischi introducendo articoli che classificano questi modelli e stabiliscono obblighi specifici per i fornitori. Tuttavia, l'approccio orizzontale del regolamento ha creato un "mostro giuridico", come lo definiscono alcuni esperti, dovuto alla moltiplicazione delle definizioni e delle categorie relative a cosa sia o meno un modello di IA, o a cosa rappresenti un "sistema di IA ad alta capacità di impatto".
Una delle soluzioni proposte per far fronte a queste complessità è il rafforzamento di un sistema di "switch giuridici", cioè di regolamenti che attivano diverse normative a seconda del tipo di IA in questione. Tuttavia, questo approccio rischia di aumentare la confusione piuttosto che semplificare le cose, specialmente per i fornitori di IA che si trovano a dover navigare tra una moltitudine di requisiti normativi che cambiano a seconda delle circostanze.
In questo contesto, l'AI Act è ancora un work in progress, e non tutte le problematiche sono state risolte. È evidente che, sebbene l'intenzione del legislatore sia quella di creare una normativa chiara e coerente, le sfide tecniche e giuridiche sono enormi. Il legislatore dovrà continuare a lavorare sulla coesione tra le diverse normative europee, affinché l'IA possa essere regolamentata in modo efficace, ma senza compromettere l'innovazione e il progresso che essa porta con sé.
Oltre a questi aspetti, è fondamentale che il legislatore consideri anche l'impatto a lungo termine dell'intelligenza artificiale sulla società. Non si tratta solo di prevedere e regolare i rischi immediati legati all'IA, ma di immaginare come questa tecnologia plasmerà il nostro futuro. La legislazione deve essere sufficientemente flessibile da adattarsi alle innovazioni future senza rimanere indietro. Inoltre, bisogna considerare che, mentre l'AI Act cerca di bilanciare la protezione dei diritti fondamentali con l'innovazione tecnologica, sarà necessario un impegno continuo da parte di tutti gli attori coinvolti – istituzioni, imprese e cittadini – per garantire che l'uso dell'IA non porti a disuguaglianze sociali o danni irreversibili.
Come si può attribuire la responsabilità per gli errori dei modelli di fondazione?
L'emergere dei modelli di fondazione ha suscitato una serie di interrogativi riguardanti le responsabilità legali, specialmente quando tali sistemi vengono impiegati in contesti ad alto rischio. I modelli di fondazione, come GPT-4 o quelli sviluppati da aziende come OpenAI, sono sistemi intelligenti avanzati che generano contenuti e compiono azioni in risposta a input. Sebbene possiedano capacità straordinarie, la loro applicazione solleva questioni di responsabilità che rimangono sfocate, con difficoltà sia nel determinare chi è responsabile per le loro azioni, sia nel prevedere le conseguenze legali dei loro errori.
Quando utilizzati in scenari ad alto rischio, come la selezione di candidati per il lavoro, la consulenza legale automatizzata o l'analisi di richieste di asilo, i modelli di fondazione possono commettere errori fatali che, sebbene a volte invisibili a prima vista, hanno impatti devastanti. Un esempio concreto riguarda la traduzione automatica utilizzata dai richiedenti asilo. Alcuni di questi, infatti, sono stati respinti nelle loro richieste proprio a causa di errori commessi dai modelli linguistici, che non sono stati in grado di garantire una traduzione accurata e affidabile.
Questi errori possono essere classificati come "fallimenti di sistema" che coinvolgono vari attori nel ciclo di vita del modello. La difficoltà nel trovare una via legale chiara per attribuire la responsabilità nasce dal fatto che, in molti casi, il processo di creazione di un modello di fondazione è estremamente complesso e coinvolge una molteplicità di soggetti. Si va dai creatori di dati – che raccolgono ed etichettano enormi set di dati – ai creatori del modello, passando per coloro che lo adattato per scopi specifici, fino ai distributori che mettono il modello nelle mani degli utenti finali.
I modelli di fondazione sono, infatti, una combinazione di dati, algoritmi e componenti numerici fondamentali, i cosiddetti "pesi del modello". Questi pesi determinano come il sistema prende decisioni e genera contenuti. Quando i pesi sono rilasciati pubblicamente (modelli a "peso aperto"), i potenziali adattamenti e utilizzi da parte di terzi si moltiplicano, aumentando ulteriormente il livello di incertezza circa la responsabilità legale in caso di danno.
Tuttavia, un problema ancora più complesso emerge quando si cerca di attribuire la responsabilità in caso di danni derivanti dall'uso di questi modelli. La possibilità di tracciare una catena di responsabilità è complicata da molteplici fattori: dai requisiti di "scienza" (scienter) che rendono difficile provare l'intenzione o la negligenza, alla protezione costituzionale della libertà di espressione che potrebbe difendere i contenuti generati dai modelli come "espressione automatica", escludendo quindi la possibilità di interventi legali diretti.
La questione legale si complica ulteriormente quando il modello è impiegato in contesti ad alta posta in gioco. I sistemi di AI, infatti, possono portare a discriminazioni, pregiudizi o errori imprevisti che danneggiano le persone, come nel caso dell'uso di modelli per la selezione automatica di curriculum. Uno dei problemi più evidenti si è visto con l'esperimento condotto da Amazon, che aveva sviluppato un sistema di screening dei curriculum che, apprendendo dai dati storici, finiva per discriminare i candidati di genere o etnia. Tale pregiudizio, intrinseco nel modello, ha suscitato preoccupazioni riguardo all'affidabilità dei modelli in applicazioni concrete e alla loro capacità di produrre risultati "giusti" o almeno imparziali.
In questo contesto, la responsabilità civile può diventare un campo di battaglia complesso. Nonostante la possibilità di ricorrere alla legislazione e ai rimedi legali, come le cause civili o la regolamentazione governativa, i modelli di fondazione presentano delle difficoltà uniche che complicano l'individuazione dei colpevoli e l'adozione di misure correttive tempestive. Anche se vi sono delle vie per la responsabilità, i procedimenti legali risultano per lo più lunghi, costosi e difficili da vincere, soprattutto quando i danni derivano dall'uso improprio di tecnologie complesse come queste.
Alla base di tutto ciò, si colloca un interrogativo fondamentale: come garantire la giustizia in un mondo dove le macchine, e non gli esseri umani, sembrano prendere le decisioni? La risposta a questa domanda è tutt'altro che semplice. Il concetto di "responsabilità" nei confronti delle AI è una questione legale ancora in fase di evoluzione, e mentre gli sviluppatori e gli utenti dei modelli di fondazione sono chiamati a un esame rigoroso del loro operato, i sistemi legali sono ancora alle prese con l'adattamento alle nuove dinamiche di potere tra uomo e macchina.
È essenziale per il lettore comprendere che, oltre alla difficoltà di definire la responsabilità, è fondamentale riconoscere la natura multilivello del problema. Ogni attore nella catena di creazione, adattamento e distribuzione di un modello di fondazione può essere coinvolto in diverse forme di responsabilità, da quelle derivanti dall'uso diretto del modello a quelle legate alla sua creazione e distribuzione. Anche i danni indiretti, come le discriminazioni o l'errore di traduzione che influiscono su persone vulnerabili, sono aspetti cruciali da considerare. La tecnologia da sola non è mai responsabile: è il contesto sociale, legale e umano che deve essere continuamente monitorato e regolato per evitare abusi.
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