La moderna concezione di pressione in un fluido è strettamente legata alla visione di Leonhard Euler sull'elasticità dei fluidi comprimibili (Suisky, 2009, pp. 8–9). In alcune parti delle sue Recherches, l'uso dell'elasticità da parte di Johann Euler sembra anticipare la nozione contemporanea di densità di corrente o flusso di corrente. La concezione moderna di pressione è stata sviluppata in parte grazie ai lavori di Isaac Newton e Leonhard Euler (Chalmers, 2017, pp. 166–171). La matimatizzazione proposta da Johann Euler è un passaggio fondamentale nell’evoluzione del pensiero scientifico che ha portato alla comprensione dei fenomeni elettrici e della dinamica dell’etere.
Nel secondo volume delle Recherches, Johann Euler descrive il movimento della sua versione dell’etere all’interno di un poro ipotetico ABCD di un corpo indefinito. Per descrivere matematicamente questo movimento, Euler utilizza concetti comuni alla dinamica dei fluidi dell'epoca, applicandoli all’etere. Nella sezione AB, la densità dell’etere è definita come π, mentre nella sezione PM è φ. Euler stabilisce una relazione tra densità ed elasticità. Quando la densità in una sezione del poro è unitaria, l'elasticità in quella stessa sezione assume il valore di n. Di conseguenza, l’elasticità dell’etere in AB è nπ, mentre in PM è nφ. La velocità dell’etere in AB è ω, e in PM è γ. Inoltre, l'area della sezione trasversale AB è f², e l'area di PM è y², secondo la notazione moderna.
Considerando il movimento dell’etere da ABPM a A’B’P’M’ dopo un intervallo di tempo dt, Euler costruisce un’equazione che rappresenta la variazione della quantità di etere in quella parte del poro. Successivamente, considera la forza esercitata dalla differenza di elasticità dell’etere nella porzione PMpm, che porta a un’espressione di “forza acceleratrice” (Euler, 1759, p. 138) espressa come ny²dx, che nella notazione moderna corrisponde a un’unità dimensionale di accelerazione. Utilizzando questa espressione, e sapendo che la velocità aumenta di ωdt, Euler costruisce un’altra equazione per il movimento dell’etere, che risulta nella forma:
Così, Johann Euler riesce a matematicizzare la sua teoria dell’etere per i fenomeni elettrici attraverso le equazioni (3.1) e (3.2) (Euler, 1759, pp. 136–140). Sebbene a priori una soluzione simultanea per entrambe, insieme alle condizioni iniziali e al contorno, sia sufficiente a descrivere la densità e la velocità dell’etere in qualsiasi caso sotto le sue ipotesi iniziali, Euler ammette che “i confini dell'analisi ci fermano qui prontamente, e non potremmo risolvere, in modo generalizzato, le due equazioni che abbiamo appena trovato” (Euler, 1759, p. 139).
Tuttavia, utilizzando queste equazioni in casi specifici, Euler è in grado di spiegare alcuni fenomeni elettrici, come l’attrazione elettrica. Quando le derivate parziali rispetto al tempo sono nulle, è possibile stabilire una relazione matematica tra le densità φ e π risolvendo le equazioni (3.1) e (3.2). In questo modo, otteniamo:
Nel caso in cui le densità non variano significativamente lungo il poro, Euler giunge alla relazione finale:
Questa equazione, basata su un’approssimazione, è valida solo perché si assume che la densità dell’etere non vari lungo il poro ABCD. In questo caso, l’etere è considerato incomprimibile. Tuttavia, se si mantiene la compressibilità del fluido, l’equazione si modifica come segue:
La soluzione di questa equazione è una quadratica rispetto alla variabile y. Nel caso in cui la densità rimanga costante lungo il tubo, l’elasticità – che è n (costante) volte la densità – rimarrà invariata.
In sintesi, con le equazioni mostrate, Johann Euler ha matematicizzato la dinamica dell’etere per spiegare i fenomeni elettrici. Così, nel XVIII secolo, nasce una teoria matematicamente strutturata dell’etere, basata sulla formalizzazione algebrica che stava diventando comune nella dinamica dei fluidi del tempo. Johann Euler, con la sua matematizzazione, ha permesso una comprensione più profonda dell’attrazione elettrica. Ha osservato che quando la velocità ω è maggiore, l'elasticità nπ diminuisce, e viceversa. Questo rapporto quantitativo spiega il comportamento di attrazione tra i corpi elettrificati, come mostrato nella figura 3.2. Sebbene la relazione sia valida solo quando il movimento dell’etere è diventato permanente, Euler sostiene che le sue conclusioni possano essere applicate anche quando il movimento si sta avvicinando alla permanenza. In altre parole, i principi generali possono essere applicati fin dai primi momenti del movimento.
La spiegazione dei fenomeni elettrici proposta da Johann Euler, dunque, non solo ha gettato le basi della moderna teoria dell’etere, ma ha anche aperto la strada a una comprensione matematica rigorosa dei fenomeni elettrici, che sarebbe stata sviluppata ulteriormente nei secoli successivi.
Come la Matematizzazione delle Scienze Modella la Conoscenza e l'Esperimento
Nel corso della storia delle scienze, la matematica ha sempre giocato un ruolo cruciale, non solo come strumento per registrare fenomeni naturali, ma anche come mezzo per manipolare la realtà, influenzandola direttamente. La sua evoluzione come linguaggio scientifico è stata, e continua a essere, un processo dinamico che ha accompagnato le trasformazioni nelle nostre teorie del mondo naturale. Come sostengono Lenhard e Carrier (2017), la matematica funge da mediatore tra teoria e osservazione: essa non è solo un mezzo per descrivere fenomeni esistenti, ma anche uno strumento di intervento nella natura stessa, in grado di generare nuove realtà attraverso modelli matematici.
Uno degli aspetti più rilevanti di questa funzione mediatica è il passaggio dal modello teorico alla verifica sperimentale, un processo che si arricchisce notevolmente nell'era dei Big Data. In un approccio basato sui dati, la ricerca non si fonda su un modello preesistente che definisce cosa sia significativo, ma esplora direttamente i dati stessi, lasciando che siano questi ultimi, attraverso il ragionamento matematico, a suggerire nuove ipotesi. In ambito farmaceutico, ad esempio, la ricerca spesso prende piede in questo modo: i dati e i modelli matematici diventano una fonte di ipotesi più che una mera verifica di quelle già formulate.
Parallelamente, la matematica viene utilizzata per "affinare" modelli teorici, un processo noto come "tuning". In questo caso, la matematica non solo riempie gli spazi numerici lasciati vuoti dalla teoria, ma arricchisce i modelli con correzioni e aggiustamenti che li rendono più raffinati e applicabili a fenomeni complessi. Tuttavia, questo processo non sempre comporta una vera e propria interpretazione fisica dei risultati; le modifiche numeriche possono rimanere prive di una spiegazione tangibile, ma restano funzionali al miglioramento del modello.
La discretizzazione dei modelli matematici è un altro esempio di come la matematica si distacchi dalla semplice rappresentazione della realtà fisica. La parametrizzazione, ad esempio, cerca di bilanciare l'accuratezza della descrizione con la sua maneggevolezza, stabilendo un compromesso tra precisione e praticità. La matematica, in questo contesto, si rivela non come un mezzo perfetto per spiegare il mondo, ma come un "buon abbastanza", una soluzione pragmatica che permette di risolvere problemi complessi con risultati utili sebbene approssimativi.
Un altro elemento fondamentale della matematica applicata è l'idealizzazione. Come suggerito da Weisberg (2013), l'idealizzazione non è altro che una distorsione intenzionale della realtà, necessaria per semplificare i modelli e renderli trattabili. L'idea di semplificare oggetti e relazioni per ottenere modelli matematici più gestibili è essenziale, ma non priva di complessità. De-idealizzare un modello è un processo difficile e spesso impossibile in presenza di limiti asintotici o singolarità, che rendono le idealizzazioni indispensabili per la comprensione di certi fenomeni. La matematica, in questi casi, non è più solo uno strumento di rappresentazione, ma acquisisce un vero e proprio potere esplicativo che spinge a riconsiderarla non solo come un mezzo, ma come una parte integrante della spiegazione scientifica.
In questo contesto, le riflessioni di Lenhard e Carrier (2017) riguardo al "paradosso dell'utensile" sono particolarmente significative. Quando la matematica diventa indispensabile per spiegare fenomeni complessi, essa rischia di uscire dalla sfera degli strumenti epistemologici e di diventare una parte ontologica del nostro modello scientifico. Ciò implica che la matematica non sia solo il linguaggio tramite il quale comunichiamo le nostre teorie, ma una componente essenziale della realtà che stiamo cercando di descrivere.
Questa visione trova conferma nelle scoperte storiche riguardanti il comportamento elettrico. All'inizio del XVIII secolo, i filosofi naturali erano divisi in due categorie: gli oggetti elettrici, che attraevano corpi leggeri dopo essere stati strofinati, e gli oggetti non elettrici, che non avevano questa proprietà. Il termine "elettrico" deriva dal greco ēlektron, che indicava l'ambra, il materiale che dava luogo a questo fenomeno. Questi concetti, originariamente formulati da filosofi come Platone, si sono evoluti nel corso del tempo, con scienziati come William Gilbert che nel suo De Magnete descriveva il fenomeno dell'attrazione elettrica come dovuto all'emissione di "effluvia", ossia emanazioni invisibili da corpi elettrizzati. Nonostante le limitate conoscenze dell'epoca, l'introduzione di dispositivi come il generatore triboelettrico di Hauksbee ha portato a una comprensione più profonda dell'elettricità, permettendo di formulare teorie sempre più precise grazie all'uso della matematica.
Oggi, il legame tra matematica e scienza è più stretto che mai. Non si tratta solo di applicare modelli matematici a fenomeni osservati, ma di utilizzare la matematica stessa come strumento per manipolare e predire nuovi fenomeni. La validità della matematica non è più solo una questione di corrispondenza tra teoria e osservazione, ma si misura attraverso la sua capacità di produrre risultati pratici e tecnici, come la navigazione satellitare o la previsione della traiettoria di un proiettile. La matematica, quindi, non è solo un linguaggio, ma un vero e proprio strumento di potere nella comprensione e nel controllo del mondo naturale.
In sintesi, la matematizzazione delle scienze non solo ha arricchito il nostro modo di comprendere il mondo, ma ha anche ridefinito il ruolo della matematica stessa, spingendola oltre il semplice strumento di descrizione e verso una nuova dimensione, quella di parte integrante della spiegazione scientifica. Questo cambiamento ha implicazioni profonde per il nostro modo di pensare alla scienza e alla realtà che essa cerca di rappresentare.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi della matematizzazione nelle teorie fisiche?
Il rapporto tra matematica e fisica, spesso inteso come una questione di strumenti e metodi, assume un'importanza cruciale nella comprensione di fenomeni naturali complessi. Alcuni autori, come Bohm, hanno sottolineato i rischi legati all'uso eccessivo della matematica nelle spiegazioni fisiche, rilevando come la matematizzazione possa talvolta allontanarsi dalla realtà fisica concreta, sostituendo la descrizione dei fenomeni con astrazioni che rendono difficile la comprensione del loro meccanismo sottostante. Esaminando le opere di altri autori, come Scientific Nihilism di Daniel Athearn, emergono critiche simili riguardo al vuoto epistemologico che deriva da teorie fisiche che si fondano troppo sui modelli matematici, dimenticando il legame con il mondo empirico e le spiegazioni meccanicistiche.
L'effetto negativo principale dell'uso della matematica in fisica, per come è trattato in questo libro, riguarda proprio il suo potenziale di creare un rapporto conflittuale con gli aspetti più tangibili e meccanistici di una teoria. In alcuni casi, infatti, la matematizzazione può minare il ragionamento meccanicistico, essenziale per il progresso delle teorie fisiche. Un esempio interessante è quello di Coulomb, i cui risultati matematici, pur estremamente precisi, non riescono a catturare la concretezza della spiegazione meccanica dei fenomeni elettrici, come invece riusciva a fare Johann Euler, sebbene anche la sua spiegazione sia limitata, incapace di affrontare fenomeni complessi come quelli descritti dalla Leyden jar.
Queste due visioni, sebbene apparentemente antitetiche, mostrano due diversi tipi di "perdite epistemiche". Nel caso di Coulomb, la perdita riguarda la rilevanza della meccanica nella teoria, portando a una contraddizione nel modello. Nel caso di Euler, la perdita riguarda la superficialità nella trattazione di fenomeni più complessi, che non può essere adeguatamente spiegata attraverso il suo approccio. Tuttavia, entrambi i modelli hanno anche guadagni epistemici: Coulomb è riuscito a legare esperimenti quantitativi ai risultati matematici, mentre Euler ha mantenuto un'astrazione fisica che ha permesso di costruire un modello meccanico solido.
Franz Aepinus rappresenta un caso in cui non si riscontrano perdite epistemiche evidenti. La sua matematizzazione, infatti, non solo permette di predire nuovi risultati e di coniugare la matematica con la teoria e l’esperimento, ma mantiene anche un forte legame con il ragionamento meccanico quando necessario. Aepinus è, dunque, un esempio di come una matematizzazione "costruttiva" possa beneficiare sia delle astrazioni matematiche che delle spiegazioni meccanistiche. Il suo approccio integra i guadagni epistemici di Coulomb e Euler, ma senza cadere nei loro rispettivi svantaggi.
Tuttavia, è fondamentale comprendere che il valore attribuito a questi guadagni e perdite dipende dal "attore storico", cioè dalla prospettiva e dalle convinzioni del singolo scienziato o pensatore in un determinato periodo storico. Un attore storico incline a credere nel meccanicismo, come nel caso dell’etere, potrebbe minimizzare la perdita epistemica nelle teorie di Euler, dando maggiore rilevanza al suo approccio meccanico. Al contrario, uno scienziato più propenso alla matematizzazione, come Coulomb, potrebbe trascurare le perdite epistemiche legate all’uso della matematica e adattare la sua teoria in un quadro che comprenda un fluido elettrico, risolvendo la contraddizione tra la distribuzione matematica del fluido e la teoria dei due fluidi elettrici.
La matematica, quindi, non è mai un mero strumento neutro, ma è sempre soggetta alle interpretazioni e alle priorità dei suoi utilizzatori. Un attore storico che rifiuta l’uso della matematica potrebbe interpretare come una "perdita epistemica" gli sviluppi matematici di Aepinus, pur riconoscendo, da un punto di vista diverso, che tali sviluppi hanno introdotto nuove possibilità esplicative. Così, ciò che per alcuni è un guadagno epistemico potrebbe essere visto come una perdita da altri, in funzione delle loro convinzioni ontologiche e metodologiche.
In definitiva, l’uso della matematica nella fisica, pur portando significativi guadagni epistemici, comporta inevitabilmente dei compromessi. Ogni storico della scienza, o filosofo della scienza, deve essere consapevole che tali guadagni e perdite non sono assoluti, ma dipendono dalle scelte interpretative degli individui coinvolti nel processo storico. Queste scelte sono influenzate dalle convinzioni ontologiche di ciascun attore, dal suo contesto storico e dalle sue strategie di spiegazione. Pertanto, non è possibile decretare un "vincitore" assoluto tra i vari stili di matematizzazione, poiché questo dipenderebbe da una valutazione soggettiva e contingente che dipende dalle priorità epistemiche di ciascun scienziato.
L'analisi di come la matematica sia stata utilizzata per spiegare fenomeni fisici complessi rivela la profondità della questione epistemologica che riguarda le modalità con cui ogni scienziato ha visto la funzione della matematica nel suo campo. Le teorie fisiche, pertanto, non sono mai statiche e non esistono risposte definitive che possano chiudere una volta per tutte la questione dell'uso della matematica nelle spiegazioni fisiche. Ogni teoria è il risultato di un'interazione dinamica tra matematica, esperimento e teoria, con il rischio costante che l'enfasi su uno di questi aspetti possa far perdere di vista gli altri.
Come la Teoria di Franklin Spiega l'Interazione Elettrica tra Corpi Elettrificati
Secondo la Teoria di Franklin, il comportamento degli oggetti elettrificati può sembrare, a prima vista, in contraddizione con alcuni fatti osservati empiricamente. Un esempio chiaro è la tendenza dei corpi elettrificati, siano essi positivamente o negativamente carichi, ad attrarre altri corpi che possiedono solo la loro quantità naturale di elettricità, ovvero che non sono elettrificati. Tuttavia, questa apparente contraddizione può essere risolta ammettendo un fatto fondamentale che verrà dimostrato più avanti: nessun corpo, nel suo stato naturale, può avvicinarsi a un altro corpo elettrificato senza che esso stesso venga sottratto al suo stato naturale ed elettrificato. È proprio grazie a questo nuovo stato elettrico che il corpo inizialmente non elettrificato risponderà all'azione dell'altro corpo elettrificato. La rapidità con cui avviene questa transizione è tale che non è sorprendente che il corpo, al momento dell'interazione, sembri essere ancora nel suo stato naturale.
Immaginiamo ora che due corpi, A e B, siano entrambi elettrificati positivamente. Per capire l'effetto che ne risulta, dobbiamo ricordare che, nel caso in cui solo A fosse positivamente elettrificato, la seconda e la terza delle quattro forze menzionate precedentemente aumenterebbero in modo proporzionale, mentre le altre due forze rimarrebbero invariate. Se anche B è positivamente elettrificato, si verifica un incremento nelle forze di attrazione e repulsione tra i fluidi elettrici dei due corpi. In particolare, la forza di attrazione tra A e B sul fluido in B aumenterà, così come la forza di repulsione tra i due fluidi. Queste due forze finiranno per non bilanciarsi più, poiché la repulsione tra i due corpi diventerà dominante.
Supponiamo, per semplificare, che l'incremento del fluido in B raddoppi la seconda forza, quella che rappresenta la repulsione reciproca tra i fluidi. Se questo aumento non modifica altre forze in gioco, come la terza forza (che è l'attrazione tra i fluidi), il risultato sarà che la repulsione tra i corpi sarà più forte dell'attrazione, causando la repulsione reciproca dei due corpi. Questo è il motivo per cui, in qualsiasi situazione simile, i corpi elettrificati positivamente si respingeranno a vicenda.
Al contrario, se A è elettrificato positivamente e B negativamente, la forza di repulsione tra i fluidi sarà ridotta dal fluido negativo in B, mentre la forza di attrazione, che è positiva, prevarrà. In questo caso, quindi, i corpi si attrarranno.
Nel caso in cui entrambi i corpi siano negativamente elettrificati, l'equilibrio tra le forze sarà alterato a causa delle diverse intensità di attrazione e repulsione. Il fluido in B perderà parte della sua capacità di repulsione, mentre la forza di attrazione diminuirà in misura minore, causando così un effetto di repulsione tra i due corpi.
Questi fenomeni possono essere facilmente verificati tramite esperimenti. Per esempio, sospendendo due piccole sfere di sughero o di midollo di sambuco da fili di crine di cavallo, collegate a due aste di materiale idioelettrico come vetro o cera spagnola, è possibile osservare il comportamento delle sfere sotto diverse condizioni di elettrificazione. Se, ad esempio, un tubo di vetro viene elettrificato per sfregamento e successivamente tocca i punti di sospensione, le sfere si respingeranno tra loro, confermando la validità della teoria di Franklin.
Un altro esperimento interessante riguarda l'elettrificazione di un corpo con cera spagnola, che produce una carica negativa. In questo caso, se uno dei punti di sospensione viene toccato con il bastone di cera spagnola e l'altro con un tubo di vetro elettrificato, le due sfere si attireranno tra loro, dimostrando il comportamento di corpi elettrificati con segni opposti di carica.
Questi esempi sperimentali non solo confermano la teoria, ma mostrano anche come l'elettricità e le sue leggi possano essere osservate in azione, rafforzando la nostra comprensione delle forze che governano il comportamento degli oggetti elettrificati. È fondamentale, quindi, comprendere che l'interazione tra i corpi non si limita all'attrazione o alla repulsione in maniera semplice, ma dipende da un delicato equilibrio tra le forze in gioco, che può variare a seconda delle condizioni elettriche di ciascun corpo.
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