La forza assiale 1Fx(= 1Fxb), che agiva già sull'elemento nel punto C1, subirà una rotazione seguendo la rotazione rigida [vedi Figura 4.4(c)]. Il risultato complessivo dei tre effetti descritti è che le forze iniziali vengono orientate lungo l'asse ruotato dell'elemento a traliccio, mentre la loro grandezza rimane invariata, il che implica che l'equilibrio dell'elemento è preservato dopo la rotazione rigida del corpo. È importante aggiungere che l'osservazione precedente riguardo le caratteristiche rigide della matrice di rigidità geometrica [kg] è coerente con la regola del corpo rigido presentata nella Sezione 3.5. Infatti, se si lascia {u}r rappresentare un qualsiasi moto di corpo rigido, è possibile dimostrare che l'incremento di deformazione εxx rimarrà pari a zero.

La relazione tra le forze assiali iniziali è espressa come Fxl = −Fxn, oppure Fxl + Fxn = 0. Sostituendo questa equazione nella precedente, otteniamo che 2 2Fx = 1Fx(1 + 1e), il che equivale a 1 1Fx, poiché si realizza che 1e = (2L − L)/L = 0 per una barra che subisce rotazioni rigide del corpo. Ancora una volta, è stato dimostrato che per un elemento a traliccio sottoposto a qualsiasi rotazione rigida del corpo, la forza assiale iniziale 1Fx che agisce sull'elemento sarà sempre diretta lungo l'asse (ruotato) del membro senza alcun cambiamento nella grandezza della forza che agisce.

Va sottolineato che la matrice [kg] lavora con il vettore delle forze iniziali {1f} per trattare i comportamenti rigidi delle forze iniziali che agiscono sull'elemento. Non dovrebbe essere considerata semplicemente come una matrice simile alla matrice [ke] per il calcolo dell'incremento delle forze. Piuttosto, la matrice [kg] e gli effetti che essa rappresenta dovrebbero sempre essere inclusi nelle procedure per l'aggiornamento delle forze nodali iniziali (basato sulla regola del corpo rigido) in un'analisi non lineare incrementale-iterativa. Inoltre, per evitare di introdurre forze fittizie dovute ai moti rigidi, sia la matrice [ke] che la matrice [s1] dovrebbero essere considerate insieme in una procedura di recupero delle forze. Lo stesso vale per le due matrici [s2] e [s3].

Le matrici di rigidità di ordine superiore [s1] e [s2] presentate nella Sezione 4.2 sembrano essere asimmetriche, mentre la matrice [s3] è vantaggiosamente mostrata come simmetrica. Se una matrice è simmetrica o meno può influire sull'efficienza nell'implementazione e nell'esecuzione di un programma di analisi computazionale. In letteratura, la somma delle due matrici [s1] e [s2] è stata indicata come la matrice 1/2[N1] o 1/2[k1], nota per essere simmetrica. In questa sezione, verrà mostrato come matrici di rigidità equivalenti [s2]eq e [s3]eq, che possiedono la caratteristica particolare della simmetria, possano essere derivate dalle matrici [s2] e [s3], basandosi sulle caratteristiche comuni delle tre matrici: [s2], [s3] e [kg].

Sottraendo la matrice di rigidità [s2]eq dalla somma delle matrici [s1] e [s2], è possibile derivare una matrice di rigidità equivalente [s1]eq che appare simmetrica, dimostrando così che esiste una forma equivalente simmetrica anche per la matrice [s1]. La comparazione tra le equazioni (4.33) e (4.35)–(4.36) mostra che le componenti di forza generate dalle matrici [s2] e [s3] sono identiche nelle loro forme a quelle della matrice [kg], se il parametro di forza 1Fx associato alla matrice [kg] viene sostituito con gli incrementi di forza Fxl e Fxn associati alle matrici [s2] e [s3], rispettivamente.

Tale analogia si osserva anche nella discussione precedente riguardante l'allungamento dei membri a traliccio, dove è noto che l'effetto delle matrici [kg], [s2] e [s3] è in effetti quello di trasformare le componenti di forza 1Fx, Fxl (= [ke]{u}), e Fxn (= [s1]{u}) dall'asse C1 all'asse C2, moltiplicandole per il fattore di allungamento (1 + 1e). Da notare che i parametri di forza 1Fx, Fxl (= [ke]{u}) e Fxn (= [s1]{u}) sono tutti legati al termine di deformazione lineare virtuale δexx nelle espressioni del lavoro virtuale, mentre le matrici [kg], [s2] e [s3] sono tutte legate al termine di deformazione non lineare virtuale δηxx.

Sostituendo il parametro di forza 1Fx = (1Fxb) nella matrice di rigidità geometrica [kg] dell'equazione (4.27) con gli incrementi di forza Fxl e Fxn, otteniamo, rispettivamente, espressioni equivalenti per le matrici [s2] e [s3].

Le matrici equivalenti simmetriche [s2]eq e [s3]eq, e la somma delle due Δ[kg] = [s2]eq + [s3]eq, sono spesso denominate come la matrice Δ[kg], e hanno un ruolo molto simile a quello della matrice [kg] nel calcolo delle forze elementari. Dal momento che esse rappresentano un effetto di ordine superiore rispetto alla matrice [kg], l'uso delle matrici di rigidità simmetriche [s1]eq, [s2]eq e [s3]eq può comportare un aumento dell'efficienza computazionale, rispetto all'uso delle matrici asimmetriche originali [s1], [s2] e [s3].

In conclusione, l'approccio delle matrici equivalenti simmetriche e la loro inclusione nelle analisi non lineari incrementali-iterative rappresentano un miglioramento significativo in termini di efficienza, senza sacrificare la precisione del modello, particolarmente per strutture complesse come i tralicci.

Qual è il Ruolo delle Teorie Incrementali nell'Analisi di Instabilità Strutturale?

La teoria incrementale gioca un ruolo fondamentale nell'analisi dell'instabilità strutturale, specialmente per strutture che non presentano deformazioni significative prima del cedimento, cioè strutture con deformazioni pre-buckling trascurabili. L'approccio incrementale offre vantaggi significativi nell'analisi di strutture complesse, come ad esempio le travi spaziali non lineari. In questa teoria, si considerano due fasi principali nel processo di buckling: la fase pre-buckling, in cui le deformazioni sono considerate sufficientemente piccole da poter essere trascurate nell'analisi successiva, e la fase di buckling vera e propria, in cui le deformazioni diventano predominanti e devono essere analizzate con maggiore attenzione.

L'analisi incrementale si distingue per il fatto che le equazioni di buckling e le condizioni al contorno naturali per una trave tridimensionale vengono espresse in forma incrementale. Questa espressione facilita l'integrazione diretta delle equazioni nel calcolo degli elementi finiti non lineari. L'analisi di buckling in due fasi permette di trattare i carichi critici strutturali in modo più dettagliato, separando il comportamento della struttura prima del buckling da quello durante il buckling stesso.

Nel caso di strutture che non presentano deformazioni significative prima del cedimento, la prima fase consiste nel determinare la deformazione dalla configurazione iniziale (C0) alla configurazione C1, sotto l'applicazione di carichi esterni che vanno da zero a un certo livello. Questa fase è definita come la fase pre-buckling, durante la quale le deformazioni sono così piccole che possono essere trascurate nella fase successiva di analisi. A partire da questa fase, si può determinare la forza interna di ogni componente della struttura in risposta al carico di riferimento, utilizzando le tecniche di analisi lineare convenzionali.

La seconda fase riguarda il biforcarsi della struttura dalla configurazione iniziale C1 alla configurazione finale di buckling C2. In questa fase, i carichi esterni rimangono generalmente costanti, mentre possono verificarsi spostamenti di grande entità in direzioni non parallele a quelli delle deformazioni pre-buckling. In altre parole, la seconda fase si concentra sul comportamento della struttura una volta che essa inizia a deformarsi in modo significativo, superando i limiti delle piccole deformazioni iniziali.

Un esempio concreto dell'applicazione della teoria incrementale riguarda le colonne soggette a compressione assiale. Nel primo stadio, il carico esterno di compressione aumenta da zero a un certo valore P. Durante questa fase, tutte le forze interne sono nulle e l'unica forza esterna applicata è la compressione assiale. Le condizioni al contorno naturali sono definite da un insieme di equazioni che determinano il comportamento della colonna sotto carico. Al termine di questa fase, si ottengono le informazioni necessarie per iniziare la seconda fase, che riguarda il buckling vero e proprio, caratterizzato dalla biforcazione della struttura e dal manifestarsi delle deformazioni di buckling.

Durante la fase di buckling, le equazioni di buckling non lineari si riducono a una forma più semplice, permettendo di calcolare il carico critico che porterà al cedimento della struttura. Il carico critico per il buckling torsionale, ad esempio, può essere calcolato utilizzando specifiche equazioni che dipendono dalle proprietà geometriche e dai materiali della colonna. La soluzione delle equazioni consente di determinare le modalità critiche di buckling e il carico necessario per innescare l'instabilità.

Nel caso di colonne sottoposte a torsione, la teoria incrementale si applica anch'essa, ma con delle peculiarità. La torsione viene generata da un momento torcenti applicato alla sommità della colonna, che viene trattato come un sistema di forze dirette. La prima fase dell'analisi riguarda l'applicazione del momento torcenti, con tutte le forze iniziali nulle, e l'analisi delle condizioni al contorno corrispondenti. Le equazioni di buckling per il carico torcenti sono risolte separatamente, e le modalità critiche di buckling possono essere determinate considerando le condizioni al contorno specifiche per il caso di torsione.

Un altro aspetto importante da considerare riguarda l'effetto delle deformazioni non lineari sulla determinazione del carico critico. Mentre negli approcci classici il carico critico è spesso calcolato utilizzando formule semplificate, la teoria incrementale introduce modifiche che prendono in considerazione gli effetti non lineari, come il termine (π²Iz)/(AL²) nel calcolo del carico critico. Sebbene questo termine abbia un impatto minimo nella maggior parte dei casi pratici, la sua inclusione offre una maggiore precisione nell'analisi di strutture complesse.

Quando si applica la teoria incrementale a strutture con condizioni al contorno particolari, come nel caso di colonne semplicemente appoggiate, è possibile derivare equazioni caratteristiche che consentono di calcolare i carichi critici di buckling in modo preciso. Per esempio, nel caso di una colonna appoggiata, le condizioni al contorno impongono che le deformazioni trasversali siano nulle agli estremi della colonna, e da queste condizioni si possono derivare equazioni che permettono di determinare il coefficiente critico di buckling e il relativo carico critico.

Questa metodologia offre un approccio potente per affrontare problemi di instabilità strutturale, specialmente in presenza di carichi complessi e geometrie non lineari. È importante comprendere che, pur essendo la correzione degli effetti non lineari generalmente piccola, essa può influenzare significativamente il comportamento di strutture altamente caricate o con geometrie particolari. Questo approccio incrementale, pur richiedendo una certa sofisticazione computazionale, permette di ottenere risultati molto più accurati rispetto ai metodi classici, che spesso trascurano questi effetti.

Come si gestiscono i punti limite e la stabilità nell’analisi non lineare incrementale-iterativa delle strutture

Un parametro fondamentale nell’analisi strutturale non lineare è il CSP (Controllo di Stabilità del Punto), il quale tende ad aumentare quando una struttura è caricata nella fase di irrigidimento e a diminuire durante la fase di ammorbidimento. Quando la struttura raggiunge i punti limite sulle curve carico-spostamento, il CSP si annulla, segnalando un passaggio critico tra stabilità e instabilità. Un CSP positivo indica una regione stabile in cui il carico esterno può essere aumentato progressivamente, mentre un CSP negativo identifica una regione instabile in cui il carico deve invece essere ridotto.

L’analisi incrementale-iterativa non lineare si basa sulla risoluzione simultanea di N componenti di spostamento e di un fattore di carico aggiuntivo, che permette di affrontare problemi critici come i punti limite, evitando di iterare a carichi costanti. La formulazione matematica di questa problematica consiste nel sistema di equazioni che combina l’equilibrio strutturale con un’equazione vincolare che coinvolge tutti i parametri del sistema, compresi spostamenti e carico.

Un aspetto cruciale del metodo è la scelta della costante e del vettore che definiscono la condizione vincolare, i quali determinano la stabilità e l’efficacia del processo iterativo. La matrice di rigidezza tangente della struttura viene così estesa a uno spazio dimensionale superiore (N+1) per includere il fattore di carico, con una decomposizione che evidenzia la dipendenza della stabilità dal determinante della matrice generalizzata di rigidezza.

Quando si raggiunge un punto limite, il determinante della matrice di rigidezza originale si annulla, provocando l’annullamento anche di quello della matrice generalizzata, segnalando un potenziale fallimento del metodo iterativo classico. Ciò significa che ogni metodo basato sulla condizione vincolare di tipo lineare rischia di non convergere in prossimità di questi punti critici. Tuttavia, è importante sottolineare che i punti limite o i cosiddetti “snap-back” sono concetti matematici ideali, raramente osservabili nella pratica a causa degli errori numerici inevitabili nelle procedure computazionali.

La stabilità numerica di un metodo è definita dalla capacità di mantenere limitati i valori del carico e degli spostamenti incrementali durante l’intera storia di carico. La perdita di questo vincolo comporta instabilità numerica o divergenza nel processo iterativo. Pertanto, la scelta della condizione vincolare e dei parametri associati è essenziale per garantire la robustezza del metodo.

In aggiunta al testo sopra esposto, è rilevante comprendere che la modellazione non lineare di strutture deve sempre tener conto dell’inevitabile presenza di errori numerici, i quali possono influenzare sensibilmente la convergenza dei metodi iterativi. Inoltre, la complessità dei fenomeni fisici e geometrici nei carichi elevati richiede una continua verifica e, se necessario, l’adozione di tecniche di controllo avanzate per superare difficoltà legate a punti limite o instabilità locali. La comprensione profonda della natura matematica delle matrici di rigidezza e del loro ruolo nella stabilità numerica aiuta a sviluppare metodi più affidabili e robusti, fondamentali per una progettazione strutturale sicura e ottimizzata.

Come si analizzano le strutture intelaiate non lineari attraverso metodi computazionali basati sulla fisica?

L’analisi delle strutture intelaiate non lineari richiede una comprensione profonda dei comportamenti meccanici sotto diversi tipi di carichi e condizioni al contorno, che si riflettono in fenomeni quali il piegamento, la torsione e la deformazione plastica. Nei sistemi intelaiati, elementi come telai angolari con cerniere o vincoli fissi sono soggetti a momenti flettenti e spostamenti complessi, che possono essere rappresentati tramite curve momento-spostamento ottenute da modelli strutturali numerici accurati. Questi modelli devono tenere conto delle interazioni tra gli elementi di tipo trave e piastra, in funzione delle specifiche geometrie e dei vincoli presenti.

L’approccio computazionale si avvale di sofisticate tecniche numeriche per risolvere le equazioni non lineari che descrivono lo stato deformato della struttura. Un ruolo centrale è giocato dalla rappresentazione configurazionale dello stato attuale della struttura, dove si distinguono la configurazione iniziale non deformata (C0), la configurazione deformata nota (C1) e la configurazione deformata attuale da determinare (C2). Questa distinzione permette di definire le quantità meccaniche come tensioni, deformazioni e forze in modo incrementale, seguendo il progresso delle deformazioni e rotazioni della struttura.

Gli elementi di trave e piastra sono caratterizzati da parametri geometrici e materiali che influenzano la rigidezza e il comportamento globale. Le grandezze come l’area della sezione trasversale (A), i moduli elastici (E), e i tensori di deformazione incrementale (ad esempio, la parte lineare del tensore di Green o di Euler riferito alle diverse configurazioni) sono essenziali per costruire un modello accurato e predittivo. Inoltre, si introduce la nozione di momenti interni e momenti torcenti, come QT-1, QT-2 e ST, che agiscono su giunti e membri, determinando condizioni di equilibrio complesse che devono essere analizzate con attenzione per evitare instabilità strutturali.

Nell’ambito della modellazione numerica, la parametrizzazione delle coordinate nodali e degli elementi strutturali è fondamentale. Le coordinate di ogni elemento sono calcolate attraverso proiezioni mediate e nuovi assi locali, consentendo di tenere conto delle rotazioni finite e delle deformazioni non lineari. L’equilibrio delle forze e dei momenti viene monitorato a ogni passo incrementale, verificando la coerenza delle soluzioni con le condizioni imposte.

Un aspetto particolarmente rilevante riguarda il tempo computazionale necessario per l’analisi. A seconda della complessità del modello (ad esempio, elementi beam vs elementi plate) e della precisione richiesta, i tempi di calcolo possono variare sensibilmente, influenzando le scelte metodologiche degli ingegneri strutturisti. In questo senso, l’ottimizzazione dei modelli, bilanciando precisione e risorse computazionali, diventa un punto cruciale nello studio delle strutture non lineari.

La trattazione dei diversi tipi di carichi, inclusi carichi centrali su gusci sferici o cilindrici, nonché momenti torcenti applicati a telai angolari o a mensole, permette di approfondire i modi di instabilità e le modalità critiche di cedimento, distinguendo tra modalità simmetriche e antisimetriche. Questi studi sono fondamentali per progettare strutture resistenti e sicure, prevedendo e prevenendo fenomeni di collasso improvviso o deformazioni eccessive.

È importante sottolineare che i metodi di analisi descritti richiedono una solida comprensione sia dei principi di meccanica strutturale sia delle tecniche numeriche avanzate, quali l’uso di matrici di rigidezza incrementale, tensori costitutivi e procedure iterative per risolvere sistemi di equazioni non lineari. La complessità di tali analisi risiede anche nella necessità di mantenere la coerenza tra le configurazioni strutturali e le grandezze fisiche associate, evitando approssimazioni che potrebbero compromettere l’affidabilità delle previsioni.

Oltre a ciò, si deve considerare che la modellazione accurata delle condizioni al contorno — che siano incernieramenti, vincoli fissi o combinazioni di questi — influisce notevolmente sul comportamento globale della struttura e sui risultati ottenuti. La distinzione tra diversi tipi di giunti e vincoli determina le modalità di trasmissione dei carichi e dei momenti, influenzando anche la distribuzione delle deformazioni.

L’attenzione ai dettagli come la definizione delle forze agenti (forze lineari e non lineari incrementali, forze corpo, forze iniziali e aggiornate nelle varie configurazioni) consente di catturare in modo preciso la risposta dinamica e statica della struttura, migliorando la capacità predittiva del modello numerico. Tale dettaglio è imprescindibile quando si analizzano strutture complesse sottoposte a condizioni di carico non convenzionali o variabili.

Il lettore deve tenere a mente che la comprensione di queste tecniche apre la strada a una progettazione più consapevole e avanzata, dove la non linearità e la complessità dei comportamenti strutturali sono parte integrante del processo di analisi e progettazione. Le tecniche qui esposte sono alla base di software moderni di ingegneria strutturale, ma la loro efficacia dipende dalla capacità dell’utente di interpretare correttamente i risultati e di modellare con precisione la realtà fisica della struttura.