Le strutture cristalline degli ossidi e dei sali metallici sono governate da una distribuzione ordinata degli atomi o ioni che si dispongono in un reticolo regolare, in modo da minimizzare l'energia totale del sistema. Una delle caratteristiche fondamentali delle strutture cristalline è la coordinazione degli ioni e il riempimento dei vuoti presenti nella rete. I vuoti, o spazi interstiziali, sono spazi non occupati da atomi o ioni, ma che possono essere riempiti da altri ioni o atomi di dimensioni appropriate. Questi vuoti sono essenziali per determinare la stabilità della struttura e la sua reattività.

La coordinazione degli ioni, che si riferisce al numero di ioni adiacenti a un determinato ione in una struttura cristallina, gioca un ruolo cruciale nel determinare le proprietà fisiche e chimiche del materiale. Ad esempio, nelle strutture con un reticolo cubico a densità massima (CFC) o esagonale (HCP), i vuoti sono occupati in modo specifico da ioni di dimensioni appropriate. Il numero di vuoti riempiti dipende dalla configurazione della rete cristallina e dalle dimensioni degli ioni coinvolti.

Un esempio classico di struttura con un riempimento di vuoti ben definito è il cloruro di sodio (NaCl), che presenta una struttura cubica a densità massima, in cui ogni ione sodio è circondato da sei ioni cloro in un’orientazione ottaedrica. Questo tipo di coordinazione (6:6) è comune in molte strutture di sali alcalini. Un altro esempio è l'arseniuro di nichel (NiAs), che presenta anch’esso una struttura simile, ma con una disposizione leggermente differente, a causa della presenza di ioni con dimensioni differenti.

Le strutture MX2, come il fluoruro di calcio (CaF2), sono caratterizzate dalla presenza di vuoti tetraedrici riempiti da ioni di dimensioni appropriate. In questi casi, la coordinazione è 8:4, dove gli ioni di metallo sono disposti in una configurazione più complessa, e il riempimento dei vuoti è parzialmente influenzato dalla geometria degli ioni. L’esempio del CaF2 è significativo anche perché ci aiuta a comprendere come la differenza nelle dimensioni degli ioni possa influenzare la distribuzione e la quantità di vuoti riempiti nella struttura cristallina.

Un altro caso interessante è rappresentato dai composti del tipo MX3, come il biuriato di bismuto (BiI3). In questi materiali, la coordinazione è spesso di tipo 6:2, con una parte degli ioni disposti in modo da occupare due terzi dei siti ottaedrici disponibili, mentre altri sono parzialmente occupati. Questo tipo di struttura consente di comprendere come la relazione tra il numero di ioni e i vuoti interstiziali possa influenzare le proprietà chimiche, come la reattività e la stabilità termica del materiale.

Le strutture M2X3, come l’α-alumina (α-Al2O3), presentano una coordinazione 6:4, con due terzi dei siti ottaedrici occupati da ioni metallici, il che crea una stabilità notevole. La comprensione di come queste strutture cristalline si formano e di come i vuoti vengano riempiti è fondamentale non solo per la chimica solida, ma anche per la progettazione di materiali con proprietà specifiche, come catalizzatori, materiali resistenti al calore o per l’elettronica.

Nei minerali di silicato, la coordinazione assume un ruolo ancora più importante, poiché le unità di SiO4–4 (tetraedri di silice) possono condividere angoli di ossigeno in modi che determinano la formazione di catene, anelli e strutture tridimensionali. Le catene infinite di SiO4–4, come quelle presenti nei minerali del gruppo dei pirosseni, sono un esempio di come la coordinazione degli atomi possa influenzare la formazione di strutture minerali che sono alla base della crosta terrestre.

Le differenze nelle strutture dei silicati, come nel caso delle mica o dei feldspati, sono determinate dalla diversa distribuzione degli ioni e dalla loro coordinazione. La mica, ad esempio, presenta una struttura a strati, in cui i tetraedri di silice sono legati da cationi di metallo che si trovano tra i vari strati. Questo tipo di disposizione consente alla mica di avere una scissione facile lungo i piani di strato, una proprietà che è stata sfruttata in numerosi applicazioni industriali.

Oltre alla coordinazione e al riempimento dei vuoti, è essenziale comprendere come la dimensione degli ioni e la loro polarisabilità influenzino la stabilità e le proprietà fisiche delle strutture cristalline. Gli ioni di maggiore dimensione, infatti, occupano spazi interstiziali più grandi, mentre ioni di dimensioni minori si inseriscono più facilmente in spazi più piccoli, dando luogo a diverse configurazioni strutturali. Inoltre, la polarisabilità degli ioni, che dipende dalla distorsione del loro campo elettronico in risposta all'ambiente circostante, può influenzare il comportamento della struttura, come nel caso dei sali che presentano proprietà dielettriche o magnetiche particolari.

In sintesi, la coordinazione e il riempimento dei vuoti sono concetti fondamentali per comprendere la stabilità e le proprietà fisiche e chimiche delle strutture cristalline. La capacità di un materiale di adattarsi a differenti configurazioni strutturali in risposta a variazioni nei tipi di ioni o nei loro raggi ionici è alla base della diversità delle proprietà dei materiali, che variano dalla durezza e dalla resistenza termica alla reattività chimica e alla conducibilità elettrica.

Qual è la natura dei difetti strutturali nei monossidi di titanio e come influenzano le loro proprietà elettroniche?

Il sistema Ti–O esibisce una notevole varietà di fasi non stechiometriche che si distribuiscono attorno alla composizione ideale TiO, con un intervallo che va approssimativamente da TiO₀.₆₅ a TiO₁.₂₅. Le peculiarità strutturali e le proprietà elettroniche emergono con particolare intensità nella fascia superiore, compresa tra TiO₁.₀₀ e TiO₁.₂₅. È in quest’area che la disposizione ordinata dei difetti rivela le sue implicazioni più profonde sulla natura della conduzione elettronica e sulla morfologia cristallina.

Alla composizione stechiometrica TiO₁.₀₀, la struttura cristallina può essere interpretata come una variante del reticolo tipo NaCl, con vacanze simultanee nel sottoreticolo metallico e in quello anionico. Precisamente, manca un sesto degli atomi di titanio e un sesto degli atomi di ossigeno. A temperature superiori a 900°C, queste vacanze sono distribuite in modo casuale, conferendo disordine al sistema. Tuttavia, al di sotto di tale soglia termica, si instaura un ordine spaziale nei difetti, rivelando una superstruttura chiaramente distinguibile, con confini di cella unitaria che divergono da quelli della struttura NaCl perfetta. Questa nuova cella unitaria assume simmetria monoclina, a causa della deviazione dell’angolo β dal valore ortogonale.

L’ordinamento dei difetti nelle direzioni diagonali del reticolo induce una configurazione in cui, lungo piani ben definiti, ogni secondo atomo risulta assente. Tale periodicità nei difetti comporta una riduzione locale della densità atomica e, con essa, un fenomeno di contrazione del reticolo sufficiente a generare una sovrapposizione significativa degli orbitali 3d del titanio. Questa sovrapposizione, insolita nei monossidi dei metalli di transizione, ha l’effetto di allargare la banda di conduzione e conferire al composto una conduttività elettronica di tipo metallico. L’apparente paradosso tra l’ordinamento strutturale e il comportamento elettronico rivela la profonda interrelazione fra i difetti strutturali e la funzionalità materiale.

Progredendo verso la composizione limite TiO₁.₂₅, la struttura conserva l’ossatura tipo NaCl, ma presenta una diversa modalità di difettività: tutte le posizioni anioniche sono occupate, mentre una su cinque delle posizioni cationiche risulta vacante. Il risultato è una nuova superstruttura in cui i vuoti di titanio si dispongono ordinatamente lungo piani paralleli. La regolarità nella mancanza dei cationi si traduce in un reticolo modulato in modo prevedibile, il che suggerisce l’emergere di domini strutturali distinti all’interno del solido.

Le fasi intermedie, comprese tra TiO₁.₀₀ e TiO₁.₂₅, non mostrano una singola struttura omogenea, bensì una compenetrazione di porzioni strutturalmente differenti, riconducibili ai limiti superiori e inferiori dell’intervallo. Si parla quindi di una tessitura intergradata, dove microdomini ordinati si alternano in modo complesso, dando luogo a una realtà cristallografica ibrida.

È cruciale notare che, sebbene ci si riferisca spesso a queste strutture come TiO₁.₂₅, una descrizione più accurata, in linea con la nomenclatura utilizzata per sistemi simili come ‘FeO’, sarebbe Ti₀.₈O (ovvero Ti₁₋ₓO), poiché ciò evidenzia la presenza di vacanze cationiche piuttosto che l’introduzione di ossigeni interstiziali. Tale distinzione è più che semantica: influisce sulla comprensione delle interazioni elettroniche, della stabilità termodinamica e del comportamento chimico del materiale.

La singolarità del monossido di titanio risiede nella sua capacità di combinare l’ordine dei difetti con proprietà macroscopiche tipiche di sistemi metallici. L’intimo legame tra vacanze reticolari, simmetria cristallina e larghezza della banda di conduzione rivela un equilibrio complesso che non può essere ignorato nella progettazione di materiali funzionali, specialmente laddove la conduzione elettronica sia un requisito chiave.

Infine, è importante considerare che i difetti non sono limitati alla scala puntuale. Le dislocazioni lineari, come quelle a spigolo o a vite, rappresentano difetti estesi che alterano profondamente la morfologia cristallina e la risposta meccanica del materiale. Una dislocazione a spigolo comporta l’inserimento di un semipiano atomico che deforma localmente la rete cristallina, mentre una dislocazione a vite implica una torsione elicoidale della struttura, spesso legata alla crescita preferenziale dei cristalli. Queste dislocazioni, pur indebolendo la coesione interna del cristallo, fungono da centri di reattività chimica aumentata e si rivelano fondamentali nei processi catalitici e di nucleazione.

Anche i difetti planari, come i bordi di grano, le geminazioni e i difetti da impilamento, giocano un ruolo cruciale. Nei materiali policristallini, i bordi di grano ostacolano il movimento delle dislocazioni e quindi incrementano la resistenza meccanica. L’introduzione intenzionale di atomi interstiziali e la riduzione delle dimensioni del grano sono strategie comunemente adottate per migliorare le prestazioni dei metalli e delle loro leghe. Le regioni di antiphase, infine, evidenziano l’esistenza di domini strutturalmente invertiti rispetto alla matrice circostante, aggiungendo ulteriore complessità all’analisi strutturale.

La comprensione di queste configurazioni strutturali, apparentemente disordinate ma in realtà profondamente organizzate, è essenziale per il controllo delle proprietà fisiche e chimiche dei materiali avanzati.

Come la Nonstoichiometria Influenza le Proprietà Elettroniche dei Materiali: Il Ruolo degli Ioni e degli Defetti

Nei solidi ionici, la perfezione cristallina è un concetto ideale, ma nella realtà, le strutture sono caratterizzate da una varietà di difetti che influenzano profondamente le loro proprietà fisiche e chimiche. Tra questi difetti, quelli che più frequentemente emergono sono quelli che portano alla nonstoichiometria, dove la formula chimica di un composto si discosta dalla composizione ideale, come nel caso dei composti con formule del tipo MO2+x invece che semplicemente MO2. Questi difetti non sono solo un fenomeno teorico, ma hanno implicazioni pratiche, in particolare nelle proprietà elettroniche dei materiali. In questo contesto, l'analisi di composti come il MnO, il CoO, il NiO e il FeO rivela come la nonstoichiometria possa essere utilizzata per manipolare la conducibilità elettronica, rendendo questi composti utili in applicazioni moderne, come nel settore dell'elettronica.

I materiali nonstoichiometrici, tra cui i ossidi di metalli di transizione, possono comportarsi come semiconduttori grazie alla presenza di difetti che introducono “buchi positivi” all'interno della struttura cristallina. Tali materiali presentano un comportamento che, pur mantenendo caratteristiche di semiconduttori, può essere influenzato da fenomeni come l'ossidazione degli ioni vicini. Ad esempio, nei monossidi di tipo C e D, l'assenza di un metallo in un sito cristallino viene compensata dall'ossidazione degli ioni vicini a M3+. In altre parole, gli ioni M3+ possono essere visti come ioni M2+ associati a un "buco positivo", che consente la conduzione elettronica attraverso il movimento di questi buchi da un sito M2+ a un altro. In tali composti, quindi, la conduzione elettronica avviene per mezzo dei buchi positivi, e il comportamento del materiale risulta di tipo p.

Un esempio emblematico di tale fenomeno è rappresentato dai monossidi di manganese (MnO), cobalto (CoO), nichel (NiO) e ferro (FeO), che, pur avendo strutture cristalline che potrebbero sembrare conduttive, sono in realtà semiconduttori grazie alla presenza di difetti strutturali. Questi difetti, che creano cariche locali, permettono il trasporto di cariche sotto forma di buchi positivi. In effetti, la descrizione del movimento di un buco positivo da un ione Ni3+ a un ione Ni2+ è equivalente alla descrizione del movimento di un elettrone da Ni2+ a Ni3+.

Tuttavia, è importante sottolineare che i composti nonstoichiometrici presentano una varietà di comportamenti che dipendono dalla natura e dalla quantità di difetti. Alcuni di questi materiali possono essere descritti usando la teoria delle bande, come nel caso di TiO e VO, mentre altri, come MnO, sono meglio descritti come semiconduttori a hopping, un fenomeno in cui gli elettroni localizzati “saltano” da un sito metallico con un determinato stato di ossidazione a un altro con uno stato più elevato di ossidazione. Questo processo è legato alla formazione di difetti elettronici che aumentano la conducibilità del materiale, ma che, a causa del meccanismo di hopping, mantengono comunque una caratteristica semiconduttiva, poiché la conducibilità aumenta con l’aumento della temperatura.

L’aspetto interessante della nonstoichiometria nei materiali è che la gamma di composizione di un composto nonstoichiometrico è spesso piuttosto ristretta. Per estendere questa gamma e quindi migliorare le proprietà elettroniche dei materiali, vengono introdotte impurità tramite il doping. Ad esempio, quando si aggiunge Li2O a NiO e si riscalda a temperature elevate in presenza di ossigeno, gli ioni Li+ vengono incorporati nella rete cristallina, creando una nuova fase con formula LixNi1-xO, in cui il valore di x può variare tra 0 e 0,1. Questo doping induce un processo di ossidazione degli ioni Ni2+, che vengono trasformati in Ni3+, o equivalenti a una alta concentrazione di buchi positivi associati agli ioni Ni. Questo processo di induzione del valore di ossidazione è chiamato induzione di valenza e aumenta enormemente l'intervallo di composizione di NiO, portandolo a comportarsi come un materiale che, pur mantenendo una conduttività di tipo semiconduttore, si avvicina al comportamento di un metallo.

Il fenomeno della nonstoichiometria e dei difetti elettronici è estremamente rilevante per l'industria elettronica moderna, che ricerca costantemente nuovi materiali con proprietà migliorate. La comprensione dei difetti strutturali e della loro influenza sulle proprietà elettroniche è fondamentale per progettare e sviluppare nuovi composti semiconduttori e altri materiali elettronici avanzati. I ricercatori stanno studiando attivamente come estendere la gamma di composizione dei materiali nonstoichiometrici per migliorarne la performance e ottenere comportamenti sempre più avanzati, come la conduzione di tipo p o n.

Infine, è importante notare che la creazione di difetti elettronici nei materiali nonstoichiometrici non riguarda solo il miglioramento delle proprietà di conduzione, ma può anche influenzare altre caratteristiche fisiche dei materiali, come la loro resistenza termica e la loro stabilità. In alcuni casi, l'introduzione di impurità o la creazione di difetti può anche rafforzare la struttura cristallina, aumentando la durabilità del materiale e aprendo la strada a nuove applicazioni in campi come le batterie, i sensori e le celle a combustibile.

Quali sono le proprietà e le applicazioni principali dei materiali MOF?

I materiali Metal-Organic Frameworks (MOFs) rappresentano una classe di composti porosi che hanno suscitato notevole interesse grazie alle loro straordinarie proprietà strutturali e funzionali. Questi materiali sono composti da strutture metalliche connesse a leganti organici, e la loro struttura può essere estremamente versatile, permettendo una varietà di applicazioni in campo industriale e scientifico.

I MOFs si distinguono per la loro capacità di formare strutture reticolari che possono essere manipolate con precisione, variando la dimensione delle porosità, la stabilità chimica e la resistenza termica. A seconda delle combinazioni di metalli e leganti, possono essere progettati per soddisfare esigenze specifiche come la cattura di gas, la separazione di molecole o l’immagazzinamento di energia. La struttura delle loro reti cristalline è abbastanza flessibile da permettere alcuni fenomeni di "respiro", come nel caso del MOF MIL-53(Cr), che ha la capacità di cambiare la propria configurazione a seconda delle condizioni di temperatura e pressione.

Le proprietà uniche dei MOFs li rendono particolarmente utili per applicazioni che richiedono materiali con alte superfici interne e porosità ben definita. Alcuni MOFs possono avere fino al 90% di spazio libero e un’area superficiale interna che supera i 600 m²/g, caratteristica che li rende perfetti per applicazioni di stoccaggio di gas. La loro capacità di catturare e separare gas è una delle ragioni per cui sono studiati per l’immagazzinamento dell’idrogeno e, soprattutto, per la cattura e lo stoccaggio del diossido di carbonio (CO2), un aspetto cruciale nelle politiche di sostenibilità ambientale. I MOFs possono adsorbire CO2 in condizioni di alta pressione, tipiche dei processi industriali, o anche a bassa pressione, come nel caso della cattura atmosferica di CO2. La selettività nell'adsorbire CO2 rispetto ad altri gas, come azoto (N2) e metano (CH4), è essenziale per il successo di queste applicazioni.

Un altro campo di applicazione molto promettente riguarda la sintesi di MOFs con funzionalità specifiche, come la modifica post-sintesi (PSM), che permette di inserire nuove funzionalità chimiche o catalitiche nei MOFs già formati. Ad esempio, si possono sostituire i leganti organici o i centri metallici attraverso processi come il "linker exchange" (scambio del legante) o la "transmetalazione", che consentono di ottimizzare le proprietà del materiale per applicazioni specifiche come catalisi, sensori o dispositivi elettrochimici.

Una caratteristica importante da considerare nei MOFs è la loro capacità di auto-assemblarsi e di adattarsi alle condizioni ambientali, un fenomeno noto come "breathing". Questo comportamento, osservato in materiali come il MIL-53, consente al MOF di modificare la propria struttura porosa, aprendosi o chiudendosi in risposta a vari stimoli esterni, come temperatura, pressione o esposizione a gas specifici. Questa caratteristica può essere sfruttata per applicazioni che richiedono materiali che reagiscono dinamicamente ai cambiamenti delle condizioni ambientali.

La sintesi dei MOFs è un processo che coinvolge varie tecniche, come la sintesi idrotermale, solvotermale, a microonde ed elettrochimica. Ogni metodo presenta vantaggi specifici: ad esempio, la sintesi a microonde permette di ridurre notevolmente i tempi di preparazione, come dimostrato con il MIL-101(Cr), che può essere sintetizzato in sole 4 ore a 220°C. La crescente sofisticazione dei metodi sintetici ha portato all’introduzione di approcci innovativi come la sintesi isoreticolare, proposta da Yaghi, che consente di variare la dimensione delle porosità dei MOFs e di modificarne le proprietà chimiche aggiungendo gruppi funzionali specifici ai leganti.

Molto importante è anche l’utilizzo di "modulatori" durante la sintesi dei MOFs. Questi possono essere suddivisi in modulatori di coordinazione, che influenzano la cristallinità e la dimensione dei cristalli, e modulatori di deprotonazione, che possono favorire la crescita dei cristalli in modo più controllato. L'uso di modulatori, come acidi organici o basi, non solo regola la dimensione dei cristalli, ma può anche introdurre difetti strutturali nei MOFs, aumentando così la loro porosità. In alcuni casi, l’adozione di acidi come l’acido cloridrico (HCl) favorisce la formazione di difetti nei materiali, migliorando ulteriormente le loro proprietà di adsorbimento.

Le applicazioni dei MOFs non si limitano all’immagazzinamento dei gas o alla cattura del CO2. Questi materiali sono studiati anche per la separazione di gas, in particolare in processi industriali, dove la purificazione dell’aria o dei gas di scarico è fondamentale. La capacità di un MOF di separare specifici gas, come il metano dall'aria o l'azoto dall’ossigeno, offre opportunità per migliorare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale di vari settori industriali.

Al di là della cattura dei gas, i MOFs sono utilizzati in una vasta gamma di applicazioni avanzate, come sensori chimici, dispositivi elettronici e, in futuro, nell’ambito dell’elettronica e delle batterie. L’impiego di MOFs come materiali di base per questi dispositivi è favorito dalla loro struttura altamente organizzata, che consente un controllo preciso delle proprietà fisiche e chimiche a livello molecolare.

Questi materiali, dunque, rappresentano una frontiera della ricerca nei campi della chimica, della fisica dei materiali e dell’ingegneria, con un potenziale che va ben oltre le applicazioni attuali. Tuttavia, è importante notare che la sintesi e la personalizzazione dei MOFs richiedono una comprensione approfondita delle interazioni tra i metalli e i leganti, nonché delle condizioni di reazione. Nonostante le difficoltà associate alla sintesi di MOFs con funzionalità specifiche, le potenzialità di questi materiali sono enormi, e la ricerca continua a progredire verso la realizzazione di applicazioni sempre più sofisticate e su larga scala.