Il comportamento fotocatalitico di materiali semiconduttori per l'estrazione dell'uranio (U(VI)) è un campo di ricerca in rapida espansione, dove il miglioramento delle proprietà superficiali del semiconduttore riveste un ruolo fondamentale nell'efficienza del processo. In questo contesto, il VO2, noto per la sua versatilità elettronica e le sue proprietà ottiche, si è rivelato particolarmente interessante, specialmente quando modificato con l'incorporazione di idrogeno nella sua struttura superficiale. Le ricerche hanno dimostrato che l'introduzione di idrogeno nel VO2, attraverso il trattamento con idrogeno, riduce significativamente il bandgap, migliorando l'efficienza nel processo di fotoreduzione dell'uranio.

L'analisi delle proprietà elettroniche dei nanosheets di VO2, VO2-H0.101 e VO2-H0.613 ha rivelato una tendenza crescente all'aumento della densità di stati di valenza più bassa e al conseguente abbassamento del livello di Fermi con l'aumento del contenuto di idrogeno. In particolare, il VO2-H0.613 ha mostrato un comportamento più favorevole nella riduzione dell'uranio rispetto ai suoi omologhi VO2 e VO2-H0.101, il che suggerisce che l'incorporazione di idrogeno e la ricostruzione superficiale migliorano le capacità fotocatalitiche di estrazione dell'uranio. La riduzione del bandgap, determinata tramite spettroscopia fotoelettronica a raggi ultravioletti (UPS) e calcoli sul valore di Eg, si è rivelata cruciale per ottimizzare l'interazione del materiale con la luce solare simulata e favorire il trasferimento elettronico verso l'uranio (U(VI)).

La capacità di estrazione di U(VI) dei nanosheets VO2-H0.101 e VO2-H0.613 è stata testata sotto irraggiamento simulato di luce solare. I risultati hanno mostrato che VO2-H0.613 ha raggiunto una capacità di estrazione dell'uranio del 94% in soli 60 minuti, un risultato significativamente migliore rispetto al VO2 puro (64.9%). Questo dato suggerisce che le superfici arricchite con gruppi -OH abbiano una funzione fondamentale nell'assorbimento dell'uranio, con un miglioramento delle capacità di legame del metallo. Inoltre, la cinetica della reazione di estrazione, descritta attraverso un modello cinetico di primo ordine, ha mostrato una costante di velocità (k) di 0.031 minuto⁻¹ per VO2-H0.613, superiore a quella dei campioni di VO2 e VO2-H0.101.

L'efficienza della rimozione di U(VI) è stata ulteriormente analizzata in condizioni più complesse, come la presenza di acido tannico (TA) e ioni interferenti comuni in acque reflue industriali. Il TA ha agito come scavenger di buchi, migliorando l'efficienza del processo fotocatalitico, in particolare sotto condizioni di illuminazione. La presenza di ioni interferenti, come K+, Na+, Ca2+ e Mg2+, non ha ridotto significativamente l'efficienza del VO2-H0.613, il che evidenzia la resistenza di questo materiale a interferenze comuni nelle acque reflue industriali. Un aspetto interessante è stato il miglioramento dell'efficienza con l'aggiunta di ioni Sr2+, suggerendo che alcuni ioni possano favorire il processo di estrazione.

Inoltre, la capacità di riciclare i semiconduttori fotocatalitici è fondamentale per la loro applicazione pratica. I test di riciclo dei nanosheets VO2-H0.613, anche dopo cinque cicli, hanno mostrato una rimozione superiore all'84%, indicando un'eccellente riusabilità del materiale. Questo dato è di particolare importanza nel contesto di applicazioni industriali dove la sostenibilità e l'efficienza a lungo termine sono essenziali.

La caratterizzazione del legame dell'uranio è stata approfondita tramite spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR) e curve di voltammetria a scansione lineare (LSV). La NMR ha mostrato che i gruppi -OH sulla superficie dei nanosheets interagiscono con l'uranio (UO2+2), modificando il loro stato chimico durante la fotocatalisi. Le curve LSV, esaminate in presenza di elettrolita contenente U(VI), hanno confermato il passaggio dell'uranio dallo stato di ossidazione +6 a quello +4, con un aumento dell'efficienza di riduzione all'aumentare del contenuto di idrogeno nel materiale.

In sintesi, l'incorporazione di idrogeno e la ricostruzione superficiale dei nanosheets di VO2 hanno un impatto significativo sull'efficienza di estrazione dell'uranio. Le proprietà fotocatalitiche migliorate, la resistenza agli interferenti, e l'elevata riusabilità rendono questi materiali promettenti per l'applicazione nella depurazione delle acque contenenti uranio, con potenziali vantaggi in ambito ambientale e industriale.

Come migliorare l'efficienza nella rimozione dell'uranio e del fluoro attraverso la fotocatalisi

Nel trattamento delle acque reflue contenenti uranio e fluoro, la scelta del fotocatalizzatore gioca un ruolo cruciale nell'efficienza del processo. L'uranio presente in queste acque è altamente tossico e radioattivo, il che rende necessaria la sua rimozione per garantire la protezione dell'ambiente. Una delle metodologie più promettenti per affrontare questo problema è la fotodecomposizione catalitica, che sfrutta l'energia solare per ridurre l'uranio (U(VI)) a una forma meno solubile e più stabile (U(IV)).

Il processo di fotoreduzione dell'uranio si basa principalmente sull'adsorbimento di U(VI) da parte del fotocatalizzatore e sulla successiva riduzione di questo ione tramite elettroni fotogenerati. Tuttavia, molti fotocatalizzatori convenzionali soffrono di limitazioni a causa della mancanza di siti specifici per l'adsorbimento di U(VI), riducendo così l'efficacia del processo. Per superare questo ostacolo, è possibile modificare i fotocatalizzatori, ad esempio, introducendo gruppi carboxilati su materiali come il g-C3N4, che forniscono siti di legame per l'uranio, migliorando significativamente l'efficienza di rimozione.

Un altro aspetto fondamentale nella fotocatalisi è la necessità di un agente sacrifica- to per mantenere alta l'efficienza del processo. Tuttavia, l'uso di questi agenti può introdurre un inquinamento secondario, creando un ulteriore problema ambientale. Per evitare questo, è stato proposto lo sviluppo di fotocatalizzatori che abbiano sia siti di legame per U(VI) che siti di ossidazione dell'acqua, permettendo una fotoreduzione efficiente senza l'uso di agenti sacrificatori. Una delle soluzioni più promettenti in questo campo è l'uso di framework metallo-organici (MOFs), come il UiO-66, che ha mostrato buone proprietà fotocatalitiche grazie alla sua superficie estesa e alla stabilità chimica.

Il UiO-66 può essere ulteriormente ottimizzato mediante la modifica dei suoi leganti organici, migliorando così la capacità di adsorbimento dell'uranio e la risposta alla luce visibile. Per esempio, il modello amino-modificato NH2-UiO-66, che presenta gruppi -NH2 come siti di legame per U(VI), ha mostrato una capacità di adsorbimento superiore rispetto al materiale non modificato. Inoltre, grazie alla sua capacità di assorbire più luce visibile, NH2-UiO-66 è in grado di degradare in modo efficace composti come il Rhodamine B.

L'aggiunta di cocatalizzatori per l'ossidazione dell'acqua, come MnOx, CoOx e NiOx, è una strategia diffusa per migliorare l'efficienza della fotocatalisi. Questi cocatalizzatori catturano le lacune fotogenerate e forniscono siti attivi per l'ossidazione dell'acqua, contribuendo alla formazione di ossigeno molecolare durante la fotocatalisi. Recenti studi hanno mostrato che l'uso di cocatalizzatori di ossidazione dell'acqua nel contesto della riduzione fotocatalitica di U(VI) è ancora limitato, ma promette risultati significativi, soprattutto con l'uso di compositi come MnOx/NH2-UiO-66.

In questo contesto, l'integrazione di MnOx con NH2-UiO-66 ha portato a una riduzione fotocatalitica efficiente dell'uranio (U(VI)) senza l'uso di agenti sacrificatori. Il composto MnOx/NH2-UiO-66 ha raggiunto un'efficienza di rimozione di U(VI) del 97,8% in sole due ore di trattamento. Questo sistema ha mantenuto una capacità di rimozione eccellente anche dopo numerosi cicli, su un ampio intervallo di pH e in presenza di diversi cationi coesistenti. In MnOx/NH2-UiO-66, i gruppi amino agiscono come siti di legame per l'uranio, abbassando il potenziale di riduzione di U(VI), mentre le nanoparticelle di MnOx catturano efficacemente le lacune fotogenerate e forniscono siti attivi per l'ossidazione dell'acqua.

Questa combinazione di siti di legame per U(VI) e siti di ossidazione dell'acqua consente una riduzione fotocatalitica dell'uranio significativamente migliorata, offrendo un approccio altamente promettente per il trattamento delle acque reflue contenenti uranio e fluoro senza introdurre inquinamento secondario.