Quando si crea una lista in R, assegnare un nome a ciascun argomento, come ad esempio names o age_joined, fa sì che R utilizzi questi nomi per identificare le componenti della lista stessa. Questa modalità di denominazione facilita l’accesso ai dati. R usa il simbolo del dollaro ($) per indicare ogni componente della lista. Per esempio, se abbiamo una lista chiamata beatles_info, per accedere ai nomi dei membri possiamo scrivere beatles_info$names. Per selezionare un singolo elemento, come il quarto membro, basterà indicare la posizione tra parentesi quadre: beatles_info$names[4].
R consente inoltre di utilizzare condizioni all’interno delle parentesi quadre. Questo permette di estrarre componenti specifici in base a criteri logici, come i membri che avevano più di 16 anni al momento dell’ingresso: beatles_info$names[beatles_info$age_joined > 16].
Le liste rappresentano un modo efficace per raggruppare dati, ma quando si lavora con informazioni tabellari più strutturate, i data frame sono uno strumento ancora più potente. Un data frame può essere concepito come una tabella in cui le righe rappresentano singoli individui o unità, mentre le colonne rappresentano variabili o caratteristiche. Ad esempio, se abbiamo un gruppo di persone con dati su nome, altezza, peso e sesso, ciascuna di queste variabili sarà una colonna del data frame.
Prima di combinare vettori di dati in un data frame, è importante gestire correttamente i dati di tipo carattere, come il sesso. In R si usa la funzione factor() per trasformare i vettori di caratteri in variabili categoriche, con livelli distinti (ad esempio, "M" e "F"). Questo passaggio è cruciale per le analisi statistiche e per la sintesi dei dati, perché consente a R di riconoscere le categorie come tali, anziché semplici stringhe.
Per creare un data frame si usa la funzione data.frame(), che unisce i vari vettori. Come nelle liste, il simbolo $ identifica le colonne del data frame, consentendo di estrarre intere colonne o di applicare funzioni statistiche, come la media, su di esse. Inoltre, è possibile inserire condizioni all’interno delle parentesi quadre per analisi più specifiche, ad esempio calcolare la media dell’altezza solo per le femmine: mean(d$height[d$factor_gender == "F"]). Qui il doppio uguale (==) è un operatore logico che verifica l’uguaglianza, distinto dall’operatore di assegnazione (=).
Per semplificare la scrittura del codice ed evitare ripetuti utilizzi del simbolo $, R offre la funzione with(), che consente di eseguire comandi riferiti a un data frame senza rispecificarne il nome per ogni colonna.
Le funzioni nrow() e ncol() restituiscono rispettivamente il numero di righe e di colonne di un data frame. Per aggiungere una nuova colonna si può utilizzare la funzione cbind(), che combina vettori o data frame per colonne.
Nella programmazione con R, i cicli for e le istruzioni if rappresentano strumenti fondamentali per iterare su dati e prendere decisioni basate su condizioni. Il ciclo for esegue una sequenza di comandi ripetutamente, variando il contatore, mentre l’if valuta un’espressione logica e determina quale blocco di codice eseguire.
Un esempio classico riguarda la distinzione tra numeri pari e dispari. Per stabilire se un numero è pari o dispari si usa l’operatore modulo (%%), che restituisce il resto della divisione tra due numeri. Se il resto della divisione di un numero per 2 è zero, allora il numero è pari; altrimenti è dispari. Questo concetto di aritmetica modulare è fondamentale in molte applicazioni computazionali.
Il codice R per assegnare a un vettore yy la stringa "EVEN" o "ODD" a seconda che l’elemento corrispondente in xx sia pari o dispari, combina il ciclo for con l’istruzione if, iterando su tutti gli elementi di xx e applicando il test modulo.
Questi strumenti base – liste, data frame, fattori, operatori logici, cicli e condizioni – costituiscono la spina dorsale del linguaggio R e permettono di gestire e analizzare i dati in modo efficiente e flessibile. Comprendere appieno come manipolare queste strutture e sfruttare la sintassi è essenziale per chiunque intenda utilizzare R per analisi statistiche e data science.
È importante inoltre riconoscere che la distinzione tra operatori di assegnazione e operatori logici è fondamentale per evitare errori di programmazione, poiché l’uso improprio di uno al posto dell’altro può portare a risultati inattesi. Oltre a ciò, la gestione delle categorie tramite fattori non solo agevola l’analisi, ma permette a R di utilizzare tecniche statistiche specifiche per dati categoriali, come l’analisi della varianza o la regressione con variabili dummy.
Infine, quando si lavora con grandi set di dati, la capacità di combinare condizioni e selezioni all’interno delle parentesi quadre diventa uno strumento potentissimo per estrarre informazioni significative, mentre i cicli e le condizioni facilitano l’automazione di procedure ripetitive e il controllo del flusso del programma. L’abilità di rappresentare graficamente i dati, successiva a questa manipolazione, completa il processo di analisi, rendendo i risultati accessibili e interpretabili anche da chi non ha competenze tecniche approfondite.
Come configurare e ottimizzare la formattazione nei report di Power BI?
La formattazione condizionale in Power BI consente agli utenti di personalizzare l'aspetto dei dati visualizzati in base a regole specifiche. Attraverso l'icona fx si apre una schermata di configurazione che permette di impostare uno o più aspetti dell'esperienza utente in condizioni particolari, come per esempio la colorazione delle etichette dati in base a una scala di colori, regole definite o valori di campo. L'utente può scegliere la condizione da applicare selezionando parametri come campo, tipo di aggregazione, valore minimo o massimo, mentre un formato predefinito funge da baseline di default.
La formattazione di una pagina report segue principi simili a quelli della formattazione di singoli elementi visivi, ma richiede un’attenzione particolare perché un report può contenere più visualizzazioni. Attraverso il pannello delle visualizzazioni, accedendo all’icona del rullo di vernice, si ha accesso a numerose opzioni che riguardano l’allineamento, il colore e la disposizione generale della pagina. Si possono modificare informazioni di pagina come il nome, l’attivazione dei tooltip e l’abilitazione della funzione Q&A a livello di pagina intera.
Altre possibilità includono la scelta della dimensione della pagina e del tipo di carta, essenziali per l’adattamento del report a diversi contesti di distribuzione. Il colore di sfondo, l’allineamento dei contenuti (ad esempio flush-left in alto o al centro), e l’inserimento di elementi di branding quali colori aziendali o loghi tramite l’opzione Wallpaper contribuiscono a dare un’identità visiva coerente al report. Anche i pannelli filtro e le schede filtro sono personalizzabili, permettendo di adattare l’esperienza di navigazione e interazione al design scelto attraverso colore, trasparenza, bordi e testo.
Un aspetto cruciale per garantire coerenza e risparmiare tempo è la duplicazione di una pagina formattata, evitando di dover ripetere la stessa configurazione più volte. Questo approccio è particolarmente utile in report complessi con più pagine simili.
Per quanto riguarda l’esportazione, Power BI Desktop permette di salvare i report in diversi formati senza necessariamente caricarli su Power BI Services. Tra le opzioni disponibili, il salvataggio in PDF consente di ottenere una copia statica delle visualizzazioni distribuite su tutte le schede del report. Alternativamente, il template Power BI salva un file compresso contenente layout, schemi, relazioni e modelli di dati predefiniti, facilitando la condivisione e il riutilizzo del report in ambienti diversi.
Quando si progettano report destinati alla stampa o alla distribuzione offline, è fondamentale considerare la quantità di dati e colonne da visualizzare. Per report con un numero contenuto di colonne (solitamente 6-8), è preferibile utilizzare i Paginated Reports, appositamente ottimizzati per la stampa. Questo strumento è accessibile tramite Power BI Report Builder, un’estensione scaricabile da Microsoft, che permette di creare report impaginati partendo da dati Power BI Services o altre fonti. L’esperienza di configurazione in Report Builder offre una maggiore flessibilità e una modalità wizard per guidare l’utente nel processo.
È importante notare che l’esperienza di formattazione tra Power BI Desktop e Power BI Services è pressoché identica, con l’ulteriore vantaggio di collaborazione online nell’ambiente cloud, mentre il client desktop supporta l’uso in modalità singolo utente. Questa uniformità facilita la transizione tra i due ambienti e assicura una continuità operativa.
Inoltre, la gestione delle schede in un report permette di superare i limiti di spazio, suddividendo i contenuti su più pagine e migliorando la fruibilità, soprattutto in ambienti mobili o schermi più piccoli. Infine, la scelta del giusto formato di report e del tipo di esportazione va sempre ponderata in relazione alle modalità di distribuzione, alla necessità di interattività e alla destinazione finale del documento.
Oltre a quanto esposto, è cruciale comprendere che la formattazione non deve essere vista come un mero esercizio estetico, ma come un elemento strategico che influenza la chiarezza, la leggibilità e la capacità di comunicare efficacemente i dati. La scelta accurata di colori, allineamenti e dimensioni contribuisce a guidare l’attenzione dell’utente e a facilitare l’interpretazione dei risultati, evitando sovraccarichi visivi o confusione. La progettazione consapevole della struttura del report, combinata con una formattazione coerente, è un fattore determinante per il successo nella diffusione delle informazioni e nel supporto decisionale.
Come funziona l’architettura di Tableau e perché è fondamentale comprenderla per l’analisi dei dati
Ogni organizzazione adotta un approccio specifico nella gestione dei dati e nella scelta degli strumenti più adatti al proprio contesto. Nel mondo di Tableau, la sicurezza, la governance e la conformità devono permeare ogni aspetto del modello dati, integrandosi costantemente con le diverse componenti architetturali. Le API, o Application Programmable Interfaces, possono essere implementate per orchestrare vari livelli dell’architettura Tableau, ampliando le funzionalità native e permettendo una gestione più flessibile e modulare dei dati.
Il percorso che i dati compiono, prima di diventare visualizzazioni significative, è articolato e richiede strumenti diversi. Tableau Desktop rappresenta il cuore pulsante di questo processo, il luogo in cui gli utenti esplorano i dati, li modellano e iniziano a costruire visualizzazioni. Il software offre un’interfaccia intuitiva e interattiva, basata sul drag-and-drop, che consente di esaminare e comprendere il dataset senza dover necessariamente procedere alla pulizia o alla pubblicazione immediata. Tuttavia, per collaborare e condividere le analisi con altri, sono necessari ulteriori strumenti all’interno dell’ecosistema Tableau.
La relazione tra Tableau Desktop, Tableau Prep e le piattaforme di pubblicazione come Tableau Server o Tableau Cloud è fondamentale. Prima di tutto, i dati devono essere connessi a Tableau Desktop, tenendo presente che alcune connessioni permettono aggiornamenti in tempo reale mentre altre necessitano di aggiornamenti manuali. Dopo aver stabilito la connessione, i dati vengono manipolati per creare modelli e visualizzazioni, ma qualora si renda necessario un intervento più profondo per la pulizia e la trasformazione, si ricorre a Tableau Prep. Quest’ultimo si distingue dagli altri sistemi di business intelligence proprio perché svolge il processo di estrazione, trasformazione e caricamento (ETL) in un’applicazione dedicata, separata da Tableau Desktop.
Tableau Prep consente di analizzare i dati a livello di riga, di colonna o dell’intero dataset, offrendo un ambiente in cui modificare, combinare e ripulire le informazioni con la stessa semplicità di Tableau Desktop. Questo passaggio è essenziale perché i dati grezzi raramente sono pronti per la visualizzazione senza essere stati elaborati e standardizzati. L’intelligenza artificiale integrata in Tableau aiuta inoltre a riconciliare i dati, suggerendo operazioni per uniformare i campi e facilitare l’analisi.
Una volta che i dati sono pronti, possono essere pubblicati: Tableau Desktop offre tre modalità principali in base alla licenza posseduta. Tableau Server richiede un ambiente on-premises o privato in cloud, con gestione autonoma delle risorse; Tableau Cloud, invece, offre un’infrastruttura SaaS completamente gestita da Salesforce, eliminando la necessità di un server dedicato. Tableau Public consente invece la pubblicazione gratuita ma aperta a tutti, senza limiti di condivisione ma con restrizioni sulla protezione dei dati sensibili.
Il processo di pubblicazione è il momento in cui i dati e le visualizzazioni diventano accessibili per la collaborazione all’interno dell’organizzazione, consentendo a più utenti di interagire con i contenuti in sicurezza e rispettando le policy aziendali. La differenza tra Tableau Server e Tableau Cloud risiede soprattutto nella gestione dell’infrastruttura e nelle modalità di licenza, ma entrambi puntano a distribuire efficacemente i dati e le analisi all’interno di una realtà aziendale complessa.
La comprensione di questo ecosistema è cruciale perché ogni fase del processo – dall’estrazione e pulizia, alla modellazione e visualizzazione, fino alla pubblicazione e collaborazione – richiede scelte tecniche e strategiche precise. La qualità del dato e la sua preparazione influiscono direttamente sull’affidabilità delle analisi e sulla capacità decisionale degli utenti.
È importante considerare che, oltre agli strumenti descritti, l’intero sistema Tableau si basa su un equilibrio delicato tra autonomia individuale e collaborazione collettiva, sicurezza dei dati e accessibilità, flessibilità tecnica e governabilità. Solo padroneggiando queste dinamiche è possibile sfruttare appieno il potenziale di Tableau nel trasformare dati complessi in informazioni azionabili.
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