La figura di William Jennings Bryan, leader del Partito Democratico e prosecutore nel celebre processo a John Scopes, rappresenta un punto cruciale per comprendere il ruolo degli evangelici bianchi nella politica americana del primo Novecento. Bryan, fervente sostenitore della Bibbia contro l’insegnamento della teoria dell’evoluzione, fu interrogato come esperto biblico dalla difesa, che cercava di mettere in ridicolo le basi scientifiche della sua interpretazione religiosa. La celebre risposta di Clarence Darrow, l’avvocato difensore, sottolineava non solo il conflitto tra fede e scienza, ma anche la tensione tra chi voleva mantenere il controllo dell’educazione pubblica in mani religiose e chi invece auspicava una formazione libera da dogmi. Nonostante la vittoria legale iniziale degli evangelici con la condanna di Scopes, l’esclusione dell’evoluzione dai testi di biologia durò solo per qualche decennio, e la sconfitta di Bryan segnò un momento di ridicolizzazione mediatica dell’evangelismo, che tuttavia non si tradusse in un effettivo ritiro dalla politica.

Anzi, l’analisi storica mostra come la partecipazione politica degli evangelici bianchi non fosse affatto minima nei decenni successivi, né prima né dopo la nascita di organizzazioni politiche come la Moral Majority o Focus on the Family, nate negli anni Settanta come risposta al dibattito sull’aborto. L’idea che gli evangelici si fossero ritirati dalla scena politica dopo il processo Scopes risulta dunque un mito esagerato. I dati indicano che, tra gli anni Sessanta e Settanta, la mobilitazione elettorale e l’attivismo non fossero inferiori a quelli di altre tradizioni religiose. Le variazioni nella partecipazione sembrano piuttosto legate ai cambiamenti nel status socioeconomico degli evangelici, che negli anni hanno guadagnato maggiore istruzione e ricchezza, fattori noti per favorire l’impegno civico.

Inoltre, la convinzione che l’opposizione degli evangelici all’aborto abbia rappresentato il primo e unico motore della loro attivazione politica è smentita da una ricostruzione più approfondita. Negli anni Sessanta, molte associazioni evangeliche non qualificavano l’aborto come peccato assoluto e persino la Southern Baptist Convention ammetteva eccezioni basate su circostanze specifiche come stupro, incesto o gravi malformazioni fetali. Questa posizione moderata contrasta con l’immagine successiva di un evangelismo monolitico e radicale sull’aborto.

Un altro aspetto essenziale riguarda il legame tra evangelici bianchi e resistenza al processo di integrazione scolastica nel Sud degli Stati Uniti. Concentrati principalmente negli stati ex Confederati, molti evangelici aderirono alle strategie di segregazione, anche mediante la creazione di scuole private riservate agli studenti bianchi, come nel caso della Lynchburg Christian Academy fondata da Jerry Falwell nel 1967. Questo fenomeno rifletteva non tanto una questione religiosa ma piuttosto un’adesione culturale e politica a un sistema di supremazia razziale che si protraeva dalla fine della ricostruzione fino alla fine degli anni Sessanta, nonostante le sentenze della Corte Suprema e le leggi federali sul civil rights. La resistenza all’integrazione rappresentò una motivazione politica forte e tangibile che spinse molti evangelici bianchi a un impegno attivo, distinto dalla più recente mobilitazione su temi morali come l’aborto.

Ciò che emerge da questa analisi è una storia complessa, in cui l’attivismo politico degli evangelici bianchi non può essere ridotto a una semplice reazione contro l’aborto o a un ritiro dopo il processo Scopes. La loro partecipazione è stata influenzata da una combinazione di fattori culturali, socioeconomici e razziali, e ha radici profonde nella difesa di uno status quo sociale che andava oltre le questioni di fede immediatamente apparenti. È importante comprendere come, nelle dinamiche politiche americane, le religioni non agiscano mai in modo isolato, ma sempre intrecciate con i contesti sociali e culturali di riferimento, contribuendo a plasmare identità e coalizioni complesse.

Come la Destra Cristiana e i Diritti si Confronteranno nel Futuro degli Stati Uniti?

Nel vangelo di Marco, si trova l'affermazione di Gesù secondo cui “se una casa è divisa contro se stessa, quella casa non potrà reggersi” (Marco 3:25, versione King James), un monito che, nei secoli, è stato ripreso anche in contesti politici, come nel caso della divisione americana sulla schiavitù, portata alla luce da Abraham Lincoln. Tuttavia, nonostante queste parole profetiche, nel 2016 gli Stati Uniti si trovavano di fronte a una divisione sempre più profonda, che non riguardava solo il contesto politico, ma anche il mondo religioso, in particolare l’evangelismo. Le elezioni presidenziali tra Donald Trump e Hillary Clinton avevano diviso gli americani: Trump vinse nettamente nel Collegio Elettorale, mentre Clinton ottenne il voto popolare. Ma questa divisione politica si rifletteva anche all'interno del mondo evangelico, che, sebbene non avesse cambiato le sue inclinazioni politiche (i sondaggi d’uscita dimostrarono che i votanti evangelici supportarono Trump con le stesse percentuali con cui avevano appoggiato precedenti candidati repubblicani), si trovava diviso su quale strada percorrere in un mondo culturale in mutamento.

La divisione evangelica non riguardava solo la preferenza politica, ma si manifestava nella visione di quale direzione prendere per proteggere e definire i valori cristiani in una società sempre più pluralista. Mentre una parte dell’evangelismo sosteneva il ritorno a una politica maggioritaria fondata sulla moralità tradizionale, un'altra spingeva per un approccio che difendesse i diritti di minoranza in un’era di crescente diversità culturale. Questo dibattito mette in evidenza una linea di frattura che ha segnato la storia recente del cristianesimo negli Stati Uniti.

La politica della Destra Cristiana, che ha guadagnato terreno dalla metà del XX secolo, divenne sempre più influente a partire dagli anni ‘80, con l’elezione di Ronald Reagan e il movimento della "Moral Majority" di Jerry Falwell. Inizialmente, la Destra Cristiana si era contrapposta alla politica culturale progressista, invocando il ritorno a una morale cristiana comune. Si opponeva alla rimozione dei valori religiosi dai tribunali e alla legalizzazione di politiche progressiste, come l’aborto e i diritti civili per le persone LGBTQ+. Tuttavia, nel corso degli anni ‘90, sotto la guida di figure come Ralph Reed e la Christian Coalition, questa politica iniziò a evolversi verso un approccio più secolarizzato, dove, pur mantenendo un’orientamento maggioritario, si cominciò a sostenere anche la pluralità, includendo la protezione dei diritti dei cittadini religiosi tramite il Primo Emendamento. Questo cambiamento segnò l'inizio di un'integrazione maggiore della Destra Cristiana nei meccanismi della politica liberale, a favore di un dialogo più moderato e di una difesa delle libertà individuali.

Negli ultimi dieci anni, la Destra Cristiana ha dovuto fare i conti con un crescente insuccesso culturale, in particolare con la rapida legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Questa sconfitta culturale ha spinto molti leader e organizzazioni della Destra Cristiana a rivedere la loro posizione. Mentre alcuni proclamano la fine di un'era in cui la “maggioranza cristiana bianca” era dominante, altri hanno iniziato a concentrarsi sulla difesa di diritti individuali più ampi, come la libertà religiosa e la libertà di espressione, allontanandosi da una visione comunitaria del bene comune per abbracciare una strategia basata sui diritti individuali. Anche se questa posizione ha portato la Destra Cristiana ad abbracciare posizioni più liberali in alcuni ambiti (come la difesa della libertà di parola), ha creato delle fratture tra i suoi sostenitori più tradizionalisti, che non sono soddisfatti da un’interpretazione dei diritti che include anche gruppi considerati contrari alla loro visione del mondo.

Il caso della candidatura di Donald Trump ha ulteriormente messo in luce queste divisioni interne. Durante le primarie repubblicane, Trump fece notizia per alcune dichiarazioni e proposte fortemente intolleranti, come quella di bloccare l’ingresso negli Stati Uniti dei musulmani, dopo l'attentato terroristico di San Bernardino nel dicembre 2015. Questa proposta divise profondamente il mondo evangelico: alcuni leader, come Franklin Graham, sostennero il divieto per ragioni di sicurezza, mentre altri, tra cui Russell Moore, lo criticarono aspramente, ritenendolo inaccettabile e contrario ai principi costituzionali di libertà religiosa. Questo episodio evidenziò la crescente frattura tra chi, all’interno della Destra Cristiana, era disposto ad accettare un certo grado di intolleranza verso minoranze percepite come pericolose per la cultura cristiana e chi invece sosteneva che la difesa dei diritti fondamentali dovesse estendersi a tutte le minoranze, anche quelle che non condividevano la loro visione politica o religiosa.

Un altro aspetto importante da considerare è l'evoluzione della Destra Cristiana in risposta alle sfide della pluralità religiosa e culturale. L'accento sulla libertà religiosa e sulla libertà di espressione, pur essendo un segno di apertura nei confronti di alcune minoranze, rischia di rendere la Destra Cristiana sempre più integrata in una cultura dei diritti che, in alcuni casi, può portare a un rafforzamento della posizione delle minoranze a scapito della visione tradizionale. Ciò non significa necessariamente che la Destra Cristiana sia destinata a perdere la sua influenza politica, ma piuttosto che la sua identità sta evolvendo in un contesto dove la difesa dei diritti individuali potrebbe entrare in conflitto con la difesa di una moralità comune e condivisa.

Infine, ciò che emerge chiaramente dalle recenti vicende politiche e sociali è che la Destra Cristiana si trova oggi di fronte a una scelta cruciale: continuare a sostenere una visione della politica basata sulla maggioranza morale, o accettare una logica dei diritti che possa integrare visioni culturali diverse? E quanto a lungo questa divisione potrà persistere senza compromettere l’efficacia politica della Destra Cristiana, che potrebbe trovarsi a dover affrontare la propria obsolescenza in un panorama sociale sempre più pluralista?