L’apprendimento per rinforzo senza modello si basa sull’idea che un agente apprenda direttamente una politica ottimale o una funzione di valore senza costruire un modello esplicito dell’ambiente. Questa impostazione risulta positiva quando si tratta di tracciare le posizioni di robot in ambienti complessi, ma può diventare negativa in situazioni in cui la perdita del robot è un rischio concreto. In assenza di un modello esplicito, l’agente si concentra sull’apprendimento diretto della politica, cioè la strategia che definisce quale azione intraprendere in ogni stato, oppure sulla funzione di valore, che valuta la bontà di ogni stato o azione.

Uno degli aspetti più critici di questo approccio è l’inefficienza campionaria: l’agente potrebbe necessitare di molte ore di interazione con l’ambiente per affinare una politica efficace, poiché l’apprendimento si basa unicamente sull’esperienza accumulata senza alcuna forma di simulazione. Tuttavia, la robustezza di questa metodologia è una caratteristica distintiva: non facendo affidamento su modelli potenzialmente inaccurati, il sistema è in grado di adattarsi meglio alle complessità e variabilità del mondo reale, specie in contesti robotici.

Il cuore di molte tecniche di apprendimento senza modello è rappresentato dalla iterazione e ottimizzazione della politica. La cosiddetta “policy iteration” si articola in due fasi fondamentali, ripetute ciclicamente fino alla convergenza: la valutazione della politica, che utilizza funzioni di valore per stimare l’efficacia di una data politica; e il miglioramento della politica stessa, che deriva una nuova politica, solitamente “greedy”, basata sulle stime attuali dei valori. Quest’ultimo passaggio assicura la progressiva ottimizzazione della strategia dell’agente, garantendo che, col tempo, essa si avvicini alla soluzione ottimale.

Accanto a questo schema tradizionale, esistono metodi di ottimizzazione della politica, chiamati anche “policy search”, che mirano a trovare direttamente i parametri ottimali di una politica parametrizzata, senza stimare esplicitamente funzioni di valore. Questi metodi si avvalgono di diverse tecniche di ottimizzazione, da algoritmi evolutivi a metodi di discesa del gradiente, per affinare i parametri della politica.

Un’importante distinzione riguarda le tipologie di politica: deterministica, in cui ogni stato corrisponde a un’azione univoca e certa, tipica di ambienti con dinamiche prevedibili; e stocastica, che assegna probabilità alle azioni possibili in ogni stato, come avviene nei processi decisionali di Markov parzialmente osservabili (POMDP).

Tra gli algoritmi più rilevanti in ambito di ottimizzazione della politica, spiccano il Policy Gradient (PG), l’Asynchronous Advantage Actor-Critic (A3C), il Proximal Policy Optimization (PPO) e il Trust Region Policy Optimization (TRPO). Il Policy Gradient si fonda su metodi Monte Carlo, aggiornando i parametri della politica solo al termine di ogni episodio, e utilizza funzioni di ricompensa scontata per ottimizzare direttamente la politica tramite il gradiente della funzione obiettivo. Il metodo prevede l’uso di una rete baselines per ridurre la varianza degli aggiornamenti, migliorando la stabilità dell’apprendimento.

L’A3C rappresenta una soluzione avanzata che impiega più agenti che apprendono in modo asincrono in ambienti duplicati, sincronizzandosi con una rete globale. La struttura Actor-Critic combina due reti neurali: l’Actor, che decide le azioni, e il Critic, che valuta la bontà delle azioni intraprese. L’uso del valore di vantaggio (Advantage) consente all’agente di apprendere non solo quali azioni sono state premianti, ma quanto esse siano migliori rispetto alle aspettative, migliorando notevolmente l’efficacia dell’apprendimento.

Il PPO è attualmente uno degli algoritmi di punta, bilanciando efficacemente semplicità, stabilità e efficienza nell’uso dei campioni. Come metodo basato sul gradiente di politica, applica aggiornamenti piccoli e cauti alla politica, minimizzando il rischio di aggiornamenti troppo drastici che potrebbero destabilizzare l’apprendimento. Il PPO utilizza anch’esso la funzione di vantaggio per misurare la qualità relativa delle azioni, garantendo così decisioni più consapevoli e affidabili.

Oltre agli aspetti algoritmici, è cruciale comprendere che l’efficacia dell’apprendimento per rinforzo senza modello dipende in larga misura dalla qualità e dalla quantità di interazioni con l’ambiente reale o simulato. La scelta tra politiche deterministiche o stocastiche influisce profondamente sulla capacità dell’agente di gestire l’incertezza e la variabilità ambientale. Inoltre, il compromesso tra l’accuratezza del modello (assente in questo caso) e la robustezza operativa deve essere valutato con attenzione in applicazioni pratiche, soprattutto nel controllo di robot dove la sicurezza e l’affidabilità sono parametri imprescindibili.

Come scegliere e utilizzare gli agenti di Reinforcement Learning in MATLAB per applicazioni reali?

L’analisi comparativa tra agenti di reinforcement learning quali TD3, DDPG, PPO, SAC e TRPO rivela come l’agente SAC offra risultati di training superiori, garantendo un controllo più fluido e stabile in applicazioni di controllo come i motori DC. Tuttavia, si osservano discrepanze tra risultati ottenuti con lo stesso agente SAC in ambienti nominali e reali, dovute principalmente alla modalità di integrazione dell’agente all’interno di Simulink: un agente "hard copy" (rlACAgent) direttamente assegnato al blocco RL Agent rispetto a un agente nominale inserito dinamicamente via script. Tale distinzione evidenzia l’importanza di comprendere l’ambiente esatto e la configurazione utilizzata durante l’addestramento.

In generale, gli agenti DDPG, PPO e TD3 mostrano performance di training competitive e robuste, ma la scelta dell’agente più adatto dipende dal contesto applicativo e dalla natura dell’ambiente di controllo. Per costruire applicazioni reali efficaci, MATLAB fornisce un workflow strutturato e funzioni dedicate che facilitano l’intero processo di sviluppo RL: dalla definizione dell’ambiente, alla creazione e configurazione dell’agente, fino all’addestramento e alla distribuzione del modello.

La definizione dell’ambiente è il primo passaggio critico: deve descrivere accuratamente le dinamiche e l’interfaccia tra agente e ambiente, includendo la modalità di osservazione e l’azione. MATLAB offre strumenti specifici come rlFunctionEnv(), rlCreateEnvTemplate() e rlSimulinkEnv() per creare ambienti personalizzati, ma permette anche di utilizzare ambienti predefiniti per risparmiare tempo.

La definizione del segnale di ricompensa è altrettanto cruciale: esso guida il processo di apprendimento fornendo feedback immediati sull’efficacia delle azioni intraprese dall’agente. La progettazione di una funzione di ricompensa ben bilanciata, che incentivi comportamenti desiderati e penalizzi quelli indesiderati, è fondamentale per garantire la convergenza verso politiche ottimali. In contesti di controllo, è spesso possibile derivare la ricompensa da funzioni costo e vincoli già esistenti, integrando così la conoscenza domain-specific senza necessità di implementazioni aggiuntive complesse.

MATLAB mette a disposizione una gamma ampia di agenti predefiniti nel Reinforcement Learning Toolbox, che rappresentano soluzioni collaudate e ottimizzate, riducendo la necessità di sviluppare agenti da zero. Questi agenti, supportati da reti neurali e algoritmi moderni, si adattano efficacemente a spazi di stato e azione di elevata complessità. Quando necessario, è possibile estendere o personalizzare agenti tramite la creazione di sottoclassi della classe rl.agent.CustomAgent, permettendo una flessibilità avanzata nella progettazione.

La creazione di un agente in MATLAB prevede solitamente la definizione delle specifiche di osservazione e azione tramite funzioni getObservationInfo() e getActionInfo(), seguita dalla configurazione delle opzioni di training e dalla costruzione dell’agente stesso, ad esempio mediante rlDQNAgent(). Questo approccio modulare permette di iterare rapidamente sul design e sulle prestazioni del modello.

In sintesi, l’efficacia di un progetto RL in MATLAB dipende dall’accurata definizione dell’ambiente e della funzione di ricompensa, dalla scelta consapevole e dall’implementazione corretta dell’agente, nonché dalla comprensione delle implicazioni della modalità di deployment tra ambiente nominale e reale. La simulazione resta un passaggio fondamentale per validare le politiche apprese prima della distribuzione.

È importante considerare che la complessità del problema e la natura stocastica degli ambienti RL richiedono attenzione nella valutazione dei risultati di training: la variabilità tra sessioni può riflettere sia caratteristiche intrinseche dell’agente sia differenze nella configurazione o nell’implementazione. Perciò, un’analisi approfondita dei parametri di addestramento (come numero massimo di episodi, criteri di arresto e media dei punteggi) è indispensabile per interpretare correttamente le performance e garantire la generalizzazione delle politiche.

Il ruolo del reward design non può essere sottovalutato: una ricompensa bilanciata e informativa è la chiave per orientare l’agente verso comportamenti desiderati, specialmente in problemi di controllo continuo. Inoltre, l’uso di reti neurali come rappresentazione delle politiche consente di affrontare spazi di stato/azione complessi, ma richiede una calibrazione attenta dei parametri di training per evitare problemi di convergenza o di sovradattamento.

Infine, la differenziazione tra agenti “hard-coded” e agenti nominali dinamicamente integrati evidenzia la necessità di coerenza e rigore nella pipeline di sviluppo RL: ogni fase, dalla simulazione alla distribuzione, deve essere gestita con attenzione per preservare le performance osservate in ambiente simulato anche in applicazioni reali.

Come si progetta e implementa un controllore fuzzy di tipo intervallo 2 per un sistema motore DC?

L'applicazione di un sistema di inferenza fuzzy di tipo intervallo 2 (IT2 FIS) nel controllo di un motore DC richiede un'attenta progettazione che comprende la definizione delle variabili di ingresso, la costruzione delle funzioni di appartenenza, la formulazione delle regole di controllo e l'implementazione del sistema nel contesto reale. Si considera un motore DC caratterizzato da una funzione di trasferimento che include un ritardo puro di 5 ms, elemento cruciale per la modellizzazione dinamica del sistema.

Il controllo adotta due variabili di ingresso fondamentali: l'errore di posizione exe_x e la variazione dell'errore dexde_x, entrambe digitalizzate tramite un convertitore A/D per essere elaborate dal sistema fuzzy. L'uscita del controllore, ottenuta dopo un processo di type-reduction, viene riconvertita in segnale analogico tramite un convertitore D/A per pilotare la tensione di comando del motore. Un tachimetro funge da sensore, traducendo la velocità reale del motore in un segnale di tensione, permettendo un feedback affidabile per il sistema di controllo.

Le variabili di ingresso e uscita sono rappresentate attraverso funzioni di appartenenza linguistiche con cinque livelli di granularità: Large Negative (LN), Small Negative (SN), Zero (ZE), Small Positive (SP) e Large Positive (LP). Tali funzioni sono modellate principalmente con Gaussiane per la parte centrale e Sigmoidi per gli estremi, al fine di catturare adeguatamente le incertezze e le sovrapposizioni proprie dei sistemi fuzzy di tipo intervallo 2. I range delle variabili sono calibrati specificatamente: per l'errore exe_x da 0.3-0.3 a 0.30.3 Volt, per la variazione dell'errore dexde_x da 0.15-0.15 a 0.150.15 Volt, e per l’uscita da 600-600 a 600600 passi macchina al secondo, rappresentando la velocità del motore.

La costruzione delle funzioni di appartenenza avviene tramite strumenti di progettazione dedicati, come il Fuzzy Logic Designer di MATLAB, che consente la modellazione precisa dei membership functions (MF) e la loro distribuzione simmetrica nel dominio di definizione. L'uso del controllo fuzzy di tipo intervallo 2 si giustifica con la necessità di gestire incertezze più complesse rispetto ai sistemi fuzzy di tipo 1, consentendo una maggiore robustezza e adattabilità nella risposta del controllore.

La formulazione delle regole di controllo coinvolge 25 regole IF-THEN, risultato della combinazione dei 5 livelli di input per ciascuna delle due variabili. Queste regole definiscono le azioni del controllore in base alle diverse combinazioni di errore e sua variazione, determinando l’uscita fuzzy del sistema. La sintesi di queste regole permette di tradurre le conoscenze esperte in decisioni di controllo automatizzate e adattative.

Durante l’implementazione, il guadagno di controllo KK assume un ruolo di regolatore, permettendo di tarare la risposta del sistema e ottimizzare le prestazioni dinamiche del motore. L’intero processo di progettazione e simulazione è essenziale per validare l’efficacia del controllore fuzzy IT2, soprattutto nel confronto con altre strategie di controllo tradizionali.

In aggiunta al processo tecnico descritto, è importante comprendere che il successo del controllo fuzzy IT2 non dipende solo dalla corretta definizione delle funzioni di appartenenza e regole, ma anche dalla capacità di modellare e gestire le incertezze intrinseche al sistema reale, come rumore di misura, variazioni nei parametri del motore e ritardi non lineari. La natura intervallo 2 del sistema fuzzy consente di rappresentare queste incertezze in modo più flessibile rispetto ai sistemi fuzzy convenzionali, aumentando la robustezza complessiva. Inoltre, la scelta accurata dei parametri, come i range delle variabili e il tipo di membership functions, influisce significativamente sulle prestazioni finali e richiede una fase di calibrazione e ottimizzazione basata su test empirici o simulazioni dettagliate.

Un altro aspetto critico è l’integrazione del controllore con i sistemi di acquisizione dati e attuazione reali, che richiede attenzione alla latenza, alla precisione di conversione A/D e D/A e alla sincronizzazione temporale tra sensori e attuatori. L’efficacia di un controllore fuzzy IT2 dipende quindi non solo dalla sua struttura logica, ma anche dalla qualità dell’intero sistema di controllo in cui è inserito.

Come si addestra e valuta un modello SVM per la classificazione multicategoria di immagini fruttate usando fitcecoc()

L’addestramento di un modello di classificazione a Support Vector Machine (SVM) per immagini di frutta, suddivise in sei classi, si basa sull’estrazione di caratteristiche rilevanti dai dati di input e sull’uso della funzione fitcecoc() per la creazione di un classificatore multiclasse. Il processo comincia con la raccolta e la organizzazione delle immagini di addestramento, disponibili in cartelle separate per ogni classe. Utilizzando la funzione imageDatastore(), si caricano le immagini, associando le etichette ai nomi delle cartelle, garantendo così la corretta corrispondenza tra dati e categorie. La suddivisione del dataset avviene tipicamente in una proporzione 70%-30%, dedicando la maggior parte delle immagini all’addestramento e il resto alla validazione.

Per estrarre le caratteristiche distintive di ogni immagine, si impiega la tecnica Histogram of Oriented Gradients (HOG), che rappresenta l’immagine mediante un vettore di caratteristiche basato sulle variazioni locali di intensità e orientamento dei bordi. La scelta di una dimensione di cella 4x4 consente un buon compromesso tra dettaglio e complessità computazionale. Ogni immagine del set di addestramento viene processata per ricavare il suo vettore HOG, che sarà usato come input per il classificatore.

La funzione fitcecoc() costruisce un modello basato su una strategia “One-vs-One”, cioè combina più classificatori SVM binari per gestire il problema multiclasse. Questo metodo risulta efficace nell’assegnare un’etichetta predetta a ogni immagine di test, che anch’essa viene elaborata attraverso l’estrazione delle stesse caratteristiche HOG. Le previsioni del modello vengono confrontate con le etichette reali mediante la matrice di confusione, che consente una visualizzazione dettagliata delle performance, mostrando quali classi vengono più spesso confuse tra loro.

Per migliorare la comprensione dei risultati, si utilizza una funzione ausiliaria per visualizzare la matrice di confusione in formato normalizzato e leggibile. Questa funzione sfrutta operazioni matriciali avanzate, come bsxfun() per normalizzare le righe, e funzioni di formattazione per stampare la matrice in modo chiaro. Il risultato finale evidenzia l’efficacia del modello, con valori elevati sulla diagonale principale, indicativi di classificazioni corrette, e percentuali minime di errore tra classi adiacenti.

È fondamentale comprendere che la qualità del modello dipende non solo dall’algoritmo scelto, ma anche dalla qualità e dalla rappresentatività delle caratteristiche estratte. La tecnica HOG, pur potente, è sensibile a variazioni di illuminazione, orientamento e scala delle immagini, perciò una corretta pre-elaborazione può migliorare significativamente le prestazioni. Inoltre, la divisione del dataset in training e test deve essere casuale ma bilanciata per evitare bias.

La matrice di confusione fornisce un quadro dettagliato delle prestazioni per classe, permettendo di identificare errori sistematici e aree di miglioramento. Per esempio, una bassa accuratezza in una classe può indicare la necessità di acquisire più dati o di affinare l’estrazione delle caratteristiche specifiche di quella categoria.

Parallelamente all’applicazione sulle immagini, la classificazione multiclasse può essere estesa a segnali audio, dove l’estrazione delle caratteristiche avviene segmentando il segnale in finestre temporali sovrapposte per cogliere variazioni dinamiche. Questo approccio dimostra la flessibilità degli algoritmi di classificazione nel trattare dati eterogenei, purché le caratteristiche estratte siano rappresentative e coerenti con le classi di interesse.

Comprendere il processo completo — dalla preparazione dei dati, all’estrazione delle caratteristiche, alla costruzione del modello, fino alla valutazione mediante matrici di confusione — è essenziale per progettare sistemi di classificazione robusti e affidabili, capaci di generalizzare correttamente a nuovi dati.