La teoria dei filtri costituisce un potente strumento per descrivere la convergenza senza dover fare continuamente riferimento agli elementi specifici di una successione o di una famiglia di insiemi. In particolare, la nozione di Tendsto, ossia di convergenza di una funzione rispetto a un filtro, permette di definire la convergenza in termini puramente insiemistici, offrendo una generalizzazione e unificandone i concetti classici.
La struttura ordinata dei filtri su un insieme X si presenta come un reticolo completo, dotato di elementi minimo e massimo, e in cui ogni insieme di filtri ammette sia l'infimo che il supremo. Questo è rilevante poiché la definizione stessa di filtro prevede che se un insieme U appartiene al filtro F, allora anche ogni insieme che lo contiene è in F. Ciò implica che il filtro non può essere vuoto, ma non vieta che contenga l’insieme vuoto; in questo caso il filtro diventa banale, includendo ogni insieme possibile, e coincide con l’elemento minimo del reticolo.
La scelta di includere tale filtro banale presenta vantaggi formali. Consente di definire in modo semplice l’operazione di pullback senza condizioni aggiuntive, e facilita la costruzione di filtri principali a partire da insiemi arbitrari, mappando l’insieme vuoto proprio nell’elemento minimo del reticolo dei filtri. Inoltre, la teoria guadagna in eleganza e generalità, potendo gestire lemmi e proprietà mediante l’introduzione del concetto di filtro non banale, formalizzato in Mathlib tramite la classe di tipo Filter.NeBot.
La nozione di base di filtro (filter basis) è centrale per riconciliare la definizione astratta di Tendsto con le più intuitive nozioni di convergenza viste in analisi classica. Una famiglia di insiemi s indice un filtro F se ogni insieme appartenente a F contiene almeno uno degli insiemi di s. Nel contesto topologico reale, le famiglie di intorni standard definiti come intervalli aperti (x0 - ε, x0 + ε) con ε positivo formano una base per il filtro dei intorni N x0. Analogamente, il filtro atTop, che codifica il concetto di "per numeri sufficientemente grandi", ammette una base altrettanto semplice. Questa struttura permette di tradurre proprietà di convergenza in formule quantificatorie più familiari, come la definizione ε-N di limite per successioni reali.
L’approccio basato sui filtri si rivela inoltre estremamente efficace nel gestire enunciati riguardanti proprietà che si verificano "per n sufficientemente grande". Invece di ragionare con le usuali tecniche di massimo tra indici, l’uso del filtro atTop rende naturale esprimere che due proprietà P e Q sono vere simultaneamente in un filtro, grazie alla chiusura del filtro per intersezione. La notazione ∀f n in atTop, P n, rappresenta un modo conciso ed elegante per dire che P vale per quasi tutti gli n abbastanza grandi, e si estende naturalmente a proprietà di uguaglianza o disuguaglianza.
La definizione di filtro può essere riformulata in termini del concetto di "Eventually" (eventualmente), che codifica il fatto che una proprietà P vale quasi sempre all’interno del filtro. Questo consente di derivare proprietà importanti come la monotonicità (se P implica Q, allora eventualmente P implica eventualmente Q) e la possibilità di combinare proprietà tramite l’operazione di congiunzione. La disponibilità di tattiche formali, come filter_upwards in Lean, permette di semplificare notevolmente le dimostrazioni, riducendo la complessità dovuta alla gestione manuale di quantificatori e sottoinsiemi.
L’uso dei filtri nel contesto topologico e analitico apre quindi la strada a una trattazione più unificata, astratta e generale dei concetti di limite e convergenza. Questo approccio, pur richiedendo una certa familiarità con il linguaggio delle strutture ordinate e della teoria degli insiemi, offre una chiarezza e una potenza notevoli, rendendo più sistematiche e meno tediose molte argomentazioni altrimenti ingombranti.
È importante sottolineare che, sebbene la definizione di filtro consenta di includere il filtro banale, spesso in applicazioni analitiche si richiede la non banalitá (non trivialità) del filtro per garantire risultati significativi. L’introduzione della classe Filter.NeBot ne formalizza la distinzione e permette di evitare ambiguità, preservando le proprietà desiderate delle convergenze. Inoltre, la compatibilità della nozione di filtro con basi più flessibili e con la costruzione di filtri tramite pullback rende questa teoria particolarmente adattabile e potente anche in contesti più generali, come quelli della misura e dell’integrazione.
L’uso dei filtri, infine, va visto non solo come un artificio formale, ma come uno strumento che chiarisce profondamente la natura delle nozioni di limite e di vicinanza, rendendo trasparente la gestione di proprietà "quasi sempre vere" e permettendo di trattare con eleganza e generalità argomenti che, in modo tradizionale, risultano spesso complessi e ripetitivi.
Che cos'è veramente l'integrazione in Mathlib e perché è più generale di quanto sembri?
Nel contesto di Mathlib, il calcolo differenziale viene formalizzato in modo tale che ogni singolo concetto, dal più semplice al più sofisticato, trovi una sua collocazione precisa all'interno della teoria dei tipi e delle strutture matematiche generalizzate. La differenziabilità, per esempio, è espressa non solo attraverso la continuità derivata, ma attraverso una definizione rigorosa di derivabilità stretta, che implica la linearità tangenziale nel punto di interesse. In particolare, in spazi normati su o , ogni funzione continuamente differenziabile è anche strettamente differenziabile.
La potenza di questa formalizzazione emerge chiaramente nel teorema dell’inverso locale, che non solo garantisce l’invertibilità locale di una funzione in un intorno di un punto, ma costruisce esplicitamente l'inversa utilizzando l'ipotesi che la derivata sia un isomorfismo. Questo non è semplicemente un risultato teorico astratto: in Mathlib, questa costruzione è operativa. Possiamo produrre esplicitamente l'inversa locale e dimostrare rigorosamente che essa è l'inversa sia da sinistra che da destra. Non solo: l'inversa stessa risulta strettamente differenziabile, e la sua derivata è l’inverso della derivata originale.
Il calcolo integrale, nel capitolo successivo, si sviluppa a partire da funzioni definite su intervalli finiti in , ma subito si estende verso una struttura molto più ampia. Gli integrali non sono semplici somme infinitesimali, ma espressioni costruite come integrali di Bochner: una generalizzazione dell'integrale di Lebesgue dove il codominio può essere qualsiasi spazio di Banach. Anche quando integriamo funzioni “elementari”, come l'identità su un intervallo, in realtà ci stiamo muovendo dentro una teoria molto più sofisticata.
Il teorema fondamentale del calcolo si presenta in due parti: la prima afferma che l'integrazione è l'operazione inversa della derivazione; la seconda ci dice come calcolare l'integrale conoscendo la derivata. Tuttavia, Mathlib non si accontenta delle versioni elementari di questi risultati: le versioni ottimali, seppur non riportate direttamente negli esempi, sono codificate nella libreria e disponibili all'uso.
La teoria della misura in Mathlib non è un semplice accessorio all'integrazione: ne è il fondamento. Ogni tipo, per essere misurabile, deve essere dotato di una struttura di σ-algebra, e le classi di tipo servono proprio a garantire queste proprietà. Un insieme è misurabile se lo sono il vuoto e il suo complemento, e se lo è ogni unione o intersezione numerabile. Una volta costruita la misurabilità, è possibile definire una misura come funzione dagli insiemi misurabili ai numeri reali estesi non negativi, e da lì estendere la misura anche a insiemi non necessariamente misurabili, tramite infimi su insiemi contenenti.
La misura di un’unione numerabile di insiemi disgiunti è uguale alla somma delle misure dei singoli insiemi, ma questa uguaglianza richiede precise ipotesi di disgiunzione e misurabilità. Una volta stabilita la misura, possiamo esprimere il concetto di “quasi ovunque”, ovvero affermare che una proprietà vale tranne che su un insieme di misura nulla, un concetto centrale nella teoria moderna dell’integrazione.
L’integrazione stessa è definita in modo che, se una funzione non è integrabile, il suo integrale è semplicemente zero. Questo permette di evitare la proliferazione di ipotesi esplicite in ogni teorema. L’integrabilità è richiesta solo dove strettamente necessario, e le definizioni sono costruite per operare anche in assenza di integrabilità.
Un caso notevole è l'integrazione di funzioni costanti: se la misura di un insieme è infinita, la funzione costante non è integrabile, ma l'integrale restituisce comunque zero. Questo è coerente con la funzione ENNReal.toReal, che invia l’infinito a zero, garantendo così la consistenza interna della teoria.
In questo quadro si inserisce anche la convoluzione, definita come integrale del prodotto di una funzione e una traslazione dell’altra. Anche qui, la struttura tipica di Mathlib assicura la correttezza e l’operatività del concetto, senza rinunciare alla generalità.
Importante per il lettore è comprendere che Mathlib non mira alla mera riproduzione del calcolo classico, ma alla sua astrazione e universalizzazione. L’approccio utilizzato permette di estendere concetti tradizionali a contesti nuovi: funzioni vettoriali in spazi di Banach, derivate in presenza di filtri, integrazione in codomini infiniti dimensionali. Tutto ciò impone una comprensione profonda non solo dei risultati, ma del perché le definizioni siano costruite in quel modo. Il formalismo non è fine a sé
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