Nel contesto degli strumenti analogici di misura, i misuratori a ferro mobile (MI) rappresentano una delle tecnologie più utilizzate per la misurazione sia di correnti in continua (DC) che in corrente alternata (AC). Il principio di funzionamento di un misuratore a ferro mobile si basa sull’interazione tra un campo magnetico e un materiale ferroso mobile, che viene spostato da forze magnetiche in relazione all’intensità della corrente che lo attraversa.
Quando si applica una corrente a una bobina all'interno di un misuratore a ferro mobile, questa genera un campo magnetico che interagisce con un'unità di ferro mobile. Il comportamento del misuratore dipende dalla forma e dalla variazione del campo magnetico, che a sua volta determina la forza di deflessione della lancetta. Se la corrente applicata cambia nel tempo, la deflessione della lancetta varierà in modo proporzionale, e la scala del misuratore rappresenterà il valore della corrente attraverso la posizione della lancetta.
Un punto fondamentale da comprendere è che il misuratore a ferro mobile presenta una risposta che segue una legge del quadrato della corrente. Ciò significa che, a parità di corrente, l'indicazione sulla scala sarà proporzionale al quadrato della corrente stessa. Se la caratteristica della bobina viene progettata in modo tale che la variazione dell'induttanza rispetto all'angolo di deflessione sia costante, il misuratore avrà una scala che segue questa legge quadratica. Tuttavia, tale disposizione rende le divisioni della scala affollate nelle regioni basse, causando una rappresentazione poco pratica per correnti di piccola intensità.
Per rendere la scala più fruibile, i produttori modificano la forma delle lamine di ferro e la variazione dell’induttanza in modo tale da ottenere una scala più uniforme. Questi strumenti sono apprezzati per la loro semplicità costruttiva e per la loro robustezza, in quanto non necessitano di alimentazione elettrica per il sistema mobile, a differenza di altri strumenti come gli ammetri PMMC (Moving Coil Meter) o i dinamometri. Inoltre, nonostante possano essere utilizzati per misurare sia correnti DC che AC a diverse frequenze, la calibrazione del misuratore varia a seconda della frequenza e delle caratteristiche del campo magnetico indotto dalla bobina, come la reattanza e gli effetti di isteresi e correnti parassite nei materiali ferrosi.
Uno degli aspetti più importanti da notare è che, come per gli altri strumenti analogici, anche i misuratori a ferro mobile possono essere adattati per leggere correnti più alte attraverso l'uso di un shunt o trasformarsi in voltmetri grazie all’aggiunta di una resistenza in serie. Questi strumenti sono particolarmente utili per misurare correnti a frequenze di rete, come quelle comunemente utilizzate nelle reti elettriche domestiche (50-60 Hz).
Il misuratore a ferro mobile può operare secondo due principi: repulsione o attrazione. Nel caso della repulsione, la forza magnetica tra due lamine di ferro magnetizzate dallo stesso campo esterno produce la deflessione, mentre nel caso dell'attrazione, le lamine fisse e mobili sono magnetizzate in modo opposto, creando una forza che le attrae. Qualunque sia il principio di funzionamento, le caratteristiche del misuratore sono governate dalle equazioni che descrivono la dipendenza della coppia di deflessione dalla corrente e dalla variazione dell’induttanza.
Per quanto riguarda la misura delle correnti in AC, il misuratore a ferro mobile può essere dotato di un sistema di rettifica per poter leggere sia correnti continue che alternate. La rettifica della corrente alternata comporta la trasformazione della corrente alternata in una corrente continua pulsante, che viene quindi misurata come una corrente continua dalla bobina del misuratore. Tuttavia, la misurazione della corrente in AC con un misuratore a ferro mobile rettificato è limitata a misurazioni di corrente sinusoidale, poiché il dispositivo non è in grado di indicare il valore efficace (rms) per correnti con forme d'onda non sinusoidali, come quelle a impulsi, triangolari o quadre.
Nel caso di un misuratore rettificato, come ad esempio un PMMC modificato con un raddrizzatore, la lettura della corrente in AC viene convertita in un valore medio della corrente rettificata. Di conseguenza, per una corrente sinusoidale, il misuratore indicherà un valore 1.110 volte superiore al valore medio della corrente, che corrisponde al valore efficace (rms). Le scale del misuratore devono quindi essere adattate per includere questo fattore di moltiplicazione, il che può comportare una lettura differente a seconda che la corrente misurata sia continua o alternata.
Sebbene i misuratori a ferro mobile siano efficaci per applicazioni generali e per misurazioni a bassa o media corrente, è importante considerare che la loro precisione può essere influenzata dalla frequenza della corrente alternata e dalle proprietà magnetiche dei materiali ferrosi utilizzati. La calibrazione, inoltre, deve essere effettuata con attenzione per tenere conto degli effetti di isteresi e delle perdite per correnti parassite, che possono alterare la lettura nelle applicazioni a frequenze elevate.
Come Funziona la Deflessione degli Elettroni nel Tubo a Raggi Catodici (CRT)?
Nel tubo a raggi catodici (CRT), un fascio di elettroni generato dalla pistola elettronica viene manipolato per creare una rappresentazione visiva su uno schermo. Il processo di deflessione degli elettroni è centrale per il funzionamento di questi dispositivi, e avviene tramite due set di piastre, chiamate piastre di deflessione orizzontale e verticale. Queste piastre non sono posizionate casualmente: le piastre verticali sono in realtà responsabili della deflessione orizzontale, mentre quelle orizzontali si occupano della deflessione verticale.
Quando un fascio di elettroni viaggia attraverso il tubo, è inizialmente accelerato da un'anodo che aumenta la sua velocità, e poi focalizzato grazie a elettrodi di messa a fuoco. I movimenti del fascio sono controllati dalla variazione della tensione applicata alle piastre di deflessione, che deviano il fascio di elettroni verso destra, sinistra, sopra o sotto, creando una "macchia" luminosa sullo schermo, come illustrato nella Figura 7.4.
Nel caso delle piastre di deflessione verticale, esse vengono alimentate con una tensione che produce una forza verticale sugli elettroni, causando il loro spostamento verso l'alto o verso il basso. Se la tensione applicata alle piastre di deflessione verticale è nulla, gli elettroni viaggeranno in linea retta, senza alcun cambiamento nella loro traiettoria verticale. Come illustrato nella Figura 7.6, questa deflessione verticale è il risultato dell'applicazione di una tensione VDy, che, a sua volta, induce una forza sulla particella in movimento che cambia la sua velocità e direzione.
L'energia cinetica degli elettroni in movimento è legata all'energia potenziale derivante dalla tensione applicata, e la velocità degli elettroni, nelle equazioni, si calcola attraverso il rapporto tra la carica dell'elettrone, la sua massa e la tensione applicata. La relazione che descrive la velocità dell'elettrone è espressa dalla formula:
dove è la velocità degli elettroni nella direzione z, è la carica dell'elettrone, è la tensione dell'anodo e è la massa dell'elettrone. All'entrata nelle piastre di deflessione verticale, gli elettroni non hanno velocità nella direzione verticale (y), ma, sotto l'effetto della forza elettrostatica, acquisiscono velocità in quella direzione.
Questa accelerazione può essere espressa dall'equazione:
dove è l'accelerazione nella direzione y e è il tempo trascorso. La forza che agisce sugli elettroni è determinata dalla carica dell'elettrone e dal campo elettrico applicato:
da cui otteniamo la relazione per la deflessione:
Questa formula descrive il movimento parabolico degli elettroni nelle piastre di deflessione verticale, come mostrato nella figura 7.6. L'intensità di deflessione, che è direttamente correlata alla sensibilità del dispositivo, può essere regolata mediante amplificatori per ottenere diverse risoluzioni di lettura, in modo che la deflessione in risposta a un determinato ingresso di tensione possa essere misurata in unità di distanza sullo schermo.
Analogamente, le piastre di deflessione orizzontale (x) funzionano secondo lo stesso principio, ma in direzione perpendicolare. Anche qui, le equazioni di deflessione e la sensibilità del sistema sono identiche, solo con i riferimenti alle variabili orizzontali.
Per ottenere una deflessione significativa, è importante comprendere il concetto di sensibilità della deflessione. Ad esempio, se la sensibilità della deflessione verticale è impostata su 1 V/divisione, un ingresso di tensione di +0.5 V farà spostare la macchia luminosa di 0.5 divisioni verso l'alto sullo schermo. D'altra parte, un ingresso di −4 V sposterà la macchia verso il basso di 4 divisioni. Questa relazione tra tensione e deflessione consente di misurare l'amplitude dell'ingresso applicato, in modo molto simile a un oscilloscopio.
Inoltre, la frequenza di estinzione è un concetto importante da considerare: si tratta del punto in cui gli elettroni che attraversano le piastre di deflessione non mostrano alcun movimento apparente sullo schermo, in quanto il ciclo di accelerazione positiva e negativa si annulla completamente. Il tempo necessario per attraversare le piastre è definito come "tempo di estinzione", ed è legato alla velocità stabile degli elettroni, che deve essere raggiunta prima che essi interagiscano con le piastre di deflessione.
Infine, un aspetto cruciale del funzionamento del tubo a raggi catodici riguarda la progettazione del sistema di deflessione e il controllo preciso delle tensioni applicate, che determina la qualità e la risoluzione dell'immagine visualizzata. Un'errata regolazione può portare a distorsioni o a deflessioni non lineari, compromettendo la precisione del dispositivo.
Perché i segnali analogici devono essere convertiti in segnali digitali?
Quando si parla di segnali, uno degli aspetti più interessanti è il modo in cui questi possono essere rappresentati, processati e, soprattutto, convertiti da un formato all'altro. Un esempio evidente di questa trasformazione è il passaggio dal segnale analogico a quello digitale, un processo fondamentale in molte applicazioni moderne. Ma prima di addentrarci nel cuore del processo di conversione, è necessario comprendere il contesto e le caratteristiche intrinseche dei segnali stessi.
Nel nostro mondo, anche se la realtà è descrivibile in termini di "quanti", ovvero in unità discrete e misurabili, ciò che percepiamo attraverso i sensi è in gran parte continuo. La temperatura, ad esempio, è un segnale che varia senza interruzione in funzione del tempo, assumendo un numero infinito di valori all’interno di un determinato intervallo di tempo. Questo tipo di segnale è definito analogico, poiché il suo valore può essere descritto in modo continuo, sia nel dominio temporale che in quello della grandezza fisica.
Un segnale analogico può essere rappresentato da una curva continua, come quella mostrata nell’esempio di una variazione della temperatura in una giornata. La temperatura è un parametro dipendente, che varia nel tempo, il quale rappresenta il parametro indipendente. Questa relazione continua tra le variabili viene interpretata come un segnale unidimensionale. Un altro esempio potrebbe essere la variazione dell'altezza lungo una strada, dove l'altezza rappresenta la variabile dipendente e la distanza lungo la strada quella indipendente.
Tuttavia, nella pratica, raramente ci troviamo a trattare segnali in forma continua. Ad esempio, se decidiamo di misurare la temperatura ogni ora, otteniamo un insieme di valori discreti. Questo è un segnale discreto, che può essere definito come un segnale la cui rappresentazione avviene a intervalli separati, piuttosto che continuamente. L’acquisizione di dati a intervalli specifici di tempo è ciò che ci permette di campionare un segnale analogico, creando così un segnale discreto che può essere successivamente utilizzato in applicazioni digitali.
A questo punto, entrano in gioco i convertitori analogico-digitali (ADC). Questi dispositivi sono progettati per trasformare un segnale analogico in un formato digitale leggibile da un computer o da un dispositivo elettronico. La conversione implica un processo di campionamento, che consiste nel prelevare valori del segnale a intervalli regolari di tempo, e di quantizzazione, in cui ogni valore campionato viene mappato in un numero discreto.
La quantizzazione è uno degli aspetti più critici della conversione analogico-digitale. Quando un segnale analogico viene convertito in digitale, il risultato non è mai una rappresentazione perfetta del segnale originale. La discrepanza tra il valore continuo e quello quantizzato è nota come errore di quantizzazione, e dipende dalla risoluzione del convertitore. Maggiore è la risoluzione, minore sarà l’errore di quantizzazione e, di conseguenza, più precisa sarà la rappresentazione digitale del segnale analogico.
Nel passato, i primi convertitori analogico-digitali, come il sistema DATRAC degli anni '50, erano dispositivi voluminosi e potenti, utilizzati per scopi industriali. Negli anni successivi, grazie ai progressi tecnologici, i metodi di conversione sono diventati più rapidi, precisi e compatti. Tra i metodi di conversione più significativi ci sono il dual slope ADC e il delta-sigma ADC. Questi approcci hanno permesso una grande evoluzione, rendendo possibile l'uso di convertitori digitali in una vasta gamma di applicazioni, dai telefoni cellulari ai dispositivi medici.
La diffusione dei convertitori analogico-digitali ha comportato un cambiamento radicale nei metodi di misurazione e monitoraggio. A partire dagli anni '70, la tecnologia digitale ha preso il sopravvento, relegando in gran parte gli strumenti di misurazione analogici alla storia. La digitalizzazione dei segnali ha facilitato l’elaborazione dei dati, permettendo una maggiore precisione, una migliore archiviazione e una maggiore facilità di trasmissione.
Il passaggio da un segnale analogico a uno digitale non è solo una questione tecnica, ma anche pratica. La conversione rende i segnali più facili da manipolare, memorizzare e trasmettere, elementi essenziali in un mondo sempre più dipendente dalle tecnologie digitali. La comprensione di come funziona questo processo e dei suoi limiti è cruciale per applicazioni in cui la precisione dei dati è fondamentale.
Nel contesto di applicazioni moderne, come la misurazione della temperatura, della velocità, della pressione o di altri parametri fisici, l'uso di ADC permette di ottenere letture precise, ma è importante comprendere che ogni conversione implica una certa perdita di informazioni, causata dal campionamento e dalla quantizzazione. Per esempio, se un convertitore ha una risoluzione di 8 bit, i valori possibili per ogni lettura sono limitati, e questo potrebbe non essere sufficiente per applicazioni che richiedono un'alta precisione. In questi casi, ADC a risoluzione più alta, come i 16 bit, possono essere necessari.
In sintesi, il processo di conversione analogico-digitale non solo ha rivoluzionato il mondo delle misurazioni, ma ha anche aperto la strada per lo sviluppo di sistemi più complessi e precisi. La chiave per un’efficace applicazione di questi dispositivi risiede nella comprensione profonda del processo di quantizzazione, della risoluzione e delle implicazioni di ogni tipo di campionamento. Conoscere queste dinamiche permette di sfruttare appieno le potenzialità della tecnologia digitale in ogni campo dell’ingegneria, delle scienze applicate e oltre.
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