Le relazioni matematiche che regolano la trasformazione dei tensori di secondo ordine, quali quelli di deformazione e di tensione, tra diverse configurazioni di riferimento costituiscono il fondamento per l'analisi delle grandi deformazioni nella meccanica dei solidi. Nel contesto della formulazione aggiornato-Lagrangiana (UL), tutti i parametri sono riferiti alla configurazione mobile C1, ma per definire le leggi costitutive è necessario riportare deformazioni e tensioni a una configurazione fissa comune, di solito C0. Questa operazione risulta essenziale, poiché consente di derivare le relazioni costitutive incrementali a partire da quelle stabilite per la configurazione fissa iniziale, migliorando significativamente l’accuratezza nelle analisi non lineari a grandi deformazioni.

Il tensore di seconda Piola–Kirchhoff rappresenta una misura fondamentale delle tensioni nel contesto lagrangiano. Questo tensore è definito a partire da un parallelepipedo infinitesimale, originariamente rettangolare nella configurazione iniziale C0, che subisce deformazioni fino a diventare un parallelepipedo deformato nelle configurazioni successive (C1, C2). Le tensioni di Kirchhoff sono forze interne per unità di area che agiscono lungo le normali e le direzioni tangenziali delle superfici di questo parallelepipedo deformato. Nelle analisi incrementali, il tensore di seconda Piola–Kirchhoff al passo C2 si può scomporre in un tensore noto al passo precedente più un incremento di tensione, permettendo così un’interpretazione incrementale e un aggiornamento efficiente delle condizioni di carico e stato tensionale.

Al contrario, il tensore delle tensioni di Cauchy, noto anche come tensore di tensione di Eulero, si riferisce alla configurazione attuale in cui si manifestano le tensioni, risultando di immediata interpretazione fisica. Tuttavia, questa sua naturalezza lo rende meno conveniente nelle analisi non lineari, in quanto le deformazioni e le tensioni devono essere riferite alla medesima configurazione per consentire un corretto accoppiamento tra grandezze cinematiche e statiche. Il tensore di Cauchy può essere relazionato al tensore di seconda Piola–Kirchhoff mediante trasformazioni che coinvolgono le derivate dei campi di posizione e le densità di massa nelle diverse configurazioni, garantendo così una coerenza formale e fisica nell’approccio lagrangiano aggiornato.

La definizione del tensore aggiornato di Kirchhoff introduce una terza forma di rappresentazione delle tensioni, riferita alla configurazione intermedia C1 ma valutata nello stato deformato C2. Questo tensore si ottiene considerando il parallelepipedo infinitesimale deformato da C1 a C2, e consente un trattamento incrementale delle tensioni che si integra naturalmente con la formulazione UL. Anche in questo caso, il tensore può essere espresso come somma della tensione nota alla configurazione C1 più un incremento di tensione, facilitando le procedure numeriche di integrazione e aggiornamento.

Le regole di trasformazione tra i diversi tensori di tensione consentono di passare dal tensore di Cauchy alle diverse forme di tensori di Kirchhoff o di seconda Piola–Kirchhoff e viceversa, attraverso formule che coinvolgono la deformazione del corpo e la conservazione della massa. Queste trasformazioni sono fondamentali per implementare le leggi costitutive in modo coerente e per analizzare le grandi deformazioni in modo incrementale, assicurando la simmetria dei tensori di tensione e la coerenza energetica del modello.

È inoltre cruciale comprendere che le densità di massa del materiale nelle diverse configurazioni non sono costanti ma variano con la deformazione, e la loro relazione è parte integrante delle trasformazioni tra i tensori di tensione. Questo aspetto è essenziale per la corretta formulazione delle leggi di conservazione della massa e dell’energia durante il processo di deformazione, influenzando direttamente la validità e la precisione delle analisi numeriche di strutture a grandi deformazioni.

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Come si gestiscono i momenti indotti e applicati nelle matrici di rigidezza degli elementi spaziali?

Nel contesto dell’analisi strutturale degli elementi spaziali, il momento indotto a un’estremità dell’elemento può essere rappresentato tramite una matrice che si scompone in due parti fondamentali: una simmetrica e una antisimmetrica. Questa decomposizione è cruciale per comprendere come i momenti agiscono e si trasformano nelle coordinate locali e globali della struttura. Considerando un’estremità, detta B, la matrice del momento indotto [ki]b[k_i]_b si esprime come somma di una parte simmetrica [s]b[s]_b e una antisimmetrica [a]b[a]_b. La parte simmetrica rappresenta il contributo che mantiene l’equilibrio del giunto nell’elemento deformato, mentre la parte antisimmetrica può essere ricollegata al vettore dei momenti nodali attraverso il simbolo di permutazione di Levi-Civita eijke_{ijk}, consentendo un’elegante formulazione tensoriale che facilita il passaggio da coordinate locali a coordinate globali mediante la matrice di trasformazione [Φ][\Phi].

L’equilibrio del giunto strutturale impone che la somma dei momenti lungo ciascun asse globale debba essere nulla, condizione che si traduce nella cancellazione della somma delle componenti antisimmetriche delle matrici di momento provenienti da tutti gli elementi connessi al giunto. Di conseguenza, nella fase di assemblaggio della struttura, solo la parte simmetrica della matrice del momento indotto viene mantenuta, e questa prende il nome di matrice del momento di giunto [kj][k_j]. La matrice di giunto simmetrica rappresenta un raffinamento rispetto alla rigidezza originale dell’elemento e assicura la compatibilità e l’equilibrio tra elementi adiacenti nella configurazione deformata della struttura.

Il procedimento descritto per l’estremità B è identico per l’estremità A, consentendo di definire due matrici di momento di giunto [s]a[s]_a e [s]b[s]_b, che combinate formano la matrice completa del momento di giunto [kj][k_j] per l’intero elemento. Questa matrice, differente dalla matrice di rigidezza dell’elemento singolo non connesso, è indispensabile per la modellazione di strutture composte, poiché incorpora le condizioni di equilibrio e compatibilità imposte dal collegamento degli elementi. Tale matrice viene anche definita come matrice di correzione, poiché modifica il comportamento originario dei momenti di flessione nodali da un modo quasi-tangenziale a uno semi-tangenziale, favorendo l’equilibrio nei giunti deformati.

Un’altra importante categoria di momenti da considerare sono i momenti esterni applicati, generati non da sollecitazioni interne ma da dispositivi o forze esterne applicate alle estremità degli elementi. Ad esempio, un momento esterno può essere prodotto da una coppia di forze dirette con un braccio di leva definito, applicata a un nodo libero di un elemento. In questo caso, il momento esterno iniziale può essere descritto come prodotto tra il vettore braccio di leva e la forza applicata, e subisce variazioni in seguito alle rotazioni della sezione dell’elemento durante la deformazione. L’analisi incrementale del potenziale virtuale associato a questi momenti esterni porta alla definizione di una matrice di momento applicato [km][k_m], analoga alla matrice del momento indotto, che può anch’essa essere scomposta in parti simmetriche e antisimmetriche per garantire la corretta integrazione nel modello strutturale.

L’approccio tensoriale, che utilizza simboli di permutazione e matrici di trasformazione ortogonali, è fondamentale per garantire che le grandezze vettoriali e matriciali rappresentino correttamente le condizioni di equilibrio e compatibilità nelle diverse configurazioni di riferimento. In particolare, l’impiego della matrice di trasformazione tra coordinate locali e globali assicura che le forze e i momenti, pur essendo originariamente definiti in un sistema locale dell’elemento, possano essere coerentemente sommati e bilanciati a livello strutturale.

Oltre ai dettagli matematici, è essenziale comprendere che la corretta formulazione e implementazione delle matrici di rigidezza e momento di giunto non solo garantiscono l’equilibrio statico, ma sono fondamentali per la stabilità e la precisione delle analisi non lineari degli elementi spaziali. L’adozione della matrice del momento di giunto simmetrica permette di superare limitazioni di modellazioni più semplicistiche e assicura la congruenza delle deformazioni e delle sollecitazioni ai nodi, che rappresentano i punti critici di interazione tra elementi strutturali.

Infine, la distinzione tra momenti indotti interni e momenti applicati esterni è fondamentale: mentre i primi sono intrinsecamente legati alla risposta elastica e geometrica dell’elemento sotto carico, i secondi rappresentano condizioni di carico imposte dall’ambiente o dai dispositivi esterni e devono essere gestiti con attenzione per non compromettere l’equilibrio globale della struttura. Entrambe le categorie di momenti richiedono una rappresentazione rigorosa per essere incorporate efficacemente nei modelli computazionali, specialmente in presenza di grandi deformazioni e non linearità.

Il lettore deve inoltre essere consapevole che, nella pratica, la manipolazione di queste matrici e la verifica delle condizioni di equilibrio ai giunti sono essenziali per assicurare la correttezza dell’analisi strutturale, specie in strutture complesse e con elementi multipli interconnessi. La metodologia descritta non si limita a una semplice astrazione matematica, ma rappresenta il cuore delle moderne tecniche di modellazione e simulazione di strutture spaziali non lineari, influenzando direttamente la sicurezza e l’efficienza progettuale.

Come derivare il momento torcenti e il lavoro virtuale incrementale nelle strutture a travi rigide

Il secondo stress di Piola-Kirchhoff può essere espresso in forma incrementale come 2Si=1τi+Si2S_i = 1\tau_i + S_i, dove l'indice ii può essere xx, xy o xz, 1τi1\tau_i rappresenta gli stress di Cauchy esistenti in C1C_1 e SiS_i gli incrementi aggiornati dello stress di Kirchhoff. Sostituendo le equazioni (8.27) e (8.28) nelle equazioni (8.24)–(8.26), insieme all'uso delle definizioni dei risultanti degli stress nelle equazioni (8.18) e (8.20), si ottengono le seguenti espressioni per i momenti in C2C_2:

2Mx=(2SxzySxyz)dA\int 2M_x = (2S_{xz} \cdot y - S_{xy} \cdot z) \, dA
A2My=SxxzdAzθx+Mxθz\int A 2M_y = S_{xx} \cdot z \, dA - \int z \theta_x + M_x \theta_z
2Mz=2SxxydA+MyθxMxθy2M_z = - 2S_{xx} \cdot y \, dA + M_y \theta_x - M_x \theta_y

Per le sezioni trasversali bisimmetriche, il parametro torsionale α\alpha nell'equazione (5.92) è pari a 12\frac{1}{2}, vale a dire:

τxzydA=τxyzdA=Mx\int \tau_{xz} \, y \, dA = - \int \tau_{xyz} \, dA = M_x

Le espressioni nelle equazioni (8.29)–(8.32) sono derivate semplicemente ipotizzando sezioni trasversali piane nelle equazioni (8.9)–(8.11) e le definizioni dei risultanti degli stress nelle equazioni (8.24)–(8.26). È evidente che il momento torcenti MxM_x deve essere interpretato come il momento semitangenziale, come indicato dai termini MxθzM_x \theta_z e MxθyM_x \theta_y nelle equazioni (8.30) e (8.31), e i momenti di flessione MzM_z e MyM_y come i momenti quasitangenziali, come indicato dai termini Mzθx- M_z \theta_x e MyθxM_y \theta_x nelle stesse equazioni.

Quando si considera il lavoro virtuale incrementale, l'energia di deformazione, la potenziale energia dovuta agli stress iniziali, e il lavoro virtuale esterno, la formulazione deve essere derivata con molta attenzione alla forma dei termini di lavoro virtuale per ottenere un sistema coerente per l'analisi. La definizione dell'energia di deformazione δU\delta U viene trattata in modo da ottenere una matrice elastica [ke][k_e] che possa essere utilizzata per il calcolo degli spostamenti e delle forze, ma nel caso di spostamenti rigidi, il termine di energia di deformazione svanisce.

In un elemento a trave rigido, il contributo principale alla rigidità geometrica deriva dalla deformazione dovuta alla rotazione e ai momenti applicati, specialmente in presenza di dislocamenti assiali, torsionali e trasversali. Il lavoro virtuale incrementale, indicato da V.W.I.V.W.I., è calcolato sottraendo il lavoro virtuale esterno 1R1R da quello 2R2R, tenendo conto dei momenti quasitangenziali e semitangenziali:

V.W.I.=2R1RV.W.I. = 2R - 1R

Questo approccio tiene conto delle rigidezze dovute alle deformazioni torsionali e ai momenti di flessione trasversale. Nel contesto dell'analisi incrementale e iterativa non lineare, è fondamentale che la matrice di rigidezza geometrica [kg][k_g] sia qualificata tramite il test del corpo rigido, un approccio che fornisce una soluzione diretta alle problematiche dei vincoli imposti dalle rotazioni rigide.

Per quanto riguarda la formulazione della rigidità geometrica, si assume che gli spostamenti trasversali vengano interpolati tramite funzioni cubiche, mentre gli spostamenti assiali e di torsione vengono interpolati tramite funzioni lineari. Questa scelta permette di definire la matrice di rigidezza geometrica in modo che rispetti le condizioni di equilibrio e le caratteristiche di comportamento del materiale, senza influenzare la stabilità dell'analisi.

Infine, è importante notare che le espressioni per i momenti di flessione e i momenti torsionali sono determinate in relazione ai nodi dell'elemento, e che il trattamento delle forze nodali in equilibrio consente di ottenere una soluzione precisa per le strutture a trave rigida in analisi non lineare.

Come la Matrice di Rigidezza Geometrica Influenza l'Analisi Non Lineare delle Strutture

Nel contesto dell'analisi delle strutture non lineari, l'approccio incrementale-iterativo basato sul tipo di Lagrangiano aggiornato (UL) è uno dei metodi più utilizzati per affrontare i problemi complessi legati al comportamento non lineare delle strutture, specialmente quando si lavora con elementi rigidi e deformazioni geometriche. In tale approccio, un ruolo fondamentale è svolto dalle matrici di rigidezza geometriche, che contribuiscono a descrivere le forze interne all'interno degli elementi strutturali durante il processo di analisi.

Il metodo predittore-correttore viene impiegato per migliorare la precisione della soluzione e ottimizzare la convergenza del sistema. La fase predittore calcola i primi incrementi di spostamento {U}, che vengono successivamente utilizzati per ottenere gli incrementi di spostamento per ciascun elemento strutturale. La matrice di rigidezza strutturale [K], sebbene approssimata, viene progettata in modo da non deviare la direzione delle iterazioni, garantendo un percorso di convergenza stabile. A questo scopo, vengono integrate matrici di rigidezza geometrica, come quelle per gli elementi beam rigidi [kg]r.b. e per gli elementi TPE (Triangular Plate Element), che sono essenziali per simulare il comportamento di rotazione rigida degli elementi inizialmente sollecitati.

Durante la fase di correzione, vengono recuperate le forze elementari {22f} in riferimento alla configurazione C2, che rappresenta la struttura aggiornata. Qui si considerano due contributi principali: le forze nodali iniziali {11f} espresse in riferimento alla configurazione C1 e le forze incrementali {Δf} calcolate utilizzando la matrice di rigidezza elastica [ke]. Le forze totali {22f} vengono ottenute come somma delle forze iniziali e delle forze incrementali, con un’attenzione particolare alla rotazione rigida, che viene trattata separatamente per evitare errori nei calcoli successivi.

La corretta implementazione di questo processo permette di determinare con precisione le forze interne agli elementi strutturali, che sono fondamentali per il bilanciamento delle forze esterne applicate {2P}. Qualora dovessero emergere forze sbilanciate {R} superiori alle tolleranze predefinite, è necessario ripetere l'iterazione predittore-correttore per eliminare tali discrepanze.

Un altro aspetto fondamentale riguarda la precisione dell'analisi, che dipende principalmente dalla fase correttiva. Il predittore, infatti, ha un impatto minore sulla precisione finale della soluzione, influenzando principalmente la velocità di convergenza e il numero di iterazioni. Per quanto riguarda la combinazione delle matrici di rigidezza nei metodi predittori e correttori, diverse configurazioni vengono testate numericamente per vari tipi di strutture, tra cui telai spaziali, piastre e gusci. Ogni combinazione di predittore e correttore è associata a un diverso schema di calcolo, che varia in base alla complessità geometrica degli elementi e alle proprietà materiali.

Nel caso delle travi, ad esempio, si sperimentano combinazioni di matrici di rigidezza elastica [ke] e rigidezza geometrica [kg]r.b. per ottimizzare l’efficienza computazionale, con risultati che indicano che l'uso di una matrice rigida geometrica completa [ke] + [kg] può essere vantaggioso in termini di precisione, anche se comporta un aumento del tempo di calcolo. D’altra parte, l’adozione di una combinazione di matrici di rigidezza più semplice può ridurre significativamente il tempo computazionale, ma a costo di una leggera perdita di precisione.

In conclusione, è essenziale che l'analisi non lineare incrementale-iterativa, soprattutto quella che riguarda la risposta post-buckling di strutture, venga eseguita con attenzione alla scelta delle matrici di rigidezza appropriate e alla gestione delle forze interne. Sebbene il metodo GDC (Generalized Displacement Control) sia utile per ottimizzare l’adattamento degli incrementi di carico, le scelte sulle matrici predittore-correttore influenzano in modo determinante la precisione e l’efficienza della simulazione numerica.

È inoltre importante sottolineare che, durante l'analisi delle strutture non lineari, la gestione delle forze sbilanciate richiede un'accurata regolazione delle tolleranze di convergenza, poiché i risultati numerici sono altamente sensibili alle impostazioni iniziali e alle configurazioni di carico. La scelta di utilizzare matrici di rigidezza geometriche avanzate, come quelle per gli elementi TPE o TRIC, rappresenta una scelta strategica per affrontare problemi complessi e migliorare la precisione delle simulazioni.