Gli elettroni caldi trasferiti all'interfaccia non solo migliorano l'efficienza di separazione delle cariche nei siti di legame tra N-M(Ti) e U(VI), ma potenziano anche l'uso efficace dell'energia luminosa grazie all'effetto sinergico tra gli elettroni caldi eccitati e gli fotoelettroni. Le misurazioni tramite microscopia a forza di sondaggio Kelvin (KPFM) in situ, per valutare le variazioni del potenziale di superficie dei materiali compositi, insieme ad altre analisi spettroscopiche, hanno rivelato che questi nanofili ibridi migliorano significativamente la separazione delle coppie elettrone-lacuna. Le group amino forniscono siti attivi per catturare gli ioni uranili. Questa eterostruttura di materiale semiconduttore-plasmonico ha mostrato un'ottima efficienza di rimozione di U(VI) su un ampio intervallo di concentrazioni. In particolare, gli ioni fluoruro, che rappresentano un comune fattore dannoso nella rimozione di U(VI) dalle acque reflue radioattive, hanno avuto un impatto minimo sull'estrazione dell'uranio da parte di AgNW/N-M. Questo lavoro offre un nuovo approccio per progettare eterostrutture avanzate con effetti LSPR come fotocatalizzatori per l'estrazione dell'uranio da acque reflue contenenti fluoruro.
Le immagini di microscopia elettronica a trasmissione (TEM) e le immagini di mappatura degli elementi tramite spettroscopia a raggi X a dispersione energetica (EDX) hanno confermato il successo del rivestimento dei fogli nanoscalari di N-M(Ti) sulla superficie di AgNW. I segnali di azoto (N) e titanio (Ti) sono stati distribuiti uniformemente su tutta la regione del foglio nanostrutturato, mentre il segnale dell'argento (Ag) è apparso distintamente nella regione dei nanofili, confermando la sintesi dell'ibrido AgNW/N-M(Ti). Le misurazioni tramite spettroscopia di diffrazione a raggi X (XRD) hanno rivelato picchi caratteristici corrispondenti sia a N-M(Ti) che all'argento metallico (Ag), validando ulteriormente la sintesi dell'ibrido AgNW/N-M(Ti).
L'analisi spettroscopica XPS ha mostrato uno spostamento verso energie di legame più elevate nello spettro Ag 3d degli ibridi AgNW/N-M(Ti) rispetto agli AgNWs puri, indicando il trasferimento elettronico dopo l'ibridazione. La spettroscopia XPS di Ti 2p ha rivelato che il picco si è spostato verso energie di legame più basse, confermando il trasferimento di elettroni da AgNWs a N-M(Ti) dopo l'ibridazione. Inoltre, il picco di N 1s ha rivelato due picchi a 401,2 e 399,0 eV, che sono stati associati ai legami −NH2 e C—N, rispettivamente, indicando che i gruppi funzionali contenenti azoto sono rimasti intatti in N-M(Ti) dopo l'ibridazione.
Per quanto riguarda la capacità di fotoriduzione di U(VI), sono stati eseguiti ulteriori test per valutare le proprietà ottiche ed elettroniche degli ibridi AgNW/N-M(Ti). Gli spettri di assorbimento UV-Vis hanno mostrato un notevole miglioramento nell'assorbimento ottico dei campioni sintetizzati. Grazie all'effetto LSPR dei nanofili di Ag (AgNWs), lo spettro di assorbimento di AgNW/N-M(Ti) ha superato quello di N-M(Ti) in un intervallo di lunghezze d'onda da 200 a 800 nm. Analizzando la banda di valenza e la banda di conduzione, si è scoperto che l'ibridazione di N-M(Ti) e AgNWs ha creato una barriera Schottky all'interfaccia. Gli elettroni caldi generati dall'effetto LSPR vengono trasferiti da AgNWs alla banda di conduzione di N-M(Ti) attraverso questa barriera, favorendo la riduzione degli ioni UO2+ 2 catturati.
Le immagini di microscopia a forza atomica (AFM) e le misurazioni spettroscopiche di fotopotenziale superficiale hanno dimostrato che il potenziale superficiale presso il sito A di AgNW/N-M(Ti) aumentava di circa 11,29 mV dalla condizione oscura a quella di luce, mentre al sito B il potenziale diminuiva di circa 1,9 mV, confermando il trasferimento di elettroni dal sito A al sito B indotto dall'esposizione alla luce. L'analisi termica infrarossa ha mostrato che AgNW/N-M(Ti) presenta il più rapido aumento di temperatura, confermando le sue superiori capacità fototermiche rispetto a N-M(Ti) e AgNWs individuali.
L'iniezione di elettroni caldi nei nanofili ibridi AgNW/N-M(Ti) ha offerto una piattaforma ideale per chiarire il ruolo potenziato dell'effetto plasmonico nella fotocatalisi, specialmente per quanto riguarda l'estrazione dell'uranio dalle acque reflue contenenti fluoruro. La capacità di queste eterostrutture di generare e trasferire elettroni caldi, in combinazione con l'effetto plasmonico, le rende candidate promettenti per applicazioni future nel trattamento delle acque contaminati da uranio, senza l'influenza negativa degli ioni fluoruro.
Quali sono le potenzialità del CoOx nell'estrazione elettrochimica dell'uranio?
Il CoOx, un ossido di cobalto arricchito in gruppi idrossilici, ha mostrato un'efficienza straordinaria nel rimuovere l'uranio (U(VI)) da acque reflue contenenti fluoro, con una capacità di estrazione che raggiunge il 96% in presenza di ioni fluoruro. Questo materiale è emerso come un potente candidato per il trattamento delle acque contaminante da uranio, in quanto riesce a separare efficacemente l'uranio e il fluoro, un processo che è stato confermato tramite spettroscopia di assorbimento ai raggi X (XAS). Grazie alla sua struttura nanoscopica e alla presenza di gruppi idrossilici sulla superficie, il CoOx è in grado di intercettare gli ioni uranil dissociati e formare una configurazione stabile, 2Oax-1U-3Oeq, facilitando un'efficace separazione elettrochimica tra fluoro e uranio.
Il processo di sintesi del CoOx, descritto come un approccio "one-pot", utilizza il Co(NO3)3∙6H2O come precursore e il NaBH4 come agente riducente. L’aggiunta di C19H42BrN (bromuro di esadecil trimetilammonio, CTAB) permette la formazione di foglietti sottili di CoOx ricchi di gruppi idrossilici. Successivamente, il CoOx viene sottoposto a un trattamento termico a 350 °C per ottenere un campione di controllo privo di gruppi idrossilici, il cosiddetto A-CoOx. Le analisi di microscopia elettronica a trasmissione (TEM) hanno rivelato che il CoOx si presenta come fogli sottili e rugosi, con uno spessore ultrafine, mentre il A-CoOx appare come foglietti frammentati.
Le analisi di diffrattometria a raggi X (XRD) hanno mostrato che il CoOx è un ossido amorfo, mentre A-CoOx, dopo il trattamento termico, presenta i tipici picchi di diffrazione relativi a Co3O4. Questi risultati sono stati corroborati dalla spettroscopia infrarossa (FTIR), che ha evidenziato la presenza di gruppi idrossilici nel CoOx, e dalla termogravimetria (TGA), che ha rivelato una perdita di peso maggiore nel CoOx rispetto ad A-CoOx, indicando una maggiore presenza di gruppi idrossilici e, quindi, una maggiore capacità di interagire con gli ioni uranil.
Il comportamento del CoOx in condizioni di diverso pH è stato studiato e si è osservato che l’efficienza di estrazione dell'uranio aumenta con l'aumento del pH, fino a un valore di circa 6. Oltre tale pH, l’efficienza di estrazione diminuisce leggermente. Questo fenomeno è dovuto alla formazione di complessi carichi negativamente tra l'uranio e il fluoro nelle acque reflue, che presentano un potenziale di riduzione elevato. Tuttavia, la forza Coulombiana aiuta a separare questi complessi, contribuendo all’efficacia dei catalizzatori CoOx nell’estrazione dell'uranio su un ampio intervallo di pH.
Le misurazioni di X-ray absorption fine structure (XAFS) hanno rivelato che, durante l’estrazione, gli ioni uranil vengono catturati dal CoOx, portando alla formazione della configurazione stabile 2Oax-1U-3Oeq. L’analisi EXAFS ha mostrato che la distanza tra i primi due gusci di coordinazione dell'uranio (U-O) è di circa 1.3 e 2.0 Å, suggerendo una solida interazione tra il CoOx e gli ioni uranil.
Questi risultati offrono una nuova prospettiva per lo sviluppo di elettrocatalizzatori economici in grado di estrarre efficientemente l'uranio dalle acque reflue contenenti fluoro. Inoltre, l'uso del CoOx non solo migliora l’efficienza della rimozione dell'uranio, ma apre anche nuove strade per esplorare i meccanismi evolutivi dell'uranio, contribuendo significativamente alla comprensione dei processi chimici alla base dell'estrazione e della separazione dell'uranio.
È importante sottolineare che, nonostante l'eccellente performance di CoOx nell'estrazione di uranio, l'industria mineraria e le tecnologie di recupero di uranio necessitano di soluzioni sostenibili e economicamente vantaggiose, in grado di operare su larga scala. L'impiego di materiali come il CoOx rappresenta solo una parte della soluzione, mentre il controllo delle condizioni ambientali, come pH e concentrazioni di fluoro, gioca un ruolo cruciale nell'ottimizzare le prestazioni del sistema. Un altro aspetto fondamentale è la possibilità di migliorare la stabilità a lungo termine dei catalizzatori, per evitare il degrado delle loro proprietà durante l'uso continuativo.
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