Bob Shaw, nato nel 1931 in Irlanda del Nord, ha sviluppato fin da giovane una passione per la fantascienza, diventando una figura di spicco nel panorama di questo genere. Non solo un prolifico scrittore di fantascienza, ma anche un appassionato partecipante alla comunità di fan, Shaw ha lasciato il suo segno sia con le sue storie che con il suo coinvolgimento nelle attività fannish. Il suo lavoro è un equilibrio tra scienza e umorismo, e in molti dei suoi scritti si mescolano osservazioni scientifiche a un tono irriverente, che ha reso le sue opere sia un piacere da leggere che un terreno fertile per riflessioni più profonde. Un esempio tangibile di questo approccio è il suo libro Messages Found in an Oxygen Bottle, una raccolta di scritti che spazia dall'umoristico al più serio, dai misteri scientifici a divertenti aneddoti su personaggi immaginari.

Ma cos'è esattamente questo "fannishness" di cui Shaw parla con tanto entusiasmo? Non è semplicemente l'amore per la fantascienza, ma una qualità unica che permea tutta la cultura dei fan. Come le convenzioni di fantascienza, che non possono essere spiegate a chi non le ha mai vissute, la scrittura fannish è qualcosa di difficile da definire a parole. È una sorta di alchimia che trasforma il semplice interesse per il genere in una connessione emotiva, una sensazione che va oltre l'intrattenimento intellettuale. Questa "fannishness" rende ogni esperienza e ogni parola scritta dai fan una parte di qualcosa di più grande, di qualcosa che va oltre il testo stesso e che unisce le persone in un'esperienza condivisa.

Ad esempio, Shaw ci porta a riflettere sulla natura dei misteri scientifici, come il "Bermondsey Triangle" – una parodia del famoso "Bermuda Triangle". In un gioco di parole, Shaw rivela come questo mistero non esista nemmeno come leggendario: la sua unica verità è che nessuno ne ha mai sentito parlare. Questa riflessione, purtroppo, non si limita a una semplice battuta. Allude alla mancanza di curiosità e alla superficialità con cui spesso trattiamo i misteri, senza andare oltre le apparenze. Nella fantascienza, invece, i misteri sono il cuore stesso della narrazione, alimentati dalla curiosità e dalla voglia di scoprire, di sapere di più, di spingere sempre oltre i confini del conosciuto.

Il "fannishness", insomma, non è solo un amore per la fantascienza, ma un atteggiamento nei confronti del mondo, un modo di vedere ogni esperienza come un'opportunità per esplorare l'ignoto, per scoprire e riflettere. Che si tratti di enigmi scientifici o di ironia sottile, le storie dei fan sono per loro natura esplorative, piene di energia creativa e, a volte, anche di critica alla realtà stessa. Per Shaw, scrivere per il fandom non è solo un'attività intellettuale, ma un atto di passione che non ha bisogno di ricompense materiali per essere giustificato.

Il suo approccio è anche un invito a comprendere la profondità di quella che potrebbe sembrare una passione superficiale. Per un fan di fantascienza, la conversazione su temi come il "Bermondsey Triangle" non è solo una risata o un gioco intellettuale, ma un invito a pensare più profondamente al nostro rapporto con la realtà, alla nostra curiosità e alle nostre idee sulla possibilità di mondi alternativi o sconosciuti. I fan di fantascienza non si limitano ad esplorare nuove storie: esplorano anche nuovi modi di pensare, nuovi modi di guardare il mondo.

Per comprendere appieno il valore di tale scrittura, è importante anche tenere a mente che la fantascienza non è solo un veicolo di evasione. Essa svolge un ruolo fondamentale nel modellare il nostro pensiero sulle questioni scientifiche, sociali e morali. Mentre la narrativa "tradizionale" può esplorare realtà facilmente riconoscibili, la fantascienza sfida i lettori a confrontarsi con l'ignoto, con ciò che potrebbe essere. E lo fa non solo attraverso mondi lontani, ma anche mediante piccoli dettagli, come la forma di una stanza da convegno o una discussione a una festa di fan, che riflettono una realtà che spesso non vediamo chiaramente.

In definitiva, la scrittura fannish, come quella di Shaw, è una forma di riflessione continua, che porta il lettore a chiedersi non solo cosa potrebbe accadere in un mondo di fantascienza, ma anche cosa sta accadendo nel nostro mondo, ora. Ogni racconto è un invito a esplorare non solo l’universo, ma anche le infinite possibilità che il nostro pensiero può abbracciare.

Chi è Virra e cosa rappresenta il suo percorso?

Virra, una figura fugace e misteriosa, simboleggia una visione di vita che sfida le leggi della tradizione, della memoria e della permanenza. La sua esistenza si contrappone a quella degli antichi membri della famiglia, radicati nel terreno da secoli, i cui pensieri sono intessuti di vecchie memorie e leggende. La sua rapidità e la luce che emana dalle sue foglie suggeriscono una vitalità che trascende la durezza del tempo e la rigidità della storia. Come un soffio di vento che non si lascia trattenere, Virra si muove attraverso il mondo, ignorando le convenzioni imposte dagli esseri più anziani.

In questo paesaggio, la figura di Morden emerge come quella di un rappresentante della vecchia generazione, il cui scetticismo verso il nuovo si traduce in disprezzo verso le forme di vita che non si allineano con il passato. La sua risata, che scuote le radici della protagonista, è un segno di disprezzo per ciò che considera le "creature veloci", come se la velocità e la leggerezza fossero caratteristiche di qualcosa che non ha valore duraturo. La memoria, in Morden, si è fossilizzata in un ciclo in cui ogni pensiero è radicato nel passato, senza possibilità di crescita o di rinnovamento. Questo è il mondo che la protagonista desidera sfuggire, una dimensione che è troppo legata alla stagnazione e al rimpianto per qualcosa che non può più essere recuperato.

Nel cammino della protagonista, il confronto con figure come Querca, che ha una visione altrettanto radicata nella tradizione, accentua ulteriormente il conflitto tra il vecchio e il nuovo. Querca sembra guardare con disprezzo la velocità e l’effimera bellezza di Virra, ritenendo che una creatura che non ha memoria non possa avere valore. In effetti, l’idea di "memoria" in questo contesto sembra essere legata alla permanenza, come se solo ciò che è durevole e immutabile avesse legittimità nel mondo. Ma la protagonista, testarda e determinata, continua a cercare Virra, convinta che la sua vita, sebbene breve, contenga una verità che le generazioni più anziane non sono più in grado di comprendere.

Virra rappresenta una nuova forma di esistenza: una vita che si svolge nel presente, senza il peso del passato e senza la paura del futuro. La sua energia è quella del rinnovamento e del cambiamento, una forza che non si lascia vincolare dai dogmi e dalle convinzioni dei più anziani. La sua vita, sebbene possa sembrare fragile, è in realtà potente nella sua semplicità, poiché porta con sé la luce che nutre e vivifica, anche quando il sole sembra ormai ridotto a una misera fiammella.

Alla fine, il cammino della protagonista non è solo una ricerca di una figura, ma una ricerca di un nuovo modo di essere, un modo che non si piega alla nostalgia del passato ma che cerca di abbracciare le possibilità del presente e del futuro. La giovane protagonista, pur attraversando terre desolate e solitarie, non si lascia fermare dalla paura della morte o dalla fatica del viaggio. La sua determinazione a seguire Virra rappresenta la speranza di un nuovo inizio, un tentativo di ricongiungersi a una vita che non è soggetta alle stesse regole della decadenza e della memoria.

Ciò che è fondamentale comprendere in questo racconto è che non si tratta solo di una ricerca fisica. La protagonista non sta semplicemente cercando un altro essere vivente; sta cercando una nuova visione della vita stessa, una visione che sia in grado di sfidare le vecchie leggi, di rinnovare la propria energia e di vivere nel presente senza le catene del passato. La sua ricerca di Virra è una ricerca di libertà: di una libertà che non è legata alla permanenza o alla memoria, ma alla capacità di evolversi continuamente, di cambiare e di crescere senza paura.

Chi è Virra e perché la cerco? Un viaggio attraverso la solitudine e il legame con la terra.

In questo mondo di radici e rami, di piante e alberi, ci sono esseri che vivono nel silenzio delle loro solitudini, lontani dalla famiglia e immersi nei loro pensieri. Sono gli eremiti, coloro che si allontanano dal cuore della comunità per vivere un'esistenza solitaria, nutriendosi solo dell'energia del sole rosso. Le loro radici si sviluppano in terreni poco profondi, una terra fragile che, sebbene li sostenga, li costringe a un destino di solitudine. Eppure, nella loro solitudine, si dice che un giorno dovranno tornare alla famiglia, cercando nutrimento nella terra che un tempo li ha accolti.

Nel mio cammino, incrocio una di queste radici solitarie, un'eremita che riposa al mattino. Mi sveglia la sua voce scontrosa, mentre mi domanda di andarmene. La sua posizione di distacco, la sua assoluta indifferenza mi irritano, ma so che sono come lei, una parte della stessa terra. Mi chiedo se un giorno, quando le sue radici diventeranno rigide e fredde, sarà capace di tornare dalla famiglia. La sua risposta, tuttavia, è lapidaria: "Non ho nulla a che fare con nessuno".

Eppure, anche se si rifiuta di ascoltarmi, l'incontro con lei non è privo di significato. La sua indifferenza, pur così pungente, lascia in me un senso di pace, quasi come se la sua solitudine fosse la chiave di una conoscenza che solo pochi possono comprendere. Ma la mia ricerca non finisce qui. Continuo il mio viaggio, cercando la pianta che porto nel cuore, quella che si chiama Virra.

Mentre avanzo verso il prossimo eremita, incontro un vecchio che sembra appartenere alla terra stessa, le sue radici stese a forma di un piccolo colle. Mi avvicino con rispetto e gli chiedo della mia ricerca: "Hai visto il cespuglio di nome Virra?". La sua risposta è laconica ma sicura: "Vai avanti, e la troverai". Con rinnovata energia, mi spingo più lontano, attraverso campi di erba e pietre che sembrano assorbire ogni respiro della terra.

Passo dopo passo, incontro altre creature. Un giovane cespuglio, un essere che sembra appena nato, mi parla di Virra, ma la sua voce è piena di una leggerezza che mi irrita. Non è Virra, lo so, eppure qualcosa di strano si trova nei suoi occhi. "Le vecchie cose sono morte, solo le più giovani sono vive", dice ridendo. Mi fermo, indispettito dalla sua ignoranza, e cerco di distogliere la sua attenzione. Ma, come una folata di vento, continua a seguirmi, chiedendo se io, un albero antico, sia più vecchio delle pietre. Rido in silenzio, ma la sua presenza continua a farmi sentire una tensione che non riesco a dissipare.

Questo giovane cespuglio, con la sua curiosità e il suo comportamento imprevedibile, mi sfida continuamente. Mi chiede se gli alberi camminano, se siamo davvero ciò che diciamo di essere. Ma nel profondo, so che la sua domanda è solo un altro segno della sua giovinezza, della sua inadeguatezza nell'affrontare le domande che io porto nel cuore. Senza rispondere, continuo a camminare, determinato a trovare Virra, ma un senso di solitudine mi avvolge ogni passo che compio.

Arrivo infine a un momento di silenzio, al calore del sole che finalmente tocca la mia corteccia. E lì, tra le ombre dei campi, la vedo: Virra. Più grande di quanto la ricordassi, ma sempre la stessa. Le sue foglie brillano al sole, il suo tronco fluttua delicato nella brezza del mattino. La riconosco subito, eppure la sua voce, la sua presenza sembrano diverse. "Sono Virra," dice, eppure qualcosa in lei è cambiato, o forse è cambiato il mio modo di vederla.

In quel momento, capisco che il mio viaggio non era solo alla ricerca di una pianta, ma di un legame che, sebbene antico, continua a mutare con il passare del tempo. La solitudine di Virra non è altro che una forma di resistenza, una risposta alla necessità di rimanere se stessi anche quando tutto il resto sembra svanire. La sua esistenza mi sfida, ma mi insegna anche che ogni essere, per quanto lontano dalla famiglia, ha un ruolo da giocare.

Il mio cammino, dunque, non si conclude qui. Ho trovato Virra, ma so che il vero significato del mio viaggio è scoprire come, nel profondo, ogni albero, ogni radice, ogni foglia è legata a un mondo che va oltre la solitudine e che può, alla fine, tornare alla famiglia, più forte e più saggia.