L’adozione di SnO₂ come strato di trasporto elettronico (ETL) nelle celle solari a perovskite (PSC) presenta sfide significative, in particolare dovute al disallineamento energetico tra il minimo della banda di conduzione di SnO₂ e la funzione lavoro dell’FTO, che peggiora l’estrazione di carica e causa fenomeni di isteresi. Per ovviare a questi problemi, Wang et al. hanno introdotto l’uso di MXene a base di carburo bidimensionale (2D), migliorando la mobilità elettronica e il trasferimento di carica dello strato ETL di SnO₂. Questa modifica ha favorito un orientamento più regolare della crescita del film di perovskite, ridotto la densità di trappole e diminuito la ricombinazione non radiativa, consentendo di ottenere una PSC con un’efficienza di conversione energetica (PCE) del 20,7%, quasi assenza di isteresi e mantenimento del 90% dell’efficienza iniziale dopo tre mesi. Successivamente, Yang et al. hanno perfezionato ulteriormente la tecnologia incorporando un MXene Ti₃C₂TX ossidato in situ (O-Ti₃C₂TX), la cui natura è passata da metallica a semiconduttrice, incrementando così la mobilità elettronica dell’ETL di SnO₂, migliorando l’estrazione di elettroni e portando la PCE dal 17,7% al 20,1%, con una stabilità pari all’80% dell’efficienza iniziale in condizioni di aria.
La sintesi e l’integrazione dei MXene nelle PSC rappresentano un passaggio cruciale. La produzione di MXene avviene principalmente tramite l’etching chimico del materiale di partenza MAX, che consiste nell’asportazione selettiva dell’elemento ‘A’, generando strutture 2D di MXene con proprietà superficiali controllabili. Successivamente, i MXene possono essere ulteriormente esfoliati in nanosheet tramite tecniche meccaniche o chimiche, per poi essere utilizzati nella fabbricazione di film sottili o compositi integrabili nelle celle perovskite.
La deposizione di MXene può essere effettuata tramite metodi di tipo layer-by-layer come spin-coating, dip-coating o spray-coating, che permettono un controllo accurato dello spessore e dell’uniformità del film. Inoltre, i MXene possono essere combinati con semiconduttori organici o inorganici per creare strati compositi utilizzati come ETL o strato di trasporto delle lacune (HTL), sfruttando le sinergie tra materiali.
Per quanto riguarda la deposizione di film sottili, tecniche come Chemical Vapor Deposition (CVD), sputtering e Atomic Layer Deposition (ALD) garantiscono film di elevata qualità, uniformità e spessore preciso. I compositi MXene vengono ottenuti anche tramite metodi sol-gel e deposizione elettrochimica, consentendo la formazione di strati con proprietà adattabili tramite reazioni chimiche o correnti elettriche controllate.
L’ingegneria delle interfacce è fondamentale per migliorare l’adesione e il contatto elettrico tra MXene e gli altri componenti della cella. La funzionalizzazione superficiale con gruppi chimici specifici aumenta la compatibilità e la conducibilità, mentre modifiche interfaccia possono ridurre le barriere energetiche e ottimizzare il trasferimento di cariche. Trattamenti termici come annealing contribuiscono ad aumentare la cristallinità e la conduttività dei film MXene, elemento essenziale per la stabilità e le prestazioni complessive.
La scalabilità rappresenta un nodo critico. La produzione su larga scala richiede uniformità e riproducibilità nella deposizione e nelle proprietà dei film MXene, oltre a un bilancio economico sostenibile per la sintesi e integrazione di questi materiali. Tecniche di produzione industriale come il roll-to-roll processing e l’automazione con controlli di qualità rigorosi sono indispensabili per raggiungere una produzione efficiente, affidabile e con costi competitivi.
Le prestazioni elettrochimiche delle PSC con MXene migliorati si riflettono soprattutto nella PCE, parametro che indica l’efficienza di conversione dell’energia solare in elettrica. La conduttività elettrica elevata dei MXene riduce le perdite resistive, migliorando il flusso di cariche e quindi l’efficienza complessiva. Inoltre, l’ottimizzazione delle interfacce tra perovskite e strati di trasporto grazie ai MXene diminuisce le barriere energetiche, favorendo una separazione e raccolta delle cariche più efficace, che si traduce in una maggiore efficienza di conversione.
È essenziale considerare che l’efficacia dei MXene non dipende solo dalle loro proprietà intrinseche, ma anche dalla perfetta integrazione e compatibilità con gli altri materiali della cella. Le interazioni chimiche e meccaniche tra MXene e perovskite devono essere attentamente studiate per evitare degradazioni o fenomeni di invecchiamento precoce. Inoltre, la stabilità a lungo termine in condizioni ambientali reali, come umidità e ossigeno, rimane una sfida, rendendo necessarie strategie di protezione e ottimizzazione dei materiali.
Infine, per raggiungere l’applicazione commerciale, è cruciale sviluppare processi produttivi scalabili che garantiscano qualità, uniformità e costi contenuti senza compromettere le performance elevate raggiunte in laboratorio.
Come vengono preparati e trattati i MXene: una panoramica delle tecniche e delle proprietà
La preparazione dei MXene, in particolare per Ti3C2Tx e Ti2CTx, comporta l'utilizzo di acido fluoridrico concentrato nel processo di incisione, che dà luogo a una morfologia simile a una fisarmonica con strati molto ravvicinati, una caratteristica condivisa da diverse composizioni di MXene. Questo approccio permette di ottenere un materiale che, per essere disperso in sospensione, richiede una pre-intercalazione con sostanze come il dimetilsolfossido. Tuttavia, quando si impiegano acido cloridrico e LiF per l'incisione, la morfologia tende a diventare più compatta, accompagnata da una maggiore distanza tra gli strati, probabilmente a causa della presenza di acqua intercalata.
I diagrammi schematizzati del processo di preparazione del MXene mostrano chiaramente le diverse fasi, a partire dalla preparazione dell'elettrodo, passando per l'immagine al microscopio elettronico (TEM) delle scaglie, per arrivare alla flessibilità del film ottenuto (Fig. 4). Il comportamento "argilloso" del MXene è simile a quello di minerali argillosi come le smectiti e la caolinite, con la capacità di espandersi quando idratato, proprio come i materiali argillosi. Questo lo rende modellabile in qualsiasi forma e solidificabile una volta asciugato. I MXene sono anche altamente conduttivi e abbastanza idrofili da essere separati in fogli monostrato 2D in acqua, utilizzabili in dispositivi per l'immagazzinamento di energia.
Il trattamento del MXene in soluzione è estremamente versatile, permettendo l'uso di vari solventi e tecniche di deposizione. Ricerche sull'uso della stampa a getto d'inchiostro hanno esplorato sia inchiostri con Ti3C2Tx additivi che senza additivi. La dimensione laterale delle scaglie è un fattore critico che influisce sulle proprietà finali del materiale, e differenti metodi di sintesi portano a dimensioni di scaglie differenti. L'uso dell'acido fluoridrico (HF) come inciscante, per esempio, richiede una sonificazione durante il processo di intercalazione e delaminazione per esfoliare il materiale in nanostrati, applicabili in ambito catalitico, biomedicale ed elettrochimico. Le scaglie più grandi, d'altro canto, sono utilizzate per scopi elettronici e ottici.
Metodi come la delaminazione con LiF (Metodo MILD), la sonificazione e la centrifugazione differenziale vengono impiegati per affinare ulteriormente le dimensioni delle scaglie. La sonificazione, ad esempio, può ridurre significativamente la dimensione laterale delle scaglie, passando da 4.4 µm a circa 350 nm in pochi minuti, e fino a 130 nm con sonificazione a impulsi. La centrifugazione differenziale e la centrifugazione a gradiente di densità sono altri metodi utilizzati per separare le scaglie in base alla loro dimensione laterale, senza la necessità di sonificazione.
Le proprietà teoriche dei monostrati di MXene suggeriscono un comportamento metallico, grazie alla densità di elettroni molto alta vicino al livello di Fermi. Le previsioni teoriche mostrano che la rimozione degli strati di A nei materiali MAX porta alla formazione di legami metallici Ti–Ti, aumentando la densità di stati nel livello di Fermi da 2.5 a 4.5 volte rispetto alle fasi MAX originali. Tuttavia, nonostante queste previsioni teoriche, i dati sperimentali non confermano completamente l’aumento previsto di N(EF), e i MXene tendono a presentare resistenze superiori rispetto alle fasi MAX.
In termini di proprietà ottiche, i MXene, come Ti3C2 e Ti2C, mostrano una forte risposta al luce visibile e sono considerati materiali foto-termici promettenti. Nella regione infrarossa (IR), questi materiali mostrano una risposta metallica robusta, con un'alta riflettanza nei lunghezzi d'onda IR, grazie alla loro permittività negativa. Questo comportamento rende i MXene particolarmente interessanti per applicazioni che richiedono materiali neri visivamente ma con un comportamento termico “bianco” nell'infrarosso.
Riguardo alla resistenza alla corrosione, MXene, in particolare Ti3C2Tx, è stato riconosciuto come un potente inibitore della corrosione. La sua resistenza alla corrosione può essere attribuita a diversi fattori, tra cui una buona dispersibilità in solventi, la capacità di formare uno strato protettivo sulla superficie metallica e il rilascio di inibitori di corrosione. La sua efficacia, tuttavia, dipende dalla composizione specifica del MXene, dalle terminazioni superficiali e dalle condizioni ambientali.
Infine, per quanto riguarda le proprietà biologiche, mentre Ti2C MXene non mostra effetti antibatterici, Ti3C2 MXene ha dimostrato di essere particolarmente efficiente nell’eliminare batteri, distruggendo il 98% dei batteri testati. Questo lo rende promettente per applicazioni in ambito medico e ambientale, dove la capacità antibatterica è fondamentale.
Come i MXenes migliorano la terapia contro il cancro: proprietà fototermiche, rilasci controllati e sinergie terapeutiche
Le MXenes, una nuova classe di materiali bidimensionali, stanno rivoluzionando le strategie terapeutiche oncologiche grazie alla loro struttura unica e alle proprietà multifunzionali. Un aspetto cruciale è la capacità di questi materiali di combinare terapie diverse per ottenere effetti sinergici altamente efficaci contro i tumori.
L’uso dei nanosheet Ti3C2 MXene, modificati con molecole come doxorubicina (DOX) e acido ialuronico (HA), ha permesso la creazione di piattaforme terapeutiche multifunzionali. Questi nanosheet ultrafini, con dimensioni di circa 100 nm, mostrano eccellenti proprietà ottiche e terapeutiche: elevata capacità di assorbimento della luce nel vicino infrarosso (NIR), alta efficienza di conversione fototermica (circa 58.3%) e significativa produzione di ossigeno singoletto (1O2) sotto irradiazione laser a 808 nm. Tali caratteristiche consentono di combinare effetti fototermici, fotodinamici e chemioterapici, ottenendo una morte cellulare tumorale efficiente e una forte soppressione della crescita tumorale sia in vitro sia in vivo.
Il rilascio controllato dei farmaci, sensibile al pH, rappresenta un vantaggio cruciale. Il microambiente acido del tumore stimola il rilascio rapido delle molecole terapeutiche, mentre la superficie modificata con polimeri come l’acido ialuronico migliora la biocompatibilità e la capacità di accumulo mirato al sito tumorale. Questo approccio consente un’azione terapeutica più precisa, riducendo effetti collaterali sistemici.
Parallelamente, nanosheet Ti3C2 modificati con molecole SP (Ti3C2-SP) mostrano un’elevata capacità di assorbimento spettrale da 400 a 1100 nm e una straordinaria efficienza fototermica, con innalzamenti di temperatura rapidi fino a 55 °C sotto irradiazione NIR. Questi nanosheet sono in grado di indurre ipertermia selettiva, abbattendo cellule tumorali nei modelli murini con risultati terapeutici validati sia in vitro sia in vivo. La combinazione tra capacità di penetrazione profonda della luce NIR e la stabilità di questi nanosheet rende possibile un trattamento fototermico mirato e efficace.
Le MXenes trovano applicazione anche nella terapia sonodinamica (SDT). Nanoparticelle TiO2-x, con difetti di ossigeno, cresciute in situ su nanosheet Ti3C2, migliorano la generazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) sotto stimolazione a ultrasuoni. La sinergia tra fototermia generata dal Ti3C2 sotto irradiazione laser nel range NIR-II e l’azione sonodinamica aumenta l’ossigenazione tumorale, riduce l’ipossia e potenzia la citotossicità verso le cellule tumorali. I risultati preclinici dimostrano la completa eliminazione del tumore senza recidive né tossicità sistemica.
Un ulteriore avanzamento è dato dalla funzionalizzazione superficiale delle MXenes con nanoparticelle d’oro (AuNPs) e polimeri funzionali come SH-PEG-CHO, che consente il carico e il rilascio controllato di chemioterapici come la doxorubicina. Questo sistema MXene@Au-PEG-DOX sfrutta legami Schiff sensibili al pH e la stimolazione laser NIR per un rilascio duale, migliorando stabilità fototermica, biocompatibilità e precisione terapeutica.
Questi studi evidenziano che il successo delle MXenes in campo oncologico deriva non solo dalle loro proprietà fisico-chimiche intrinseche, ma soprattutto dalla possibilità di ingegnerizzarle per rispondere in modo intelligente ai segnali del microambiente tumorale. Il controllo preciso del rilascio di farmaci, la combinazione di diverse modalità terapeutiche e la capacità di mirare selettivamente le cellule malate sono elementi chiave per sviluppare trattamenti più efficaci e meno invasivi.
Oltre agli aspetti tecnici e sperimentali, è fondamentale comprendere la complessità biologica del tumore e il ruolo che l’ambiente tumorale svolge nell’efficacia terapeutica. L’acidità locale, la presenza di ipossia, e la risposta delle cellule alla stress termico sono fattori che influenzano il successo delle terapie basate su MXenes. La loro progettazione deve pertanto essere integrata con una profonda conoscenza della biologia tumorale, per modulare l’azione terapeutica in modo adattativo.
Inoltre, la sicurezza e la biocompatibilità a lungo termine di queste nanostrutture richiedono un’attenzione continua, poiché l’interazione con tessuti sani e il possibile accumulo sistemico potrebbero influenzare l’efficacia e la tollerabilità clinica. Lo sviluppo di materiali biodegradabili o la possibilità di monitorare e controllare la loro clearance biologica rappresentano aspetti cruciali per il futuro della nanotecnologia in oncologia.
La multidisciplinarità tra chimica, fisica, biologia e medicina è alla base dell’innovazione delle MXenes, che si configurano non solo come veicoli per farmaci, ma come piattaforme intelligenti capaci di integrare diagnosi, monitoraggio e terapia in un unico sistema personalizzabile. Questo paradigma apre nuove prospettive per la medicina di precisione e il trattamento personalizzato del cancro.
Come si evolve la struttura atomica del MXene Nb2CTx nel tempo e quali tecniche consentono la sua caratterizzazione?
La caratterizzazione a livello atomico delle MXene, in particolare del Nb2CTx, rappresenta un campo di studio ancora poco esplorato oltre l’ottimizzazione delle condizioni di sintesi. L’analisi tramite STEM (Scanning Transmission Electron Microscopy) ha permesso di osservare dettagli finissimi della struttura atomica di queste superfici, con un’attenzione particolare alla coordinazione delle specie adsorbite e alla stabilità strutturale nel tempo. Il Nb2CTx viene sintetizzato per etching selettivo dello strato di alluminio dalla corrispondente fase MAX (Nb2AlC), la quale si ottiene tramite sinterizzazione senza pressione, seguita dall’immersione in HCl acquoso al 48% per preparare una MXene multilayer. La delaminazione per ottenere il monostrato avviene con l’intercalazione di tetrabutilammonioidrossido (TBAOH) e sonificazione per un’ora, generando una sospensione colloidale di MXene in acqua inferiore a 0,5 mg/mL.
Le immagini STEM di un singolo foglio di Nb2CTx mostrano subito una dimensione laterale superiore a 2 µm e un contrasto omogeneo, segno di pulizia e uniformità dello spessore. A livello atomico, la struttura evidenzia un arrangiamento altamente ordinato, compatto e con una complessità inedita: non si presenta come il consueto pattern a nido d’ape ma mostra “buchi” scuri e colonne atomiche molto luminose in un mosaico ordinato. Dopo cinque giorni di conservazione in vuoto, la struttura evolve verso un pattern più vicino a quello a nido d’ape previsto, sebbene localmente permangano zone disordinate. L’esposizione prolungata all’ambiente ambientale aumenta tale disordine, lasciando il pattern regolare confinato a piccole regioni. In ogni caso, la struttura macroscopica a due dimensioni rimane intatta senza evidenza di degrado a basso ingrandimento.
È sorprendente che il campione fresco non corrisponda alla struttura M2X Tx attesa, evolvendosi nel tempo verso essa. Per comprendere questo fenomeno, si è suddiviso l’immagine STEM in blocchi elementari, sovrapponendo il modello M2X proiettato sull’asse c: tutti i “buchi” corrispondono al nucleo del modello a nido d’ape, mentre colonne atomiche ad alta intensità decorano questi nuclei senza coincidere con le posizioni M nel modello. Alcune di queste colonne intense ospitano atomi con intensità simile a Nb, coerenti con la struttura modello. Questa complessità atomica suggerisce che la struttura fresca sia una variazione del modello M2X, arricchita da colonne atomiche aggiuntive di intensità variabile, che formano inoltre un pattern a nido d’ape esteso in alcune aree.
Un’altra procedura di sintesi simile utilizza LiF e HCl per l’etching di Ti2AlC e Nb2AlC, con temperature e tempi variabili, ottenendo film intercalati da ioni litio. L’analisi STEM su questi film, con spessori tra 20 e 40 nm, conferma la congruenza tra distanze interplanari misurate e dati XRD, confermando così la precisione delle metodologie di caratterizzazione.
La spettroscopia Raman si rivela uno strumento essenziale per analizzare i legami nella struttura MXene, studiando fononi e vibrazioni reticolari. Questa tecnica identifica impronte molecolari e si mostra sensibile anche a composti amorfi o ossidi di metalli di transizione presenti in tracce. Studi multi-lunghezza d’onda su Ti3C2Tx permettono di valutare le condizioni di sintesi, lo stato del materiale (monoflake, soluzione colloidale, pile) e le specie intercalate, offrendo un’ulteriore prospettiva sulla complessità di queste strutture bidimensionali.
L’evoluzione strutturale osservata evidenzia che le MXene fresche non sempre corrispondono alla struttura ideale attesa, ma tendono a raggiungerla nel tempo e sotto condizioni specifiche. La combinazione di tecniche avanzate come STEM e Raman è cruciale per comprendere a fondo le proprietà atomiche e chimiche di questi materiali, fondamentali per la loro applicazione in ambiti tecnologici avanzati.
Oltre a ciò, è importante comprendere che la stabilità e la qualità strutturale delle MXene dipendono fortemente dalle condizioni ambientali e temporali post-sintesi, influenzando direttamente le loro proprietà fisiche e chimiche. La presenza di specie intercalate, la loro distribuzione atomica e la possibile evoluzione del reticolo vanno monitorate con attenzione per ottimizzare le prestazioni del materiale in dispositivi reali. La caratterizzazione atomica dettagliata, quindi, non solo descrive la struttura statica ma rivela dinamiche fondamentali per la comprensione e il controllo delle MXene.
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