L’interazione tra i campi magnetici e la materia può essere trattata con rigore solo attraverso una formulazione che tenga conto della presenza di correnti magnetiche equivalenti, ovvero delle variazioni spaziali della magnetizzazione. Quando la magnetizzazione M\mathbf{M} varia nello spazio, si introducono delle densità di corrente magnetica equivalenti, definite attraverso le derivate parziali dei componenti di M\mathbf{M}. In particolare, la componente zz della densità di corrente magnetica JM\mathbf{J}_M può essere scritta come

JMz=MyxMxy.J_{Mz} = \frac{\partial M_y}{\partial x} - \frac{\partial M_x}{\partial y}.

Questa forma ricorda l’operatore rotore applicato al campo di magnetizzazione, e ciò consente di riscrivere la legge di Ampère modificata includendo le correnti magnetiche come

×B=μ0(J+JM),\nabla \times \mathbf{B} = \mu_0 (\mathbf{J} + \mathbf{J}_M),

oppure, isolando la magnetizzazione,

×(1μ0BM)=J,\nabla \times \left( \frac{1}{\mu_0} \mathbf{B} - \mathbf{M} \right) = \mathbf{J},

definendo così il campo ausiliario magnetico H\mathbf{H} tramite

H=1μ0BM.\mathbf{H} = \frac{1}{\mu_0} \mathbf{B} - \mathbf{M}.

In questo modo, l’equazione assume la forma classica

×H=J.\nabla \times \mathbf{H} = \mathbf{J}.

In assenza di correnti elettriche libere, ovvero quando J=0\mathbf{J} = 0, il campo H\mathbf{H} risulta essere irrotazionale e può quindi essere espresso come gradiente di un potenziale scalare ψ\psi, cioè

H=ψ.\mathbf{H} = -\nabla \psi.

Per materiali lineari isotropi o anisotropi, la magnetizzazione è proporzionale al campo H\mathbf{H} attraverso il tensore di suscettività magnetica χM\chi^M:

Mk=χklMHl.M_k = \chi^M_{kl} H_l.

Di conseguenza, l’induzione magnetica B\mathbf{B} è legata al campo H\mathbf{H} dal tensore di permeabilità magnetica μkl=μ0(δkl+χklM)\mu_{kl} = \mu_0 (\delta_{kl} + \chi^M_{kl}), e vale

Bk=μklHl.B_k = \mu_{kl} H_l.

Il potenziale magnetico scalare ψ\psi soddisfa l’equazione differenziale ellittica

B=(μψ)=0.\nabla \cdot \mathbf{B} = \nabla \cdot (-\mu \nabla \psi) = 0.

Tale formulazione è fondamentale per analizzare la distribuzione dei campi magnetici nei materiali, in particolare per problemi stazionari.

Nel contesto temporale, invece, i campi elettrici e magnetici sono accoppiati dinamicamente e descritti dalle equazioni di Maxwell:

D=ρe,B=0,\nabla \cdot \mathbf{D} = \rho_e,\quad \nabla \cdot \mathbf{B} = 0,
×E=Bt,×H=J+Dt.\nabla \times \mathbf{E} = -\frac{\partial \mathbf{B}}{\partial t},\quad \nabla \times \mathbf{H} = \mathbf{J} + \frac{\partial \mathbf{D}}{\partial t}.

Dall’analisi di queste equazioni si deduce la conservazione della carica elettrica:

ρet=J,\frac{\partial \rho_e}{\partial t} = -\nabla \cdot \mathbf{J},

e, tramite il prodotto scalare tra i campi e le rispettive equazioni rotazionali, si arriva al teorema di Poynting, che descrive la conservazione dell’energia elettromagnetica:

U^t+EJ=(E×H),\frac{\partial \hat{U}}{\partial t} + \mathbf{E} \cdot \mathbf{J} = -\nabla \cdot (\mathbf{E} \times \mathbf{H}),

dove U^\hat{U} è la densità totale di energia elettromagnetica per unità di volume, data, nel caso lineare, da

U^=12(ED+HB).\hat{U} = \frac{1}{2} (\mathbf{E} \cdot \mathbf{D} + \mathbf{H} \cdot \mathbf{B}).

Tale energia include sia il contributo dei campi sia l’energia interna dovuta alla polarizzazione e alla magnetizzazione. La separazione tra questi contributi è possibile tramite una trasformazione di Legendre, che introduce l’entalpia magnetica:

H(H)=12μijHiHj.\mathcal{H}(\mathbf{H}) = -\frac{1}{2} \mu_{ij} H_i H_j.

In condizioni di assenza di correnti elettriche, l’equazione dell’onda elettromagnetica nel vuoto per E\mathbf{E} diventa

2E=1c22Et2,\nabla^2 \mathbf{E} = \frac{1}{c^2} \frac{\partial^2 \mathbf{E}}{\partial t^2},

dove c=1/ε0μ0c = 1/\sqrt{\varepsilon_0 \mu_0} è la velocità della luce nel vuoto. Un’equazione analoga vale per B\mathbf{B}.

Queste formulazioni non sono solo strumenti matematici, ma costituiscono l’essenza del comportamento fisico dei campi in presenza di materiali. La scelta di usare B\mathbf{B} invece di H\mathbf{H} per descrivere le interazioni con i momenti magnetici ha un significato profondo, legato alla modellizzazione microscopica dei materiali magnetici basata sulle correnti di circolazione e sulla legge di Biot–Savart. La forza magnetica per unità di volume è data da

fM=M(B),\mathbf{f}_M = \mathbf{M} \cdot (\nabla \mathbf{B}),

e può essere espressa come divergenza del tensore di Maxwell:

fMl+(J×B)l=mTmlM,f_M^l + (\mathbf{J} \times \mathbf{B})^l = \partial_m T_{ml}^M,

con

TmlM=1μ0(BmHl+(MkMkHkHk)δml).T_{ml}^M = \frac{1}{\mu_0} \left( B_m H_l + \left( M_k M_k - H_k H_k \right) \delta_{ml} \right).

Tali espressioni consentono di trattare coerentemente le forze magnetiche nei materiali in modo compatibile con le equazioni generali della meccanica continua.

Infine, la potenza esercitata da un campo elettromagnetico su una corrente chiusa è legata alla variazione temporale del flusso magnetico, espressa da

wM=ddt(mB),w_M = - \frac{d}{dt} (\mathbf{m} \cdot \mathbf{B}),

il che conferma la coerenza con la legge di Faraday e con l’interpretazione meccanica del momento magnetico come piccolo circuito.

Tutto ciò stabilisce un ponte diretto tra la descrizion

Come si evolve la magnetizzazione nei ferromagneti saturi?

Nei materiali ferromagnetici saturi, il vettore magnetizzazione M=M(x,t)\mathbf{M} = \mathbf{M}(x,t) è soggetto a una condizione di saturazione rigorosa: la sua norma rimane costante nel tempo e nello spazio, cioè MM=Ms2\mathbf{M} \cdot \mathbf{M} = M_s^2, con MsM_s costante. Questo vincolo implica che, seppur l’intensità di M\mathbf{M} non possa variare, la direzione di M\mathbf{M} può mutare nel tempo e nello spazio, fenomeno che si descrive introducendo un piccolo vettore di rotazione angolare δθ\delta \boldsymbol{\theta}, legato alla variazione infinitesimale di M\mathbf{M} tramite relazioni vettoriali precise.

La dinamica di M\mathbf{M} si esprime in termini di un’equazione di moto per il momento angolare associato, dove il momento angolare L\mathbf{L} è proporzionale a M\mathbf{M} per mezzo del rapporto giromagnetico γ\gamma (numero negativo). L’evoluzione temporale di M\mathbf{M} sotto l’azione di una coppia magnetica Γ=M×B\boldsymbol{\Gamma} = \mathbf{M} \times \mathbf{B} è regolata da un’equazione vettoriale di tipo precessionale:

Mt=γM×B,\frac{\partial \mathbf{M}}{\partial t} = \gamma \mathbf{M} \times \mathbf{B},

dove B\mathbf{B} è il campo magnetico locale. Tale equazione implica che la variazione di M\mathbf{M} sia sempre ortogonale a M\mathbf{M} stesso, preservando quindi la sua intensità.

La modellazione avanzata dei ferromagneti saturi fa uso di un approccio a due continui intrecciati: il continuo della rete cristallina, considerato rigido e portatore di forze meccaniche, e il continuo degli spin, che trasporta i momenti magnetici distribuiti. Questi due continui interagiscono mediante forze e coppie magnetiche locali, che dipendono da campi magnetici efficaci, quali il campo di induzione magnetica locale BL\mathbf{B}_L e un campo di scambio F\mathbf{F}, quest’ultimo di natura quantistica e responsabile delle interazioni a breve raggio fra momenti magnetici vicini.

Il continuo degli spin non possiede quantità di moto lineare, ma possiede momento angolare, e risponde a forze magnetiche e coppie come fM\mathbf{f}_M e cM=M×BM\mathbf{c}_M = \mathbf{M} \times \mathbf{B}_M, rispettivamente. La condizione di equilibrio tra spin e rete richiede che le forze magnetiche si bilancino (fM+fL=0\mathbf{f}_M + \mathbf{f}_L = 0).

Dal punto di vista matematico, l’equilibrio e la dinamica magnetica si formalizzano tramite un sistema di equazioni differenziali in cui la magnetizzazione evolve secondo la cosiddetta equazione di Landau-Lifshitz:

1γMt=M×Beff,\frac{1}{\gamma} \frac{\partial \mathbf{M}}{\partial t} = \mathbf{M} \times \mathbf{B}_{\text{eff}},

dove Beff=Bex+BM+BL\mathbf{B}_{\text{eff}} = \mathbf{B}_{\text{ex}} + \mathbf{B}_M + \mathbf{B}_L rappresenta il campo magnetico efficace totale, comprendente l’induzione di scambio Bex\mathbf{B}_{\text{ex}}, il campo magnetico applicato e quello locale. Il termine di scambio è formalizzato tramite un tensore di scambio A\mathbf{A}, che descrive l’interazione tra spin adiacenti e rispetta vincoli di simmetria.

L’analisi dell’energia magnetica del sistema porta a un’equazione differenziale per la densità energetica che coinvolge i termini magnetici e di scambio. Tale formulazione consente di descrivere sia l’equilibrio statico, quando M/t=0\partial \mathbf{M}/\partial t = 0, sia la dinamica delle variazioni di magnetizzazione sotto l’azione di campi magnetici variabili e interazioni interne.

È fondamentale comprendere che, a differenza di un semplice momento magnetico che potrebbe variare liberamente, in un ferromagnete saturo la magnetizzazione è rigidamente vincolata in modulo e varia solo attraverso rotazioni, comportamento che riflette la natura quantistica e macroscopica del sistema. La distinzione tra la rete cristallina e il continuo degli spin, pur coexistendo nello stesso materiale, è cruciale per spiegare fenomeni come la risonanza ferromagnetica, la dinamica degli spin e le proprietà magnetoelastice.

Inoltre, il ruolo del campo di scambio quantistico introduce una complessità essenziale: esso garantisce coerenza nelle variazioni spaziali della magnetizzazione, controllando la sua uniformità e stabilità, e si manifesta tramite le condizioni di simmetria sul tensore di scambio, che assicurano la conservazione della saturazione e l’ortogonalità delle variazioni.

La comprensione profonda di queste equazioni e dei vincoli associati consente di predire con accuratezza il comportamento magnetico in dispositivi ferromagnetici avanzati, dai materiali magnetoelastici fino alle applicazioni nelle spintroniche, dove la dinamica degli spin è la base del funzionamento.

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Quali sono gli effetti di piccole deformazioni e campi magnetici finiti sui materiali ferro-magnetoelastici?

Nel contesto della teoria dei materiali ferro-magnetoelastici, le equazioni che descrivono il comportamento di questi sistemi, come viste nei capitoli precedenti, sono valide per deformazioni e campi magnetici finiti, in un quadro non lineare sia meccanicamente che magneticamente. Tuttavia, nella letteratura esistente, per motivi di semplicità, sono spesso impiegate teorie lineari per piccole deformazioni, mentre la parte magnetica rimane non lineare. In questa sezione, ci concentreremo sulla specializzazione delle equazioni precedenti, riducendole al caso di piccole deformazioni, mantenendo tuttavia la non linearità magnetica.

Per piccole deformazioni, si assume che la variazione di volume JJ sia prossima all'unità, esprimendo l'approssimazione come J1+um,mJ \sim 1 + u_{m,m}, dove um,mu_{m,m} rappresenta la deformazione. Di conseguenza, le quantità che dipendono dalla deformazione, come EKLE_{KL} e la densità di massa ρ\rho, possono essere scritte come ρρ0(1um,m)\rho \approx \rho_0(1 - u_{m,m}) e EKL1E_{KL} \approx 1, in cui ρ0\rho_0 è la densità di riferimento. La magnetizzazione MkM_k, a sua volta, può essere espressa come Mk=ρ0(1um,m)μkM_k = \rho_0(1 - u_{m,m})\mu_k, dove μk\mu_k è il vettore di magnetizzazione.

Questa riduzione semplifica notevolmente il trattamento del sistema, portando alla seguente espressione per la densità di energia χ\chi:

χcijklSijSkl+12χklMkMl+hklmMkSlm+bklmnMkMlSmn+αklMkMl\chi \approx c_{ijkl} S_{ij} S_{kl} + \frac{1}{2} \chi_{kl} M_k M_l + h_{klm} M_k S_{lm} + b_{klmn} M_k M_l S_{mn} + \alpha_{kl} M_k M_l

dove i termini relativi agli ordinamenti anisotropi di terzo e quarto ordine, così come i termini di interazione con il campo magnetico, sono trascurati. Questa espressione risulta simile a quelle utilizzate in altre teorie lineari di materiali ferro-magnetoelastici, ma con una descrizione semplificata del comportamento magnetico.

Da queste espressioni, si possono ricavare le relazioni costitutive per il materiale ferro-magnetoelastico in condizioni di piccole deformazioni. Ad esempio, la tensione τij\tau_{ij} e il flusso magnetico BLB_{L} sono espressi come funzioni delle variabili meccaniche e magnetiche, e possono essere scritti come segue:

τij=ρ0χMj=cijklSkl+hkijMk+bklijMkMl\tau_{ij} = \rho_0 \frac{\partial \chi}{\partial M_j} = c_{ijkl} S_{kl} + h_{kij} M_k + b_{klij} M_k M_l
χMi=ρ0Mi+μk(termi di accoppiamento magnetico)\frac{\partial \chi}{\partial M_i} = -\rho_0 \frac{\partial}{\partial M_i} + \mu_k \left( \text{termi di accoppiamento magnetico} \right)

Inoltre, le equazioni di equilibrio termico e dissipativo vengono aggiornate includendo gli effetti termici, come il flusso di calore qq e la fonte di calore rr, che si integrano nella legge di conservazione dell'energia. Queste modifiche portano alla formulazione completa dell'equazione energetica che include sia i termini meccanici che magnetici, così come quelli dissipativi.

In definitiva, i materiali ferro-magnetoelastici possono essere descritti in maniera accurata anche quando si considerano piccole deformazioni, utilizzando un'analisi lineare per le deformazioni meccaniche ma mantenendo la non linearità magnetica. Questo approccio fornisce un quadro teorico utile per il trattamento di materiali con accoppiamenti magnetici e meccanici complessi, che sono spesso riscontrati in applicazioni ingegneristiche avanzate, come nei sensori magnetici o nei dispositivi di memoria magneto-meccanica.

Importanza delle piccole deformazioni e dei campi magnetici finiti

Quando si considera il comportamento ferro-magnetoelastico, è essenziale comprendere non solo la linearità meccanica approssimata, ma anche come l’interazione tra magnetizzazione e deformazione influenzi la risposta complessiva del materiale. Le relazioni costitutive che descrivono il comportamento sotto piccole deformazioni sono fondamentali per progettare dispositivi che sfruttano queste proprietà, ma è cruciale non sottovalutare la non linearità magnetica, che può portare a fenomeni significativi in presenza di campi magnetici elevati. La termodinamica del sistema, con le sue leggi di conservazione e dissipatione, non deve essere ignorata, poiché l’energia dissipata può avere un impatto notevole sulle prestazioni del materiale, specialmente in applicazioni che richiedono precisione e stabilità.

Come si sviluppa la teoria della elasticità da quella non lineare a quella lineare e quali sono i suoi fondamenti matematici?

La teoria dell’elasticità si costruisce a partire da un principio variazionale, in cui si definisce una funzione potenziale Π che incorpora l’energia interna del materiale e il lavoro delle forze esterne. Le configurazioni ammissibili dello spostamento y(X, t) devono rispettare condizioni di vincolo nel tempo iniziale e finale e sui bordi del dominio. La condizione di stazionarietà della funzione Π conduce alle equazioni di campo e alle condizioni al contorno naturali, che descrivono l’equilibrio meccanico del materiale elastico. Queste equazioni coinvolgono derivate spaziali dei tensori di deformazione e di stress, oltre alla densità di massa e alle forze esterne.

Per materiali non lineari, l’energia interna per unità di volume si esprime come una serie di potenze del tensore delle deformazioni, E, a partire da termini quadratici fino a ordini superiori, come nel caso della teoria al terzo ordine. Qui si introducono costanti elastiche di ordine superiore, fondamentali per catturare comportamenti non lineari più complessi, come le costanti terzo- e quarto-ordine. La teoria al terzo ordine include termini fino al cubo dei gradienti di spostamento, ampliando la capacità di modellare deformazioni che si discostano dalla linearità, pur mantenendo un’espressione analitica tramite approssimazioni e truncamenti.

Nel caso di deformazioni infinitesime, la teoria si semplifica notevolmente. Si considera che il gradiente di spostamento sia sufficientemente piccolo da trascurare i prodotti e le potenze delle sue componenti. Questo permette di sostituire le coordinate materiali X con le coordinate spaziali x, con l’approssimazione che i tensori calcolati nelle due rappresentazioni coincidano nei primi ordini. Il tensore delle deformazioni infinitesimali Skl assume così la forma simmetrica della somma degli incrementi di spostamento lungo le direzioni coordinate, garantendo linearità nelle relazioni costitutive.

Il tensore delle tensioni nella teoria lineare è rappresentato da Tij, che corrisponde approssimativamente al tensore τij della teoria non lineare. L’energia interna per unità di volume si può esprimere come funzione quadratica delle deformazioni infinitesimali, con l’introduzione di una matrice di costanti elastiche cpq che racchiude le proprietà meccaniche del materiale. Queste costanti soddisfano particolari simmetrie e la condizione di positività definita, che garantisce la stabilità meccanica del sistema.

Per descrivere materiali anisotropi, la notazione matriciale consente di ridurre gli indici doppi dei tensori di stress e deformazione a indici singoli, facilitando la manipolazione e l’applicazione pratica delle relazioni costitutive. Nel caso speciale di materiali isotropi, le costanti elastiche si riducono a due parametri indipendenti, collegati alle famose costanti di Lamé (λ, μ) e ai moduli di Young (E) e Poisson (ν). Le relazioni tra queste grandezze consentono di passare agevolmente da un sistema di parametri a un altro, offrendo strumenti utili per l’interpretazione fisica del comportamento elastico.

L’approccio matriciale e le semplificazioni per i materiali isotropi sono cruciali per lo studio delle onde elastiche piane e delle risposte meccaniche sotto carichi semplici, dove le simmetrie del materiale e le proprietà elastiche determinano la velocità di propagazione e la natura delle deformazioni.

È fondamentale comprendere che la teoria lineare è una limitazione di quella non lineare per piccoli spostamenti e deformazioni, ma le proprietà fondamentali come la simmetria del tensore delle costanti elastiche e la p