Nel contesto dell'evitamento delle collisioni durante i voli con velivoli senza pilota (UAV) a bassa quota, l'uso di sensori cooperativi è diventato un approccio promettente per migliorare la sicurezza. Questi sensori, che facilitano l'interazione tra veicoli aerei tramite sistemi di rilevamento elettronico, sono fondamentali per garantire una separazione sicura e tempestiva in scenari complessi, come nel caso di collisioni potenziali. Un esempio significativo riguarda l'utilizzo di trasponderi FLARM, che si sono dimostrati adeguati per operazioni a basse altitudini.

Nel caso specifico di un UAV in volo a una velocità relativa di 133,33 m/s, la portata efficace del sistema di rilevamento è calcolata sottraendo la velocità relativa dalla distanza di riferimento: d=5000m133,33m=4933,33md' = 5000 \, m - 133,33 \, m = 4933,33 \, m. Questo valore riflette l'intervallo di rilevamento necessario per evitare collisioni con intrusi. L'efficacia di questo sistema è ulteriormente supportata dal fatto che la distanza di rilevamento richiesta per il sensore DAA (Detect and Avoid) per evitare collisioni è di 3.779 m, mentre per la separazione automatica del velivolo si richiede una distanza di 4.511 m. I sensori cooperativi FLARM soddisfano questi requisiti, anche nei casi peggiori, come quello di un intruso veloce che si avvicina frontalmente.

Questa tecnologia si inserisce in un contesto in cui, durante i voli BVLOS (Beyond Visual Line of Sight) degli UAV, l'architettura DAA ibrida è particolarmente vantaggiosa. In questo caso, i sensori cooperativi e le unità di elaborazione sono montati a bordo del velivolo, mentre le decisioni vengono prese da un pilota remoto tramite un link di comunicazione di controllo e comando (C2). La selezione dei sensori cooperativi per il rilevamento elettronico di aerei intrusi deve tenere conto delle attrezzature medie utilizzate dalla maggior parte degli aerei in volo nella regione di operazione. Per gli spazi aerei a bassa quota in Europa, una soluzione praticabile è l'uso di trasponderi FLARM, mentre in altre regioni potrebbero essere necessari altri sistemi, come il sistema UAT (Universal Access Transceiver) o i servizi di tracciamento basati su web.

La portata del sensore cooperativo è cruciale per l'efficacia del sistema DAA. Nel nostro caso, i risultati delle simulazioni hanno dimostrato che la portata dei trasponderi FLARM è sufficiente per garantire un rilevamento adeguato in scenari operativi. La sicurezza e l'affidabilità di questi sistemi sono, dunque, determinanti per permettere il volo sicuro e autonomo di UAV in spazi aerei affollati e in scenari complessi.

Inoltre, è fondamentale considerare che l'efficacia di questi sensori non dipende solo dalla portata, ma anche dalla precisione e dalla capacità di comunicazione in tempo reale. Per garantire un'evitazione tempestiva delle collisioni, i sensori devono essere in grado di elaborare rapidamente i dati e prendere decisioni in tempo utile. Le capacità di elaborazione a bordo degli UAV devono essere ottimizzate per ridurre il carico computazionale, assicurando che anche in scenari complessi, come il sorvolo di aree scarsamente popolate o in caso di intrusi veloci, il sistema di rilevamento possa operare senza compromettere la sicurezza.

È essenziale, inoltre, che i sistemi di rilevamento e separazione non dipendano esclusivamente dai collegamenti di comando e controllo (C2), che potrebbero essere soggetti a limitazioni o guasti. Pertanto, l'abilità di pianificare o adattare la traiettoria del volo in modo autonomo è fondamentale per garantire la sicurezza, in particolare quando i collegamenti C2 sono inaffidabili o limitati. L'integrazione di sistemi che possano effettuare una pianificazione del volo basata sui rischi durante il volo stesso è una soluzione promettente per il miglioramento della sicurezza operativa degli UAV in spazi aerei a bassa quota.

In sintesi, l'uso di sensori cooperativi come FLARM per l'evitamento delle collisioni è una soluzione efficace e praticabile per i voli autonomi di UAV in scenari a bassa quota. Tuttavia, per garantire il successo di tale approccio, è necessario un accurato bilanciamento tra la portata dei sensori, la capacità di elaborazione a bordo, e l'affidabilità dei sistemi di comunicazione C2. Questo approccio, se implementato correttamente, promette di ridurre significativamente i rischi associati ai voli non visibili e di facilitare l'integrazione sicura degli UAV nel sistema aereo nazionale.

Come si determina il rischio di impatto durante la terminazione di un volo: modelli e metodologie

La valutazione del rischio associato alla terminazione di un volo si basa su variabili chiave quali altitudine, velocità e rotta del velivolo, oltre alla dinamica che il velivolo assume nel momento della fine controllata del volo stesso. Una metodologia largamente adottata per stimare la dimensione delle zone di sicurezza attorno alla traiettoria di volo è la cosiddetta "regola 1:1" definita dall’Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea (2018). Questa regola rappresenta un approccio semplice ed immediato per calcolare l’estensione delle zone di sicurezza in funzione dell’altezza dal suolo, ipotizzando un angolo minimo di discesa di 45°.

Sebbene questo angolo di discesa possa essere una buona approssimazione in molte circostanze, non rappresenta il peggior caso generale. Diminuendo l’angolo minimo di discesa, l’area di impatto stimata aumenta, rendendo la valutazione del rischio più conservativa e quindi più sicura, coprendo una gamma più ampia di condizioni meteorologiche, stati iniziali di volo, configurazioni dell’aeromobile e sistemi di terminazione del volo. La semplicità di questo metodo permette di ridurre il problema dell’overstima dell’area di impatto alla selezione di un angolo di discesa sufficientemente basso. Tuttavia, è essenziale ricordare che questa stima euristica fornisce solo un’approssimazione grezza del rischio reale, poiché presuppone una distribuzione uniforme delle probabilità di impatto nell’area e considera solo il massimo potenziale di danno per sovrastimare il rischio.

Per superare i limiti di tale approccio, si introduce un modello di rischio più sofisticato basato su principi bayesiani, che permette una pianificazione della traiettoria consapevole del rischio e incorpora tre aspetti fondamentali: la fallibilità del sistema, la localizzazione dell’impatto e la severità del danno conseguente all’impatto. La fallibilità temporale del sistema e la gravità del danno si fondano su modelli consolidati, mentre per la localizzazione dell’impatto è stato sviluppato un modello innovativo che sfrutta le informazioni contenute in un database geospaziale.

Questo database contiene mappe poligonali che descrivono l’area di volo, assegnando a ciascun poligono un valore normalizzato di danno potenziale, oltre a parametri relativi all’esposizione e alla protezione delle persone e delle proprietà. La probabilità spaziale dell’impatto è modellata attraverso una distribuzione di probabilità ottenuta dalla propagazione della covarianza dello stato del veicolo dal punto di terminazione del volo fino all’impatto, tenendo conto dell’altitudine e delle condizioni del terreno sottostante.

La funzione di severità dell’impatto considera la protezione media delle persone (parametro ps) e l’energia cinetica del veicolo al momento dell’impatto, bilanciando il rischio in relazione all’esposizione e alla capacità di assorbire o mitigare l’energia di impatto. I parametri α e β quantificano rispettivamente l’energia minima necessaria per provocare un danno letale a una persona non protetta e l’energia per una probabilità del 50% di letalità nel caso di protezione parziale.

Il modello cinetico del velivolo dopo l’attivazione del sistema di terminazione del volo si basa su un sistema di equazioni non lineari a tempo discreto, che descrivono l’evoluzione dello stato del veicolo in funzione del tempo, degli input controllati e delle perturbazioni incontrollabili come il vento. Questa descrizione permette di propagare la posizione e la velocità del velivolo fino al punto di impatto previsto, integrando i dati di elevazione del terreno ricavati dal database geospaziale.

L’uso della teoria bayesiana consente di aggiornare la covarianza della posizione del veicolo, affinando la stima della probabilità di impatto per ciascuna area geografica considerata, e quindi di calcolare un costo di rischio aggregato lungo tutta la traiettoria di volo. Questo metodo, seppur più complesso dal punto di vista computazionale, permette una valutazione del rischio molto più precisa e integrabile con algoritmi di pianificazione del percorso basati su campionamenti.

Oltre a quanto espresso, è fondamentale che il lettore comprenda che il rischio associato alla terminazione del volo non è solo una questione di geometria del volo o di modelli probabilistici, ma anche un complesso intreccio di fattori ambientali, infrastrutturali e umani. La qualità e l’aggiornamento dei dati geospaziali, la variabilità delle condizioni meteorologiche, e la distribuzione della popolazione e delle strutture sul territorio influenzano profondamente la validità delle stime di rischio. Inoltre, la pianificazione della terminazione del volo deve essere integrata con strategie di mitigazione del rischio che includano sistemi di sicurezza attivi e procedure operative precise.

Il modello bayesiano, con la sua capacità di integrare in modo dinamico le informazioni disponibili, rappresenta quindi non solo uno strumento per calcolare un costo di rischio, ma un quadro di riferimento per un processo decisionale informato, in grado di adattarsi alle variabili in continuo mutamento che caratterizzano l’ambiente operativo del velivolo.

Come integrare simulazioni multi-fidelità per operazioni di cargo senza pilota: sfide e prospettive

La combinazione efficiente di varianti di simulazione a bassa e alta fedeltà rappresenta una delle principali sfide nel campo delle operazioni di cargo con velivoli senza pilota. Questa integrazione consente di garantire una copertura estesa dello spazio dei parametri di ingresso, mantenendo al contempo un elevato livello di significatività e affidabilità dei risultati ottenuti. Nel progetto ALAADy, sono stati affrontati aspetti fondamentali come il rilevamento e l’evitamento, nonché l’integrazione nello spazio aereo, attraverso simulazioni separate. Tuttavia, la sinergia tra queste simulazioni potrebbe permettere una valutazione più completa dell’impatto delle operazioni nominali e non nominali dei velivoli senza pilota sugli altri utenti dello spazio aereo e sul sistema di traffico aereo.

L’integrazione con simulazioni di gestione del traffico non presidiato (UTM) rappresenta un ulteriore passo avanti. Essa potrebbe fornire uno strumento potente per valutare l’impatto dei servizi UTM sia sulle operazioni con pilota che senza pilota, facilitando così lo sviluppo di strategie di gestione del traffico aereo più efficaci e sicure. In questo contesto, la progettazione di simulazioni multidisciplinari assume un ruolo centrale, poiché consente di affrontare le complessità proprie delle operazioni cargo autonome, includendo aspetti di sicurezza, monitoraggio e gestione del rischio.

L’architettura modulare adottata nel framework di simulazione descritto nel progetto ALAADy richiede uno sforzo significativo per l’integrazione e l’estensione dei moduli, ma offre al contempo una flessibilità indispensabile per rispondere a diverse fasi di sviluppo del veicolo e dell’operazione. Questa modularità permette di affrontare domande di ricerca variegate e di utilizzare lo stesso strumento per differenti obiettivi progettuali e di validazione. La complessità software insita in tale struttura è una sfida non trascurabile, e l’esperienza accumulata nel progetto evidenzia tanto i benefici quanto i limiti di questa soluzione architetturale.

Un esempio significativo riguarda lo studio di simulazione sull’analisi del comportamento di terminazione del volo di un velivolo cargo, volto a garantire la sicurezza mediante il monitoraggio operativo applicato al geo-fencing. Questo caso dimostra come un approccio integrato e dettagliato alla simulazione possa supportare decisioni critiche di progettazione e certificazione, in linea con un paradigma operativo-centrico.

Oltre alla mera simulazione tecnica, è imprescindibile considerare il contesto regolatorio e le implicazioni operative più ampie. La crescente interazione tra velivoli senza pilota e traffico aereo tradizionale richiede non solo strumenti simulativi avanzati, ma anche una profonda comprensione delle dinamiche di gestione dello spazio aereo e dei sistemi di comunicazione e controllo. L’interazione con i sistemi UTM e la valutazione degli scenari di rischio associati costituiscono quindi un ambito di ricerca e sviluppo che va oltre la semplice modellazione tecnica, inglobando aspetti di sicurezza, affidabilità e compliance normativa.

Infine, è essenziale riconoscere che l’evoluzione delle simulazioni multidisciplinari nel settore dei velivoli senza pilota non è un processo lineare. La complessità crescente dei modelli, la necessità di integrazione di dati reali e simulati, nonché la continua evoluzione delle normative e delle tecnologie, richiedono un approccio flessibile e iterativo. La capacità di adattare rapidamente i modelli alle nuove esigenze operative e di includere variabili complesse, come il comportamento umano, le interazioni tra sistemi e la variabilità ambientale, è cruciale per il successo di queste iniziative.

Per una comprensione completa, è importante considerare l’impatto di questi sistemi non solo in termini tecnici, ma anche in ottica di sicurezza operativa e gestione del rischio. La validazione attraverso simulazioni realistiche e integrate rappresenta un elemento chiave per costruire fiducia negli operatori, nei regolatori e nel pubblico, facilitando così l’adozione e la diffusione delle tecnologie di trasporto cargo autonomo.

Quali sono le sfide e le opportunità dell’integrazione degli aeromobili senza pilota nello spazio aereo europeo?

Nel contesto della crescente complessità dell’aviazione moderna, l’iniziativa ALAADy (Automated Low Altitude Air Delivery), sviluppata dal DLR, rappresenta un tentativo pionieristico di affrontare in modo sistemico e interdisciplinare l’introduzione di velivoli cargo senza pilota operanti a bassa quota. L’approccio adottato si distingue per la sua estensione metodologica e la capacità di coinvolgere istituti scientifici specializzati, combinando competenze nel campo dei sistemi di volo, della guida aerea, della propulsione, della produzione e della manutenzione.

Nel 2020, il DLR ha fondato ad Aquisgrana il centro “Small Aircraft Technology”, che fungerà da catalizzatore per la messa in opera delle soluzioni sviluppate nel progetto ALAADy. Questo centro si occuperà della progettazione, produzione e manutenzione di velivoli leggeri, inclusi taxi aerei e droni cargo, con l’obiettivo di trasferire i risultati sperimentali nella pratica industriale. Parallelamente, l’Istituto per le Architetture di Sistema in Aeronautica, fondato nel 2017, analizza l’intero ciclo di vita dei veicoli, ponendo in discussione il paradigma classico aeroporto-spazio aereo, ormai inadatto alle sfide poste dai nuovi modelli di mobilità aerea urbana e logistica.

Il fulcro sperimentale del progetto è il dimostratore ALAADy, un velivolo cargo a bassa quota con una capacità di carico di alcune centinaia di chilogrammi. La scelta di convertire un aereo pilotato in uno senza pilota ha permesso di analizzare con rigore ogni singolo componente, ridefinendo le esigenze di affidabilità e funzionalità in assenza del pilota umano. I sensori e gli attuatori, sia esistenti che aggiuntivi, sono stati sottoposti a valutazioni critiche, poiché in ambito non presidiato ogni elemento deve rispondere a standard di sicurezza superiori, in un contesto normativo ancora in via di definizione.

L’esplorazione di questi scenari avviene in un terreno regolamentare incerto, ma strategico: l’assenza di norme consolidate rende questo lavoro una potenziale guida per le future certificazioni e per l’industria. È stato, infatti, osservato un crescente interesse esterno verso il progetto, con prospettive concrete di sviluppo di modelli commerciali nei prossimi anni.

Uno degli aspetti più delicati resta l’integrazione sicura di questi dispositivi nello spazio aereo comune. L’obbligo tradizionale per i piloti di “vedere ed evitare” si trasforma nella necessità tecnologica di “percepire ed evitare”, ovvero dotare i sistemi autonomi della capacità di rilevare e reagire agli ostacoli in tempo reale. La definizione di regole operative per numerosi droni in volo simultaneo – in particolare in prossimità di elicotteri di soccorso o velivoli dell’aviazione generale – richiede uno sforzo normativo e tecnico significativo.

Due progetti del DLR hanno fornito contributi fondamentali: “Unmanned Freight Operations (UFO)”, che ha studiato il trasporto cargo con velivoli della classe Airbus, permettendo di derivare linee guida per droni più piccoli come ALAADy; e “City ATM”, che ha affrontato l’integrazione degli aeromobili senza pilota nello spazio aereo urbano, un ambito critico per lo sviluppo futuro della mobilità aerea avanzata.

Grazie alla sua capacità unica di analizzare, simulare e ottimizzare i sistemi complessi, il DLR si distingue come uno dei pochi centri al mondo in grado di affrontare in modo olistico la sfida degli aeromobili senza pilota. Mentre il dimostratore ALAADy è sottoposto a test di volo nel nuovo centro sperimentale di Cochstedt, prosegue la pianificazione di ulteriori dimostratori, in collaborazione con partner tedeschi ed europei. In parallelo, si lavora a livello continentale e internazionale per definire le regole di certificazione non solo per i veicoli e la loro integrazione nello spazio aereo, ma anche per i nuovi sistemi propulsivi, spesso elettrici.

Nel caso di ALAADy, il sistema propulsivo resta convenzionale, ma le conoscenze acquisite saranno condivise con le autorità competenti per guidare l’evoluzione normativa. Questo approccio – interdisciplinare, analitico, esteso – dimostra l’importanza della ricerca come fondamento per lo sviluppo tecnologico e normativo, in un settore dove le innovazioni corrono più veloci delle leggi che dovrebbero governarle.

È fondamentale per il lettore comprendere che il valore strategico del progetto ALAADy non risiede unicamente nella tecnologia sviluppata, bensì nella creazione di un linguaggio comune tra scienza, industria e regolatori. La sfida più grande non è solo tecnica, ma concettuale: ridefinire l’idea stessa di spazio aereo, responsabilità, sicurezza e mobilità in un contesto dove il cielo non è più dominio esclusivo dei piloti, ma dei sistemi. L’analisi di scenari futuri richiede, dunque, la capacità di anticipare non solo ciò che è possibile, ma soprattutto ciò che sarà sostenibile, accettabile e normativamente integrabile.

Come integrare i droni cargo nello spazio aereo a bassissima quota: il concetto di Classe G+

L’attuale spazio aereo di Classe G, concepito per l’uso libero e non controllato, non si presta più all’operatività dei droni cargo, specie a bassissime quote, per ragioni di sicurezza e gestione del traffico. Per superare questi limiti, si propone la creazione di una nuova categoria di spazio aereo, denominata Classe G+, che integra infrastrutture e procedure supplementari mantenendo, però, una certa accessibilità. L’obiettivo è raggiungere un livello di sicurezza simile a quello previsto dalla regolamentazione VFR tradizionale, nonostante la presenza di droni non dotati di sistemi attivi di rilevamento. Questo risultato si ottiene introducendo una rete di comunicazione a disposizione di tutti gli utenti dello spazio aereo e imponendo loro di trasmettere in modo continuo e attivo posizione e intenzioni, tramite sistemi tipo ADS-B o FLARM, senza necessità di sensori a bordo.

Il posizionamento dello spazio G+ è strategico e mirato. Non si tratta di un’area estesa ma piuttosto di corridoi che collegano punti di interesse come aeroporti e centri di distribuzione. Tali corridoi sono idealmente ubicati in zone non urbanizzate o scarsamente popolate, come deserti, foreste, laghi o coste non sviluppate, per minimizzare il rischio in caso di emergenze e garantire la possibilità di un atterraggio sicuro in ogni momento senza mettere a rischio persone o infrastrutture a terra. Nei pressi degli aeroporti, dove si applicano le classi D o CTR, si prevedono procedure speciali per consentire a droni e altri velivoli di operare in sicurezza.

L’altitudine di operazione è vincolata a non superare i 500 piedi (circa 150 metri) per evitare interferenze con il traffico IFR e VFR ordinario, che si svolge a quote superiori. Questo limite consente anche di contenere il volume di spazio occupato dai droni, semplificando la gestione e la sicurezza.

La rete di comunicazione prevista per lo spazio G+ è alla base dell’intero sistema di sicurezza e coordinamento. Essa permette a ogni utente di conoscere posizione, assetto e intenzioni degli altri partecipanti, con un modello di scambio dati continuo e obbligatorio. Per mantenere costi contenuti e garantire una diffusione ampia, si possono utilizzare tecnologie di comunicazione esistenti come reti 3G, 4G LTE o 5G, oppure reti ad hoc basate su comunicazione drone-to-drone (D2D). Quest’ultima opzione, sebbene potenzialmente priva di infrastrutture a terra, potrebbe essere integrata con stazioni di terra per la ricezione di dati complementari come condizioni meteo, NOTAMS o restrizioni geografiche.

L’uso di SIM card e altre tecnologie di sicurezza è fondamentale per prevenire spoofing e assicurare l’affidabilità delle comunicazioni. L’installazione delle antenne dovrà essere orientata verso l’alto per garantire la copertura completa, soprattutto in quei corridoi stretti tipici degli spazi G+. Questo facilita la gestione del traffico a bassa quota e consente di mantenere l’efficienza e la sicurezza della rete.

I dati scambiati comprendono posizione GPS, quota (barometrica, sopra il livello del mare e, quando possibile, altezza sul terreno), assetto del velivolo, velocità rispetto al suolo e valori di accuratezza che permettono di definire margini di sicurezza. Questi parametri sono essenziali non solo per la separazione fra traffico ma anche per sistemi di gestione cooperativa della sorveglianza e dell’evitamento (DAA).

Inoltre, la rete consente di localizzare velivoli con capacità degradate o guaste, permettendo un tracking anche in condizioni critiche, migliorando così ulteriormente la sicurezza operativa e la gestione delle emergenze.

È fondamentale comprendere che lo sviluppo dello spazio aereo G+ non mira solo a introdurre nuove regole o tecnologie, ma a creare un ecosistema integrato e cooperativo dove la comunicazione costante e la condivisione delle informazioni diventano la base della sicurezza. La trasparenza e la disponibilità di dati in tempo reale riducono la necessità di sensori complessi a bordo e semplificano l’adozione di droni leggeri e meno costosi.

Questa evoluzione richiede anche un ripensamento della normativa e delle procedure operative, soprattutto nelle zone di transizione fra spazi aerei controllati e non controllati. La gestione delle interazioni tra droni e velivoli tradizionali, la definizione di protocolli comuni e l’integrazione con infrastrutture aeroportuali rappresentano sfide non banali che devono essere affrontate in modo coordinato.

Infine, la scelta di operare a quote molto basse comporta una maggiore attenzione all’ambiente e alla popolazione: le rotte e i corridoi devono essere pianificati in modo da minimizzare l’impatto acustico, visivo e di sicurezza per le comunità sottostanti, prevedendo bypass orizzontali e verticali quando necessario.