La questione dell'indispensabilità della matematica nelle scienze naturali è un tema centrale nella filosofia della scienza. Una delle posizioni più influenti su questo argomento è quella sviluppata da Quine e Putnam, che, sebbene condividano alcuni aspetti, giungono a conclusioni leggermente diverse. Mentre Quine sostiene un approccio che mette l'accento sull'analisi logica delle teorie scientifiche, Putnam si distingue per una visione più esplicitamente realista della matematica. Entrambi, tuttavia, concordano nel sottolineare come la matematica sia strettamente intrecciata con le scienze fisiche e non possa essere separata da esse senza compromettere la comprensione stessa della natura.

L'argomento dell'indispensabilità si fonda sull'idea che le teorie scientifiche moderne sono matematicamente elaborate e contengono proposizioni che implicano l'esistenza di oggetti matematici. Prendiamo, ad esempio, la legge di Newton che afferma che la forza esercitata da un corpo su un altro è uguale e opposta alla forza esercitata dal secondo sul primo. Se questa legge viene riformulata matematicamente, si ottiene una forma quantificata esistenziale, che implica l'esistenza di entità matematiche. Secondo il criterio di impegno ontologico di Quine, ciò significa che le teorie scientifiche sono impegnate nell'esistenza di entità matematiche, tanto quanto lo sono nell'esistenza di entità fisiche.

Il criterio di impegno ontologico, sintetizzato nel celebre slogan “essere è essere un valore di una variabile vincolata” (Quine 1953), suggerisce che una teoria scientifica si impegna a riconoscere l'esistenza di tutte le entità su cui essa quantifica. Quando una teoria contiene una frase quantificata come ∃x Px (dove P è un predicato che si applica all'oggetto x), essa implica che esista almeno un oggetto che rende vera la proposizione. Questo principio stabilisce una connessione intima tra il concetto di esistenza e la quantificazione nelle teorie scientifiche, poiché ogni variabile vincolata si riferisce a un oggetto che deve esistere affinché la teoria sia valida.

Questa posizione solleva il problema dei "termini non riferenti", come ad esempio espressioni che si riferiscono a entità che non esistono, come “il re attuale di Francia”. Russell ha affrontato questa questione proponendo di riformulare tali espressioni in un linguaggio logico più rigoroso, dove le descrizioni definite non sono caricate di un impegno ontologico. Allo stesso modo, Quine propone di analizzare i nomi, come “Walter Scott” o “Pegasus”, attraverso descrizioni definite, per evitare il rischio di impegni ontologici non giustificati. La stessa logica può essere applicata alle entità matematiche come gli elettroni, che in una teoria scientifica quantificata sarebbero descritti da variabili vincolate, impegando così la teoria all'esistenza di tali entità.

Tuttavia, ciò che distingue Putnam dalla visione di Quine è l’approccio realistico alla matematica. Putnam non si limita a considerare la matematica come un semplice strumento formale utile per le scienze fisiche, ma sostiene che essa rappresenta una realtà oggettiva. Per Putnam, le teorie scientifiche non possono essere realistiche rispetto alla fisica e nominaliste rispetto alla matematica allo stesso tempo. La matematica, quindi, non è solo un mezzo per descrivere la realtà fisica, ma una parte integrante di essa. Le funzioni che legano i termini fisici a quelli matematici sono così profondamente integrate nella teoria scientifica che separarli sarebbe come separare i concetti fisici stessi. In altre parole, l’impegno verso le entità matematiche è così fondamentale che sarebbe insensato tentare di riformulare la teoria fisica senza includere queste entità.

Secondo Putnam, la quantificazione sulle entità matematiche nelle scienze naturali è imprescindibile, sia per la formulazione teorica che per la sperimentazione fisica. Se una teoria scientifica fa riferimento a oggetti matematici, come numeri o funzioni, e se questi oggetti sono coinvolti in esperimenti o previsioni scientifiche, la teoria deve impegnarsi ad accettare l'esistenza di tali entità. Questo approccio rafforza la visione platonica della matematica, in cui le entità matematiche esistono indipendentemente dalla nostra percezione o dalla nostra descrizione.

La difesa dell'indispensabilità della matematica, però, non riguarda solo l'uso delle matematiche nelle scienze naturali, ma anche l’impossibilità di formulare teorie scientifiche non matematiche. La tesi di Putnam si basa sulla convinzione che non esistano teorie scientifiche alternative che possano essere presentate in modo coerente senza l'uso della matematica. In altre parole, la matematica non è solo un’aggiunta conveniente, ma una parte inseparabile della scienza stessa. Le teorie che non utilizzano la matematica non possono, per definizione, essere considerate versioni valide o complete delle teorie scientifiche che ci permettono di fare previsioni e comprendere il mondo.

In conclusione, la filosofia della scienza contemporanea offre una visione complessa ma coerente del ruolo della matematica. Se, da un lato, Quine e Putnam concordano nel riconoscere l’importanza delle entità matematiche nelle teorie scientifiche, dall’altro, la concezione che ne hanno varia in base alla loro visione ontologica della matematica. Quine mette l'accento sull’aspetto logico e formale dell'indispensabilità, mentre Putnam abbraccia una visione più realista, secondo cui la matematica è intrinsecamente legata alla realtà. Ciò che resta indiscutibile, però, è che la matematica è un elemento fondamentale che permea tutte le scienze naturali e che la sua indispensabilità è una chiave per comprendere la struttura delle teorie scientifiche moderne.

Quali Entità Dobbiamo Accettare per la Nostra Ontologia? Un'Analisi del Problema dell'Indispensabilità in Filosofia della Scienza

Nell’ambito della filosofia della scienza, la discussione sull’indispensabilità della matematica e delle entità matematiche in teorie scientifiche ha avuto un grande impatto, specialmente in relazione all’argomento dell'indispensabilità di Quine e Putnam. Secondo questa visione, se un’entità matematica è indispensabile per la formulazione di una teoria scientifica di successo, dovremmo considerarla come ontologicamente necessaria. Tuttavia, una serie di sfide e obiezioni sono state sollevate contro l’idea che tale indispensabilità porti automaticamente a un impegno ontologico nei confronti di queste entità.

Una delle principali critiche solleva la questione riguardo il ruolo delle idealizzazioni nelle scienze naturali. Per esempio, in dinamica dei fluidi, si fa spesso uso del concetto di fluido ideale, nel quale la materia è trattata come continua e senza attrito. Queste idealizzazioni non sono realtà fisiche, ma strumenti utili per la modellizzazione e la predizione di fenomeni fisici. In che misura possiamo giustificare l’impegno ontologico nei confronti di questi "entità" ideali, come i gas ideali o le superfici prive di attrito, che non esistono realmente? La risposta a questa domanda non è semplice, poiché non è sempre chiaro in che misura una teoria debba fare affidamento su tali idealizzazioni per essere considerata adeguata o veritiera.

Un altro punto fondamentale riguarda la possibilità di parafrasare le idealizzazioni. Quine, per esempio, suggerisce che le idealizzazioni possano essere "parafrasate", cioè trasformate in descrizioni che ci permettano di arrivare a una comprensione più precisa della realtà fisica. Ad esempio, un’affermazione riguardo una superficie senza attrito potrebbe essere riformulata come una descrizione che considera il comportamento di superfici reali quando l'attrito è ridotto al minimo. Tuttavia, anche questo approccio non risolve completamente il problema, poiché alcune idealizzazioni potrebbero essere così distanti dalla realtà che non possiedono un corrispettivo fisico significativo.

Inoltre, la distinzione tra posizioni indispensabili per la teoria scientifica e quelle indispensabili per le spiegazioni scientifiche è fondamentale. Non tutte le entità che appaiono in una teoria sono effettivamente cruciali per spiegare i fenomeni empirici. Melia e Colyvan, per esempio, sostengono che, affinché un’entità possa essere considerata ontologicamente necessaria, deve essere indispensabile non solo per la costruzione della teoria ma anche per le sue spiegazioni. Questo approccio sposta l’attenzione dall’adesione ad un holismo confermativo, come quello proposto da Quine, verso una concezione più sottile, che considera il valore esplicativo delle teorie scientifiche come il criterio principale per determinare l’indispensabilità delle entità matematiche.

Infine, è importante comprendere che non tutte le teorie scientifiche considerano le entità matematiche allo stesso modo. Alcune, come quelle che utilizzano equazioni differenziali per modellizzare fenomeni naturali, trattano concetti come la continuità della materia come un utile strumento matematico senza necessariamente implicare che la realtà fisica debba essere veramente continua. È quindi importante distinguere tra ciò che è utile per i calcoli e ciò che effettivamente riflette la struttura ontologica del mondo.

In sintesi, la riflessione sull’indispensabilità delle entità matematiche e il loro ruolo nelle teorie scientifiche è intrinsecamente legata alla nostra comprensione di come la scienza descrive il mondo. Sebbene l’argomento dell’indispensabilità abbia una forte radice filosofica, l’approccio metodologico delle scienze moderne spesso sfida la necessità di impegni ontologici rigorosi. La discussione quindi non si limita a determinare se le entità matematiche siano necessarie, ma riguarda anche il loro ruolo specifico nelle spiegazioni scientifiche, nella costruzione di teorie e nella nostra capacità di interpretare la realtà.

Come il dibattito sulla riducibilità delle entità matematiche influisce sull'indispensabilità della teoria degli insiemi

L'argomento dell'indispensabilità delle entità matematiche, tradizionalmente utilizzato per giustificare la realtà ontologica di numeri e altre strutture matematiche, si trova ad affrontare una serie di problematiche legate alla riducibilità delle entità matematiche stesse. La riducibilità di numeri e strutture matematiche ad insiemi è un tema dibattuto, come osservato da Benacerraf, il quale sottolinea che i numeri possono essere ridotti agli insiemi in molteplici modi. Ciò solleva una questione centrale: se i numeri possano essere ridotti in diversi modi, come può una riduzione portare alla loro "vera natura"? La posizione platonica, che mira a ridurre i numeri a insiemi per rivelarne l'essenza, appare quindi problematica, poiché ogni riduzione, pur risultando corretta in sé, non fornisce una singola e unica visione dei numeri.

Questa problematica assume rilevanza nell'ambito delle discussioni più ampie riguardo la fondazione dell'aritmetica. Ad esempio, la riduzione dell'aritmetica a teoria degli insiemi, pur restando possibile, non elimina la necessità degli insiemi stessi, come evidenziato da Baker (2003). La riducibilità dei numeri a insiemi, infatti, non implica che la teoria degli insiemi sia dispensabile, ma piuttosto che gli insiemi stessi costituiscano una base necessaria per la descrizione di entità matematiche come i numeri. L'argomento dell'indispensabilità potrebbe quindi essere ancora valido, ma applicato agli insiemi anziché ai numeri stessi.

La discussione non si limita alla teoria degli insiemi: anche altre teorie, come la teoria delle categorie, sono emerse come possibili fondamenti alternativi per l'aritmetica. La teoria delle categorie, infatti, offre una formulazione ontologica che non sovrappone la sua ontologia a quella della teoria degli insiemi. In questo contesto, l'argomento dell'indispensabilità si trova a dover affrontare la difficoltà di determinare quale tra le diverse teorie sia da preferire, portando alla conclusione che siamo impegnati, in modo disgiuntivo, a scegliere tra insiemi e categorie come fondamenti.

Hunt (2016) interviene nella discussione, ampliando la riflessione sull'indispensabilità e sulla refutazione del nominalismo. Se la teoria degli insiemi e la teoria delle categorie forniscono formulazioni alternative e compatibili per le entità matematiche applicate nelle spiegazioni scientifiche, non è più possibile argomentare che una specifica entità matematica sia indispensabile. Il ragionamento si sviluppa attraverso un'inferenza da una spiegazione compatibile: se esistono spiegazioni alternative che non richiedono il riferimento a una particolare entità matematica, allora l'inferenza all'esistenza di tale entità perde di validità. In altre parole, la ricerca di una giustificazione per l'indispensabilità di una entità matematica, che sia un numero o un insieme, non può prescindere dalla considerazione che esistano spiegazioni alternative altrettanto adeguate che fanno riferimento a entità diverse.

Questa problematica si lega strettamente alla forma "forte" e "debole" dell'argomento dell'indispensabilità. Nella sua forma forte, l'argomento richiede che una specifica entità matematica sia essenziale per ogni spiegazione di un fenomeno. Nella sua forma debole, l'argomento non implica il riferimento a una particolare entità, ma solo che ogni spiegazione faccia riferimento ad una entità matematica, senza tuttavia stabilire quale. La disponibilità di spiegazioni compatibili, come quelle fornite dalle diverse teorie fondanti, impedisce quindi di stabilire l'indispensabilità di una particolare entità matematica, portando Hunt a concludere che l'argomento dell'indispensabilità non possa essere utilizzato per refutare il nominalismo.

Inoltre, è importante sottolineare che, a differenza degli enti teorici fisici, gli enti matematici non interagiscono causalmente tra loro, il che li rende compatibili senza alcuna necessità di escludersi a vicenda. Sklar (1974) ha già osservato la possibilità di descrivere lo spaziotempo attraverso modelli matematici differenti, che portano a strutture geometriche distinte ma non contraddittorie. Questa osservazione rinforza l'idea che le entità matematiche possano coesistere in modo armonico, senza che una teoria debba prevalere sull'altra, un aspetto che non si applica, però, agli enti fisici, i quali sono soggetti a vincoli spaziotemporali che impediscono la coesistenza di descrizioni incompatibili.

In definitiva, la riducibilità delle entità matematiche ad insiemi o a teorie alternative come quella delle categorie non risolve la questione dell'indispensabilità. Piuttosto, apre la porta alla considerazione che nessuna teoria ontologica abbia il monopolio sulla giustificazione delle entità matematiche. Le alternative non competono tra loro in modo tale da escludersi, ma piuttosto offrono diverse formulazioni che, seppur legate allo stesso dominio matematico, si rivelano complementari nella loro applicazione. In questo modo, l'argomento dell'indispensabilità, nella sua forma classica, non riesce a determinare con certezza quale fondamento sia il più adeguato per le spiegazioni scientifiche.

L’argomento dell’indispensabilità: può la matematica giustificare il suo posto nella realtà ontologica?

Il cuore dell’argomento dell’indispensabilità risiede nella tensione tra due esigenze: l’accuratezza descrittiva della scienza e l’impegno ontologico che ne deriva. Il problema emerge quando si considera il ruolo della matematica nelle teorie scientifiche: se una teoria scientifica è confermata empiricamente e in tale teoria la matematica è indispensabile, allora — secondo la logica dell’argomento — si deve accettare l’esistenza degli enti matematici.

Quine e Putnam sono stati i fautori principali di questo ragionamento. Per Quine, l’ontologia è determinata da quelle entità alle quali si è ontologicamente impegnati nelle teorie che accettiamo come vere. Se la matematica è necessaria per la formulazione delle migliori teorie scientifiche, allora gli oggetti matematici diventano anch’essi parti della nostra ontologia. L’olismo epistemologico di Quine e il suo naturalismo logico rafforzano questa posizione: non vi è una netta divisione tra scienza e filosofia, e dunque l'ontologia della scienza è anche l'ontologia della filosofia.

Putnam, pur partendo da una prospettiva affine, sviluppa l’argomento in chiave realista. Egli considera assurdo rigettare l'esistenza degli enti matematici pur accettando la validità delle teorie fisiche che li impiegano. In tal senso, la matematica non è soltanto uno strumento linguistico o un comodo apparato inferenziale, ma qualcosa che riflette aspetti reali del mondo.

Tuttavia, l’argomento ha incontrato critiche significative, in particolare da parte di autori come Melia, che mettono in discussione l'idea stessa di “indispensabilità”. Secondo Melia, è possibile "aggirare" l’impegno ontologico verso la matematica attraverso strategie di riformulazione: possiamo sostituire le entità matematiche con strumenti inferenziali equivalenti, senza assumerne l’esistenza. Ma questa manovra, spesso definita "weaseling", è accusata di essere epistemicamente insincera: si usufruisce della matematica, ma si evita il peso ontologico del suo uso.

Un altro fronte critico proviene dal cosiddetto “fictionalismo matematico”, promosso da autori come Price. Secondo tale prospettiva, la matematica è indispensabile come finzione utile, simile a una narrazione coerente ma non letteralmente vera. In quest’ottica, l’efficacia della matematica non implica l’esistenza dei suoi oggetti, così come l’efficacia di una mappa non implica l’esistenza reale delle linee tracciate su di essa.

Il dibattito si è arricchito ulteriormente con l’introduzione della nozione di spiegazione matematica. Autori come Pincock e Saatsi hanno distinto tra il ruolo rappresentazionale e quello esplicativo della matematica nelle scienze. Se la matematica serve solo a rappresentare i fenomeni, il suo valore potrebbe essere strumentale. Ma se la matematica fornisce spiegazioni che non potrebbero essere ottenute altrimenti, allora il suo ruolo ontologico si rafforza.

È in questo contesto che si colloca la riflessione sul realismo matematico: se accettiamo la verità delle spiegazioni matematiche, dobbiamo forse accettare anche la realtà degli oggetti matematici implicati? Oppure possiamo mantenere un atteggiamento agnostico, come suggerisce Van Fraassen, accettando le teorie per il loro valore empirico senza dedurne una ontologia?

Il dibattito sull’argomento dell’indispensabilità non si esaurisce nel dilemma realismo/antirealismo. Esso interseca questioni di metodologia scientifica, filosofia del linguaggio, logica e metafisica. Il contributo di Quine sul criterio di impegno ontologico, il ruolo del quantificatore nei linguaggi formali (come discusso nei suoi scritti del 1948, 1951 e 1960), e la prospettiva secondo cui non esistono verità analitiche a priori, trasfo

Come la Matematica Contribuisce alle Spiegazioni Scientifiche: La Relazione tra Modelli Matematici e Fenomeni Naturali

Non esiste un intero nn tale che 233=n\frac{23}{3} = n. Questo è evidente, eppure implica una realtà più profonda che si estende ben oltre la semplice divisione di numeri. Infatti, il fatto che 23 oggetti non possano essere divisi esattamente in 3 gruppi senza lasciare un resto non è un caso isolato, ma una proprietà fondamentale della matematica e delle sue applicazioni scientifiche. I numeri interi non sono chiusi sotto la divisione, e questo concetto si applica non solo a numeri, ma a tutte le cose distinte. Nessuna collezione di 23 oggetti distinti può essere divisa equamente in 3 gruppi senza produrre una parte rimanente. Questo tipo di generali spiegazioni matematiche si applica a una gamma ben più ampia di situazioni, non limitandosi a semplici casi numerici, ma a modelli teorici che estendono il loro impatto su una varietà di fenomeni scientifici.

La generalità del modello è cruciale. Non si tratta solo di dividere numeri o cose in gruppi, ma di esplorare come una teoria matematica possa estendersi e applicarsi a una varietà di situazioni diverse. Questo tipo di generalità, che si potrebbe chiamare "generalità di ambito", consente alle spiegazioni matematiche di rispondere a domande che vanno ben oltre un singolo esempio o un intervallo ristretto di casi. La teoria dei numeri, ad esempio, garantisce che queste possibilità di generalizzazione siano sempre accessibili. Una teoria che unifica idee apparentemente scollegate – come 23 idee e 23 fragole – è un esempio di come la matematica possa fungere da ponte tra concetti diversi, ma che non sempre fornisce una comprensione profonda del fenomeno in sé.

Prendiamo, ad esempio, la teoria gravitazionale di Newton. La nozione di "forza" introdotta da Newton ha unificato la comprensione dei movimenti celesti e terrestri, ma ha sollevato un problema: la forza stessa rimase un concetto misterioso. Leibniz e Huygens, suoi contemporanei, rigettarono la teoria per la sua incompatibilità con la visione meccanicistica del mondo, che spiegava i fenomeni in termini di corpuscoli osservabili. Questa discussione evidenzia un aspetto fondamentale: la visione del mondo e il quadro concettuale in cui si pongono le domande “perché” determinano cosa può essere considerato una spiegazione scientifica. Ciò che potrebbe essere accettabile come spiegazione in un contesto meccanicistico, ad esempio, sarebbe inaccettabile in una visione relativistica.

Questo mostra che le risposte alle domande scientifiche non dipendono solo dalla veridicità delle teorie, ma anche dal contesto epistemologico e ontologico in cui sono formulate. Il concetto di unificazione, pertanto, non sempre implica una maggiore comprensione. A volte, le nozioni introdotte per unificare un dominio di conoscenza possono non essere sufficienti a spiegare veramente come funzionano i fenomeni. L'esempio della gravità newtoniana è emblematico di questo tipo di dinamica.

Altro punto cruciale riguarda il ruolo della matematica nelle scienze. Non solo come strumento di idealizzazione, ma come parte integrante della modellizzazione teorica. I modelli scientifici, infatti, sono spesso descritti come insiemi di enunciati, ognuno dei quali deve essere vero per il modello in questione. Molti di questi modelli si avvalgono di enunciati matematici, o una combinazione di enunciati matematici e fisici. Tuttavia, affinché la matematica possa servire da spiegazione di un fenomeno fisico, è necessario che essa catturi alcune caratteristiche strutturali di quel fenomeno.

Senza un'adeguata comprensione della relazione tra la matematica e la realtà scientifica, una descrizione matematica non può essere considerata una vera spiegazione di un evento non matematico. Storicamente, questa distinzione non veniva fatta. I grandi pensatori del passato, come Cartesio, Galileo, Huygens e Newton, non separavano la matematica dalla scienza, ritenendo che la matematica descrivesse correttamente la natura. Ma con lo sviluppo della matematica nel XIX secolo, in particolare con la geometria n-dimensionale, i numeri negativi e i numeri complessi, la matematica è diventata sempre più separata dalla sua applicazione diretta nella scienza.

Questo processo ha portato a una separazione tra la matematica e la scienza, ma molti sviluppi che inizialmente sembravano troppo astratti per applicarsi ai fenomeni naturali sono stati riadottati dalla scienza nel XX secolo. I numeri complessi, per esempio, hanno trovato una loro applicazione fondamentale nella meccanica quantistica, rivelando che ciò che un tempo sembrava un'astrazione teorica può diventare essenziale per la comprensione della realtà fisica.

La questione fondamentale, quindi, riguarda il legame tra la matematica e la scienza: non è sufficiente che la matematica descriva correttamente i fenomeni fisici. Perché una teoria scientifica basata sulla matematica possa spiegare un fenomeno naturale, è necessario un rapporto più profondo che spieghi come la matematica stessa interagisce con la realtà fisica. Questo tipo di comprensione non si limita a descrivere la realtà, ma la spiega attraverso un quadro teorico che integra la matematica con la fisica in modo tale da permettere una vera spiegazione.

In sintesi, la matematica può essere fondamentale per la spiegazione scientifica, ma solo quando è in grado di cogliere strutturalmente i fenomeni naturali e quando si stabilisce chiaramente la relazione tra modelli matematici e realtà fisica. La pura astrazione matematica, priva di una connessione concreta con i fenomeni fisici, non fornisce spiegazioni soddisfacenti.