La creazione di un modello di deep learning per classificare immagini di frutta in sei categorie coinvolge una serie di passaggi essenziali, che vanno dalla preparazione dei dati all'addestramento e alla successiva valutazione del modello. Il processo inizia con la costruzione di un datastore di immagini, una struttura speciale progettata per contenere e organizzare tutte le immagini di addestramento. La funzione fullfile() è utilizzata per concatenare le stringhe dei percorsi, generando così il percorso completo alle immagini con estensione .jpg.
La visualizzazione delle immagini e delle etichette associate permette di verificare che il dataset sia stato caricato correttamente. Successivamente, le immagini vengono suddivise in due set distinti: il 70% per l’addestramento e il 30% per la validazione, utilizzando la funzione splitEachLabel(). Questa separazione è cruciale per evitare l’overfitting e garantire che il modello impari a generalizzare correttamente.
I parametri principali per l’addestramento vengono definiti in anticipo, come la dimensione delle immagini di input (100x100 pixel con tre canali di colore) e il numero di classi (sei tipi di frutta). La struttura della rete neurale convoluzionale (CNN) viene quindi configurata con sei layer, tra cui un layer di input, un batch normalization layer, un layer ReLU, un fully connected layer, un layer softmax e un classification layer. Alcuni layer opzionali, come il flatten layer o il concatenation layer, sono ignorati per semplicità in questo progetto.
Nonostante esista una versione aggiornata della funzione trainNetwork(), questa vecchia versione è mantenuta perché offre prestazioni migliori nel contesto specifico dell’addestramento delle immagini in questo progetto. Le opzioni di training sono impostate tramite la funzione trainingOptions(), che accetta parametri come il tasso di apprendimento iniziale, la dimensione del mini-batch, il numero massimo di epoche, i dati di validazione e la frequenza di validazione. Molte di queste opzioni, però, possono essere omesse in quanto la funzione imposta valori di default validi.
Il modello viene addestrato chiamando trainNetwork() con i dati di addestramento, la struttura a layer e le opzioni di training. Al termine, il modello addestrato è salvato in una variabile locale e poi esportato in un file .mat per un uso futuro. Prima di eseguire l’intero processo, è fondamentale eseguire lo script Setup_Image.m, che prepara i dati delle immagini necessari.
I risultati iniziali mostrano una precisione di validazione del 97%, un valore molto buono ma migliorabile. L’aggiunta di un layer convoluzionale, che inizialmente era stato commentato nel codice, permette di aumentare significativamente la precisione, portandola al 100%. Questo dimostra l’efficacia delle reti neurali convoluzionali nel riconoscimento delle immagini rispetto a modelli più semplici. Un altro aspetto importante riguarda il numero massimo di epoche impostato nelle opzioni di training; esso può essere ridotto a 5 o 6 per accelerare l’addestramento senza perdere in qualità.
Dopo il completamento dell’addestramento, il modello salvato viene sottoposto a valutazione utilizzando immagini di test provenienti da una cartella dedicata. Lo script Fruits_Eval.m carica il modello addestrato e valuta la sua accuratezza sui dati di test, tenendo traccia dei risultati corretti e errati. Questa fase è fondamentale per misurare la reale capacità del modello di generalizzare a dati nuovi e non visti durante l’addestramento.
È importante sottolineare che, oltre ai passi tecnici, la qualità e la varietà delle immagini di addestramento influenzano profondamente l’efficacia del modello. Una corretta preparazione e bilanciamento delle classi evita il problema di dati sbilanciati che potrebbe portare a risultati distorti. Inoltre, la scelta di iperparametri come la dimensione del batch, il tasso di apprendimento e il numero di epoche richiede attenzione e spesso sperimentazione per ottimizzare le prestazioni del modello.
Infine, la validazione incrociata o l’utilizzo di ulteriori tecniche di regolarizzazione possono essere integrate per garantire che il modello non solo funzioni bene sui dati di test, ma mantenga robustezza e adattabilità a situazioni reali. In ambito di classificazione di immagini di frutta o altre categorie, la combinazione di un corretto design della rete, un dataset ben organizzato e un’accurata fase di valutazione costituisce la base per ottenere risultati affidabili e riproducibili.
Che cosa sono gli insiemi fuzzy e come differiscono dagli insiemi classici?
Gli insiemi fuzzy rappresentano un'estensione fondamentale della teoria classica degli insiemi, introducendo la possibilità di un'appartenenza parziale degli elementi. Contrariamente agli insiemi classici, nei quali un elemento è o completamente dentro o completamente fuori dall'insieme, gli insiemi fuzzy permettono un grado di appartenenza che varia in un intervallo continuo tra 0 e 1. Questo significa che un elemento può appartenere all'insieme con una certa "intensità" o probabilità, riflettendo così situazioni più realistiche e complesse, dove i confini tra ciò che è dentro e ciò che è fuori non sono netti, ma sfumati.
Formalmente, dato un insieme fuzzy , la funzione di appartenenza assegna ad ogni elemento un valore compreso tra 0 e 1 che rappresenta il suo grado di appartenenza. Quando l'universo di discorso è discreto e finito, tale funzione può essere rappresentata come una lista ordinata di coppie di elementi e relativi gradi di appartenenza. Nel caso di un universo continuo e infinito, la funzione diventa una curva che associa ogni valore a un grado di appartenenza, aprendo la strada a una modellazione fluida e dinamica di concetti complessi.
Le operazioni fondamentali sugli insiemi fuzzy - unione, intersezione e complemento - si basano rispettivamente sulle funzioni massimo, minimo e complemento rispetto a 1 del grado di appartenenza. Ad esempio, l’unione di due insiemi fuzzy e per un elemento è data dal massimo tra e , mentre l’intersezione è il minimo tra i due valori. Il complemento di un insieme fuzzy è invece dato da . Queste operazioni mantengono la natura sfumata e parziale della rappresentazione, in netto contrasto con la rigidità delle operazioni sugli insiemi classici.
Un esempio chiarificatore è dato dall’insieme dei membri di una facoltà universitaria sotto i 50 anni. In un insieme classico, solo coloro che hanno un’età inferiore a 50 anni sono membri, escludendo tutti gli altri. Nell’insieme fuzzy, invece, alcuni membri più vicini al limite di 50 anni possono appartenere all’insieme con un grado di appartenenza parziale, riflettendo l’ambiguità intrinseca di molte situazioni reali e permettendo una descrizione più ricca e realistica.
Questo concetto si collega al processo di fuzzificazione, fondamentale per l’applicazione pratica degli insiemi fuzzy. La fuzzificazione consiste nella trasformazione di variabili precise (crisp) in variabili fuzzy, ovvero in variabili descritte tramite funzioni di appartenenza. Questo è necessario perché molte variabili nel mondo reale non sono perfettamente definite o possono variare in modo continuo. Ad esempio, una temperatura espressa in gradi Fahrenheit non è solo "bassa" o "alta" in modo netto, ma può appartenere contemporaneamente a più categorie con gradi diversi.
Le funzioni di appartenenza adottate nella fuzzificazione possono avere forme diverse: triangolari, trapezoidali, gaussiane, a campana o sigmoidi, ognuna adatta a specifici tipi di applicazioni e necessità di controllo. Le forme più semplici come quelle triangolari o trapezoidali vengono preferite in sistemi con variazioni rapide e dinamiche, mentre quelle gaussiane o a S sono più indicate in sistemi che richiedono alta precisione.
Prendendo come esempio un sistema di controllo per un condizionatore d’aria, la temperatura può essere divisa in tre insiemi fuzzy linguistici: BASSA, MEDIA e ALTA, con sovrapposizioni tra questi intervalli. Una temperatura di 45°F, ad esempio, può appartenere sia all’insieme BASSO che all’insieme MEDIO con un grado di appartenenza di circa 0,5 in entrambi, riflettendo la transizione graduale e naturale tra i due stati.
La comprensione degli insiemi fuzzy e del processo di fuzzificazione permette di avvicinarsi a sistemi di inferenza fuzzy, strumenti potenti per modellare e controllare sistemi complessi dove l’incertezza e la vaghezza sono intrinseche. Solo integrando la fuzzificazione con l’inferenza e la defuzzificazione si possono ottenere risultati utili e concreti per la risoluzione di problemi reali.
È importante sottolineare che la teoria degli insiemi fuzzy non si limita a fornire una descrizione matematica alternativa, ma rappresenta una riflessione sulla natura stessa del ragionamento umano, che spesso non distingue rigidamente tra vero e falso, ma opera con concetti sfumati e continui. Questa visione consente di affrontare problemi in ambiti quali l’intelligenza artificiale, il controllo automatico, la decisione e la modellazione di sistemi complessi in modo più efficace e aderente alla realtà.
Come funziona la regressione lineare e quale significato ha nei modelli statistici?
La regressione lineare è un metodo statistico che consente di individuare una relazione lineare tra una variabile dipendente, detta anche variabile di risposta, e una o più variabili indipendenti o predittori. Essa si basa sull’idea di rappresentare graficamente tale relazione attraverso una retta, la cosiddetta retta di regressione, che approssima i dati osservati. Questa retta è definita da due parametri fondamentali: la pendenza (coefficiente di regressione β1), che indica l’effetto che una variazione della variabile indipendente ha sulla variabile dipendente, e l’intercetta (β0), che rappresenta il valore della variabile dipendente quando tutte le variabili indipendenti sono nulle.
L’essenza del metodo sta nell’utilizzare la tecnica dei minimi quadrati, che mira a minimizzare la somma dei quadrati degli scarti tra i valori osservati e quelli predetti dalla retta. Tale approccio consente di ottenere la miglior approssimazione possibile, in termini di errore complessivo, tra i dati e il modello statistico. Questa procedura è particolarmente utile quando i dati mostrano una certa dispersione e non è possibile una corrispondenza perfetta.
Un esempio concreto di applicazione è la stima della relazione tra il numero di incidenti stradali e la popolazione di uno Stato, come dimostrato dai dati sugli incidenti negli Stati Uniti. In questo caso, la regressione lineare permette di valutare se, e in che misura, l’aumento della popolazione sia associato a un aumento degli incidenti, evidenziando così un trend lineare tra le due variabili.
L’implementazione pratica in ambiente MATLAB, ad esempio, prevede la costruzione di un sistema di equazioni lineari che rappresentano i dati osservati, poi risolto mediante operatori matriciali come mldivide per ottenere i coefficienti β0 e β1. La rappresentazione grafica con scatter plot affiancata dalla retta di regressione consente di visualizzare chiaramente il fitting del modello rispetto ai dati reali.
Tuttavia, un modello di regressione che trascuri l’intercetta può risultare meno accurato. L’aggiunta del termine β0, ovvero una colonna di uno nella matrice delle variabili indipendenti, migliora significativamente la capacità predittiva del modello, consentendo di adattare meglio la retta ai dati osservati, come si può notare confrontando i risultati di entrambe le versioni del modello.
Nonostante l’efficacia, il modello lineare presenta inevitabilmente errori, soprattutto in corrispondenza di punti con valori estremi o elevata variabilità. Questi errori sono rappresentati dalla differenza tra i valori osservati e quelli stimati dal modello, indicati con ε. La distribuzione e la dimensione di tali errori forniscono informazioni fondamentali sulla bontà del modello e sulla sua capacità di rappresentare la realtà osservata.
La regressione lineare si inserisce in un processo più ampio di modellizzazione statistica, spesso implementato in ambienti di apprendimento automatico come il Regression Learner di MATLAB, che prevede la validazione incrociata per evitare fenomeni di overfitting, ovvero l’adattamento eccessivo del modello ai dati di addestramento a discapito della generalizzazione su dati nuovi. L’utilizzo di schemi di validazione, come la cross-validation o la holdout validation, permette di stimare con maggior accuratezza le prestazioni del modello.
Oltre alla semplice regressione lineare, esistono molteplici varianti e tecniche più complesse, ma la comprensione della regressione lineare rimane la base imprescindibile per affrontare modelli di regressione più sofisticati.
È cruciale per il lettore comprendere che un modello di regressione, per quanto ben costruito, è sempre un’approssimazione della realtà e che la presenza di errori è inevitabile. La scelta del modello e la valutazione della sua performance devono basarsi non solo su criteri matematici, ma anche sulla comprensione del contesto e delle caratteristiche intrinseche dei dati. Inoltre, la capacità di interpretare correttamente i coefficienti di regressione, il significato dell’intercetta, e la natura degli errori è essenziale per applicare efficacemente la regressione lineare in ambito pratico, evitando interpretazioni errate o conclusioni fuorvianti.
L’esplorazione dei dati preliminare, la selezione accurata delle caratteristiche e la definizione di schemi di validazione adeguati sono fasi fondamentali che precedono l’addestramento di qualsiasi modello di regressione, contribuendo a costruire modelli più robusti e affidabili.
Come costruire, addestrare e valutare un modello di Random Forest per prevedere il Fire Weather Index?
Nel processo di modellazione di un sistema di previsione del Fire Weather Index (FWI) a partire da dati meteorologici e ambientali, l'utilizzo dell’algoritmo Random Forest consente una combinazione potente di accuratezza, flessibilità e interpretabilità. La funzione TreeBagger() rappresenta uno strumento chiave per costruire modelli di regressione basati su foreste casuali in ambiente MATLAB, permettendo diverse modalità di definizione del modello in funzione delle esigenze dell’utente.
Un primo approccio consiste nel costruire un modello di regressione assegnando direttamente le variabili di input e la variabile di output. Il dataset viene inizialmente caricato, selezionando sei variabili predittive (FFMC, DMC, DC, temperatura, vento, BUI) e una variabile di risposta (FWI). Un modello viene addestrato con 100 alberi decisionali e assegnato a una variabile di output (mdl_1). I parametri del modello addestrato vengono mostrati in dettaglio nella Command Window.
Successivamente, si utilizza una notazione di formula, basata sulla sintassi di Wilkinson, per esprimere la relazione tra la variabile di output e le predittori selezionati (FFMC, DMC, temperatura, vento, BUI). Questo secondo approccio viene implementato richiamando nuovamente la funzione TreeBagger(), specificando la formula e includendo l’argomento NumPredictorsToSample, impostato a 50, per abilitare il comportamento tipico del Random Forest.
Una terza modalità di addestramento viene eseguita mediante un costruttore alternativo, dove vengono specificati il numero di alberi, il dataset di input e output, e il metodo di regressione. Anche in questo caso, i risultati vengono restituiti e mostrati nella Command Window.
Infine, un quarto metodo include l’uso di ulteriori parametri Name-Value pair, come OOBPredictorImportance="on" per attivare il calcolo dell'importanza dei predittori fuori borsa (out-of-bag), e MinLeafSize=4 per controllare la complessità di ciascun albero. Il modello risultante viene utilizzato per stimare valori di output FWI in corrispondenza di valori interpolati dell’indice BUI. Vengono poi tracciati i valori osservati, la risposta media stimata e i relativi quantili (25°, 50° e 75°), permettendo una visualizzazione intuitiva dell’incertezza del modello rispetto alle nuove osservazioni.
L’attività di valutazione del modello avviene principalmente tramite la funzione predict(), che permette di stimare nuovi output (FWI) a partire da nuovi vettori di input. Sono supportati due costruttori: uno basilare, che restituisce le previsioni in base a un input tabellare, e uno esteso che consente l’aggiunta di opzioni specifiche come l’uso selettivo degli alberi deboli o l’attivazione del calcolo parallelo.
Oltre al semplice utilizzo di predict(), viene calcolata anche la resubstitution loss, ovvero l’errore cumulativo che il modello commette sui dati di addestramento nel corso dei cicli di apprendimento. La funzione resubLoss() permette di generare una sequenza temporale dell’errore cumulato, utile per diagnosticare problemi di overfitting o sottostima della complessità del modello. I risultati vengono visualizzati tramite un grafico dove sull’asse delle ascisse figura il numero di cicli di apprendimento e sull’asse delle ordinate il valore della perdita di resubstitution. L’osservazione empirica più comune è che all’aumentare del numero di alberi, la perdita di resubstitution tende a decrescere, suggerendo una maggiore capacità del modello di catturare le relazioni sottostanti nel dataset.
È importante comprendere che, nonostante la potenza del modello Random Forest, esso resta un modello “black-box” se non accompagnato da un’analisi dettagliata delle variabili più importanti, delle loro interazioni e della stabilità del modello rispetto a perturbazioni nei dati. Il parametro OOBPredictorImportance diventa fondamentale per evidenziare quali variabili hanno un peso reale nella predizione, contribuendo così a una maggiore trasparenza. Inoltre, la scelta di MinLeafSize ha impatto diretto sulla generalizzazione del modello: foglie troppo piccole rischiano di adattarsi al rumore, mentre foglie troppo grandi possono perdere la sensibilità a variazioni sottili nei dati.
Nella pratica applicata, è cruciale calibrare attentamente il numero di alberi, il campionamento dei predittori, e i parametri strutturali degli alberi, in funzione delle caratteristiche del dataset. Anche la validazione incrociata e il confronto tra diversi modelli addestrati (fitrensemble vs TreeBagger) rappresentano una fase imprescindibile nel ciclo di vita di un modello predittivo affidabile.
Come classificare suoni animali utilizzando dataset audio multiclasse
La classificazione automatica dei suoni animali rappresenta un’interessante applicazione dei moderni algoritmi di intelligenza artificiale, in particolare nel contesto della classificazione multiclasse. Un progetto ben strutturato che impiega dati audio reali consente non solo di sperimentare le tecniche di estrazione delle caratteristiche audio, ma anche di comprendere i limiti pratici legati alla manipolazione e alla standardizzazione dei segnali audio.
Nel contesto specifico, è stato utilizzato un dataset ampiamente diffuso, YashNita/Animal-Sound-Dataset, che originariamente include 875 file audio suddivisi in 10 categorie animali. Tuttavia, per semplificare il processo e renderlo più gestibile computazionalmente, il dataset è stato ridotto a quattro classi: Chicken, Dog, Lion e Sheep. Questa selezione è stata collocata in una directory locale del progetto, con sottocartelle denominate secondo il nome dell’animale corrispondente. Il preprocessing ha previsto la rimozione di tutte le istanze audio che non rispettano il requisito fondamentale del numero di canali audio, che dev’essere uniforme (tipicamente 2). Il mancato rispetto di questa condizione comporta l’interruzione dell’estrazione delle caratteristiche a causa delle limitazioni della funzione extract().
L’analisi e la pulizia preliminare dei dati risultano dunque essenziali. Si procede con la selezione delle sottocartelle che rappresentano ciascuna classe. Dopo aver escluso i riferimenti simbolici ai percorsi superiori (i folder "." e ".."), si configurano i percorsi completi di ciascuna sottocartella. Successivamente, i file .wav vengono caricati in un oggetto audioDatastore, che associa le etichette in base al nome delle sottocartelle stesse.
Il dataset viene poi suddiviso in due porzioni: 85% dei dati per l’addestramento e il restante 15% per il test. Tale separazione consente di valutare l’efficacia del modello in un contesto controllato, dove le classi sono bilanciate e ben rappresentate.
Per facilitare l’esplorazione preliminare dei dati, si procede con la lettura e la riproduzione del primo file audio – in questo caso il verso di un pollo – insieme alla sua rappresentazione temporale. Ciò permette di visualizzare l’ampiezza del segnale in funzione del tempo, e di verificarne la correttezza attraverso l’ascolto diretto.
Una parte cruciale del progetto consiste nell’estrazione delle caratteristiche audio, fase in cui entra in gioco l’oggetto audioFeatureExtractor. Questo oggetto consente di configurare numerosi parametri, inclusi la frequenza di campionamento, la finestra di analisi (tipicamente una finestra di Hann di circa 30 ms) e il grado di sovrapposizione tra finestre successive (tipicamente 20 ms). Tutti gli estrattori di caratteristiche disponibili vengono attivati per massimizzare la ricchezza della rappresentazione. Le caratteristiche estratte comprendono elementi di dominio temporale, spettrale e cepstrale.
A questo punto, viene costruita la matrice delle caratteristiche relative a un singolo file, che rappresenta il numero di finestre temporali (hops) per il numero di caratteristiche selezionate. Tuttavia, un’attenzione particolare viene riservata alla dimensionalità della struttura risultante: la funzione extract() può generare celle tridimensionali se il numero di canali non è coerente, compromettendo l’uniformità necessaria per l’addestramento del classificatore. Per risolvere questo problema, tutte le celle che superano una soglia dimensionale (tipicamente 922 colonne) vengono eliminate.
L’intero flusso operativo – dalla preparazione del dataset, alla configurazione dell’ambiente di estrazione, fino alla rimozione dei dati incoerenti – pone l’accento su un aspetto fondamentale: l’importanza della coerenza strutturale dei dati nel contesto del machine learning applicato a segnali audio. Senza un’accurata omogeneizzazione del numero di canali e senza un’adeguata gestione dei metadati, anche i dataset più promettenti possono risultare inutilizzabili in ambito classificativo.
È essenziale comprendere che il successo di un progetto di classificazione non risiede unicamente nella qualità del modello o nella quantità dei dati, ma nella capacità di preparare, pulire e standardizzare l’input. Nel caso dei segnali audio, ciò significa garantire che tutti i file siano nella stessa configurazione di canali, lunghezza temporale compatibile o correttamente normalizzata, e campionati alla stessa frequenza. La fase di preprocessing non è un passaggio accessorio, ma una componente strutturale del progetto, senza la quale l’addestramento del modello sarebbe viziato da rumore metodologico.
Al di là dell’estrazione delle caratteristiche e della loro compatibilità strutturale, è altrettanto rilevante comprendere la semantica degli output: un errore nel processo può manifestarsi sotto forma di un modello apparentemente funzionante ma con prestazioni distorte su dati reali. La valutazione deve quindi essere rigorosa, con una suddivisione corretta tra training e testing, e con il ricorso a metriche interpretabili, come matrici di confusione o analisi di precisione e recall per ciascuna classe.
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