La schermatura elettromagnetica (EMI) nei compositi MXene/poliuretano (PU) si basa prevalentemente sull'assorbimento delle radiazioni elettromagnetiche, più che sulla riflessione, grazie alla microstruttura stratificata di questi materiali compositi. Quando le onde elettromagnetiche incidono sulla superficie del composito MXene/PU, una parte viene immediatamente riflessa a causa della differenza di impedenza tra l'aria e il MXene, il quale presenta un’elevata concentrazione di elettroni liberi. Tuttavia, la principale azione schermante deriva dall’assorbimento della radiazione, facilitato dalla struttura laminare del MXene che favorisce la dissipazione dell’energia elettromagnetica. Questo meccanismo è particolarmente efficace in virtù della combinazione tra alta conducibilità elettrica del MXene e la natura isolante e flessibile del poliuretano.
L'efficacia della schermatura si misura anche attraverso il parametro SSE/t (specific shielding effectiveness per unità di spessore), il quale diminuisce con l’aumento del contenuto di MXene, evidenziando un compromesso tra quantità di nanofiller e prestazioni complessive del composito. Tale risultato suggerisce la necessità di un’ottimizzazione attenta della composizione per massimizzare la protezione elettromagnetica senza compromettere le altre proprietà meccaniche o la processabilità.
Nel campo dell’energia, l’accoppiamento tra MXene e polimeri trova applicazione in dispositivi di accumulo come supercondensatori e batterie agli ioni di litio o sodio. Qui il MXene contribuisce con un'elevata area superficiale, conducibilità e trasporto ionico efficiente, mentre la matrice polimerica conferisce flessibilità meccanica e durabilità, caratteristiche essenziali per dispositivi flessibili e indossabili. Le ricerche dimostrano come l’associazione di MXene con polianilina (PAni) incrementi significativamente la capacità specifica e la stabilità al ciclo di carica-scarica, rispetto a MXene puro o combinato con polipirrolo (PPy). Ciò è attribuibile alla formazione di siti attivi aggiuntivi nelle nanostrutture autoassemblate, che migliorano il trasporto e l’immagazzinamento di carica.
Le proprietà uniche dei compositi polimero/MXene si estendono anche a campi più ampi, quali la sensoristica e le applicazioni biomediche. Nei sensori di deformazione, l’alta conducibilità del MXene permette di rilevare variazioni di resistenza dovute a deformazioni meccaniche con precisione elevata, rendendo questi materiali ideali per robotica morbida, monitoraggio della salute indossabile e interfacce uomo-macchina. Per sensori di gas e vapori, la superficie ampia e la chimica modificabile del MXene migliorano la sensibilità a gas come ammoniaca, metano e anidride carbonica, di grande interesse per il monitoraggio ambientale. Nei biosensori, l’integrazione con polimeri biocompatibili crea piattaforme efficienti per l’immobilizzazione di biomolecole, facilitando applicazioni diagnostiche avanzate.
In ambito biomedico, i compositi polimero/MXene sono promettenti per la somministrazione controllata di farmaci e per l’ingegneria dei tessuti. La biocompatibilità e l’alta superficie attiva del MXene permettono sistemi di rilascio terapeutico precisi, mentre la matrice polimerica fornisce elasticità e degradabilità, essenziali per il rilascio graduale e mirato. Inoltre, la conducibilità elettrica dei compositi favorisce l’uso in scaffold per la rigenerazione di tessuti nervosi e cardiaci, dove lo stimolo elettrico è cruciale per la proliferazione cellulare. Studi recenti mostrano come sensori biospecifici a base di MXene/PPy possano rilevare con alta sensibilità batteri come il Mycobacterium tuberculosis, confermando l’efficacia di questi materiali anche in ambito diagnostico.
Oltre a quanto espresso, è fondamentale comprendere che le prestazioni dei compositi dipendono non solo dalla natura intrinseca dei materiali ma anche dalla loro micro- e nanostruttura, dalla distribuzione e dall’interfaccia tra MXene e matrice polimerica. Le proprietà finali sono quindi il risultato di un equilibrio delicato tra conduttività, meccanica, stabilità chimica e processabilità, che deve essere attentamente studiato per ogni specifica applicazione. Inoltre, la durabilità nel tempo e la risposta alle condizioni ambientali sono aspetti critici per l’impiego pratico di questi compositi, soprattutto in ambito biomedicale e in dispositivi elettronici flessibili. Infine, l’eco-sostenibilità e il ciclo di vita dei materiali compositi stanno emergendo come temi rilevanti da considerare nello sviluppo futuro di tecnologie basate su MXene.
Come MXene Sta Trasformando la Diagnosi Medica: Biosensori e Sensori Elettrochimici per il Rilevamento delle Malattie
Oggi, le tecnologie di rilevamento che siano veloci, selettive e sensibili stanno guadagnando sempre più importanza, specialmente nel contesto di scenari pandemici. In questo scenario, la diagnosi di patogeni attraverso l'analisi dei loro genomi e le relative ibridazioni, come DNA-DNA e DNA-RNA, ha mostrato un enorme potenziale per fornire diagnosi tempestive e complete. Sebbene la reazione a catena della polimerasi quantitativa in tempo reale (PCR) rimanga il metodo standard per la diagnosi di molte patologie, la sua applicazione è limitata a laboratori e professionisti specializzati, rendendo la diagnosi rapida impraticabile. Di conseguenza, si sono sviluppate alternative come piattaforme microfluidiche, metodi colorimetrici ed elettrochimici, che hanno suscitato un notevole interesse, tra cui, tra questi, i biosensori elettrochimici sono i più utilizzati per la loro sensibilità e praticità.
Tuttavia, nonostante i vantaggi, i sensori elettrochimici non sono ancora in grado di rilevare una singola copia di DNA in campioni biologici. Pertanto, numerosi studi sono stati condotti per amplificare i segnali elettrochimici, migliorando la selettività e la sensibilità dei biosensori, in grado di rilevare analiti a concentrazioni estremamente basse, facilitando così la diagnosi precoce delle malattie. Una delle soluzioni più promettenti in questo campo è l'uso di materiali conduttivi, come i MXene, che, grazie alla loro alta conduttività elettrica e flessibilità, offrono vantaggi significativi. Inoltre, una serie di ligandi vengono integrati in questi sistemi per migliorare ulteriormente le interazioni con le strutture genotipiche, ottimizzando così i segnali di rilevamento. L'interazione tra MXene e materiale genetico può avvenire senza l'uso di ligandi specifici, il che semplifica la costruzione di biosensori, rendendola una tecnologia accessibile e altamente innovativa.
Un esempio di applicazione pratica di MXene nei biosensori è stato il lavoro di Wang e collaboratori, che hanno sviluppato un biosensore elettrochimico basato su nanosheets di MXene modificati con strutture nanometriche di DNA tetraedriche per il rilevamento della gliotossina, un metabolita tossico prodotto dal fungo Aspergillus fumigatus. Grazie alla presenza di fosfato nel DNA e metalli di transizione nei MXene, è stato possibile ottenere un'efficace adsorbimento delle strutture di DNA, creando una superficie elettrochimica ampia e facilitando la costruzione di biosensori senza modifiche complesse. Questo biosensore ha dimostrato una sensibilità straordinaria, rilevando la gliotossina in un intervallo di concentrazione da 5 pmol L−1 a 1 × 10^4 pmol L−1.
Un altro esempio è il lavoro di Chen e collaboratori, che hanno sviluppato un dispositivo chemiresistivo per il rilevamento rapido del gene della nucleocapside del SARS-CoV-2. La funzionalizzazione del MXene con molecole di DNA ha permesso di eliminare fasi costose e laboriose legate all'uso di altri ligandi. La transduzione chemiresistiva combinata con l'ibridazione degli acidi nucleici ha mostrato una straordinaria sensibilità, con una limite di rilevamento di 105 copie/mL, anche quando il test è stato effettuato su SARS-CoV-1 e la sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS).
Inoltre, Tao e collaboratori hanno scelto di sviluppare un biosensore colorimetrico basato su sistemi CRISPR-Cas12a modificati con MXene per il rilevamento del DNA del virus dell'epatite B in campioni di siero umano. Questo dispositivo colorimetrico ha dimostrato una sensibilità e selettività eccellenti, ed è stato integrato con uno smartphone per monitorare visivamente i cambiamenti di colore in risposta alla presenza di concentrazioni di DNA virale.
Alcuni ricercatori, come Liu e collaboratori, hanno introdotto l'uso di ligandi come il DNAzyme GR5 per aumentare la sensibilità dei biosensori elettrochimici. Nel loro studio, hanno sviluppato un biosensore per il rilevamento di Pb2+ basato su un elettrodo di carbonio vetroso (CGE) modificato con MXene e DNAzyme GR5. In presenza di Pb2+, il DNAzyme GR5 si attiva e innesca la separazione della doppia elica del DNA, stimolando l'intercalazione degli ioni e aumentando la corrente di ossidazione del Pb2+. Il biosensore sviluppato è stato applicato con successo per rilevare Pb2+ nel fegato di pollo, con un limite di rilevamento di 0.1 nmol L−1.
In tutti questi casi, l'uso di MXene come base per la costruzione di biosensori e sensori elettrochimici ha portato a notevoli progressi, migliorando la rapidità, l'affidabilità e la sensibilità nella diagnosi di malattie. La versatilità dei MXene permette l'adozione di diverse strategie di funzionalizzazione e adattamento per soddisfare le esigenze specifiche di rilevamento, aprendo nuove frontiere nella diagnostica medica.
Per comprendere appieno le potenzialità di MXene nei biosensori, è importante riconoscere che, oltre alla sensibilità e selettività, un altro aspetto fondamentale è la facilità di integrazione con tecnologie esistenti, come smartphone e dispositivi portatili. Ciò rende possibile l'adozione di questi biosensori in contesti clinici e di emergenza, dove la rapidità e la precisione del risultato sono cruciali. La miniaturizzazione dei dispositivi e la riduzione dei costi sono altre variabili che, nel prossimo futuro, potrebbero trasformare radicalmente la diagnosi precoce delle malattie infettive e altre patologie.
Come i materiali MXene migliorano l’immagazzinamento di energia: potenzialità, limiti e applicazioni
La capacità dei materiali MXene di mantenere un’elevata capacità di carica anche a velocità di carica e scarica rapide rappresenta un elemento cruciale nel loro utilizzo per dispositivi di accumulo energetico. L’uso di diversi elettroliti ha mostrato come il carbonato di propilene (PC) offra le migliori prestazioni in termini di capacità specifica e immagazzinamento di carica rispetto a solventi come DMSO e acetonitrile, sottolineando l’importanza della scelta del mezzo elettrolitico per ottimizzare le performance elettrochimiche.
L’integrazione pratica di questi materiali si manifesta in dispositivi con elettrodi interdigitati, che ne dimostrano l’efficacia in test elettrochimici reali, e in tessuti flessibili, dove MXene viene incorporato in trame lavorate a maglia per sviluppare dispositivi indossabili di accumulo energetico, aprendo nuove frontiere nella tecnologia portatile.
I materiali porosi, in particolare Ti3C2, ottenuti mediante un processo di incisione chimica a temperatura ambiente, si distinguono per una superficie specifica ampia e più aperta. Questi possono essere trasformati in film flessibili, sia autonomamente sia combinati con nanotubi di carbonio, creando compositi p-Ti3C2/CNT che migliorano notevolmente la capacità di immagazzinamento di litio, arrivando a valori impressionanti di 1250 mAhg−1 a 0,1 C.
Nei dispositivi a ioni di litio (LIB), vari tipi di MXene come V2CTx, Nb2CTx, Ti2CTx e Ti3C2Tx sono stati ampiamente studiati. V2CTx multilayer offre la capacità più alta, con 280 mAhg−1 a 1C e 125 mAhg−1 a 10C, mentre Nb2CTx mantiene stabilità con 170 mAhg−1 a 1C. Il Ti3C2Tx, se delaminato, mostra un netto miglioramento, raggiungendo 410 mAhg−1 a 1C grazie all’aumento della superficie elettrochimica. Si osserva inoltre che i MXene con meno strati atomici (M2X) tendono ad avere capacità superiori rispetto a quelli con più strati (M3X2, M4X3). La capacità sperimentale di Ti3C2Tx supera le previsioni teoriche, suggerendo che i meccanismi di immagazzinamento della carica siano più complessi di quanto ipotizzato.
Nel campo delle batterie a ioni di sodio (SIB), i MXene mostrano prestazioni eccellenti grazie alla rapida diffusione degli ioni Na+ sulle loro superfici e alla possibilità di inserire due strati di Na+ tra i fogli di MXene. Ad esempio, Ti2CTx multilayer ha dimostrato capacità di 175 mAhg−1 con ottime prestazioni di velocità. La possibilità di modificare la terminazione superficiale o il metallo di transizione consente di regolare il potenziale di inserzione degli ioni sodio, ampliando le possibilità di design dei materiali. Le elettrodi di carta porosa a base di MXene si distinguono per capacità elevata e lunga ciclicità, risultando adatti in applicazioni dove la compattezza è fondamentale.
Nel settore dei supercondensatori, l’obiettivo è aumentare la densità energetica potenziando la capacità di immagazzinamento della carica. L’allargamento degli spazi interstrato per favorire le reazioni redox aumenta la superficie attiva, ma può ridurre la densità dell’elettrodo. Il processo di sintesi è determinante: MXene Ti3C2Tx prodotti con metodi a sale fuso e terminazioni al cloro raggiungono capacità di 142 mAhg−1 a 13C, superiori a quelli ottenuti con incisione HF. Compositi a base di Ti3C2Tx con polimeri conduttivi, TiO2 o Fe2O3 mostrano capacità volumetriche eccezionali, come gli elettrodi in idrogel capaci di raggiungere 1500 F/cm3. I supercondensatori a base di carta Ti3C2Tx in soluzione acquosa presentano una ciclicità notevole e capacità fino a 300–400 F/cm3, triplici rispetto ai dispositivi con carboni attivi o grafene.
La scelta del solvente negli elettroliti a ioni di litio influenza fortemente il trasporto ionico: l’utilizzo del PC facilita la desolvatizzazione degli ioni Li+, migliorando l’immagazzinamento senza aumentare significativamente il volume dell’elettrodo, raddoppiando la densità di carica rispetto a solventi tradizionali come acetonitrile o DMSO. Innovazioni come l’uso di fogli di Ni rivestiti con grafene prodotto tramite deposizione chimica da vapore migliorano il trasferimento di carica e la capacità specifica, dimostrando stabilità eccellente su migliaia di cicli.
I limiti intrinseci dei MXene vengono affrontati attraverso la formazione di compositi, combinando MXene con polimeri come il PVA o grafene per migliorarne la conduttività elettrica, la resistenza meccanica e la capacità di accumulo. Ad esempio, le strutture composte da fogli di Ti3C2 e PVA mostrano resistenze meccaniche aumentate del 400% e capacità fino a 500 F/cm3. Elettrodi flessibili di MXene/graphene costruiti tramite autoassemblaggio elettrostatico raggiungono capacità volumetriche di 1040 F/cm3 mantenendo elevata stabilità ciclica e trattenendo il 61% della capacità dopo molti cicli.
È fondamentale comprendere che l’efficacia dei materiali MXene dipende fortemente dall’interazione tra la loro struttura atomica, la chimica superficiale e le condizioni operative come l’elettrolita e la configurazione del dispositivo. Lo studio dettagliato dei meccanismi di immagazzinamento della carica e delle dinamiche ioniche è ancora in fase evolutiva e cruciale per sviluppare dispositivi con performance superiori. Inoltre, la versatilità nella forma – dal film flessibile al tessuto indossabile – apre nuove strade per applicazioni integrate nella vita quotidiana, non solo per accumulo energetico tradizionale ma anche per elettronica portatile e wearable technology. La ricerca deve quindi considerare non solo i parametri elettrochimici ma anche aspetti pratici come la durabilità meccanica, la compatibilità ambientale e la scalabilità industriale.
Come l'Avanzamento dei Materiali MXene Sta Trasformando le Tecnologie Energetiche e Applicazioni Biomediche
I materiali MXene, una classe innovativa di materiali bidimensionali, hanno suscitato un notevole interesse nell'ultimo decennio grazie alle loro straordinarie proprietà fisiche e chimiche. Scoperti inizialmente nel 2011, gli MXene sono strutture composte da carburi, nitruri o carbonitruri di metalli di transizione, in particolare il Ti3C2, che si è rivelato estremamente promettente per numerose applicazioni tecnologiche avanzate. Grazie alla loro elevata conduttività elettrica, alla resistenza meccanica e alla possibilità di modificare facilmente la loro superficie, questi materiali sono diventati fondamentali in settori come il miglioramento delle batterie, i supercondensatori e le applicazioni biomateriali.
La ricerca sui MXene ha fatto significativi progressi, in particolare nell'ambito delle batterie agli ioni di litio e delle batterie agli ioni di ossigeno, dove questi materiali sono impiegati come anodi per migliorare le prestazioni di capacità e durata. L'integrazione di MXene con altri materiali, come i polimeri, ha portato a una maggiore efficienza energetica, con notevoli applicazioni nelle batterie ricaricabili e nei dispositivi a microenergia. Ad esempio, l'incorporamento di MXene nei supercondensatori consente una maggiore densità di energia e una ricarica più rapida, un aspetto cruciale per dispositivi elettronici portatili ad alte prestazioni. Gli MXene sono anche usati in dispositivi elettrochimici innovativi, come i diodi fotonici passivi, dove la loro struttura permette di regolare le proprietà ottiche e elettriche in modo unico.
Un'altra area di applicazione emergente è quella biomedica. La funzionalizzazione degli MXene permette di ottenere materiali biocompatibili con capacità di rilevare e interagire con molecole biologiche. L'impiego di MXene come substrati per biosensori è particolarmente promettente, in quanto la loro capacità di adsorbire molecole specifiche attraverso reazioni elettrochimiche potrebbe essere utilizzata per monitorare segnali biologici o diagnostici. Inoltre, le loro proprietà plasmoniche li rendono adatti per applicazioni avanzate in campo di imaging biologico e sensori ottici.
Non meno importante è il potenziale degli MXene nelle applicazioni di filtraggio e purificazione, come nel caso del trattamento delle acque reflue. L'uso di MXene nei sistemi di deionizzazione capacitiva ha mostrato che questi materiali possono rimuovere in modo efficace contaminanti come l'ammoniaca dalle acque reflue, migliorando l'efficienza energetica dei processi di purificazione. La capacità di questi materiali di operare a basse temperature e pressioni offre vantaggi significativi rispetto ad altri metodi di purificazione, riducendo i costi e aumentando la sostenibilità ambientale.
Inoltre, i progressi nei materiali MXene non si limitano all’ambito energetico e biomedico, ma si estendono anche a nuove forme di elettronica flessibile. Gli MXene metallici, noti per la loro conduttività, sono utilizzati nei generatori triboelettrici, che sono dispositivi che sfruttano il movimento meccanico per generare energia elettrica. Questi dispositivi sono particolarmente rilevanti in contesti dove l'alimentazione energetica da fonti esterne è limitata, come nelle applicazioni indossabili e nei sensori autonomi.
Tuttavia, nonostante il potenziale impressionante degli MXene, ci sono ancora sfide significative da affrontare. La stabilità a lungo termine e la scalabilità della produzione rimangono ostacoli importanti per una loro commercializzazione su larga scala. Le reazioni di ossidazione e la formazione di fasi indesiderate sulla superficie degli MXene in ambienti umidi e a temperatura elevata sono problematiche che devono essere risolte per garantire che questi materiali possano essere utilizzati in applicazioni industriali senza compromettere le loro prestazioni. Inoltre, l'ottimizzazione dei processi di sintesi e l'integrazione con altre tecnologie sono ambiti in cui la ricerca continua a fare significativi passi avanti.
La comprensione delle proprietà fisiche e chimiche degli MXene, insieme al continuo sviluppo di tecniche di funzionalizzazione, aprirà la strada a nuove applicazioni in una varietà di settori, dall'elettronica ai dispositivi energetici e biomedici. La versatilità di questi materiali, combinata con il miglioramento delle tecniche di sintesi e modificazione superficiale, promette di rivoluzionare il panorama tecnologico nei prossimi decenni.
Oltre ai progressi evidenti nei materiali MXene, è essenziale considerare che l'efficacia di queste applicazioni dipende fortemente dalla capacità di integrare questi materiali in sistemi complessi, dove non solo la loro conduttività e stabilità, ma anche la compatibilità con altre tecnologie e materiali, deve essere attentamente valutata.
Quali sono le principali caratteristiche e potenzialità dei materiali MXene per applicazioni avanzate?
L'uso di HF (acido fluoridrico) come reagente di incavo ha portato alla formazione di composti MXene come (NH4)3AlF6 e l'intercalazione di NH3 e NH4 con gli strati MXene è stata esaminata attraverso gli spettri XPS di N1s. L'assenza di gruppi di terminazione superficiale come O, H e F ha confermato la formazione di una struttura bidimensionale degli MXene. Il film MXene formato è stato analizzato tramite immagini TEM, rivelando che gli strati atomici di Ti3C2Tx-IC (incisi da NH4HF2) sono distanziati in modo uniforme, un risultato che riflette la natura delicata dell'incisore NH4HF2. Rispetto a Ti3AlC2, la trasparenza di Ti3C2Tx e Ti3C2Tx-IC risulta più alta, evidenziando le potenzialità di questi materiali per applicazioni in dispositivi optoelettronici.
Wu et al. hanno preparato nanosheet 2D di Nb2C mediante un metodo di esfoliazione chimica modificato, selezionando HF come incisore e idrossido di tetrametilammonio come agente intercalante. L'analisi dei campioni tramite XRD ha mostrato l'assenza di picchi relativi alla fase MAX in Nb2C, indicando la formazione del MXene. Un picco di diffrazione forte a 7.90°, nel campione di Nb2C trattato con HF, è stato attribuito alla presenza di Nb2C cristallino. L'aggiunta di un agente intercalante ha ulteriormente spostato il picco (002), confermando la formazione di nanosheet a pochi strati di Nb2C con notevoli distanze tra gli strati. L'analisi AFM ha determinato che lo spessore dei nanosheet di Nb2C è di 4.58 nm, con dimensioni laterali comprese tra 400 nm e 1.5 µm. La distribuzione omogenea di Nb e C è stata confermata tramite spettroscopia di energia dispersiva a raggi X (EDS).
Ahn et al. hanno sintetizzato un film di Ti3C2 MXene a singolo strato mediante il metodo di colata a spruzzo e un processo di annealing a bassa temperatura in vuoto per la realizzazione di elettrodi trasparenti conduttori. Il film preparato ha mostrato una conducibilità elettrica (11668 Scm−1), una trasparenza ottica (85%) e una funzione di lavoro (5.1 eV) superiori a quelli di altri materiali comunemente usati per elettrodi trasparenti. Il film di Ti3C2 MXene aveva uno spessore di circa 1 nm, che si avvicina allo spessore teorico di un monostrato di Ti3C2. Il trattamento in vuoto è stato utilizzato per migliorare la funzione di lavoro del film, rimuovendo gruppi funzionali superficiali come -OH, -Cl, -F e -O, che influenzano significativamente la funzione di lavoro di MXene. In particolare, il film di MXene con un gruppo superficiale -O ha mostrato la funzione di lavoro più alta, pari a 6.25 eV.
Un altro studio ha visto la sintesi di un nuovo MXene a base di titanio e carbonitruro (Ti2C0.5N0.5Tx), il secondo MXene carbonitrurato dopo Ti3CNTx. I risultati delle analisi XRD, AFM, TEM e SEM hanno confermato che il Ti2C0.5N0.5Tx è stato ottenuto con successo dalla fase MAX Ti2AlCN mediante un'incisione HF in situ, con l'uso di una miscela HCl/KF come incisore. Il cambiamento nella posizione del picco (002) di MXene rispetto alla fase MAX ha indicato un aumento della distanza interstrato. Il risultato è stato una migliore conducibilità elettrica e una maggiore area superficiale elettroattiva, con un'eccellente capacità di 182 mAhg−1 a 20 mAg−1, che è la capacità più alta tra le MXene multilayer riportate finora. Inoltre, questi elettrodi hanno mostrato una stabilità a lungo termine per 500 cicli, rendendoli promettenti per applicazioni nelle batterie agli ioni di sodio.
Per quanto riguarda la sintesi di MXene con capacità avanzate, la scelta di un incisore come HF, combinato con l'uso di agenti intercalanti come l'idrossido di tetrametilammonio, si è rivelata fondamentale per ottenere un'espansione dei strati e migliorare le proprietà elettriche e la capacità di accumulo di carica. La tecnica di esfoliazione chimica, seguita dall'uso di agenti intercalanti, consente di ottimizzare la struttura e la morfologia del materiale, rendendolo ideale per applicazioni in dispositivi elettronici, batterie e sensori.
È importante comprendere che le proprietà degli MXene, come la conducibilità elettrica, la stabilità termica e la capacità di intercalazione, sono influenzate non solo dalla composizione chimica dei materiali ma anche dalle condizioni di sintesi e dal trattamento superficiale. La funzionalizzazione della superficie dei MXene con vari gruppi termina può essere una strategia fondamentale per migliorare le prestazioni in una vasta gamma di applicazioni, dalle batterie ai dispositivi optoelettronici.
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