Nel contesto dell’intelligenza artificiale generativa, una delle questioni emergenti più rilevanti riguarda la tensione tra i modelli generativi e le normative sulla protezione dei dati. Sebbene l’entusiasmo iniziale per tecnologie come i modelli linguistici di grandi dimensioni e i generatori di immagini si sia affievolito, i problemi legali associati a queste tecnologie sono emersi con forza. In particolare, l’intersezione tra AI generativa e leggi sulla protezione dei dati personali sta suscitando crescente attenzione a livello internazionale.
Negli Stati Uniti, sono in corso diverse cause legali contro Google e OpenAI per presunti violazioni della privacy da parte dei modelli generativi. Allo stesso modo, in Europa, le autorità di protezione dei dati sono attivamente coinvolte in indagini per valutare come le tecnologie basate sull’intelligenza artificiale stiano interagendo con i diritti dei cittadini. Il caso italiano è emblematico: nel 2023, il Garante per la protezione dei dati personali ha aperto un’indagine su OpenAI, che ha portato a un temporaneo blocco nazionale di ChatGPT. Le violazioni riscontrate riguardavano principalmente la raccolta illecita di dati personali e l’assenza di meccanismi per la verifica dell’età degli utenti minori. Questi sviluppi indicano chiaramente che le autorità di protezione dei dati stanno assumendo un ruolo da regolatori dell'intelligenza artificiale, mentre l’AI generativa diventa un problema centrale per la tutela della privacy.
I rischi associati ai modelli generativi non si limitano ai problemi di privacy. La natura stessa di questi modelli implica una serie di vulnerabilità, tanto dal punto di vista della sicurezza quanto da quello dell’etica. I cosiddetti "fondamentali modelli", che costituiscono la base dei modelli linguistici di grandi dimensioni, sollevano preoccupazioni particolari. Questi modelli sono progettati per generare risposte in linguaggio naturale, ma il loro funzionamento implica l’elaborazione di enormi quantità di dati provenienti da una varietà di fonti, non sempre trasparenti e controllabili. Di conseguenza, questi modelli potrebbero raccogliere informazioni sensibili, anche in violazione delle leggi sulla protezione dei dati. Inoltre, la capacità di generare contenuti che appaiono autentici ma che potrebbero essere manipolati o distorti solleva interrogativi sulla responsabilità legale e sulle potenziali violazioni della fiducia degli utenti.
Inoltre, alcuni studiosi e attivisti hanno posto l’accento sulla necessità di una valutazione socio-tecnica dei rischi legati all’intelligenza artificiale generativa. È fondamentale considerare non solo gli aspetti legali, ma anche quelli etici e sociali. Ad esempio, in che modo i modelli di AI generativa influenzano le opinioni pubbliche, la democrazia e le dinamiche politiche? La manipolazione dell’informazione e la creazione di contenuti personalizzati basati su dati raccolti senza il consenso esplicito degli utenti potrebbero avere conseguenze devastanti, soprattutto in contesti elettorali o di formazione dell’opinione pubblica.
In risposta a queste preoccupazioni, l’Unione Europea ha cominciato a adottare approcci più rigorosi per regolamentare l’intelligenza artificiale. Il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), che è stato un passo fondamentale per garantire la privacy in Europa, viene ora utilizzato come punto di riferimento per le indagini in corso sulle tecnologie emergenti. Il compito delle autorità di protezione dei dati non è solo quello di monitorare e punire le violazioni, ma anche di creare un framework normativo che possa proteggere gli utenti senza soffocare l’innovazione. Tuttavia, le risposte legali alle sfide poste dai modelli generativi non sono ancora pienamente sviluppate, e il dibattito è solo agli inizi.
A livello globale, la protezione dei dati in relazione all’AI generativa richiede un approccio multilaterale. Le diverse giurisdizioni devono collaborare per stabilire standard comuni che possano affrontare le sfide transnazionali. La crescente interconnessione tra le piattaforme di social media e le tecnologie AI implica che un singolo paese, o un singolo ente, difficilmente potrà fare fronte da solo alle problematiche legate alla privacy e alla sicurezza dei dati.
Un altro aspetto da considerare riguarda la crescente diversità nelle risposte dei vari governi e delle autorità competenti. Mentre l’Europa ha adottato un approccio più normativo e regolato, negli Stati Uniti la discussione si concentra principalmente su questioni di responsabilità civile e sulle possibili risposte di mercato. Alcuni sostenitori del libero mercato ritengono che la concorrenza tra piattaforme e tecnologie possa risolvere autonomamente i problemi di bias o di violazione della privacy, senza la necessità di un intervento legislativo massiccio. Tuttavia, la realtà potrebbe essere più complessa, e il rischio che grandi aziende tecnologiche traggano vantaggio dalla mancanza di regolamentazioni chiare potrebbe finire per minare la fiducia degli utenti.
Va anche considerato il potenziale di sviluppo di una "sfera contraria" (counter-sphere) di contenuti che rispondono a queste problematiche, creando spazi alternativi che potrebbero ridurre l’influenza dei principali attori tecnologici. Tali sviluppi potrebbero portare alla creazione di piattaforme e tecnologie che operano al di fuori dei confini normativi tradizionali, ma che potrebbero comunque minare il controllo centralizzato e i poteri di regolazione. Questo fenomeno è già evidente nei casi di "deplatforming" o di bandi temporanei nei confronti di contenuti percepiti come problematici, dove gli utenti si rifugiano in piattaforme alternative, come quelle emergenti nel campo delle tecnologie decentralizzate.
Per il lettore, è fondamentale comprendere che la questione dell'intelligenza artificiale generativa non riguarda solo la protezione dei dati in senso stretto. Essa tocca anche temi legati alla trasparenza, alla responsabilità, alla giustizia e alla libertà di espressione. La regolamentazione futura dovrà tenere conto di queste complessità e affrontare le sfide poste da un contesto in continua evoluzione, in cui il diritto alla privacy si intreccia con la crescente pervasività delle tecnologie AI. La consapevolezza di questi aspetti è essenziale per interpretare correttamente le dinamiche e le risposte normative che emergeranno.
L'uso dei dati per l'addestramento dei modelli di linguaggio: implicazioni legali e di privacy
L'uso dei dati per addestrare modelli di linguaggio avanzati come quelli di intelligenza artificiale solleva numerosi interrogativi legati alla privacy e alla protezione dei dati. In particolare, non è ragionevole assumere che gli utenti di Internet si aspettino o intendano che i loro dati vengano utilizzati come materiale per l'addestramento di modelli di intelligenza artificiale con finalità commerciali. In questo contesto, l'utilizzo di tali dati rappresenta una finalità secondaria che non era esplicitamente prevista al momento della loro pubblicazione online. Di conseguenza, l'uso dei dati pubblicamente disponibili per l'addestramento dei modelli può essere considerato una violazione della privacy contestuale.
Il concetto di "legittimo interesse" gioca un ruolo cruciale in questo scenario. L'interesse legittimo deve essere valutato non solo in relazione alla normativa europea, ma anche alla legislazione nazionale applicabile. La vastità del fenomeno dello scraping (ovvero il prelievo di dati da Internet) implica che un numero enorme di persone possa essere coinvolto, sollevando preoccupazioni sulla proporzionalità di tale uso dei dati. Secondo la dottrina costituzionale tedesca, l’impatto su un numero elevato di persone, senza una giustificazione adeguata, può compromettere la legittimità dell'interesse invocato. Questo principio, noto come "larghezza di dispersione", è un argomento che viene spesso utilizzato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) nelle sue sentenze.
Inoltre, per essere legittimo, un interesse deve rispettare tutti gli aspetti delle normative vigenti in materia di protezione dei dati. L’uso dei dati deve allinearsi alle aspettative degli utenti, basate sulla loro relazione con il titolare del trattamento, e rispettare i principi di minimizzazione dei dati, accuratezza e adeguatezza delle misure di protezione. Quando si parla di scraping su larga scala, risulta difficile identificare gli interessi individuali dei soggetti dei dati. Fin dall'inizio, si è sollevato il dubbio sulla legalità dello scraping, specialmente per quanto riguarda le potenziali violazioni dei diritti d'autore.
Anche nel caso di dati anonimizzati, la situazione non è sempre chiara. Se i dati vengono anonimizzati durante l’addestramento di un modello, l’ulteriore trattamento di questi dati potrebbe non rientrare nel campo di applicazione del GDPR, sebbene la maggior parte delle interpretazioni legali richieda una base giuridica per l'anonimizzazione. Secondo la CGUE, i dati sono considerati anonimizzati quando la re-identificazione diventa praticamente impossibile, anche se tecnicamente potrebbe essere possibile. Questo significa che, in linea di principio, l'anonimizzazione dei dati è compatibile con le leggi sulla protezione dei dati, purché non sia possibile la re-identificazione.
Tuttavia, la questione si complica se consideriamo la grande quantità di dati coinvolti. In molti casi, ottenere il consenso effettivo da parte degli utenti non è praticabile. Sebbene l'anonimizzazione possa essere giustificata sotto l'articolo 6 del GDPR, l'impossibilità di ottenere il consenso esplicito degli utenti rende l'uso di un "legittimo interesse" una base più realistica. In effetti, questo interesse potrebbe essere legittimo, soprattutto se si considera che l'anonimizzazione è spesso nell'interesse dei soggetti dei dati, che sarebbero protetti da un trattamento non autorizzato delle loro informazioni.
Il trattamento dei dati sensibili, previsto dall'articolo 9 del GDPR, rappresenta una questione ancora più complessa. Se i dati sensibili sono anonimizzati, le difficoltà di applicazione delle disposizioni dell'articolo 9 (come il trattamento per finalità di interesse pubblico) potrebbero essere superate, ma non senza difficoltà. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che non è ancora stato chiarito in modo definitivo in quale momento il trattamento di dati personali possa rivelare categorie particolari di dati sensibili, come quelli relativi alla salute, alla razza o all'orientamento sessuale.
L'output generato dai modelli di linguaggio può anch'esso implicare il trattamento di dati personali, a seconda del modo in cui i dati vengono utilizzati, per esempio, attraverso i prompt inseriti dagli utenti durante l'interazione con il modello. In questi casi, non è più possibile fare affidamento sul legittimo interesse, e deve essere ottenuto un consenso esplicito da parte dell'utente, in linea con l'articolo 6(1)(a) del GDPR. Questo porta a una riflessione critica sulla validità e sull'affidabilità degli strumenti utilizzati per raccogliere il consenso in uno spazio digitale sempre più complesso.
In sintesi, l'uso dei dati per l'addestramento di modelli di linguaggio generativo solleva numerosi interrogativi riguardanti la privacy e la protezione dei dati. Sebbene l'anonimizzazione possa essere vista come una soluzione, le difficoltà legate alla sua applicazione su larga scala rendono difficile l'adozione di misure adeguate per garantire la conformità al GDPR. L'interesse legittimo, pur essendo una base giuridica per il trattamento dei dati, deve essere valutato attentamente in relazione alla proporzionalità e alla compatibilità con i principi di protezione dei dati.
Generative AI, Derivative Works, and Fair Use: Il Confine Tra Infrangere e Innovare
Nel contesto legale attuale, l'uso di opere protette da copyright come materiale di addestramento per modelli di intelligenza artificiale (IA) generativa solleva una serie di interrogativi complessi riguardanti la violazione dei diritti d'autore. Una delle questioni centrali riguarda la nozione di "riproduzione" e se un modello di IA che produce un output simile a una determinata opera possa essere considerato una "copia" di quest'ultima. Se un'opera può essere riprodotta in una forma sostanzialmente simile da un sistema di IA, si può sostenere che le istruzioni per farlo siano contenute nel modello stesso, implicando che quest'ultimo (salvato su uno o più supporti di memoria) contenga una "copia" dell'opera originale.
Tuttavia, quando si parla di copie temporanee create durante il processo di addestramento di un modello, si entra nel campo delle difficoltà interpretative. Secondo la legge sul copyright, per essere considerata una copia, un'opera deve essere fissata in un supporto fisico "sufficientemente stabile" da poter essere percepita, riprodotta o comunicata per un periodo superiore alla "durata transitoria". I modelli IA, memorizzando opere protette come parte del processo di addestramento, potrebbero non generare copie permanenti, ma solo copie effimere, destinate a durare solo il tempo necessario per estrarre pesi e vettori dai dati. Tali copie, che potrebbero esistere solo per frazioni di secondo, difficilmente potrebbero essere considerate violate ai fini della legislazione sul copyright.
Un altro punto cruciale riguarda la creazione di "opere derivate". Alcuni ricorrenti hanno avanzato il reclamo che l'uso delle loro opere per addestrare i modelli IA costituisca una violazione del diritto esclusivo di "preparare opere derivate basate sull'opera protetta da copyright". Un'opera derivata è definita come una creazione basata su una o più opere preesistenti, che può essere una traduzione, un adattamento musicale, o qualsiasi altra forma in cui un'opera può essere rielaborata, trasformata o adattata. Sebbene storicamente il diritto delle opere derivate fosse associato a media fisici, oggi, in base alla legge vigente, l'espressione di un'opera è protetta contro la copia, indipendentemente dal formato in cui essa si manifesta. La creazione di un'opera derivata può quindi essere vista come una violazione se l'opera derivata è sostanzialmente simile all'opera originale.
Questa discussione si complica quando si applica al caso specifico dei modelli di IA. Alcuni attori legali sostengono che, anche se i modelli di IA non contengono direttamente copie delle opere protette, il fatto che le opere siano state utilizzate per costruire i modelli implica che questi ultimi siano "basati" su tali opere, e quindi l'intero modello potrebbe essere considerato un'infrazione come opera derivata. Tuttavia, le corti finora hanno respinto questa argomentazione, ritenendola infondata sotto il diritto d'autore. Affinché si verifichi una violazione, un'opera derivata non solo deve essere "basata" sull'opera originale, ma deve anche esserci una somiglianza sostanziale nell'espressione, analogamente a una copia infrangente.
Il concetto di "fair use" (uso equo) gioca un ruolo centrale nelle controversie relative all'uso di opere protette per addestrare modelli IA generativi. Anche se i fornitori di sistemi IA potrebbero avere una difesa solida basata sul "fair use", non si tratta di una difesa assoluta e il risultato dipende dal caso specifico. La dottrina del "fair use", sebbene codificata nel Copyright Act, è descritta dalla Corte Suprema come una "regola di ragione equitativa", che lascia spazio a una certa flessibilità interpretativa. La legislazione prevede che i tribunali possano adattare la dottrina a situazioni particolari, il che implica che la decisione finale dipenderà dal contesto.
La determinazione se un uso sia "equo" dipende da quattro fattori principali: (1) lo scopo e il carattere dell'uso da parte del convenuto; (2) la natura dell'opera protetta; (3) la quantità e la sostanzialità della parte dell'opera utilizzata; (4) l'impatto dell'uso sull'eventuale mercato o valore dell'opera originale. In generale, i primi e i quarti fattori sono considerati i più rilevanti. La corte esamina se l'uso del convenuto sia "trasformativo", ovvero se l'opera prodotta dall'IA rappresenti una nuova espressione che non sostituisce quella originale, ma piuttosto la rielabora in un contesto diverso.
Oltre a questi fattori, un aspetto spesso trascurato è che, in molti casi, le opere utilizzate nei modelli IA potrebbero non essere mai state destinate a sostituire l'opera originale nel mercato. La giurisprudenza sul "fair use" ha dato particolare importanza all'idea che l'uso di un'opera in un contesto educativo, critico o trasformativo non debba necessariamente danneggiare il mercato dell'opera stessa, sebbene la questione dell'impatto economico rimanga fondamentale.
La rapida evoluzione della tecnologia IA solleva, quindi, interrogativi complessi riguardanti la protezione dei diritti d'autore e la gestione delle opere digitali. La legislazione attuale deve adattarsi a questi sviluppi, considerando la natura effimera e adattiva delle opere generate da IA, nonché il ruolo del "fair use" nella protezione dell'innovazione e nell'equilibrio tra i diritti degli autori e le esigenze tecnologiche moderne.
La protezione dei dati legali e la competizione nel campo dell'intelligenza artificiale generativa
L'accesso ai dataset legali di alta qualità potrebbe permettere a determinati attori del mercato di sfruttare i vantaggi dell'intelligenza artificiale generativa (GenAI) rispetto ai concorrenti, limitando l'accesso a questi dati. Il problema centrale in questo contesto riguarda se tale azione danneggi la concorrenza, escludendo ingiustamente i competitori o creando barriere all'ingresso, specialmente se i dataset sono cruciali per l'innovazione o la competizione nel settore della tecnologia legale. Sebbene il possesso di dataset proprietari non sia problematico in sé, utilizzarli per negare l'accesso agli altri può essere considerato un abuso di posizione dominante secondo le leggi sulla concorrenza, in particolare nelle giurisdizioni come l'Unione Europea, che applicano rigorose normative sul dominio di mercato ai sensi dell'articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE). Gli stessi principi si applicano anche negli Stati Uniti, in base allo Sherman Act, se il comportamento soffoca la concorrenza. In questo caso, l'uso dei dataset proprietari combinato con la GenAI potrebbe accentuare le preoccupazioni competitive.
Se un editore detiene una posizione dominante e utilizza i suoi dataset per potenziare le proprie capacità di GenAI, mentre nega l'accesso agli altri, si potrebbe sostenere che questo comportamento crei un vantaggio sleale e limiti l'innovazione, danneggiando infine i consumatori. Ciò potrebbe dare luogo a una tensione interessante tra il diritto d'autore e le leggi sulla concorrenza. La legge sul diritto d'autore concede al proprietario di un dataset (come un editore legale) diritti esclusivi sull'uso e la distribuzione, proteggendo la sua proprietà intellettuale. Questo incentiva la creazione e la manutenzione di tali dataset, che possono essere costosi e lunghi da sviluppare. Gli editori possono legittimamente decidere di limitare l'accesso a questi dataset proprietari, esercitando legittimamente il loro diritto d'autore.
D'altro canto, la legge sulla concorrenza ha lo scopo di prevenire che gli attori di mercato, soprattutto quelli dominanti, abusino della loro posizione per soffocare la concorrenza. Se il rifiuto di una società di condividere i propri dataset protetti da copyright con i concorrenti provoca effetti anti-competitivi (ad esempio, creando barriere all'ingresso o all'innovazione), le autorità competenti potrebbero esaminare tale comportamento come abuso di posizione dominante. In questo caso, potrebbero applicarsi i principi della "doctrina delle strutture essenziali", secondo cui l'accesso a un determinato dataset è considerato indispensabile per i concorrenti che operano o innovano nel mercato. Questo principio è stato applicato con parsimonia, ma potrebbe essere pertinente quando la mancata condivisione danneggia significativamente la concorrenza.
Un altro aspetto da considerare riguarda il fenomeno dello scraping dei dati, o web scraping, un processo in cui un algoritmo estrae informazioni dai siti web. Sebbene alcuni ritengano che lo scraping possa essere una pratica anti-competitiva nel mercato della GenAI, la questione rimane in parte ambigua, poiché si sovrappone a diritti di proprietà intellettuale, condizioni contrattuali dei siti web e, nell'UE, alla Direttiva sui database. Una possibile base per una rivendicazione di concorrenza sleale è che i dati estratti sostituiscano i contenuti originali del sito. Se gli utenti possono ottenere le informazioni rilevanti dall'applicazione GenAI, potrebbero visitare meno frequentemente il sito originale, riducendo così il traffico e i ricavi pubblicitari. Generando contenuti da creatori di contenuti, i modelli di GenAI potrebbero ridurre il traffico verso il contenuto originale, in quanto gli utenti non avrebbero bisogno di consultare la fonte, escludendola di fatto dal mercato. Questa pratica appare eticamente discutibile e contraria ai principi di concorrenza leale, anche se lo scraper evita le problematiche relative alla proprietà intellettuale o alle rivendicazioni contrattuali.
Per quanto riguarda i modelli di GenAI, come i grandi modelli linguistici (LLM) e i modelli di base, questi modelli hanno caratteristiche simili a quelle delle piattaforme, poiché consentono agli sviluppatori indipendenti di creare i propri prodotti utilizzando o basandosi sulla tecnologia esistente. Ad esempio, OpenAI offre interfacce di programmazione delle applicazioni (API) per consentire agli sviluppatori di integrarle nei propri prodotti, mentre Meta compie un ulteriore passo avanti open-sourcing il suo LLM, Llama, consentendo agli sviluppatori di personalizzare il modello stesso. Questi sviluppi sollevano importanti interrogativi sulla regolamentazione della concorrenza e sull'accesso equo alle risorse fondamentali per lo sviluppo dell'intelligenza artificiale generativa.
Va sottolineato che la regolamentazione delle pratiche di concorrenza deve considerare l'equilibrio tra l'accesso ai dati essenziali e la protezione dei diritti di proprietà intellettuale. In particolare, l'accesso a dataset cruciali per l'innovazione tecnologica, come nel caso della GenAI applicata alla tecnologia legale, deve essere trattato con attenzione, affinché non si creino situazioni in cui una posizione dominante possa compromettere la libertà di sviluppo nel settore.
L'indipendenza e l'imparzialità del giudizio nell'era dell'intelligenza artificiale: sfide e opportunità
Lo sviluppo dell'intelligenza artificiale (IA) avviene in gran parte nel settore privato, un fattore che, pur potendo isolare i sistemi di IA da influenze governative dirette, solleva nuove preoccupazioni. Se da un lato l'indipendenza dei sistemi di IA potrebbe sembrare garantita, dall'altro l'influenza indiretta attraverso finanziamenti, priorità di sviluppo o selezione dei dati per l'addestramento non può essere ignorata. Queste influenze, anche se non intenzionali, potrebbero compromettere l'effettiva indipendenza dei processi giuridici automatizzati, nonché la percezione pubblica di tale indipendenza. Per garantire che l'integrità dell'indipendenza giudiziaria sia mantenuta, è fondamentale implementare misure robuste di trasparenza e protezione.
Una delle soluzioni proposte è quella di obbligare alla trasparenza nei processi di sviluppo di qualsiasi sistema di IA destinato all'uso nelle corti. Tale trasparenza dovrebbe includere una completa divulgazione delle fonti di finanziamento, delle metodologie di sviluppo e delle specifiche progettuali, comprese l'apertura dei dati di addestramento. In questo modo, sarebbe possibile non solo monitorare pubblicamente le possibili influenze sul sistema di IA, ma anche riconsiderare il concetto di 'nomina' e 'tenure' dei giudici, adattandolo alla peculiarità dei sistemi di IA. Tuttavia, l'implementazione di tali misure non è priva di difficoltà. Le aziende private che sviluppano questi sistemi potrebbero opporsi, temendo che la divulgazione di informazioni sensibili possa compromettere i segreti commerciali e i vantaggi competitivi. Questa resistenza evidenzia la tensione tra la necessità di trasparenza nei processi giuridici e la natura proprietaria delle tecnologie avanzate di IA generativa.
Un esempio significativo, sebbene non strettamente legato all'IA generativa, è l'algoritmo COMPAS, sviluppato e venduto da una compagnia privata, ora Equivant, negli Stati Uniti. Questo algoritmo fornisce ai giudici una valutazione del rischio di recidiva dei criminali, influenzando le decisioni su condanne e liberazioni su cauzione. La metodologia utilizzata è un segreto commerciale, il che significa che i giudici non hanno accesso al modo in cui i punteggi di rischio sono determinati o come i vari fattori vengono pesati. Ciò ha suscitato preoccupazioni riguardo alla competenza giuridica nell'interpretare i risultati di tali sistemi e sull'imparzialità del processo di valutazione del rischio. Inoltre, sono emerse evidenze di discriminazione, in quanto i detenuti di origine africana-americana hanno maggiori probabilità di essere erroneamente classificati come ad alto rischio, mentre quelli bianchi sono spesso considerati a basso rischio.
L'imparzialità, sancita dall'Articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, è un principio fondamentale che ogni tribunale deve osservare. La giustizia deve essere priva di pregiudizi, sia da un punto di vista soggettivo che oggettivo. In particolare, ogni tribunale deve evitare di suscitare il legittimo dubbio riguardo alla sua imparzialità, sia nei confronti delle singole cause che del suo comportamento complessivo. In questo contesto, l'uso dell'IA nelle decisioni giuridiche è spesso visto come un'opportunità per ridurre i pregiudizi umani e aumentare l'imparzialità. Tuttavia, questa presunta oggettività è un'interpretazione troppo semplificata. I sistemi di IA sono inevitabilmente soggetti ai pregiudizi umani, poiché influenzati da numerosi punti di contatto durante la progettazione, lo sviluppo, la manutenzione e l'uso.
Un esempio di bias nelle IA emerge dalla selezione dei dati di addestramento, che spesso riflettono pregiudizi storici e disuguaglianze sociali. L'utilizzo di dati storici che contengono pregiudizi nei confronti di minoranze o l'assenza di dati rilevanti può portare a risultati discriminatori. Questo fenomeno non solo minaccia l'imparzialità del giudizio, ma può anche sfociare in forme più gravi di discriminazione, oggettivazione e disumanizzazione degli individui davanti alla corte. Inoltre, l'IA può essere utilizzata per migliorare la coerenza delle decisioni, basandosi su dati relativi a tendenze giuridiche, ma senza una comprensione critica dei contesti specifici.
La giustizia procedurale, un altro elemento chiave dell'Articolo 6 della Convenzione, implica che le parti coinvolte nel processo abbiano il diritto di esporre osservazioni che ritengono rilevanti per il caso. Gli strumenti di IA generativa potrebbero supportare questo processo, aiutando le parti a preparare e presentare argomentazioni e prove in modo più chiaro e comprensibile. In particolare, l'IA potrebbe rappresentare una risorsa fondamentale per i litiganti che sono analfabeti o che non parlano la lingua del tribunale. Tuttavia, l'uso dell'IA pone anche delle sfide significative: la possibilità di pregiudizi nei dati, il cosiddetto "gap relazionale" tra il sistema di IA e gli esseri umani, e la necessità di una valutazione critica delle osservazioni e dei documenti presentati dalle parti. La conoscenza dell'IA è astratta e linguistica, mentre quella umana è ancorata a esperienze relazionali concrete, un aspetto che non può essere ignorato quando si integra l'IA nei processi decisionali.
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Come si misura l'errore di un uomo alla vista?
Come il Generative AI Trasformerà lo Sviluppo Software: Un'Opportunità, Non una Minaccia
Come le Nanoparticelle MXene Possono Trasformare la Ingegneria Tissutale: Proprietà e Applicazioni

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