Le tubazioni sottomarine rappresentano un ambito ideale per l’applicazione di tecnologie di monitoraggio innovative, progettate principalmente per nuovi impianti piuttosto che per il retrofit di linee esistenti, che comporterebbe costosi fermi operativi. Recentemente, queste tecnologie sono state adattate anche per l’uso sulle strutture superiori delle navi. Un esempio significativo è l’installazione nel Regno Unito di un circuito sperimentale pressurizzato dotato di un sistema Field Signature Monitoring (FSM) per testare inibitori di corrosione in giacimenti petroliferi. I risultati riportati dagli operatori sono stati positivi, evidenziando la precisione del metodo. In particolare, in un impianto petrolifero onshore, l’intervallo tra i trattamenti con inibitori è stato esteso di due settimane, comportando un risparmio economico rilevante.
Questo sistema offre diversi vantaggi, tra cui la natura non invasiva, la capacità di monitorare aree più estese rispetto ai tradizionali sensori invasivi e la sensibilità sufficiente a correlare i tassi di corrosione con le condizioni di processo. Un esempio è il monitoraggio della corrosione durante la raffinazione del petrolio grezzo influenzata dagli acidi naftenici. In Nord Europa, il sistema FSM ha rilevato efficacemente fenomeni complessi come la corrosione a pitting e la corrosione da stress cracking (SCC), oltre a monitorare la corrosione attorno alle saldature delle tubazioni.
Nonostante questi vantaggi, l’adozione del FSM è limitata dal costo elevato e dalla necessità di un’interpretazione dei dati altamente specializzata, spesso gestita tramite software dedicati. È importante considerare che la sensibilità del sistema diminuisce al di là di una distanza di circa un metro dall’unità di rilevamento, e un’errata generalizzazione delle performance di un singolo tratto può portare a una sottovalutazione della corrosione nell’intero sistema. Altre sfide includono la gestione del sistema in ambienti ad alte temperature, come i 60°C tipici del Medio Oriente, e la protezione dei componenti elettronici in condizioni polverose, sebbene una manutenzione regolare possa mitigare tali problematiche. L’ampia gamma di applicazioni nell’industria petrolifera e il suo crescente utilizzo in altri settori sottolineano come il FSM rappresenti un progresso significativo nel monitoraggio della corrosione.
Un’altra tecnica sviluppata per monitorare l’usura e la corrosione è l’Attivazione di Sottile Strato (Thin Layer Activation, TLA). Introdotta nel 1983, questa metodica prevede l’iniezione di un tracciante radioattivo in una superficie metallica, permettendo di misurare la perdita di materiale metallico mediante la diminuzione dell’attività radioattiva. Affinché il metodo abbia successo, i prodotti di corrosione devono possedere proprietà non aderenti. Il monitoraggio può essere condotto sia osservando la perdita di radioattività sulla superficie metallica, sia valutando l’aumento nell’ambiente corrosivo, a meno che il flusso non sia troppo elevato da confondere il segnale con il rumore di fondo. Sebbene la TLA abbia trovato applicazione in ambiti quali le operazioni sottomarine, il trattamento delle acque e l’industria cartaria, la necessità di esporre i campioni a un acceleratore nucleare e le difficoltà logistiche hanno limitato la diffusione più ampia di questa tecnologia.
Il programma di analisi chimica rimane uno degli strumenti più trascurati nel monitoraggio della corrosione. L’analisi dei liquidi permette di valutare la variazione della corrosività e delle condizioni di processo. Un’analisi completa dovrebbe includere parametri quali ossigeno, idrogeno, cloruri, elementi traccianti, ferro, manganese, inibitori di corrosione e altri prodotti chimici di trattamento come scavenger di ossigeno, biocidi e pH. L’analisi sul campo può rilevare la presenza di idrogeno solforato e anidride carbonica, mentre per la misurazione del pH e dell’acqua libera sono utilizzabili apposite cartine reattive. La temperatura deve sempre essere misurata in loco. Un’efficace analisi chimica richiede un’integrazione fin dalla progettazione dell’impianto, dal pozzo fino alle strutture di processo e all’infrastruttura di esportazione. L’interconnessione tra temperatura, pressione, portata e composizione dei flussi con le variabili di impianto consente una valutazione più precisa.
In campo petrolifero, l’analisi chimica viene usata per quantificare la concentrazione di ferro nei flussi, indicata come “conteggio del ferro”. Il monitoraggio sistematico, partendo da un punto di riferimento a monte e prelevando campioni a valle in più punti, consente di stimare il livello generale di corrosione. Sebbene non misuri direttamente la perdita di spessore, il monitoraggio continuo del ferro può indicare l’andamento complessivo della corrosione, purché essa sia distribuita uniformemente. Tuttavia, questo metodo presenta limiti importanti, come l’incapacità di rilevare corrosione localizzata e la possibilità di errori dovuti alla presenza di ferro nei fluidi di processo, ad esempio nel petrolio grezzo. In tali casi, si può utilizzare l’analisi del manganese come parametro alternativo, correlabile con la corrosione.
Il monitoraggio dell’idrogeno assume particolare importanza nei sistemi soggetti a corrosione catodica. L’idrogeno si forma come sottoprodotto in condizioni acide, ad esempio in sistemi con acidificazione, gas acido, anidride carbonica o acidi naftenici. Poiché gli atomi di idrogeno sono molto piccoli, possono diffondersi facilmente attraverso il reticolo metallico, concentrandosi in difetti o vuoti. Questo accumulo può aumentare la pressione interna fino a superare la resistenza del materiale, causando cricche e rigonfiamenti dovuti all’idrogeno. Strumenti specifici, come sonde di pressione per l’idrogeno, sono ancora utilizzati nell’industria petrolifera e della raffinazione per rilevare la formazione di gas, anche se richiedono operazioni di sfiato continuo, che possono risultare complesse in grandi impianti.
Per contrastare la corrosione interna delle tubazioni, si possono impiegare guaine esterne saldate. La misurazione della pressione interna generata dall’idrogeno permette un monitoraggio non invasivo, rappresentando un’ulteriore evoluzione nelle metodologie di rilevamento. Tuttavia, è indispensabile una manutenzione regolare e un’attenzione continua alle condizioni operative per garantire l’affidabilità e la durata delle tecnologie impiegate.
È fondamentale comprendere che nessuna singola tecnologia è in grado di fornire una diagnosi completa e definitiva della corrosione in un impianto industriale. La combinazione di metodi tradizionali e innovativi, integrata con un’analisi chimica accurata e un monitoraggio continuo delle condizioni operative, è imprescindibile per una gestione efficace e preventiva del fenomeno corrosivo. Inoltre, la conoscenza approfondita delle limitazioni di ciascuna tecnica, così come delle condizioni ambientali e operative specifiche, permette di interpretare correttamente i dati raccolti e di adottare le misure più appropriate per mitigare i rischi.
Come il monitoraggio della corrosione industriale può prevenire danni strutturali nei sistemi critici
Il monitoraggio della corrosione industriale è un processo fondamentale per la protezione a lungo termine delle strutture e degli impianti industriali. Una delle tecnologie emergenti più rilevanti in questo campo è l'utilizzo delle celle Devanathan, sviluppate da diverse aziende per il monitoraggio elettrochimico dell'idrogeno. Queste celle sono montate su superfici esterne e sono dotate di meccanismi di sigillatura che consentono di contenere gli elettroliti, garantendo l'affidabilità della misurazione. Le versioni portatili di queste celle hanno reso questa tecnologia accessibile a specialisti nella corrosione e nell'ispezione. La sensibilità delle sonde è aumentata, consentendo di misurare il flusso di idrogeno attraverso i metalli, mentre le tecnologie non invasive permettono di eseguire monitoraggi sia periodici che continui. Grazie a queste innovazioni, è possibile rilevare l'idrogeno a livelli molto bassi e monitorare anche le variazioni di temperatura, aumentando l'efficacia della sorveglianza della corrosione in ambienti industriali.
Un altro strumento utile nell'ambito della corrosione è rappresentato dagli scambiatori di calore e dai "spool pieces" di test, utilizzati principalmente nei sistemi di raffreddamento ad acqua. Questi test vengono impiegati per valutare l'efficacia degli inibitori di corrosione e monitorare i tassi di corrosione attraverso ispezioni visive e metallografia distruttiva. Tali dispositivi, che possono essere integrati direttamente nei sistemi durante i periodi di fermo, consentono di raccogliere dati preziosi senza compromettere l'operatività dell'impianto. Tuttavia, è fondamentale prestare attenzione nell'interpretare i dati provenienti da bypass loop, poiché non sempre rispecchiano le condizioni reali del flusso principale.
Oltre ai metodi di monitoraggio fisico della corrosione, la sorveglianza microbiologica gioca un ruolo cruciale nel prevenire danni strutturali causati dalla proliferazione batterica. Le specie di batteri più pericolose in relazione alla corrosione sono i batteri riduttori di solfato, che metabolizzano il solfato e producono idrogeno solforato, una sostanza altamente corrosiva. Questi batteri possono esistere in forma libera (planktonica) o aderire a superfici solide, formando colonie (sessili). Per monitorare efficacemente la presenza di batteri, sono disponibili diverse tecniche, come l'analisi microbiologica, l'uso di filtri e dispositivi speciali, tra cui i dispositivi Robbin's che utilizzano perni di acciaio carbonioso per raccogliere i batteri sessili. Questi strumenti permettono di identificare e analizzare i batteri presenti, consentendo interventi mirati come l'uso di biocidi. Tuttavia, l'identificazione precisa dei batteri richiede l'accesso a laboratori microbiologici, il che può risultare difficile, specialmente per le operazioni offshore.
Per garantire l'efficacia del monitoraggio della corrosione, è fondamentale una gestione adeguata dei dati raccolti. Durante la fase di progettazione, è cruciale determinare il tipo di dati necessari e i metodi di analisi. Spesso, la raccolta continua di dati può portare a un eccesso di informazioni non analizzate, che, se non correttamente gestite, può ostacolare l’efficacia del programma di monitoraggio. L'integrazione delle strategie di gestione della corrosione all'interno del contesto complessivo della gestione dell'impianto è essenziale per identificare i dati necessari e determinare i canali appropriati per la loro comunicazione. È fondamentale che i professionisti della corrosione non si limitino ai dati provenienti dal monitoraggio diretto, ma considerino anche i dati operativi e di processo. Questi dati devono essere registrati correttamente nei registri dell'impianto e dell'attrezzatura, con la produzione di report trimestrali digitali che facilitano l'accesso e la revisione.
Un aspetto critico nella gestione dei dati è la standardizzazione delle registrazioni, che deve essere coerente per evitare la duplicazione o la conservazione di informazioni obsolete. Un esempio di fallimento in questo ambito si è verificato in un'importante raffineria nel Regno Unito, dove una mancata gestione centralizzata delle informazioni relative alla corrosione ha portato a un'esplosione significativa. Nonostante l'uso di vari dispositivi di monitoraggio, tra cui sonda di resistenza elettrica, la corrosione non è stata tempestivamente gestita a causa della scarsa documentazione. Questo evidenzia l'importanza di un sistema di raccolta dati efficace, che non solo registri gli incidenti, ma che permetta anche una rapida risposta a segnali critici.
Per migliorare la gestione dei dati di corrosione e aumentarne l’efficacia, è necessario un audit regolare delle pratiche di controllo, come nel caso di un programma di monitoraggio con coupon presso un ponte ferroviario in Scozia. In questo caso, l'inconsistenza nella documentazione dei coupon ha reso difficile ottenere comparazioni precise, limitando l'utilizzo delle informazioni raccolte. Un'accurata gestione dei dati, quindi, è tanto essenziale quanto il monitoraggio fisico stesso, poiché senza una corretta archiviazione e analisi dei dati, il monitoraggio della corrosione può perdere la sua efficacia.
Nel contesto della corrosione industriale, l'integrazione di metodi avanzati di monitoraggio, come le celle Devanathan e le tecniche di rilevamento microbiologico, insieme a un’efficace gestione dei dati, rappresenta un approccio globale e proattivo. Questi strumenti e pratiche sono vitali per garantire la sicurezza e la longevità degli impianti industriali, prevenendo danni catastrofici che potrebbero derivare dalla corrosione non monitorata e non gestita adeguatamente.
Come prevenire la corrosione nell'industria della carta e della cellulosa?
La corrosione è un problema significativo per l'industria della carta e della cellulosa, che svolge un ruolo fondamentale nell'economia globale, con una crescente domanda di carta quotidiana. La produzione di carta richiede un ampio utilizzo di materiali altamente corrosivi che, durante i vari stadi di produzione, generano una serie di prodotti di reazione corrosivi. In particolare, la corrosione è un ostacolo serio nelle sezioni di lavorazione come il digeritore, la sbiancatura e le macchine per la produzione della carta. La sfida di combattere la corrosione non è solo una questione tecnica, ma anche economica, poiché i costi annuali legati alla corrosione per l'industria della carta e della cellulosa si aggirano tra 1,97 e 9,88 miliardi di dollari, rappresentando una percentuale significativa delle entrate complessive.
Nel contesto dell'industria della carta, la corrosione è un fenomeno diffuso che interessa quasi tutte le aree di produzione: dalla casa del trinciatore, al digeritore, passando per il lavaggio, la schermatura e la sbiancatura della polpa, fino agli evaporatori, ai forni di recupero e alle macchine per la preparazione della carta. Le reazioni di corrosione si verificano principalmente a causa dell'uso di acidi minerali, come l'acido cloridrico, per applicazioni come il decapaggio, la sbiancatura e il trattamento delle superfici metalliche. Questi processi facilitano la corrosione dei dispositivi metallici impiegati nell'industria, contribuendo a una maggiore usura e, di conseguenza, ad una necessità di manutenzione costante.
Inoltre, la scelta dei materiali per la costruzione delle apparecchiature è di cruciale importanza. Devono essere selezionati metalli e leghe in grado di resistere a diverse forme di corrosione e degrado, incluse sollecitazioni chimiche, graffi, crepe e calo di pressione. Tra i materiali metallici utilizzati più frequentemente ci sono acciai inossidabili austenitici della serie 300, acciaio al carbonio e leghe di metalli, che vengono utilizzati per affrontare le condizioni chimiche abrasive e corrosive. Tuttavia, la corrosione non è limitata ai soli metalli: anche gli impianti elettrici, che distribuiscono l'energia nelle cartiere, sono suscettibili alla corrosione. Metalli come l'argento e il rame sono tra i materiali più usati per i contatti elettrici, grazie alla loro eccezionale conduttività termica ed elettrica. L'argento, in particolare, è apprezzato per la sua durata e resistenza all'ossidazione, sebbene sia sensibile all'ambiente ricco di zolfo, che porta alla formazione di solfuro di argento, aumentando la resistenza al contatto.
La gestione della corrosione richiede quindi una comprensione approfondita dei materiali, delle condizioni ambientali e delle reazioni chimiche che avvengono durante la produzione. La progettazione e la costruzione di attrezzature resistenti alla corrosione è essenziale per ridurre al minimo i costi e le interruzioni impreviste nella produzione. È fondamentale che le strutture impiegate siano progettate in modo tale da supportare materiali che possiedano una resistenza adeguata e una capacità di lavorazione che garantiscano la loro lunga durata, riducendo la necessità di manutenzione.
Un altro aspetto da considerare riguarda i materiali non metallici, come la plastica e le resine, che vengono impiegati in alcune parti del processo per resistere alle condizioni corrosive. L'utilizzo di materiali compositi, polimeri come il PVC, il gomma naturale e sintetica, il poliestere e gli epossidi sono tutte soluzioni adottate per migliorare la resistenza alla corrosione nelle fasi di produzione che richiedono un contatto diretto con sostanze chimiche aggressive.
Le soluzioni progettuali devono anche tener conto dei costi a lungo termine. Se da un lato è importante selezionare materiali resistenti, dall'altro bisogna anche considerare la sostenibilità economica a lungo termine, che implica l'adozione di materiali che, pur resistendo alla corrosione, possano essere acquistati a costi ragionevoli e mantenuti senza necessità di interventi frequenti.
Va sottolineato che l’industria della carta e della cellulosa affronta quotidianamente non solo i costi diretti legati alla corrosione, ma anche i costi indiretti derivanti da danni alle apparecchiature, arresti imprevisti della produzione e la necessità di sostituire le attrezzature danneggiate. La gestione di queste problematiche richiede un approccio sistematico, che comprenda il monitoraggio costante delle condizioni ambientali e delle attrezzature, oltre a una continua innovazione nei materiali utilizzati.
Come contrastare la fatica da corrosione nei componenti aerospaziali: tecniche e materiali
La fatica da corrosione è uno dei principali fattori di indebolimento strutturale nei componenti aerospaziali, con il potenziale di causare guasti catastrofici se non viene monitorata e trattata in modo adeguato. Diversi fattori influenzano la suscettibilità dei materiali alla fatica da corrosione, tra cui le proprietà del materiale, le condizioni ambientali, le sollecitazioni meccaniche e il carico da fatica. I materiali con alta resistenza alla trazione e bassa duttilità, come le leghe di alluminio ad alta resistenza o le leghe di titanio, sono particolarmente vulnerabili alla fatica da corrosione, poiché mostrano una deformazione limitata prima della frattura. Inoltre, la presenza di agenti corrosivi, come ioni di cloruro, composti solforati o soluzioni acide, può accelerare l'inizio e la propagazione delle crepe nei materiali suscettibili.
Gli ambienti aerospaziali, caratterizzati da alta umidità, esposizione all'acqua salata o inquinanti industriali, pongono un rischio elevato di fatica da corrosione, rendendo necessarie misure proattive per la prevenzione e il monitoraggio della corrosione. Per ridurre i rischi legati alla fatica da corrosione, gli ingegneri aerospaziali adottano diverse misure preventive, tra cui la selezione dei materiali, l'ottimizzazione del design, i rivestimenti protettivi e dettagli resistenti alla fatica. La scelta di materiali con una resistenza migliorata alla fatica da corrosione, come le leghe di alluminio-litio o le leghe di titanio, consente di ridurre la suscettibilità all'inizio e alla propagazione delle crepe. Inoltre, le modifiche progettuali, come la riduzione delle concentrazioni di stress, l'ottimizzazione della geometria dei componenti e l'incorporazione di dettagli resistenti alla fatica, possono aiutare a mitigare i rischi legati alla fatica da corrosione e migliorare l'integrità strutturale.
I rivestimenti protettivi, come i trattamenti di conversione al cromo, l'anodizzazione o i rivestimenti organici, costituiscono una barriera contro gli agenti corrosivi e inibiscono la propagazione delle crepe lungo le superfici suscettibili. I trattamenti di conversione al cromo, in particolare, sono applicati alle leghe di alluminio per fornire resistenza alla corrosione e migliorare l'adesione delle successive vernici o primer. Questi rivestimenti sviluppano un sottile strato di difesa composto da ossido di cromo, idrossido e composti di cromo, che agisce come barriera contro l'ingresso di umidità e ossigeno. Inoltre, i trattamenti di conversione al cromo offrono proprietà di auto-guarigione, dove piccole imperfezioni o graffi nel rivestimento possono essere riparati tramite reazioni chimiche con l'ambiente circostante, prolungando la durata dei componenti aerospaziali.
Un altro tipo di rivestimento protettivo comunemente utilizzato nell'industria aerospaziale è l'anodizzazione, che implica la conversione elettrochimica della superficie metallica in uno strato di ossido resistente. L'anodizzazione è principalmente applicata alle leghe di alluminio per migliorare la resistenza alla corrosione, la durezza e la finitura superficiale. Durante il processo di anodizzazione, i componenti in alluminio vengono immersi in una soluzione elettrolitica e sottoposti a una corrente elettrica che provoca l'ossidazione della superficie dell'alluminio e la formazione di uno strato di ossido denso e uniforme. Questo strato di ossido offre una protezione eccellente contro la corrosione, agendo come barriera contro il degrado ambientale e migliorando l'adesione di successivi rivestimenti o vernici.
I rivestimenti organici, come vernici a base di epossidico, poliuretanico o acrilico, sono anch'essi ampiamente utilizzati come rivestimenti protettivi nelle applicazioni aerospaziali. Questi rivestimenti vengono applicati sui componenti aerospaziali come strati finali o primer per fornire resistenza alla corrosione, protezione dai raggi UV e un aspetto estetico. I rivestimenti organici formano una pellicola durevole e flessibile sulla superficie dei substrati metallici, proteggendoli dall'umidità, dai prodotti chimici e dal degrado ambientale. Inoltre, i rivestimenti organici possono essere personalizzati per soddisfare specifici requisiti prestazionali, come adesione, flessibilità e stabilità del colore, rendendoli versatili e ampiamente utilizzati nella produzione e manutenzione aerospaziale.
Recenti progressi nella nanotecnologia hanno portato alla creazione di rivestimenti nanostrutturati con resistenza meccanica e alla corrosione migliorata. I rivestimenti nanostrutturati sono costituiti da particelle a scala nanometrica disperse in un materiale matrice, che formano una pellicola densa e uniforme sulla superficie dei componenti aerospaziali. Ad esempio, in uno studio, è stata creata una barriera protettiva per la lega AZ31B con un'enfasi sulla sostenibilità ambientale utilizzando il metodo di ossidazione elettrolitica al plasma Flash (F-PEO). Questo processo ha mostrato vantaggi significativi in termini di resistenza alla corrosione, riducendo il consumo energetico e migliorando l'efficienza del trattamento. Il rivestimento FPEO-CO ha dimostrato ottime proprietà di protezione dalla corrosione, superando quelle dei tradizionali rivestimenti al cromo. La combinazione di ioni carbonato nel processo F-PEO ha contribuito a migliorare ulteriormente la durata del rivestimento, favorendo un'auto-riparazione delle fasi amorfe di carbonato e fosfato.
L'approccio F-PEO-CO rappresenta una promettente alternativa ai tradizionali rivestimenti di conversione al cromo, con il vantaggio di essere più ecologico e altamente efficace nel fornire protezione alla corrosione, senza compromettere la performance a lungo termine.
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