Un esempio significativo dei comportamenti non classici del fluido superfluido di elio (He II) è l’osservazione di fenomeni che sfidano le leggi della fluidodinamica classica. In particolare, il comportamento dell’He II, che sembra presentare una viscosità che scompare in certe condizioni, si complica quando si analizzano fenomeni come la resistenza viscosa nelle particelle di He II in canali leggermente più larghi dei cosiddetti supervuoti, oppure quando si studiano i movimenti rotatori all'interno del fluido. Questi fenomeni suggeriscono una transizione incompleta di Bose–Einstein, che spiega l'insorgere di modelli complessi per il comportamento di He II.

Uno degli esempi emblematici di tale comportamento è rappresentato dal giroscopio liquido, dove un contenitore assismetrico pieno di elio II (He II) rotante conserva il suo flusso iniziale di rotazione per settimane, nonostante la presenza di canali stretti che riducono il flusso al minimo. L'apparente scomparsa di viscosità, tuttavia, è più complessa di quanto sembri. In alcuni esperimenti, come quelli con dischi metallici oscillanti, è stato osservato un abbassamento del periodo di oscillazione, il che implica che non tutto il fluido viene trascinato dai dischi. Questo suggerisce che il comportamento del fluido non sia interamente superfluido ma includa componenti normali, che possiedono una viscosità non nulla. La distribuzione della densità delle frazioni normali e superfluide dipende quindi dalla temperatura, dando luogo a un modello a due fluidi che spiega questi comportamenti apparentemente contraddittori.

Un altro aspetto importante da considerare riguarda il trasferimento di calore in esperimenti di controflusso. In presenza di He II, il flusso di calore attraverso un canale con una sorgente di calore all'estremità chiusa e immerso in un bagno di elio mostra una conduzione termica estremamente alta quando il flusso di calore è inferiore a un valore critico. Questo fenomeno implica che, al contrario di quanto avviene con fluidi classici, il flusso di calore non segue la legge di Fourier, ma è invece determinato da un comportamento indipendente, che suggerisce un'efficienza termica molto più elevata in He II rispetto ai fluidi convenzionali. In assenza di flusso di massa netto, il calore viene trasportato solo dalla componente normale del fluido, mentre la componente superfluida si muove in direzione opposta. Ciò rende possibile osservare un flusso di calore nonostante l'assenza di un flusso di massa netto, e rappresenta una delle principali motivazioni per l'adozione del modello a due fluidi.

Infine, gli effetti termomeccanici offrono un altro esempio di comportamento anomalo. Gli esperimenti di Allen e Jones del 1938, che dimostrarono l'effetto fontana, mostrarono che quando due vasi contenenti He II vengono collegati da una capillare, la differenza di temperatura tra i due vasi può indurre un flusso di elio dal vaso più caldo a quello più freddo, elevando il livello del liquido nel vaso a temperatura più alta. Questo fenomeno è noto come effetto fontana e dimostra come una differenza di temperatura possa generare un movimento meccanico nel fluido. Inoltre, fenomeni come la deflessione di una piastra sospesa in elio immobile, quando riscaldata, possono essere interpretati come manifestazioni del comportamento non lineare del flusso termico in He II, come evidenziato dall'esperimento di Kapitza. La forza che agisce sulla piastra sospesa è proporzionale al quadrato del flusso di calore, un comportamento che può essere spiegato dal modello a due fluidi attraverso l'analisi della velocità di controflusso e della relazione tra energia interna e velocità di controflusso.

L'importanza di questi fenomeni non risiede solo nelle loro implicazioni teoriche, ma anche nelle loro applicazioni pratiche, come nei dispositivi di pompaggio termomeccanico utilizzati nelle tecnologie spaziali, dove la necessità di mantenere bassissime temperature è cruciale. A differenza delle pompe meccaniche tradizionali, queste non presentano parti in movimento, riducendo i rischi di usura e guasto meccanico. Questo rende He II un elemento fondamentale in vari settori della fisica applicata, come nelle applicazioni criogeniche, dove la capacità di He II di rimuovere il calore è essenziale per il funzionamento di apparecchiature sensibili.

La comprensione di questi fenomeni è cruciale per l'applicazione pratica di He II, ma implica anche un cambiamento nel nostro modo di pensare al trasferimento di calore e al comportamento dei fluidi in condizioni estreme. In effetti, il fluido superfluido non si comporta come un fluido normale in molteplici aspetti, e la sua comprensione richiede una comprensione avanzata dei principi termodinamici e idrodinamici che regolano questi sistemi.

Come si propagano i suoni di seconda, terza e quarta specie nel fluido superfluido?

La comprensione della propagazione delle onde in un fluido superfluido, come l’elio liquido, è fondamentale per lo studio delle sue proprietà uniche e del suo comportamento in condizioni estreme, come quelle a temperature prossime allo zero assoluto. In questo contesto, il concetto di "suono di seconda specie" si distingue dalle onde di densità e pressione, note come "suono di prima specie". Il suono di seconda specie, o "secondo suono", si riferisce a un'oscillazione di entropia, manifestata come onde termiche. Queste oscillazioni si verificano senza alterazioni significative della densità di massa e sono strettamente legate alla dinamica della componente superfluida e normale del fluido.

L'approccio matematico per descrivere queste onde in un sistema bipartito (componente superfluida e componente normale) inizia con l'equazione di bilancio per la massa totale e il momento totale. Trascurando i termini non lineari e la viscosità, si arriva a una descrizione che mette in relazione la variazione della densità e dell'entropia con le onde di temperatura. Quando si considerano piccole perturbazioni della densità e dell'entropia, si ottengono due velocità di propagazione: la velocità del "suono di prima specie" (onde di densità) e quella del "suono di seconda specie" (onde di entropia e temperatura).

Il suono di prima specie è quello con la velocità più alta e si verifica quando si propagano onde di densità, come nel caso di una variazione di pressione. Al contrario, il suono di seconda specie si manifesta come una perturbazione legata alle fluttuazioni termiche, dove la temperatura e l'entropia oscillano senza una grande variazione nella densità. La velocità di questa onda è più bassa rispetto a quella del suono di prima specie, e diminuisce man mano che la temperatura si avvicina al punto lambda, dove il comportamento del fluido cambia drasticamente.

Nel caso di oscillazioni termiche più complesse, come il "suono di quarta specie" e il "suono di quinta specie", si introduce una nuova dimensione nella comprensione delle onde. Il suono di quarta specie si verifica in capillari estremamente stretti, dove la componente normale del fluido non può muoversi a causa dell'attrito con le pareti. In questi casi, la propagazione delle onde coinvolge la variazione di tutti i campi termodinamici e la velocità di propagazione di queste onde è influenzata dalla densità di massa e dal rapporto tra la componente superfluida e normale. Similmente, il suono di quinta specie è un'onda termica che si propaga in un fluido superfluido sottoposto a condizioni di pressione rilasciata ai confini, e la sua velocità è legata al suono di seconda specie.

Un aspetto interessante nella propagazione di queste onde è la possibilità che si formino onde d'urto, simili alle onde d'urto di pressione, per il suono di prima e seconda specie. Tuttavia, quando la temperatura si avvicina al punto lambda, la velocità di propagazione del suono di seconda e quarta specie tende a zero, mentre quella del suono di prima specie rimane relativamente stabile.

Un'altra categoria di onde che si forma in un fluido superfluido è il "terzo suono", che si verifica in film sottili di elio superfluido. In questo caso, la componente normale rimane ferma mentre la componente superfluida oscilla parallelamente alla parete. Queste oscillazioni termiche comportano un processo di evaporazione e condensazione periodica del film liquido. Il terzo suono è stato osservato in film sottili di elio II e di miscele di elio-3 e elio-4, e la sua propagazione è governata da equazioni simili a quelle delle onde di gravità in acque poco profonde.

In presenza di film sottili di elio, come quelli di circa 30 nm di spessore, l’interazione tra la superficie del film e il substrato, nota come interazione di van der Waals, diventa un fattore cruciale per la propagazione del terzo suono. La sua velocità, come quella del suono di quarta specie, tende a zero vicino al punto lambda, ma la sua osservazione offre importanti informazioni sulla fisica dei film sottili e sulle interazioni a bassa temperatura.

Infine, la comprensione del suono di quarta specie e dei suoni superiori (come il quinto e il sesto suono) permette di esplorare ulteriori dimensioni della dinamica dei vortici quantizzati e della turbolenza quantistica, concetti di grande interesse nella fisica dei fluidi superflui. Studi approfonditi di queste onde potrebbero fornire indizi cruciali per capire meglio le transizioni di fase e la complessità dei comportamenti termodinamici in sistemi estremamente raffreddati.

Le onde sonore di seconda, terza, quarta e quinta specie, con le loro caratteristiche distintive di velocità e comportamento termodinamico, sono strumenti fondamentali nello studio della fisica dei fluidi superflui, in particolare per le loro implicazioni nella comprensione della materia a basse temperature e nei fenomeni quantistici.

Come Modelli Turbolenti Influenzano i Vortici Quantizzati nei Superfluidi: Un Approccio a Equazioni Evolutive e Funzioni di Dissipazione

Nel contesto della turbolenza nei fluidi superfluidi, la dinamica dei vortici quantizzati gioca un ruolo cruciale nella comprensione dei fenomeni turbolenti. Le equazioni evolutive proposte per i momenti secondi delle fluttuazioni, come nel caso delle equazioni (10.2.23) e (10.2.24), sono state giustificate attraverso l'analogia con la teoria cinetica utilizzando argomentazioni termodinamiche. Queste equazioni non solo descrivono l’evoluzione delle grandezze fisiche nel sistema, ma contribuiscono anche a una migliore comprensione della dissipazione e delle interazioni turbolente nei superfluidi.

Nel caso specifico, per i momenti secondi di .q, è stata adottata la stessa metodologia usata per l'evoluzione delle fluttuazioni di .v′, derivando equazioni per Kq ed εq. Tali equazioni, espresse come:

tKq+(v)Kqμ+μα2+tKq=μt(ϵ)q+ϵKq2Kf+KKq,\frac{\partial}{\partial t} Kq + (v \cdot \nabla) Kq - \nabla \cdot \mu + \mu \alpha^2 + t \nabla Kq = - \mu_t (\epsilon^*)_q + \epsilon Kq - 2 K f + K Kq,
tϵq+(v)ϵqμ+μα2+tϵq=ϵqCϵq1ϵKq+Cϵq2ϵq\frac{\partial}{\partial t} \epsilon_q + (v \cdot \nabla) \epsilon_q - \nabla \cdot \mu + \mu \alpha^2 + t \nabla \epsilon_q = \epsilon_q C_{\epsilon_q 1} \epsilon Kq + C_{\epsilon_q 2} \epsilon_q - \cdots

fanno riferimento a un sistema che segue un comportamento simile al modello classico di turbolenza .K−ε per i fluidi viscosi. La discussione sui momenti delle fluttuazioni e sulle rispettive equazioni di evoluzione fornisce una visione dettagliata del modo in cui le fluttuazioni dei vortici quantizzati interagiscono con le altre grandezze fisiche, come nel caso della densità di linee di vortici .L.

In particolare, per la densità delle linee di vortici, l'equazione evolutiva assume una forma che integra i termini di diffusione turbolenta e di produzione/destruzione dei vortici. La chiusura di queste equazioni, definita attraverso espressioni come quelle per .RvL, .RqL, e .RLL, rappresenta una semplificazione del modello che mira a descrivere il comportamento complesso di un fluido superfluido in condizioni turbolente. In particolare:

.RvLvL=DLtL.RvL ≡ v′L′ = - D_L t \nabla L
.RqLqL=αtqL.RqL ≡ q′L′ = \alpha_t q L
.RLLLL=βtL2.RLL ≡ L′L′ = \beta_t L^2

Queste espressioni di chiusura consentono di trattare la turbolenza in maniera fenomenologica, dove i parametri turbolenti come .DLt, .αt e .βt si esprimono in termini dei momenti secondi della grandezza L e del gradiente delle fluttuazioni. Ad esempio, la funzione di dissipazione associata a L è definita come:

ϵLDLLL\epsilon_L ≡ D_L \nabla L′ · \nabla L′

Questa funzione gioca un ruolo fondamentale nella modellizzazione del comportamento turbolento dei vortici, in quanto determina la velocità di dissipazione dell'energia nel sistema. In questo quadro, il coefficiente di diffusione turbolenta .DLt, che è funzione di K, ε, Kq, εq, KL ed εL, determina in modo preciso come le fluttuazioni turbolente influiscono sulla dinamica complessiva del fluido superfluido.

Nella formulazione finale del modello .K−ε−L, vengono integrate non solo le equazioni per le grandezze medie come .v, .q e .L, ma anche quelle per i momenti delle fluttuazioni, come .K, .ε, .Kq, .εq, .KL ed .εL. La complessità di queste equazioni risiede nel fatto che, sebbene siano derivate seguendo lo stesso approccio dei modelli classici di turbolenza per fluidi viscosi, sono state adattate alla natura dei vortici quantizzati che caratterizzano i fluidi superfluidi. Le costanti numeriche come Cε2q, Cε1q, e Cε3q, che compaiono nelle equazioni, sono valori definiti attraverso esperimenti o calcoli teorici, e rivestono un ruolo essenziale per la correttezza del modello.

È fondamentale, tuttavia, sottolineare che il modello .K−ε−L è solo un'approssimazione che cattura i principali fenomeni turbolenti nei superfluidi. Esso si basa su semplificazioni, come l'ipotesi che le fluttuazioni siano gaussiane, che potrebbero non essere sufficienti a descrivere tutte le complessità dei flussi turbolenti reali. In particolare, il comportamento dei vortici quantizzati dipende fortemente dalla geometria del flusso e dalle condizioni al contorno. È probabile che in situazioni più complesse, come nel caso di turbolenza concentrata o in presenza di vortici quantizzati disposti in modo non uniforme, il modello proposto necessiti di aggiustamenti e integrazioni.

Tuttavia, il modello proposto fornisce un punto di partenza utile per la modellizzazione fenomenologica della turbolenza nei superfluidi, aprendo la strada a futuri sviluppi che potrebbero includere situazioni più complicate e sfumate. La sua applicabilità dipende molto dalle condizioni specifiche del sistema e dalle ipotesi fatte riguardo alla natura delle fluttuazioni e alla loro interazione con il fluido.

Quali sono le sfumature della turbolenza quantistica e classica nei fluidi superfluidi?

La turbolenza, un fenomeno di estrema complessità che coinvolge una vasta gamma di scambi energetici e fluttuazioni, presenta caratteristiche differenti a seconda delle scale fisiche e delle condizioni sperimentali. In particolare, nel caso dei fluidi superfluidi, la turbolenza non segue le stesse leggi universali che governano i fluidi classici, ma è influenzata da proprietà quantistiche che rendono i modelli e le teorie tradizionali inadeguati per descrivere completamente il comportamento osservato.

Un aspetto cruciale della turbolenza in un fluido superfluido è rappresentato dalle onde di Kelvin, che si manifestano a scale di lunghezza molto piccole. Queste onde sono caratterizzate da una dipendenza dell'energia dal numero d'onda, con un comportamento che segue una legge di potenza di tipo k1k^{ -1}, dove kk è il numero d'onda. Tuttavia, la comprensione completa di questo fenomeno, soprattutto in condizioni di bassa temperatura e onde di Kelvin non smorzate dalla componente normale, rimane incerta. Nonostante le teorie dimensionali possano fornire una visione qualitativa di questi processi, l'approfondimento dinamico e l'analisi microscopica sono essenziali per una comprensione accurata.

Nel regime di onde di Kelvin, le interazioni non lineari sono deboli e possono essere descritte dalla teoria della turbolenza debole delle onde. In particolare, si utilizzano equazioni cinetiche che partono dalla formulazione hamiltoniana della legge di Biot-Savart, che descrive le interazioni tra onde di Kelvin. Tali studi portano alla definizione di uno spettro di onde di Kelvin che dipende dal numero d'onda kk, che segue la legge k7/5k^{7/5}. Questo approccio, sebbene utile, è lontano dal fornire una descrizione completa e definitiva, e la necessità di esperimenti dettagliati e analisi microscopiche è assolutamente cruciale per risolvere le incertezze ancora esistenti.

Al contrario, una teoria a quattro onde locale per le onde di Kelvin porta a uno spettro che presenta una dipendenza dal numero d'onda simile a quella prevista dalla legge di Kolmogorov, k5/3k^{ -5/3}. Questa somiglianza suggerisce che, sebbene le dinamiche specifiche siano diverse, esistano analogie tra la turbolenza classica e quella quantistica, almeno per quanto riguarda la distribuzione energetica su scale più ampie. Nonostante ciò, la questione dell'accumulo di energia e della cascata energetica nella turbolenza quantistica è ancora un tema di grande discussione. Le analisi dimensionali non sono in grado di fornire risposte definitive, ed è quindi necessario un approfondimento a livello microscopico per determinare la validità dei modelli proposti.

Un altro punto critico che emerge in questi studi è la possibile presenza di intermittente, che si manifesta attraverso fluttuazioni improvvise nell'intensità della turbolenza a piccole scale. La presenza di intermittente potrebbe alterare i modelli energetici e contribuire a una comprensione più complessa della turbolenza quantistica, suggerendo che gli approcci lineari e deterministici non siano sufficienti per catturare tutte le dinamiche in gioco.

Inoltre, l'analisi termodinamica dei flussi turbolenti, e in particolare delle interazioni tra vortici e la loro diffusione in un fluido superfluido, può fornire utili intuizioni riguardo le caratteristiche emergenti del sistema. La produzione e la diffusione di vortici sono processi che non solo influenzano l'evoluzione della turbolenza, ma sono anche strettamente legati alla termodinamica del sistema, con implicazioni per il trasporto di calore e la dissipazione dell'energia.

Questi fenomeni sono ancora oggetto di studio, e il confronto tra teorie classiche e modelli quantistici è fondamentale per progredire nella comprensione di questi sistemi. Sebbene l'analisi dimensionale e le leggi di potenza fornite da modelli semplificati possano suggerire alcune caratteristiche generali, è evidente che un approccio più approfondito, che comprenda sia la microscopica analisi dei flussi sia esperimenti controllati, è fondamentale per risolvere i dilemmi ancora irrisolti nella turbolenza quantistica.