I tumori del tronco encefalico, in particolare i gliomi, presentano una varietà di caratteristiche radiologiche che dipendono dalla tipologia e dalla localizzazione. Questi tumori possono essere difficili da diagnosticare, dato che il tronco encefalico è una regione del cervello di difficile accesso e con una anatomia complessa. Tra i tipi di gliomi che si riscontrano, i gliomi esofitici sono piuttosto rari negli adulti, ma rappresentano una delle forme più comuni nei bambini, dove possono costituire fino al 30% dei casi.

In genere, i gliomi esofitici appaiono come masse focali che si evidenziano per il loro comportamento contrastante, localizzate nella parte dorsale del tronco encefalico o alla giunzione cervico-midollare. Queste lesioni sono solitamente di basso grado e vengono identificate come tali durante l’esame istologico. Nei casi di gliomi esofitici puri, molto rari negli adulti, la patologia tende a evolversi in una forma maligna.

Una delle complicazioni più temute in relazione ai tumori del tronco encefalico, in particolare nei cavernomi, è il rischio di emorragie ricorrenti. La frequenza di rieliminazione dei tumori e il rischio di emorragie possono variare tra il 4,6% e il 6,5% annualmente, ma in alcuni casi è stata osservata una percentuale più alta, fino al 30% di emorragie annuali. La mortalità associata alle emorragie recidivanti può raggiungere il 20%. Tra i fattori di rischio per la rottura di un cavernoma, si annoverano il sesso femminile, la storia di emorragie precedenti, l’edema perilesionale e la presenza di malformazioni vascolari associate (DVA), che sono riscontrate in circa un terzo dei casi.

Dal punto di vista radiologico, i cavernomi del tronco encefalico si presentano comunemente come lesioni lobulate, isodense o iperdense, a volte con calcificazioni, ed evidenziano segni radiologici di emorragia acuta. L’edema circostante è indicativo di un’emorragia recente. La risonanza magnetica (RM), in particolare, rappresenta il metodo di riferimento per la diagnosi di malformazioni cavernose. La classificazione di Zabramski distingue i cavernomi in quattro categorie, a seconda dell'aspetto radiologico che dipende dallo stato di ossidazione dei prodotti di degradazione del sangue.

Per quanto riguarda il trattamento, i tumori del tronco encefalico sono notoriamente difficili da trattare chirurgicamente a causa della loro posizione e della delicatezza delle strutture coinvolte. Sebbene i gliomi focali, come quelli della regione tegmentale, non siano comunemente trattati chirurgicamente, esiste un'eccezione rappresentata dai gliomi esofitici. Questi ultimi, infatti, sono accessibili chirurgicamente grazie alle moderne tecniche neurochirurgiche e la resezione può risultare curativa in alcuni pazienti. In casi di idrocefalo ostruttivo, la gestione dei tumori del tronco encefalico può richiedere l’impianto di uno shunt per alleviare la pressione intracranica.

Nonostante l’approccio chirurgico rimanga limitato, la diagnosi precoce e il trattamento mirato delle emorragie ricorrenti, così come la gestione dei sintomi associati, sono cruciali per migliorare il prognostico dei pazienti con tumori del tronco encefalico.

Oltre alle caratteristiche cliniche e radiologiche, è essenziale per il lettore comprendere l'importanza della diagnosi tempestiva e della valutazione dei fattori di rischio individuali. La conoscenza approfondita delle diverse tipologie di tumori, del loro comportamento evolutivo e delle possibili complicazioni, inclusa la gestione delle emorragie recidivanti, è fondamentale per un trattamento efficace e per migliorare la qualità della vita del paziente.

Quali sono gli approcci chirurgici per il trattamento dei tumori spinali intradurali ed extradurali?

Tra il 2008 e il 2021, nel nostro reparto sono stati trattati 73 pazienti con tumori spinali non intramidollari (NST). Di questi, 68 pazienti (93,2%) erano affetti da schwannomi e 5 (6,8%) da neurofibromi. Due pazienti avevano una diagnosi di NF1, uno di NF2 e uno presentava una mutazione cromosomica 22 distinta dall’NF2 ma associata alla presenza di multiple lesioni schwannomatose. I tumori erano localizzati in diverse aree della colonna vertebrale: 16 (21,9%) nella zona cervicale, 1 (1,4%) cervicotoracico, 14 (19,2%) toracici, 23 (31,6%) lombari e sacrali. La chirurgia di resezione è stata la scelta terapeutica principale, con l’approccio più comune che è stato la laminectomia.

La resezione di questi tumori presenta sfide notevoli, principalmente in relazione alla loro posizione, dimensione e all’eventualità di estensioni nervose o di coinvolgimento di strutture adiacenti. La resezione radicale (GTR) è stata eseguita nel 96,9% dei casi, mentre una resezione sub-totale (STR) è stata necessaria in 1 caso. La resezione radicale è generalmente considerata il trattamento migliore per ridurre al minimo il rischio di recidiva. I risultati post-operatori sono stati eccellenti per la maggior parte dei pazienti, con un miglioramento o stabilizzazione dei sintomi clinici nel follow-up.

L’approccio chirurgico varia in base alla localizzazione del tumore. La resezione dorsale attraverso laminectomia è stata utilizzata con successo in numerosi casi, come evidenziato nei casi illustrativi (fig. 28.2, 28.3, 28.4), dove il tumore era ben visibile nelle immagini pre- e post-operatorie a contrasto. In alcuni casi, in cui il tumore si estendeva fuori dal canale spinale o coinvolgeva strutture toraciche, è stato necessario un approccio combinato, come laminectomia e toracotomia. La resezione con un approccio minimamente invasivo è stata utilizzata anche per i tumori situati in aree meno accessibili, consentendo una rimozione efficace con minori complicanze post-operatorie.

La resezione dei tumori spinali è associata a una serie di complicazioni post-operatorie. I pazienti possono sperimentare diverse complicazioni, tra cui perdite di liquido cerebrospinale (CSF), ematomi epidurali, embolia polmonare, trombosi venosa profonda e danni neurologici temporanei, come deficit acuti dello sfintere che richiedono l’uso di cateteri vescicali. Nel nostro studio, 7 pazienti (9,4%) hanno avuto complicanze post-operatorie significative, ma nessuno di essi ha avuto necessità di una terapia adiuvante con radioterapia.

Il follow-up post-operatorio, con una mediana di 36,5 mesi (range 1-134 mesi), ha mostrato che il 96,9% dei pazienti ha mantenuto o migliorato la propria condizione clinica. Tuttavia, 2 pazienti hanno avuto recidive dopo 4 e 6 mesi, trattate con radioterapia adiuvante. Questi dati sottolineano l’importanza di un monitoraggio a lungo termine, in particolare per quei pazienti che non sono riusciti a ottenere una resezione completa del tumore.

In termini di classificazione istologica, tutti i tumori erano di grado I secondo la classificazione dell'OMS. Questo indica che i tumori trattati erano benigni, ma la chirurgia rimane un passo fondamentale nella gestione del tumore spinale per prevenire danni neurologici irreversibili. È importante sottolineare che, sebbene la resezione completa riduca significativamente la probabilità di recidiva, la sorveglianza clinica deve continuare anche a lungo termine per intercettare tempestivamente eventuali recidive, che sono più comuni nei casi di resezione parziale.

Il trattamento chirurgico delle neoplasie spinali intradurali ed extradurali richiede una combinazione di esperienza chirurgica, comprensione dettagliata della fisiopatologia e dell’anatomia del sistema nervoso, nonché un’attenta pianificazione pre-operatoria. La scelta dell’approccio dipende dal tipo, dalla localizzazione e dalla dimensione del tumore, nonché dalle condizioni generali del paziente. Il trattamento dovrebbe essere personalizzato, tenendo conto dei rischi di complicanze e del beneficio atteso dalla resezione del tumore.

Quali sono le migliori tecniche chirurgiche per il trattamento dei meningiomi del tubercolo sellae?

Il trattamento chirurgico dei meningiomi del tubercolo sellae (TSM) richiede una valutazione attenta delle opzioni di approccio e delle tecniche da utilizzare per ottenere il miglior risultato visivo e ridurre al minimo i rischi. Questi tumori, che solitamente coinvolgono la porzione infero-mediale del canale ottico, richiedono un accesso mirato per evitare danni a strutture vitali come il nervo ottico e i vasi sanguigni circostanti. Tra le opzioni più utilizzate, l'approccio transcranico (TCA) e quello endonale (EEA) sono quelli più frequentemente considerati, ciascuno con i propri vantaggi e limitazioni.

Il TCA, pur rappresentando una via tradizionale, comporta un'esposizione diretta e una possibilità di resezione più ampia, ma è anche associato a complicazioni più frequenti come l'anosmia post-operatoria, l'apertura del seno frontale con conseguente rischio di fistola da liquido cerebrospinale (CSF), e danni ai vasi cerebrali. Inoltre, la manipolazione del nervo ottico, sebbene necessaria in alcuni casi, può comportare un aumento della probabilità di danno visivo. D'altra parte, l'approccio endonasale endoscopico (EEA) consente una decompressione più precoce del canale ottico e una preservazione migliore delle arterie perforanti, ma non è sempre adatto per tumori che coinvolgono estensioni laterali o latero-mediali rispetto all'arteria carotide interna (ICA) e alle arterie cerebrali anteriori (ACA).

L'approccio contralaterale rimane un'opzione valida in casi di coinvolgimento mediale del canale ottico, nonostante i rischi associati alla possibilità di danneggiare il nervo ottico sano o meno compromesso. La scelta del lato da operare sembra dipendere molto dall'esperienza del chirurgo e dalla complessità del tumore, inclusa la dimensione e l'invasione del canale ottico. Negli ultimi anni, alcuni autori suggeriscono di operare il tumore dal lato dell'invasione vascolare, ignorando talvolta il coinvolgimento del canale ottico, mentre altri preferiscono il lato non dominante del cervello.

Nel caso di tumori che invadono l'aspetto infero-mediale del canale ottico, si raccomanda di considerare approcci come l’orbito-zygomatico (FOZ) o l’orbito-frontale (OF), che garantiscono una visibilità ottimale del canale ottico omolaterale e consentono una decompressione precoce del nervo ottico. Questi approcci permettono anche una resezione più sicura del tumore in molti casi, migliorando i risultati visivi. Tuttavia, quando vi è un coinvolgimento bilaterale, l’approccio transbasale bifrontale con variazione minore, noto come TFSSA, potrebbe rappresentare una scelta interessante, consentendo una visualizzazione adeguata di entrambi i canali ottici.

Il successo dell’intervento chirurgico dipende non solo dalla resezione completa del tumore, ma anche dalla minimizzazione del danno ai nervi ottici e ai vasi sanguigni. Gli studi hanno dimostrato che una resezione parziale o incompleta è associata a peggiori esiti visivi e a un maggiore rischio di recidiva del tumore. Per questa ragione, l’estensione della resezione è uno dei fattori prognostici più significativi per la sopravvivenza a lungo termine. In alcuni casi, i trattamenti adiuvanti post-operatori come la radiosurgery possono essere utilizzati per gestire i residui tumorali e migliorare i risultati a lungo termine.

Un altro aspetto cruciale riguarda la valutazione pre- e post-operatoria della funzione visiva, che dovrebbe essere monitorata da un punto di vista neuro-oftalmologico per almeno 1-3 mesi dopo l'intervento, con eventuali ripetizioni ogni sei mesi nei primi due anni. I dati mostrano che, nei casi di resezione completa, il miglioramento visivo può arrivare fino all'84%, con alcuni pazienti che raggiungono un recupero totale della vista.

Anche la natura del tumore gioca un ruolo fondamentale nell’esito dell’intervento: tumori morbidi e ad alta intensità sui pesi T2 nelle risonanze magnetiche sembrano avere esiti migliori rispetto a quelli duri e di bassa intensità. Al contrario, i tumori che invadono in profondità il canale ottico o che causano edema peritumorale sembrano essere meno favorevoli, riducendo le probabilità di un esito visivo positivo. L’assenza di calcificazioni tumorali e la presenza di un piano aracnoideo intatto sono fattori prognostici favorevoli.

In sintesi, sebbene l’approccio endonale endoscopico stia guadagnando popolarità per i meningiomi del tubercolo sellae grazie ai suoi vantaggi nella decompressione precoce del nervo ottico e nei risultati visivi, è fondamentale che il chirurgo selezioni l’approccio più adatto in base alle caratteristiche specifiche del tumore e alle condizioni cliniche del paziente. La scelta tra approccio transcranico e endonale, così come la decisione di operare da un lato piuttosto che dall'altro, dipende da vari fattori, tra cui l’esperienza del chirurgo, le preferenze personali, e le caratteristiche del tumore.

Come affrontare le meningiomi clinoidali anteriori: Anatomia, Chirurgia e Trattamenti

I meningiomi clinoidali anteriori (ACM), anche noti come meningiomi della parte mediale della ala sfenoidale, sono tumori lenti e prevalentemente benigni che derivano dalla trasformazione neoplastica delle cellule della membrana aracnoidea che coprono il processo clinoideo anteriore. Questi tumori sono considerati una delle forme più complesse e sfidanti di meningiomi, non solo per la loro crescita, ma anche per le relazioni neurovascolari intricate e le difficoltà chirurgiche che presentano.

Il processo clinoideo anteriore (ACP) è una piccola porzione triangolare della ala sfenoidale mediale che si proietta posteriormente e medialmente. Esso costituisce un punto di transizione tra la fossa cranica anteriore e media, ed è una struttura anatomica fondamentale per la comprensione dei meningiomi clinoidali anteriori. L'ACP è una struttura ossea di densità relativamente alta, composta da una sottile corticale esterna con uno strato spongioso interno, ed è a volte pneumatizzata, con una comunicazione con il seno sfenoidale o con le cellule etmoidali posteriori in circa il 10% dei casi. La sua posizione strategica vicino a numerosi nervi cranici e strutture vascolari, tra cui l'arteria carotide interna e il nervo ottico, contribuisce alla difficoltà della resezione chirurgica di questi tumori.

La sintomatologia principale dei meningiomi clinoidali anteriori è la perdita della vista, che si verifica a causa dell’effetto di massa sul nervo ottico, e il mal di testa. Altri deficit neurologici, come la diplopia o la nevralgia del trigemino, dipendono dalla dimensione del tumore e dalla sua estensione nel seno cavernoso. La presenza di un meningioma clinoidale anteriore spesso implica anche l’imbascamento di importanti strutture vascolari, come l'arteria carotide interna e i nervi cranici, il che aumenta il rischio di complicazioni durante l'intervento chirurgico.

Dal punto di vista chirurgico, la resezione di un meningioma clinoidale anteriore è una delle più complesse operazioni neurochirurgiche. A causa della vicinanza del tumore a strutture vitali come l'arteria carotide e i nervi cranici, la resezione completa comporta rischi significativi, tra cui l'emorragia e il danneggiamento delle funzioni nervose. In molti casi, la resezione totale non è possibile, e si rende necessario un approccio combinato che includa la radioterapia stereotattica con Gamma Knife (GKSRS). La GKSRS è particolarmente utile per il trattamento di tumori di piccole dimensioni o di tumori che sono difficili da rimuovere completamente in modo chirurgico. Questo trattamento, che sfrutta radiazioni altamente focalizzate, ha dimostrato un buon controllo locale del tumore e una bassa incidenza di effetti collaterali a lungo termine.

L'approccio chirurgico più comune per l'accesso ai meningiomi clinoidali anteriori include una clinoidectomia selettiva e l'unroofing del canale ottico. Questi approcci mirano a rimuovere la porzione di osso che copre il nervo ottico e a garantire un'adeguata esposizione della lesione, riducendo al minimo il rischio di danneggiare le strutture circostanti. In alcuni casi, quando il tumore invadesse il seno cavernoso o fosse associato a una significativa compressione dei nervi ottici o delle arterie, è preferibile optare per una resezione subtotale, seguita da una terapia adiuvante con GKSRS per controllare la crescita residua del tumore.

Il trattamento di un meningioma clinoidale anteriore richiede quindi un'attenta valutazione delle caratteristiche anatomo-cliniche del tumore, delle relazioni con le strutture circostanti e della sintomatologia del paziente. In alcuni casi, la resezione parziale seguita da GKSRS rappresenta una soluzione efficace, riducendo al minimo i rischi chirurgici senza compromettere il controllo a lungo termine della malattia. È fondamentale che i pazienti siano seguiti da un team multidisciplinare di neurochirurghi, oncologi e radioterapisti per ottenere i migliori risultati terapeutici.

Anche se l'approccio chirurgico rimane il trattamento di riferimento per i meningiomi clinoidali anteriori, la comprensione dei meccanismi fisiopatologici e delle tecniche avanzate di radioterapia come la GKSRS sono diventate cruciali nel trattamento di queste lesioni complesse. La combinazione di chirurgia e radioterapia permette oggi di ottenere risultati migliori, con una riduzione del rischio di recidiva e una gestione ottimale dei sintomi.