La dosimetria è un aspetto fondamentale nella radioterapia, poiché consente di monitorare la dose effettivamente somministrata al paziente. Questo permette di adattare i piani terapeutici in base ai risultati ottenuti, migliorando così l’approccio al trattamento, rendendolo più personalizzato ed efficiente. In questo contesto, la protoacustica, che sfrutta le onde termoacustiche emesse dal fascio di protoni durante la terapia, si è rivelata efficace nel facilitare la dosimetria in vivo. L'implementazione di questa avanzata tecnica ha il potenziale di segnare l'inizio di una nuova era nella radioterapia, migliorando la precisione e l'efficacia del trattamento.
Una delle prospettive più promettenti della protoacustica è la possibilità di realizzare una dosimetria in vivo tridimensionale (3D) utilizzando una matrice bidimensionale (2D). Questo potrebbe migliorare significativamente la precisione della protonterapia, permettendo il monitoraggio e la verifica in tempo reale della dose di radiazione somministrata al tumore del paziente. Il concetto di integrazione di un sistema di imaging duale, che combini l’imaging protoacustico con altre modalità di imaging come la tomografia computerizzata (CT) per la pianificazione, è altrettanto promettente. Questa integrazione consentirebbe di correggere la velocità del suono nei tessuti eterogenei, affinando così la precisione dell'imaging protoacustico.
Inoltre, l’uso combinato dell’imaging protoacustico con l'ecografia a impulsi-eco (come accade con la risonanza magnetica) permetterebbe una gestione in tempo reale dei movimenti tumorali, aumentando l’adattabilità e l’efficacia della protonterapia. Questo sviluppo potrebbe aprire nuove opportunità per un trattamento più preciso e reattivo alle variazioni dinamiche del tumore.
Tuttavia, l’integrazione dell’imaging protoacustico nella pratica clinica presenta diverse sfide, sia tecniche che normative. Dal punto di vista tecnico, le apparecchiature utilizzate nei sistemi di imaging protoacustico devono essere ottimizzate per fornire immagini in tempo reale di alta qualità, utili per la decisione clinica. Inoltre, gli algoritmi software necessari per la ricostruzione delle immagini e per il trattamento dei segnali devono essere perfezionati per gestire le complessità dei dati clinici reali. Sul piano normativo, i sistemi di imaging protoacustico dovranno affrontare rigorosi test per dimostrare la loro sicurezza, efficacia e affidabilità in scenari clinici variabili. In parallelo, i costi associati allo sviluppo, implementazione e mantenimento di questi sistemi dovranno essere giustificati dai miglioramenti concreti che questi apporteranno agli esiti dei pazienti.
Nonostante queste sfide, le prospettive per l’integrazione dell’imaging protoacustico nella pratica clinica rimangono favorevoli. Con i progressi continui della tecnologia e un crescente riconoscimento da parte della comunità clinica dei benefici della protonterapia, è plausibile che la protoacustica diventi una parte integrante del trattamento oncologico del futuro. La ricerca futura si concentrerà sicuramente nel risolvere le problematiche tecniche e nell'esplorare tutte le potenzialità che la protoacustica può offrire nel campo della biomedicina.
In questo scenario, l’aspetto fondamentale da comprendere è che la protoacustica, come strumento di dosimetria in vivo, non è solo una tecnologia avanzata per il monitoraggio della dose somministrata, ma rappresenta un cambiamento paradigmatico nel modo in cui vengono realizzati i trattamenti. Con l’utilizzo di tecniche di imaging combinate e l'ottimizzazione delle tecnologie esistenti, si aprono nuove possibilità per trattamenti oncologici sempre più precisi, meno invasivi e con migliori risultati a lungo termine. Il futuro della radioterapia, quindi, non solo dipende dalla precisione della somministrazione della dose, ma anche dalla capacità di adattare e personalizzare il trattamento in tempo reale, grazie all’innovazione continua delle tecniche di imaging.
Integrazione dell’Imaging Optoacustico con Altri Sistemi di Imaging per la Diagnostica Biomedica
L'imaging optoacustico (OA), noto anche come fotoacustico, è una tecnica emergente che combina l’eccitazione ottica con la rilevazione ultrasonica, capace di generare un contrasto ottico ricco dai tessuti viventi, con alta risoluzione spaziale e temporale. Questa tecnica ha suscitato un crescente interesse nella comunità biomedica grazie alle sue proprietà ibride uniche, che permettono di visualizzare con alta sensibilità la biodistribuzione dei cromofori endogeni e degli assorbitori ottici esogeni, come nanoparticelle, coloranti organici o proteine fluorescenti. Rispetto alle tecniche di microscopia ottica, l'OA consente una maggiore penetrazione nei tessuti viventi, sfruttando la bassa dispersione delle onde ultrasoniche, superando così le barriere imposte dalla diffusione ottica.
L’OA ha raggiunto diverse scale di imaging, dai dettagli subcellulari agli organi, mantenendo lo stesso contrasto ottico. Sulla scala microscopica, la microscopia optoacustica (OAM) permette di ottenere immagini ad alta risoluzione a profondità che rientrano nel cammino libero medio del trasporto dei fotoni, circa 1 mm nei tessuti biologici. D'altra parte, la tomografia OA può risolvere la distribuzione di assorbimento ottico con risoluzione ultrasonica in un intervallo da 10 a 100 micrometri a profondità dell’ordine del centimetro, dove il fascio di luce eccitante è completamente diffuso. I sistemi di tomografia all’avanguardia basati su array multi-elemento e matrice sfruttano l'eccitazione simultanea dell’intero volume immagine, laser a lunga durata di emissione, acquisizione parallela dei dati e computazioni ultraveloci su unità di elaborazione grafica (GPU), per accelerare l'acquisizione e la visualizzazione dei dati spettroscopici volumetrici in tempo reale. La versatilità dei sistemi OA è stata dimostrata in imaging anatomico, funzionale e molecolare, senza etichette, con l’utilizzo di agenti di contrasto esogeni.
Nonostante le potenti capacità tecniche, l'OA soffre di alcune limitazioni, tra cui la profondità di penetrazione, i compromessi inevitabili tra penetrazione e risoluzione spaziale, nonché la sensibilità e la specificità limitate. Inoltre, il contrasto OA deriva principalmente dall'assorbimento ottico, rendendo la tecnica poco sensibile ad altri meccanismi di contrasto legati alla diffusione, fluorescenza, proprietà acustiche e magnetiche dei tessuti. Per superare queste limitazioni, è prassi comune combinare diverse modalità di imaging per ottenere informazioni complementari che consentano una comprensione più completa dei processi biologici.
Poiché l’OA è intrinsecamente un sistema ibrido ottico e ultrasonico, gli sforzi di multimodalità si sono concentrati principalmente sulla sua ibridazione con l'ecografia (US), la fluorescenza (FL) e altre modalità ottiche di imaging. Recenti progressi nell’imaging multimodale OA hanno visto combinazioni preziose con tecniche come la risonanza magnetica (MRI), la tomografia computerizzata (CT) e la tomografia a emissione di positroni (PET), sfruttando contrasto completamente diverso per migliorare l’informazione anatomica, funzionale e molecolare.
L'integrazione tra OA e US rappresenta uno degli sviluppi più promettenti nell’ambito della diagnostica biomedica. Le due modalità condividono un pipeline di acquisizione e processamento del segnale simile, vantaggi comuni come l’uso di radiazioni non ionizzanti, la capacità di imaging in tempo reale, l'alta risoluzione spaziale e la portabilità. La combinazione di queste due modalità porta a un valore complementare significativo: l'US consente una facile navigazione anatomica e localizzazione delle strutture, mentre l'OA fornisce ulteriori informazioni funzionali, migliorando così l'applicabilità clinica. Inoltre, l’imaging US in modalità trasmissione può fornire ulteriori informazioni acustiche sui tessuti, come la velocità del suono (SoS) e l'attenuazione acustica (AA), che possono essere utilizzate per migliorare la precisione delle ricostruzioni tomografiche OA.
L’ibridazione con l'US in modalità riflessione è realizzata tramite array lineari e concavi, comunemente utilizzati in combinazione con illuminazione a fascio ampio tramite un fascio di fibre o specchi. L'immagine ibrida OA-US risulta particolarmente potente, poiché l’OA evidenzia principalmente le strutture vascolari, mentre l’US fornisce informazioni complementari sull’anatomia di altri tessuti molli. Inoltre, l’US è stato sfruttato per la correzione del movimento e della fluenza della luce nell’imaging ibrido OA-US, migliorando ulteriormente la qualità delle immagini.
Un altro aspetto interessante è l'uso combinato di OA con altre modalità come la risonanza magnetica (MRI), la tomografia computerizzata (CT) e la tomografia a emissione di positroni (PET). Queste tecniche, utilizzando contrasto completamente diverso, forniscono informazioni anatomiche, funzionali e molecolari che possono essere cruciali per una comprensione complessiva dei processi biologici e delle patologie. L'integrazione di questi sistemi permette di superare le limitazioni intrinseche di ciascun metodo, migliorando la risoluzione, la sensibilità e la capacità di penetrazione nei tessuti.
L’imaging multimodale, dunque, rappresenta la chiave per un'evoluzione della diagnosi e del monitoraggio delle malattie, offrendo un'opportunità unica per ottenere una panoramica più completa dello stato biologico dei pazienti, utile per la ricerca preclinica, la diagnostica clinica e il monitoraggio dei trattamenti.
Come l’Imaging Fotoacustico Sta Rivoluzionando la Valutazione e la Cura delle Malattie Ossee
L’avanzamento tecnologico nell’ambito dell’imaging biomedico ha permesso di ottenere nuovi strumenti per la diagnosi e il monitoraggio delle condizioni patologiche ossee. Tra le tecnologie emergenti, l’imaging fotoacustico ha mostrato un potenziale straordinario, grazie alla sua capacità di combinare informazioni ottiche e acustiche, offrendo una visione più chiara e dettagliata delle strutture ossee e dei tessuti circostanti. Questo approccio promette di migliorare notevolmente la valutazione della salute ossea, monitorando il recupero e la rigenerazione ossea con un approccio non invasivo.
L’imaging fotoacustico sfrutta il fenomeno della fotoacustica, che avviene quando un materiale assorbe una radiazione elettromagnetica, solitamente nella gamma dell'infrarosso vicino, generando onde acustiche che possono essere misurate. Applicato alle ossa, questo metodo consente di ottenere immagini ad alta risoluzione delle microstrutture ossee, come la composizione minerale e la matrice di collagene. Le variazioni nella composizione chimica e fisica delle ossa, come la perdita di densità minerale, possono essere monitorate in tempo reale grazie alla fotoacustica, permettendo diagnosi precoci di condizioni come l'osteoporosi o altre malattie degenerative ossee.
La valutazione delle ossa attraverso tecniche fotoacustiche può essere realizzata con diversi approcci, tra cui la spettroscopia fotoacustica e l'uso di onde ultrasoniche combinate. Ad esempio, l’analisi spettrale fotoacustica è stata utilizzata per studiare la microstruttura ossea, come la densità e la distribuzione dei minerali, mentre l’imaging fotoacustico con ultrasuoni permette di esaminare la collagene e altre componenti strutturali nelle ossa. La combinazione di queste tecniche consente di ottenere informazioni precise sulla salute ossea, che sono cruciali per la diagnosi precoce e la valutazione dei trattamenti.
Un’altra area di grande interesse è l’uso dell’imaging fotoacustico per il monitoraggio delle patologie ossee in fase di guarigione, come le fratture o le lesioni ossee. Le tecniche di imaging avanzate permettono di visualizzare i cambiamenti nei tessuti ossei durante il processo di riparazione, identificando eventuali anomalie nella formazione di calli ossei o nel recupero della densità ossea. Inoltre, la possibilità di monitorare l’ossigenazione dei tessuti e la saturazione dell’emoglobina all’interno delle ossa tramite fotoacustica può contribuire a comprendere meglio i meccanismi fisiologici che influenzano la guarigione delle fratture.
I vantaggi principali dell’imaging fotoacustico includono la non invasività, la possibilità di visualizzare strutture ossee a livello microscopico e l’alta risoluzione spaziale. Rispetto ad altre tecniche tradizionali, come la radiografia o la tomografia computerizzata (TC), la fotoacustica offre una maggiore precisione nella valutazione delle condizioni fisiologiche delle ossa senza l’uso di radiazioni ionizzanti. Questo è particolarmente rilevante nel monitoraggio a lungo termine dei pazienti, dove l’esposizione alle radiazioni potrebbe rappresentare un rischio.
La ricerca in questo campo è ancora in evoluzione, ma le applicazioni pratiche si stanno rapidamente ampliando. Tecniche come la tomografia fotoacustica a due lunghezze d’onda, utilizzata per esaminare l’ossigenazione nei tessuti ossei, e l'uso di trasduttori ad alta frequenza per l’imaging di superfici ossee fini, sono solo alcuni esempi di come l’imaging fotoacustico stia migliorando la nostra comprensione delle malattie ossee e della loro cura.
Inoltre, l’imaging fotoacustico ha mostrato potenzialità anche per l’imaging delle articolazioni e dei tessuti circostanti, come il sinovio, permettendo di visualizzare la vascolarizzazione e la risposta infiammatoria in condizioni patologiche come l’osteoartrite. Questo rende la tecnologia fotoacustica una risorsa fondamentale non solo per la diagnosi delle malattie ossee, ma anche per il trattamento personalizzato e il monitoraggio dei pazienti con disturbi articolari.
Un aspetto particolarmente interessante dell’imaging fotoacustico è la possibilità di utilizzarlo in combinazione con altre tecniche di imaging, come la risonanza magnetica (RM) e l’ecografia, per ottenere un quadro più completo delle patologie ossee. La combinazione di fotoacustica con tecniche di imaging tradizionali offre infatti una sensibilità e una specificità superiori, consentendo diagnosi più accurate e una pianificazione del trattamento ottimale.
L'adozione crescente di sistemi di imaging fotoacustico in ambito clinico, unitamente alla loro continua evoluzione tecnologica, suggerisce che questo approccio diventerà una parte fondamentale della pratica medica quotidiana. Per i professionisti del settore, comprendere i principi e le applicazioni dell’imaging fotoacustico è essenziale per sfruttarne appieno le potenzialità nella diagnosi, nel monitoraggio e nel trattamento delle malattie ossee.
Come le Tecniche Multimodali Stanno Rivoluzionando l'Imaging Intravascolare delle Placche Aterosclerotiche
L'imaging intravascolare ha fatto enormi progressi negli ultimi anni, specialmente grazie all'introduzione di tecniche multimodali in grado di fornire informazioni dettagliate e complementari sulla composizione e struttura delle placche aterosclerotiche. Sebbene metodi come l'optical coherence tomography (OCT) intravascolare abbiano capacità limitate nella caratterizzazione delle placche, l'emergere di tecniche più avanzate, come l'imaging fotoacustico intravascolare (IVPA), ha aperto nuove possibilità. Quest'ultima permette di ottenere informazioni compositive sulla parete vascolare e sulle placche, raggiungendo una maggiore profondità di penetrazione e una risoluzione spaziale elevata.
Per dimostrare le capacità di una sonda multimodale integrata per l'imaging intravascolare, sono stati condotti esperimenti ex vivo su arterie umane con placche aterosclerotiche. Utilizzando una scansione rotatoria con 1200 campioni per cerchio e un passo di ritrazione di 60 μm, sono state acquisite immagini multimodali di un campione di arteria con placche ricche di lipidi. Il campione arterioso è stato fissato utilizzando un supporto cilindrico realizzato con una soluzione di agar al 2% e accoppiato alla sonda tramite acqua. Per l'imaging fotoacustico (PAI), è stata utilizzata una luce con lunghezza d'onda di 1210 nm, corrispondente al picco di assorbimento dei lipidi, per eccitare il segnale fotoacustico.
Le immagini ottenute mostrano come ciascuna tecnica dia un contributo unico: l'imaging PAI evidenzia le aree ricche di lipidi nelle placche con un contrasto elevato, come indicato dalle frecce gialle nelle immagini. L'OCT visualizza distintamente la struttura superficiale della parete vascolare, mentre l'ecografia (US) cattura la struttura complessiva della parete vascolare, grazie alla sua profonda capacità di penetrazione nei tessuti. Combinando le immagini PAI, US e OCT, si ottiene una rappresentazione molto più completa e dettagliata della parete vascolare e delle placche.
Un altro passo importante verso la caratterizzazione accurata delle placche aterosclerotiche è stato fatto con l'imaging fotoacustico spettroscopico, che utilizza diverse lunghezze d'onda per ottenere informazioni dettagliate sulle componenti chimiche della placca. Con l'utilizzo di sei lunghezze d'onda (710, 800, 900, 1100, 1150 e 1210 nm), è stato possibile visualizzare differenti costituenti della placca. Per esempio, l'elastina e il collagene, che hanno coefficienti di assorbimento relativamente alti sotto i 1000 nm, si presentano come aree ad alta intensità nell'immagine PAI, mentre i lipidi, con un picco di assorbimento intorno ai 1210 nm, appaiono come le aree più luminose. L'integrazione di queste informazioni chimiche con le immagini strutturali ottenute da US e OCT permette una visualizzazione molto più completa delle proprietà della parete arteriosa e delle placche aterosclerotiche.
Questi progressi nella tecnologia di imaging multimodale non solo permettono di ottenere informazioni più precise e dettagliate sulla composizione e struttura delle placche, ma aprono anche la strada a una migliore valutazione della vulnerabilità delle placche stesse. Le placche aterosclerotiche, che possono essere instabili e prone alla rottura, rappresentano un rischio significativo di eventi cardiovascolari. La capacità di identificare le aree vulnerabili all'interno della placca può migliorare significativamente la diagnostica e il trattamento delle malattie cardiovascolari.
Tuttavia, nonostante questi progressi, la tecnologia presenta ancora delle sfide, soprattutto in termini di velocità di acquisizione delle immagini e di profondità di penetrazione. Sebbene la sonda multimodale integrata dimostri un alto livello di risoluzione e una buona capacità di penetrazione, la velocità di acquisizione delle immagini è limitata dalla bassa frequenza di ripetizione del laser nanosecondico Nd:YAG e dalla relativa lentezza dell'OCT a dominio temporale. Questi limiti possono portare alla comparsa di artefatti nelle immagini a causa dei movimenti del campione durante il processo di acquisizione.
Per migliorare ulteriormente, si prevede che l'adozione di laser con frequenze di ripetizione più elevate e l'integrazione di OCT a sorgente spazzata, un sistema di imaging ad alta velocità, possano portare a una velocità di imaging che raggiunge centinaia di kHz per punto di scansione. Inoltre, la miniaturizzazione della sonda e l'integrazione di componenti più compatti aprono la strada a numerose applicazioni cliniche, come l'imaging intravvascolare coronarico multimodale, l'imaging in vivo di organi interni in piccoli animali, e la terapia interventistica minimamente invasiva.
Sebbene la tecnologia abbia un enorme potenziale, il passaggio dalla ricerca all'uso clinico comporta ancora sfide significative. La robustezza e l'affidabilità del sistema devono essere garantite per poterlo utilizzare in ambienti clinici reali. Inoltre, l'alto costo delle attrezzature e la complessità del sistema sono ostacoli che potrebbero limitare la diffusione di queste tecniche innovative.
È fondamentale che la ricerca continui a concentrarsi su soluzioni per migliorare la velocità di imaging, la profondità di penetrazione, e la miniaturizzazione dei dispositivi, al fine di rendere queste tecnologie non solo più efficaci ma anche più accessibili in un contesto clinico.
Quali sono i vantaggi e le sfide delle tecniche di imaging medico come l'ecografia e la risonanza magnetica?
L'imaging medico ha fatto enormi progressi negli ultimi decenni, grazie a tecniche come la risonanza magnetica (RM) e l'ecografia, che hanno rivoluzionato la diagnostica. Sebbene entrambe queste modalità abbiano i loro punti di forza, presentano anche alcune limitazioni e sfide tecniche che devono essere comprese in modo chiaro per un uso appropriato.
La risonanza magnetica (RM) sfrutta impulsi elettromagnetici per produrre immagini ad alta risoluzione dei tessuti molli. Questo sistema di imaging si basa sull’ambiente chimico dei protoni all’interno dei tessuti, derivati dagli atomi di idrogeno presenti nelle molecole d’acqua. La RM è particolarmente adatta per l'imaging di tessuti morbidi come il grasso e i muscoli, che hanno un contenuto d'acqua relativamente alto. Tuttavia, uno degli svantaggi principali della RM è la bassa risoluzione temporale, che non consente di ottenere immagini ad alta risoluzione in tempo reale. Inoltre, i dispositivi RM sono molto costosi sia per l'acquisto che per la manutenzione e richiedono che il paziente rimanga immobile per periodi prolungati, il che può risultare difficile per alcuni. La RM non è nemmeno compatibile con tutti i dispositivi impiantabili, limitando ulteriormente il suo utilizzo in certi contesti clinici.
D'altra parte, l'ecografia medica è una modalità di imaging non invasiva che utilizza onde sonore ad alta frequenza per produrre immagini. Queste onde attraversano i tessuti e vengono riflesse dalle interfacce tra i media con diverse impedenze acustiche. L'ecografia è particolarmente utile per esaminare tessuti morbidi eterogenei, come il feto in via di sviluppo, o per diagnosticare patologie oncologiche, come il cancro al seno. A differenza della RM, l'ecografia è economica, portatile e sicura, in quanto non utilizza radiazioni ionizzanti. Tuttavia, la qualità dell'immagine ecografica dipende dalla frequenza delle onde sonore, che può influenzare sia la risoluzione assiale che laterale. Le onde sonore ad alta frequenza, infatti, offrono una risoluzione migliore ma penetrano meno in profondità nei tessuti.
Nel contesto dell'ecografia, la risoluzione assiale dipende principalmente dalla frequenza dell'ultrasuono, con frequenze più elevate che permettono di risolvere oggetti più ravvicinati nel piano di imaging assiale. Tuttavia, onde sonore ad alta frequenza subiscono una maggiore attenuazione acustica, limitando la loro capacità di penetrare i tessuti. La risoluzione laterale, invece, dipende da fattori come le dimensioni della sonda ecografica e la precisione con cui questa si muove durante la scansione. Una sonda più sottile e un minor errore di posizione permettono una risoluzione laterale migliore, ma queste caratteristiche rendono più complicato e costoso il design dei dispositivi ecografici.
Un altro elemento cruciale nell’imaging ecografico è il rapporto segnale-rumore (SNR), che indica quanto il segnale riflesso dai tessuti sia superiore al rumore di fondo. Un SNR più alto significa immagini meno disturbate dal rumore, ma per ottenerlo è necessario utilizzare dispositivi di qualità superiore e tecnologie più avanzate. In alcuni casi, l'ecografia può essere utilizzata anche per applicazioni terapeutiche, come nella terapia ad ultrasuoni focalizzati, che sfrutta le onde sonore per creare cavitazione nei tessuti e causare danni localizzati.
Un'altra tecnologia fondamentale nell’imaging ecografico è il trasduttore a ultrasuoni piezoelettrici. Questi trasduttori sono costruiti con cristalli piezoelettrici che si deformano quando viene applicata una tensione elettrica. Tale deformazione consente ai trasduttori di generare onde sonore e di rilevare i segnali riflessi. La precisione e la qualità dell’immagine dipendono direttamente dalla disposizione dei cristalli piezoelettrici, con array di cristalli più numerosi che migliorano la risoluzione laterale e consentono di dirigere le onde sonore su una gamma più ampia di direzioni. Per l’imaging in vivo, questi trasduttori devono essere miniaturizzati a dimensioni sub-millimetriche, il che presenta sfide significative nella produzione di elementi così piccoli e nell'eliminazione di interferenze tra gli elementi.
Infine, va considerato che tutte queste tecnologie di imaging non sono esenti da limitazioni. La risonanza magnetica, pur essendo altamente dettagliata, non è sempre pratica a causa dei costi e delle necessità di immobilizzazione del paziente. L’ecografia, d’altro canto, pur essendo più economica e sicura, non sempre offre la stessa qualità di dettaglio che altre tecniche come la RM, specialmente per quanto riguarda i tessuti più densi o omogenei. La comprensione di queste limitazioni è fondamentale per scegliere la tecnologia più appropriata a seconda delle necessità diagnostiche e terapeutiche del paziente.
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