L'Intelligenza Artificiale generativa è ormai entrata a far parte di numerosi strumenti, dai motori di ricerca ai software di editing fotografico e video, fino alle banche dati per la ricerca legale. Sebbene i risultati ottenuti tramite questi strumenti necessitino ancora di una notevole revisione e modifica da parte dell'uomo, l'evoluzione tecnologica è tale che prestazioni altamente sofisticate potrebbero essere a portata di comando testuale in un futuro molto prossimo. Qualsiasi innovazione tecnologica che superi i limiti di ciò che l'essere umano è capace di fare porta con sé un potenziale di liberazione, ma anche di destabilizzazione. Come avvenne durante la Rivoluzione Industriale, che permise la creazione di grandi imprese capaci di produrre beni industriali e di consumo su scala impensabile prima, ma che allo stesso tempo generò incidenti e infortuni attraverso reti di produttori, distributori e datori di lavoro, anche l'Intelligenza Artificiale generativa è destinata ad aprire scenari innovativi ma anche a presentare sfide significative nella legislazione sulla proprietà intellettuale.
L'epoca dell'informazione ha già posto interrogativi legali complessi, legati all'automazione diffusa di copie e distribuzioni che ha avuto inizio negli anni ’90. Oggi, l'Intelligenza Artificiale generativa porta quell'automazione alla creazione di contenuti nuovi, che sono la base di tutte le discipline legate alla proprietà intellettuale. La sfida non si limita solo alla questione di diritto d'autore, ma solleva interrogativi fondamentali sulla natura stessa dell'atto creativo: può l'AI essere considerata una "creatrice" come un essere umano? Chi è responsabile quando un contenuto generato da un sistema AI risulta simile a una creazione già protetta? La rapidità con cui si evolve la tecnologia rende difficile una riflessione legale chiara, ma inevitabilmente spinge verso una revisione delle strutture giuridiche tradizionali, analogamente a quanto avvenne in passato nel campo delle responsabilità e dei danni.
La questione del copyright è al centro dei problemi legali legati all'AI generativa. Utilizzare opere protette da diritto d'autore per addestrare modelli AI può costituire una violazione dei diritti di proprietà intellettuale. La raccolta di enormi quantità di contenuti protetti, spesso prelevati da internet, per l'addestramento delle intelligenze artificiali è una pratica che pone interrogativi su come le leggi sul copyright possano applicarsi a questa nuova modalità di creazione. La difesa di "uso lecito" è una delle argomentazioni che spesso viene avanzata da chi difende l'uso di opere protette per alimentare il processo di apprendimento delle macchine, ma restano aperti i dubbi riguardo a chi detenga i diritti sulle opere generate, soprattutto se queste risultano sostanzialmente simili a opere preesistenti.
Nel processo di creazione di contenuti, il sistema AI non fa altro che "imparare" dai dati a sua disposizione. L'algoritmo di machine learning, che sta alla base dei modelli generativi, analizza miliardi di esempi di testi, immagini e altri tipi di contenuti per determinare le probabilità di certe combinazioni di elementi. Più il sistema è alimentato con dati, migliore sarà la sua capacità di riprodurre o creare nuovi contenuti. Tuttavia, è legittimo chiedersi se tale "apprendimento" possa essere considerato una forma di copia o di creazione autonoma. Se una AI riproduce una parte sostanziale di un'opera protetta, chi deve essere considerato responsabile? L'autore del programma, l'utente che ha generato il contenuto o l'azienda che ha sviluppato il sistema?
Nel contesto di queste problematiche giuridiche, uno degli aspetti più discussi è quello legato alla responsabilità. Quando un contenuto generato da AI risulta simile a un'opera protetta, le domande si moltiplicano: chi è l'autore di tale opera? L'AI può essere considerata un'entità capace di generare qualcosa di originale, o è solo un mezzo tramite cui l'uomo esprime la sua creatività? In alcuni casi, la discussione riguarda il concetto di "derivazione": se un'AI utilizza un'opera preesistente per allenarsi, e successivamente genera contenuti che ricalcano quella stessa opera, si può parlare di creazione originale? E se sì, chi ha diritto a beneficiare dei frutti di questa creazione?
È interessante notare come questi temi, pur sembrando strettamente legati al diritto d'autore, si colleghino anche ad altri aspetti legali, come la responsabilità civile e la protezione dei dati. Il fatto che le intelligenze artificiali generative possano produrre risultati di grande valore creativo e commerciale solleva questioni riguardo alla protezione di questi risultati e alla distribuzione dei benefici economici derivanti dalla loro creazione. Se un sistema AI produce, ad esempio, un'opera che ha un valore di mercato, chi detiene i diritti su quest'opera? L'utente che ha impartito l'input al sistema, l'azienda che ha sviluppato l'algoritmo, o la macchina stessa? Questo tipo di questioni è destinato a diventare sempre più rilevante mentre l'uso delle intelligenze artificiali nella produzione di contenuti diventa più diffuso e sofisticato.
Le implicazioni legali di questa nuova forma di creatività automatizzata potrebbero comportare un cambiamento radicale nella legislazione sulla proprietà intellettuale. Potremmo assistere, come avvenne nel XIX secolo con l'introduzione della responsabilità nelle leggi sui danni, a una riforma che riconosca la complessità delle nuove tecnologie e dei loro effetti sul sistema giuridico esistente. Non è escluso che si arrivi a un adeguamento delle leggi sul copyright, con una maggiore attenzione alle nuove forme di produzione intellettuale, oppure a una ridefinizione del concetto di "creatore" nell'ambito delle leggi sulla proprietà intellettuale.
Una questione centrale in questo contesto riguarda il rischio di non riuscire a bilanciare l'innovazione tecnologica con la necessità di garantire i diritti degli autori e degli utenti. Il sistema giuridico dovrà adattarsi rapidamente per evitare che l'uso indiscriminato dell'AI possa ledere i diritti di chi crea contenuti in modo tradizionale, o peggio, creare situazioni di sfruttamento in cui le macchine assumono un ruolo predominante, mentre gli esseri umani perdono il controllo sui frutti della loro creatività.
Qual è la Responsabilità degli Avvocati nell'Uso degli LLM?
Il panorama giuridico sta attraversando una trasformazione profonda con l'introduzione degli LLM (Large Language Models) nel settore legale. La loro capacità di generare testi simili a quelli umani e di processare enormi volumi di dati sta riscrivendo le modalità con cui gli avvocati svolgono le loro funzioni. Tuttavia, questa innovazione porta con sé una serie di domande critiche relative alla responsabilità professionale, alla protezione dei clienti e alla regolamentazione dell'uso degli LLM, nonché alla questione dell'autorizzazione nella pratica legale.
Il primo interrogativo riguarda la responsabilità degli avvocati che utilizzano gli LLM per le possibili imprecisioni o errori nei risultati generati. Se un LLM commette un errore, a chi spettano le conseguenze legali? Gli avvocati che si affidano a questi strumenti devono essere pronti a rispondere non solo delle loro competenze professionali, ma anche della qualità del lavoro svolto tramite tali tecnologie. È fondamentale comprendere che, sebbene gli LLM possano velocizzare il lavoro e migliorare l'efficienza, non sono infallibili e possono commettere errori che un avvocato esperto sarebbe in grado di individuare. Di conseguenza, ogni avvocato che decide di utilizzare questi strumenti deve esercitare una vigilanza costante, integrando l'uso dell'LLM con una supervisione critica dei contenuti prodotti.
Un altro tema di rilevanza è se l'uso degli LLM da parte di soggetti non qualificati, ovvero da persone senza una formazione giuridica, possa costituire una pratica legale non autorizzata. La tecnologia avanzata degli LLM rende possibili molte attività che tradizionalmente spettano agli avvocati, come la redazione di documenti legali, la consulenza su contratti o la formulazione di argomenti giuridici complessi. Questo solleva una domanda: quando l'uso di questi strumenti da parte di non avvocati diventa una violazione delle normative sulla pratica legale? In molti ordinamenti giuridici, solo i professionisti abilitati possono prestare consulenza legale o redigere atti legali, e l'uso indiscriminato di LLM da parte di non esperti potrebbe essere visto come una violazione di queste normative, esponendo i clienti a rischi.
In parallelo, le regole professionali che governano l'etica e la condotta degli avvocati devono adattarsi a questa nuova realtà. L'adozione degli LLM da parte di studi legali solleva interrogativi etici: come deve comportarsi un avvocato che utilizza strumenti che, pur essendo molto potenti, non sempre garantiscono precisione assoluta? È necessario che le linee guida professionali stabiliscano una chiara distinzione tra ciò che può essere fatto autonomamente con l'ausilio degli LLM e ciò che deve essere supervisato dal legale stesso. Gli avvocati devono essere trasparenti con i loro clienti riguardo all'uso di tali tecnologie, assicurandosi che la qualità e l'affidabilità del servizio non vengano compromesse.
Un ulteriore sviluppo importante è rappresentato dal recente regolamento sull'intelligenza artificiale dell'Unione Europea (AI Act), che ha implicazioni significative per l'industria legale. Questo atto mira a stabilire una regolamentazione globale dell'uso dell'intelligenza artificiale, classificando i vari tipi di applicazioni di IA in base ai rischi che comportano. Gli strumenti di IA, tra cui gli LLM, sono destinati a diventare sempre più centrali nel contesto giuridico, ma la loro adozione dovrà essere gestita con attenzione per evitare problematiche legali o danni ai clienti. Il regolamento potrebbe inoltre stimolare una riflessione sull'opportunità di introdurre specifici standard di protezione per i dati sensibili trattati da tali strumenti.
Alla luce di questi sviluppi, è essenziale che le leggi e le regolamentazioni in materia di intelligenza artificiale evolvano rapidamente, per garantire che gli LLM possano essere utilizzati in modo sicuro ed etico. Le questioni relative alla responsabilità, alla protezione dei dati, al rispetto delle normative esistenti e alla protezione dei diritti dei consumatori sono tutte aree che richiedono attenzione. Gli avvocati e le imprese legali devono restare aggiornati su questi cambiamenti e adattarsi di conseguenza, non solo per evitare responsabilità, ma anche per continuare a offrire un servizio di qualità.
L'uso degli LLM nel settore legale sta quindi aprendo nuove frontiere, ma al tempo stesso pone una serie di sfide. Per i professionisti del diritto, è fondamentale integrare questi strumenti avanzati con competenza, rigore e un continuo impegno per la trasparenza nei confronti dei clienti. Solo così sarà possibile sfruttare appieno il potenziale di queste tecnologie senza compromettere i principi fondamentali della professione legale.
L'uso dei LLM (Modelli Linguistici di Grandi Dimensioni) nella pratica legale: competenza, riservatezza e responsabilità
I professionisti del diritto sono tenuti a possedere una competenza professionale adeguata all’esercizio della loro professione, che includa una conoscenza approfondita della legge, delle sue pratiche e delle nuove tecnologie emergenti. Le normative come la Regola 1.1 delle ABA Model Rules e il Principio (g) della Carta CCBE sottolineano l’importanza per gli avvocati di mantenere una competenza aggiornata, in particolare riguardo alle innovazioni tecnologiche che potrebbero influenzare la pratica legale. In particolare, il commento 8 della Regola 1.1 delle ABA Model Rules afferma che un avvocato "dovrebbe mantenersi al passo con i cambiamenti nella legge e nelle sue pratiche, comprese le opportunità e i rischi associati alle tecnologie pertinenti." Pertanto, è essenziale che gli avvocati comprendano non solo il funzionamento dei LLM, ma anche le loro limitazioni.
Un aspetto cruciale per gli avvocati che utilizzano modelli linguistici generativi come gli LLM è comprendere come questi sistemi funzionano e quali sono i limiti legati al loro impiego. La California State Bar, in una guida pratica sull’uso dell’intelligenza artificiale generativa, sottolinea che prima di utilizzare un LLM, un avvocato deve capire in modo ragionevole come funziona la tecnologia, le sue limitazioni, e i termini di utilizzo che regolano l’accesso ai dati dei clienti. Questa comprensione è fondamentale, non solo per garantire la qualità dei servizi offerti, ma anche per proteggere i diritti dei clienti.
In parallelo, gli avvocati sono vincolati dal dovere di riservatezza e segretezza professionale. Devono fare ogni ragionevole sforzo per prevenire la divulgazione accidentale o non autorizzata delle informazioni relative alla rappresentanza di un cliente. È importante notare che molti chatbot e LLM memorizzano i dati dei prompt degli utenti, il che solleva preoccupazioni relative alla protezione dei dati. Alcuni fornitori di servizi, infatti, potrebbero avere clausole nei loro termini e condizioni che permettono loro di condividere queste informazioni con terzi o di utilizzare i prompt per addestrare i propri modelli. In questo contesto, gli avvocati devono adottare misure per anonimizzare o pseudonimizzare le informazioni prima di inserirle in un LLM, oppure ottenere il consenso esplicito del cliente, preferibilmente tramite un accordo di incarico.
Il dovere di riservatezza è strettamente connesso al dovere di informare il cliente riguardo all’uso delle tecnologie legate agli LLM. In base alla Regola 1.4 delle ABA Model Rules, un avvocato ha l’obbligo di comunicare con il cliente in modo che quest’ultimo possa partecipare efficacemente alla rappresentanza. Tale comunicazione dovrebbe includere informazioni sui rischi e le limitazioni degli LLM utilizzati. Non è necessario fornire una descrizione dettagliata delle caratteristiche del sistema o del codice informatico, ma è fondamentale informare il cliente se l’utilizzo di un LLM potrebbe avere un impatto significativo sull’esito del caso o sugli interessi del cliente. In ogni caso, sarebbe prudente che gli studi legali ottimizzassero le loro pratiche contrattuali per riflettere l’uso di queste tecnologie, anche se non c'è un esplicito obbligo normativo di ottenere un consenso informato.
Un altro aspetto importante riguarda il dovere di supervisione che grava sugli avvocati nei confronti degli altri avvocati e non avvocati che li assistono nella prestazione dei servizi legali. L’ABA, nel 2012, ha chiarito che questa responsabilità si estende anche all’uso di assistenza non umana, come quella fornita dagli LLM. Di conseguenza, il linguaggio generato dall’intelligenza artificiale deve essere esaminato per verificarne l'accuratezza da una persona responsabile, utilizzando fonti legali autorevoli. È anche importante che gli studi legali stabiliscano procedure interne per garantire che i modelli linguistici utilizzati siano approvati dall’amministrazione dello studio e che gli impiegati siano adeguatamente formati sui rischi e sulle limitazioni di queste tecnologie. Un’adeguata formazione e l’attuazione di politiche di governance sul loro utilizzo sono cruciali per minimizzare i rischi di negligenza professionale.
L’uso dei LLM per la creazione automatica di documenti legali o per altre applicazioni non è esente da rischi pubblicitari. Gli avvocati che promuovono i loro servizi basati su LLM devono fare attenzione a non fare dichiarazioni false o ingannevoli, come sottolineato dalla Regola 7.1 delle ABA Model Rules e dal Principio 2.6 della Carta CCBE. Dichiarazioni che suggeriscono che l’uso di un LLM renda i servizi legali “più veloci”, “più economici” o “migliori” senza prove concrete possono risultare fuorvianti. Inoltre, l’uso di buzzwords come “creazione automatica di contratti tramite intelligenza artificiale” può risultare ingannevole, specialmente se il sistema in questione non fa altro che assemblare moduli di testo sulla base di schemi predefiniti.
Oltre a ciò, è fondamentale che gli avvocati considerino le implicazioni etiche dell'uso di questi strumenti. Mentre le tecnologie come gli LLM offrono efficienza e velocità, la loro applicazione in ambito legale non può prescindere da una riflessione approfondita sugli impatti etici e sui rischi associati. Il rapporto tra avvocato e cliente, basato su fiducia, riservatezza e competenza, non può essere ridotto a una mera operazione automatizzata. Il valore dell'intervento umano nella consulenza legale rimane irrinunciabile, anche in un contesto in cui l'Intelligenza Artificiale gioca un ruolo sempre più rilevante.
Come Rispondere ai Dilemmi della Responsabilità per i Danni Causati dai Sistemi di Intelligenza Artificiale: Un Approccio Normativo nell'Unione Europea
Nel contesto dell'evoluzione tecnologica, la crescente diffusione dei sistemi di Intelligenza Artificiale (IA) ha sollevato nuove e complesse problematiche legate alla responsabilità giuridica per i danni causati da tali tecnologie. Le peculiarità di questi sistemi, tra cui l'opacità, la complessità, la vulnerabilità, l'apertura, la dipendenza dai dati e l'autonomia, sono caratteristiche che sfidano i tradizionali concetti di responsabilità legale. Queste peculiarità pongono interrogativi significativi sulla compatibilità e sull'efficacia delle normative esistenti, sollecitando una riflessione approfondita sulla necessità di aggiornamenti o addirittura sulla creazione di nuove categorie giuridiche, come quella dei "danni causati dall'IA".
L’Unione Europea si trova di fronte a diversi dilemmi legislativi che richiedono una risposta adeguata in merito alla gestione dei danni provocati da sistemi di IA. Il primo dilemma riguarda la scelta tra formulare norme specifiche per la responsabilità dell'IA o adattare le normative generali di responsabilità alle specificità di questi sistemi. Il secondo dilemma riguarda l’adozione di un regime di responsabilità rigorosa in caso di danni causati da sistemi di IA, rispetto alla possibilità di mantenere un modello di responsabilità basato sulla colpa. Il terzo dilemma si riferisce al livello di uniformità giuridica da perseguire a livello europeo in materia di danni causati da IA.
La Risoluzione del Parlamento Europeo del 2020 sulla responsabilità per il funzionamento dei sistemi di IA proponeva una posizione ambiziosa in termini di armonizzazione legislativa, suggerendo la creazione di un regime di responsabilità specifico per l'IA che prevedesse due livelli di responsabilità: una responsabilità oggettiva per i sistemi ad alto rischio e una responsabilità basata sulla colpa per i sistemi non ad alto rischio. Questa proposta, purtroppo, non ha avuto seguito concreto e non ha portato a una formulazione normativa specifica da parte della Commissione. In alternativa, la Commissione ha proposto due direttive nel 2022, che mirano, da un lato, a rivedere le norme sulla responsabilità del prodotto per includere i "prodotti intelligenti" e i sistemi di IA autonomi, e dall'altro, a semplificare il carico della prova nelle azioni di responsabilità basata sulla colpa per danni causati da IA.
L'approccio della Commissione è nettamente più pragmatico rispetto alla proposta del Parlamento, evitando una regolamentazione stringente a favore di un rafforzamento delle regole esistenti relative alla prova e all’onere della prova nelle controversie legali in cui è coinvolta l'IA. La Direttiva proposta, pur intitolata "Direttiva sull'adattamento delle norme sulla responsabilità civile non contrattuale per i danni causati dai sistemi di IA", non si propone di stabilire regole generali di responsabilità per l'IA, ma piuttosto di affrontare aspetti più modesti ma necessari, come la divulgazione delle prove e il miglioramento delle procedure legali nelle richieste di risarcimento.
Questo approccio più graduale riflette il contesto giuridico dell'Unione Europea, dove la responsabilità civile è ancora in gran parte regolata a livello nazionale. Un elemento chiave di questa proposta è il modo in cui essa colma il divario tra l'Atto sull'IA, che tenta di ottenere un'armonizzazione elevata a livello europeo, e le normative nazionali sulla responsabilità civile, che restano sostanzialmente eterogenee. L’introduzione di presunzioni legali nella responsabilità civile è una delle soluzioni mirate a semplificare il processo legale, soprattutto per i danni causati da IA che non rispettano i requisiti normativi.
Un altro aspetto rilevante è la revisione della Direttiva sulla responsabilità del prodotto (PLD), che include ora anche i prodotti abilitati da IA e i sistemi di IA autonomi. L’adozione di questo approccio contribuisce non solo all’armonizzazione delle normative a livello europeo, ma anche alla maggiore efficienza del regime di responsabilità, creando un quadro normativo che, pur non essendo completamente unificato, è comunque più coeso e compatibile con l’evoluzione tecnologica.
Il quadro legislativo proposto dalla Commissione, pur privo di una soluzione definitiva, offre un percorso di compromesso che permette di rispondere ai dilemmi legati alla responsabilità per i danni causati da IA. Questo approccio intende rispondere alle nuove esigenze del mercato digitale e dell'economia circolare, pur rimanendo realistico rispetto alla diversità dei sistemi giuridici nazionali.
Nell'ambito di queste modifiche, è essenziale considerare non solo la legislazione vigente, ma anche le implicazioni pratiche che i cambiamenti avranno per le aziende e i consumatori. La gestione dei danni causati dall’IA non riguarda esclusivamente la responsabilità delle imprese che producono e utilizzano queste tecnologie, ma tocca anche il diritto degli individui ad essere adeguatamente risarciti per i danni subiti. Questo implica una riflessione più ampia sul bilanciamento tra innovazione tecnologica e protezione dei diritti individuali.
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