L'evoluzione dei mezzi di comunicazione, in particolare l'emergere di internet, ha radicalmente trasformato la relazione tra media e leggi che tradizionalmente regolano la libertà di espressione. L'introduzione delle tecnologie digitali ha scosso le fondamenta del diritto dei media, sollevando una serie di problematiche giuridiche che nessun sistema legale aveva mai affrontato prima. La legge, che fino ad allora aveva mantenuto un certo grado di controllo sulle forme tradizionali di comunicazione, si è trovata impreparata di fronte alla sfida imposta dalla rete globale.

Nel corso della storia, la libertà di stampa è stata garantita, ma mai senza limiti. John Locke, filosofo del XVII secolo, sostenne che la libertà di stampa non doveva essere compromessa da controlli e restrizioni, ma le realtà storiche dimostrano che la stampa è stata, fin dai suoi inizi, sottoposta a regolamentazioni. In effetti, il diritto di libertà di espressione, purtroppo, non ha mai significato totale assenza di controlli. La tassazione delle pubblicazioni e la licenza della stampa sono esempi di misure che hanno limitato questa libertà. Con il passare dei secoli, le cose cambiarono progressivamente, ma le normative continuavano ad evolversi in base al contesto sociale e politico.

Nel caso degli Stati Uniti, la protezione della libertà di espressione ha preso forma attraverso il Primo Emendamento alla Costituzione, che risale al 1791 e proibisce al Congresso di limitare la libertà di parola e di stampa. Tuttavia, con l'emergere di nuovi media, come il cinema e la televisione, anche questi sono stati soggetti a licenze e regolamentazioni, in quanto i governi avevano il potere di disciplinarli. Negli Stati Uniti, i film venivano considerati più un "business" che un'estensione della libertà di stampa, e nonostante il Primo Emendamento, il controllo sui contenuti cinematografici è stato fermo fin dall'inizio.

Anche la radio, pur rappresentando un nuovo medium che avrebbe potuto amplificare la libertà di espressione, è stata soggetta a regolamentazioni. La frequenza radiofonica, essendo una risorsa limitata e condivisa, ha richiesto un intervento statale per evitare interferenze tra i segnali. Questo intervento, sebbene giustificato dalla necessità di regolare l'allocazione delle frequenze, ha avuto l'effetto collaterale di stabilire un controllo di fatto sui contenuti trasmessi. In questo contesto, la libertà di espressione è stata tutelata, ma sempre sotto vincoli che limitavano il suo pieno esercizio.

Tuttavia, l'avvento di internet ha rappresentato una vera e propria rivoluzione. La legge si è trovata di fronte alla difficoltà di regolamentare un mezzo che, per sua natura, sfuggiva ai controlli tradizionali. Le piattaforme digitali, prive di un "proprietario" fisico come nel caso dei giornali o delle stazioni radio, si sono evolute in spazi dove qualsiasi individuo ha la possibilità di diffondere informazioni, veri o falsi che siano. In questo scenario, il principio di libertà di stampa, così come concepito nelle leggi precedenti, è diventato obsoleto. Le leggi che governano la stampa non si applicano più facilmente ai contenuti online, dove il confine tra informazione legittima e notizie false (fake news) è sempre più sfocato.

Un esempio emblematico di come la legislazione abbia dovuto adattarsi riguarda il "Communications Decency Act" negli Stati Uniti del 1996, che stabilisce che i fornitori di contenuti online non sono considerati responsabili per i contenuti pubblicati dagli utenti, un principio che ha alimentato la proliferazione di contenuti non verificati. La legge ha rimosso le responsabilità dai gestori delle piattaforme, dando così spazio ad un'informazione incontrollata, ma anche alla diffusione di contenuti dannosi.

La questione della "libertà di stampa" nell'era digitale diventa quindi estremamente complessa. Se da un lato internet ha permesso una democratizzazione dell'accesso alle informazioni, dall'altro ha favorito la diffusione di contenuti pericolosi e irresponsabili. Le piattaforme online, pur rappresentando un nuovo spazio di libertà, sono anche terreno fertile per attività antisociali, dalla disinformazione alla criminalità informatica. Le leggi, incapaci di adattarsi rapidamente ai cambiamenti tecnologici, sembrano impotenti di fronte alla vastità e alla rapidità con cui internet ha rivoluzionato la comunicazione.

Un altro aspetto importante che si deve considerare è come le leggi sulla proprietà intellettuale abbiano tentato di adattarsi alle nuove tecnologie. La fotografia, all'inizio, rappresentava un dilemma per i giuristi: chi possedeva i diritti su un'immagine? La risposta è stata quella di considerare l'autore della fotografia come un "artista", una classificazione che ha permesso di regolamentare la nuova pratica artistica. Oggi, la stessa domanda si pone per i contenuti digitali. L'evoluzione della tecnologia ha continuato a sconvolgere le tradizionali nozioni legali, e la legge si è trovata a dover rivedere i suoi principi fondamentali per rispondere alle sfide poste da internet e dai suoi usi incontrollabili.

Nel contesto contemporaneo, la regolamentazione delle piattaforme digitali è diventata essenziale, ma altrettanto cruciale è il dibattito sulla libertà di espressione online. Non si tratta solo di trovare un equilibrio tra il controllo dei contenuti e la protezione delle libertà individuali, ma di sviluppare un sistema giuridico che possa rispondere alle problematiche poste dalla globalizzazione dell'informazione. La questione centrale riguarda il controllo delle informazioni e la protezione della libertà di espressione in un mondo che è sempre più interconnesso e virtuale.

La stampa e la sua evoluzione: tra bene e male nel periodo delle incunabole

Nel periodo che segue l'invenzione della stampa da parte di Gutenberg, la produzione di materiali stampati si espande a un ritmo vertiginoso, e la stampa stessa diventa uno degli strumenti più potenti nella diffusione della cultura e della conoscenza. Tuttavia, il suo impatto non fu privo di ambiguità. I primi libri stampati, tra cui Bibbie, Salteri, libri di preghiere e opere classiche greche e latine, erano visti principalmente come strumenti di edificazione e di bene sociale. Ma la produzione di stampati non si limitava solo alla letteratura sacra o educativa. La stampa, in effetti, riusciva a generare anche prodotti considerati moralmente discutibili, come le carte da gioco, la fiction frivola, o, addirittura, opere come il Decamerone di Boccaccio, che si allontanava completamente dalla moralità religiosa.

Questa dualità della stampa, che poteva essere vista come una benedizione o una maledizione, si manifestava anche in altri ambiti. Le partiture musicali, ad esempio, sebbene possedessero un valore sacro, venivano anche utilizzate per creare musica profana, potenzialmente considerata peccaminosa. Così come il vino che ispirò la creazione della macchina tipografica, i prodotti della stampa non sempre venivano percepiti come una benedizione, ma spesso come una minaccia o una distorsione dei valori morali tradizionali.

Nonostante queste ambiguità, la Chiesa, che inizialmente aveva accolto la stampa come una "salita verso Dio", divenne uno dei principali clienti della stampa. Non solo i testi sacri, ma anche indulgences, che avrebbero scatenato le richieste di riforma ecclesiastica nel secolo successivo, venivano stampate in massa. Le indulgence, che potevano essere emesse in quantità pari a centomila esemplari, erano spesso stampate come moduli, con uno spazio vuoto dove veniva scritto il nome di chi le acquistava. Alcuni storici ritengono che l’esempio più antico sopravvissuto di un’indulgenza stampata risalga al 22 ottobre 1454 e potrebbe essere stato prodotto dallo stesso Gutenberg. Inoltre, le immagini devozionali, chiamate pestblätter o "foglie contro la peste", venivano prodotte in serie, destinate ad essere utilizzate come protezione contro le malattie.

Le autorità stesse erano tra i maggiori acquirenti di stampa, richiedendo ephemera ufficiali come proclami, decreti e istruzioni, che potevano essere più facilmente stampati piuttosto che copiati a mano. Già nel 1467, i re francesi avevano iniziato a emettere ordinanze stampate, e nel 1480 pubblicavano anche rapporti sulle guerre. Tuttavia, queste prime pubblicazioni ufficiali non rientrano nella definizione moderna di giornalismo, in quanto non avevano la struttura che oggi associamo ai giornali.

Il mercato della stampa si arricchiva sempre più con una varietà di pubblicazioni, dalle opere rilegati ai fogli volanti usa e getta, che trattavano argomenti di ogni tipo. La produzione di questi testi stampati non si limitava a opere complesse, ma si estendeva anche alla produzione di calendari, cataloghi di beni, e suppliche stampate, necessarie per l’ottenimento di diplomi universitari. L'uso della stampa si stava diffondendo rapidamente, e nel giro di pochi decenni, più di mille torchi erano operativi in oltre 200 città europee, producendo milioni di volumi e decine di migliaia di incunaboli.

Ma, accanto alla crescita di questi prodotti, emerse anche la stampa di notizie, sebbene in forma ancora primitiva. I fogli di notizie, che apparivano già intorno al 1485, competevano con i più sostanziosi libri di notizie, ma entrambi venivano pubblicati in maniera irregolare e non rientravano nella definizione moderna di periodico. In effetti, la concezione di "giornale" che oggi conosciamo non è emersa subito con l’invenzione della stampa, ma solo nel corso del XVII secolo, circa 150 anni dopo Gutenberg. I primi esempi di pubblicazioni informative non avevano una periodicità regolare e non offrivano una varietà di notizie sotto un titolo coerente.

Il desiderio di diffondere notizie, tuttavia, non nasce con la stampa. Durante il Medioevo, la diffusione di notizie avveniva principalmente in forma orale, attraverso menestrelli e poeti che raccontavano eventi recenti in rima. Tra i più noti di questi poeti c’erano i troubadours e i meistersinger, che, oltre a eseguire canzoni d'amore, riferivano eventi di guerra e altri fatti di cronaca. Un esempio di come la "notizia" venisse rielaborata a scopi narrativi lo troviamo nel poeta tedesco Michael Beheim, che nel 1463 cantava le gesta di Vlad Tepeș, il futuro Vlad l'Impalatore, dipingendolo come un villain sanguinario. La sua fonte, un monaco ostile, contribuì a creare l’immagine di un tiranno demoniaco, un’interpretazione che sarebbe sopravvissuta nei secoli successivi come il mito del "Dracula".

Questa narrazione storica mostra come anche la stampa potesse essere un mezzo di distorsione della verità, una pratica che continuerà a influenzare la produzione e la diffusione di notizie nei secoli successivi, dove la separazione tra realtà e fiction diventava sempre più sfumata. L'emergere delle prime notizie stampate, pur segnando un avanzamento nella storia della comunicazione, non rappresenta una transizione diretta verso la forma moderna del giornalismo. Piuttosto, essa rifletteva la continua evoluzione di un sistema complesso e ancora imperfetto di distribuzione dell'informazione.