Negli ultimi anni, il rapido sviluppo delle tecnologie basate sull'intelligenza artificiale (IA) ha sollevato interrogativi complessi riguardo alla protezione del diritto d'autore per i contenuti generati da questi strumenti. La discussione sulla possibilità di attribuire un copyright ai contenuti creati autonomamente dall'IA è diventata una delle tematiche più rilevanti nell'ambito giuridico internazionale. La questione centrale ruota attorno alla definizione di "originalità" e alla determinazione di chi possa essere considerato l'autore di un'opera generata da un sistema automatizzato.

Secondo la legislazione sul diritto d'autore, per un'opera essere protetta, deve soddisfare determinati criteri: deve essere originale, deve essere espressa in una forma tangibile e deve rappresentare un risultato intellettuale. Tuttavia, la questione dell'originalità è quella che genera maggiori discussioni quando si tratta di contenuti prodotti dall'IA. Due teorie principali emergono in merito alla valutazione di tale originalità. La "Teoria dell'Originalità Soggettiva" sostiene che l'originalità di un'opera si basi sulla creatività del suo autore, un concetto che include il processo umano di creazione. In questo contesto, la generazione automatica da parte di un'intelligenza artificiale non potrebbe essere considerata originale, poiché l'IA, pur producendo contenuti simili a quelli umani, non contribuisce con un processo creativo autentico.

Al contrario, la "Teoria dell'Originalità Oggettiva" propone che l'originalità debba essere giudicata in base al contenuto stesso, separando quindi la questione dell'autorialità dal concetto di originalità. In questo caso, anche se l'IA è la principale responsabile della generazione dell'opera, se questa presenta una sufficientemente marcata differenza rispetto ad altre opere esistenti, può essere considerata originale. Questa teoria sostiene che il valore e l'originalità di un contenuto possano essere oggettivamente riconosciuti, indipendentemente dalla presenza o meno di un autore umano.

Tuttavia, alcuni sostenitori di questa seconda teoria sottolineano che, pur riconoscendo l'originalità dell'opera generata dall'IA, è comunque necessario che l'intervento umano, in termini di intenzione creativa, sia evidente nel processo di generazione. In altre parole, l'atto di creazione non può essere ridotto alla semplice azione di fornire comandi o input all'IA. Il giudizio sull'opera dovrebbe prendere in considerazione l'intensità e il tipo di sforzo intellettuale che l'autore umano ha messo nella produzione del contenuto generato dalla macchina.

Il sistema legale cinese ha affrontato questi dilemmi in modo differenziato attraverso diverse sentenze. Nel 2019, il Tribunale Internet di Pechino ha negato il diritto d'autore a un rapporto di analisi generato automaticamente da un software di terze parti, considerando che l'originalità non derivava dall'influenza dell'uomo ma dalla macchina. In questo caso, l'utente del software, che aveva inserito solo parole chiave, non era stato giudicato come il creatore dell'opera. Contrariamente, lo stesso anno, il Tribunale Distrettuale di Nanshan a Shenzhen ha riconosciuto la protezione del diritto d'autore a un articolo generato dall'IA Dreamwriter di Tencent, basandosi sull'analisi del processo di creazione, che includeva vari passaggi gestiti attivamente da un team umano. Questo caso ha posto maggiore enfasi sull'influenza intellettuale umana nel processo creativo, pur riconoscendo l'IA come un supporto nella generazione del contenuto.

In entrambi i casi, seppur le corti abbiano riconosciuto l'originalità dei contenuti generati, i criteri di valutazione del diritto d'autore sono stati differenti, sollevando interrogativi sul bilanciamento tra l'automazione dell'IA e il contributo umano. La differenza sostanziale tra questi approcci risiede nel riconoscimento dell'autorialità: in alcuni casi, il software stesso viene considerato un semplice strumento, in altri viene visto come un co-creatore.

Un altro aspetto fondamentale è la necessità di definire un confine chiaro riguardo al livello di "creatività" richiesto per attribuire il diritto d'autore. L'inserimento di input banali e semplici nella generazione di contenuti da parte dell'IA non dovrebbe essere sufficiente a qualificare l'opera come originale. La domanda principale è se il processo creativo umano, anche se minore, possa essere sufficiente per attribuire il copyright, o se, per preservare la qualità e la protezione giuridica, l'intervento umano debba essere sostanzialmente significativo.

Oltre agli aspetti legali, la discussione sul diritto d'autore per i contenuti generati dall'IA solleva anche importanti questioni etiche e sociali. Se un'IA può essere considerata creatrice di contenuti, chi detiene i diritti su tali opere? È possibile che le grandi aziende tecnologiche che sviluppano le IA diventino i principali detentori dei diritti d'autore sui contenuti generati dai loro strumenti? La questione riguarda non solo la protezione degli autori umani, ma anche l'impatto dell'IA sull'industria culturale e la distribuzione dei benefici economici derivanti dalla creazione di opere intellettuali.

La sfida della veridicità nei modelli di Intelligenza Artificiale Generativa: Hallucinations e implicazioni legali

I modelli di Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) stanno rapidamente cambiando il panorama digitale, ma la loro capacità di produrre contenuti è accompagnata da una sfida significativa: le "hallucinations", ossia risposte plausibili ma factualmente errate. Questi modelli, addestrati su enormi volumi di dati provenienti da internet, sono capaci di generare risposte in tempo reale, ma spesso risultano vulnerabili a errori e incongruenze, soprattutto in contesti aperti dove non esistono riferimenti specifici o dati di validazione.

Le hallucinations possono essere divise in due categorie principali: le hallucinations a dominio chiuso e quelle a dominio aperto. Le prime si verificano quando il sistema operante è limitato a un compito specifico e ha a disposizione un testo di riferimento per la verifica, come nel caso del riassunto di articoli. Le hallucinations a dominio aperto, invece, emergono in applicazioni come i chatbot, che operano su temi vari senza avere una base di dati chiara per la validazione delle risposte. In questi casi, la difficoltà nel verificare l'accuratezza delle informazioni aumenta notevolmente, poiché non esistono parametri definiti per il confronto.

Un fattore chiave che alimenta la generazione di hallucinations è la complessità stessa dell'addestramento del modello. Durante il processo di apprendimento, i modelli di linguaggio di grandi dimensioni come GPT si allenano su dati estratti dal web, creando spesso associazioni errate tra i dati. Questo fenomeno si verifica quando il modello mescola fatti provenienti da osservazioni simili, diffondendo così imprecisioni nel processo di generazione. Inoltre, le interazioni degli utenti con il sistema possono intensificare il fenomeno delle hallucinations. L’uso delle conversazioni precedenti come contesto per rispondere alle domande può condurre il modello a generare risposte inaffidabili, sebbene basate su un precedente dialogo.

Il fenomeno delle hallucinations solleva problematiche rilevanti, soprattutto nei settori che richiedono alta affidabilità come la salute, la finanza e i media. Gli errori nei contenuti generati possono minare la fiducia degli utenti, alterare il processo decisionale e diffondere disinformazione. In ambito sanitario o finanziario, per esempio, una risposta errata potrebbe compromettere decisioni vitali o finanziare. Nonostante i progressi nello sviluppo dei modelli, anche i sistemi più avanzati, come GPT-4, non sono immuni a tali errori, come dimostrano i casi in cui modelli altamente performanti commettono errori di base.

Inoltre, l'introduzione di GenAI in contesti commerciali e consumeristici solleva interrogativi anche sul piano legale. Le "hallucinations" legate ai contenuti generati da AI possono violare le normative europee, come la Direttiva sulle pratiche commerciali sleali (UCPD), che vieta pratiche commerciali ingannevoli. Se immagini generate da AI o altre rappresentazioni visive ingannano i consumatori sulla natura di un prodotto o servizio, possono distorcere il processo decisionale, inducendo il consumatore a fare scelte che non avrebbe fatto se fosse stato completamente informato.

Le linee guida come quelle di OpenAI impongono che, nelle applicazioni rivolte al consumatore, i sistemi di intelligenza artificiale dichiarino chiaramente la loro natura. Questo è particolarmente importante nei settori medico, finanziario e legale, nonché nei servizi di informazione come la generazione di notizie o il riassunto di articoli. Le normative europee, come l'AI Act (AIA), enfatizzano la necessità di trasparenza nei sistemi di IA, garantendo che gli utenti siano consapevoli di interagire con una macchina anziché con un essere umano. Questo tipo di trasparenza è cruciale, dato che l'intelligenza artificiale, pur avanzata, può ancora produrre errori che possono avere un impatto significativo sulle decisioni degli utenti.

Un altro aspetto rilevante riguarda l'evoluzione dei sistemi di raccomandazione basati su GenAI. Tradizionalmente, i sistemi di raccomandazione analizzano i comportamenti passati degli utenti per suggerire contenuti che potrebbero piacergli. Tuttavia, i sistemi basati su GenAI non solo prevedono le preferenze attuali degli utenti, ma le modellano attivamente, indirizzando i consumatori verso nuovi interessi e categorie di consumo. Ad esempio, una piattaforma di streaming potrebbe non solo suggerire film simili a quelli già visti, ma anche spingere l'utente a esplorare generi o tematiche nuove, influenzando così i suoi comportamenti futuri. In questo modo, GenAI non solo interpreta i gusti passati, ma contribuisce anche a plasmarli, aumentando la personalizzazione dei contenuti e rafforzando il potere di persuasione del sistema.

In sintesi, la presenza delle "hallucinations" nei modelli di Intelligenza Artificiale Generativa è una questione cruciale, che va affrontata con attenzione sia dal punto di vista tecnico che legale. La trasparenza e l'affidabilità dei contenuti generati sono essenziali per preservare la fiducia del consumatore e garantire che l'IA non venga utilizzata per scopi ingannevoli. La regolamentazione di questi strumenti è fondamentale per proteggere gli utenti, evitare danni economici e sociali e promuovere un utilizzo responsabile e consapevole dell'intelligenza artificiale.

Generative AI e la Governance Aziendale: Un Nuovo Paradigma per la Supervisione e la Responsabilità

Il rapido sviluppo dell'intelligenza artificiale generativa (IA) ha sollevato importanti interrogativi riguardo alla sua integrazione all'interno delle strutture di governance aziendale. Sebbene la maggior parte delle decisioni aziendali cruciali dipendano ancora dall'intervento umano, l'IA sta progressivamente entrando in scena come uno strumento per facilitare il processo decisionale, che va dalle operazioni quotidiane fino alle transazioni più complesse e significative. Tuttavia, la questione centrale rimane: chi si assume la responsabilità per gli errori o i danni derivanti dall'uso di queste tecnologie? E come possiamo bilanciare l'efficacia dell'IA con la necessaria supervisione umana?

La governance aziendale, a livello globale, sta affrontando una sfida sempre più complessa a causa dell'introduzione dell'IA generativa nei processi decisionali. Un primo passo per affrontare questa problematica potrebbe essere la creazione di un organismo di supervisione dedicato, simile al Public Company Accounting Oversight Board (PCAOB) negli Stati Uniti, che regola le violazioni etiche o legali da parte delle aziende di contabilità pubblica. Un ente simile potrebbe coordinare le questioni relative all'IA generativa e alle tecnologie correlate a livello internazionale, integrandosi con le istituzioni già esistenti come l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) o l'Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (ESMA). L'idea sarebbe quella di promuovere una governance trasparente, coordinata e ben strutturata che possa adattarsi sia alle sfide locali che globali.

All'interno di un contesto aziendale, i membri dei consigli di amministrazione e i team esecutivi dovranno integrare l'IA generativa in un già vasto insieme di strumenti decisionali, che comprendono aspetti finanziari, tecnici e legali. Sebbene l'IA possa supportare i dirigenti con informazioni e analisi approfondite, la decisione finale riguardo a una transazione o a un investimento dipenderà sempre dalla capacità critica e dal "fiuto umano" per valutare le persone, le situazioni e le opportunità. In questo senso, il concetto di "non esistono direttori ignoranti", sancito in molte giurisdizioni giuridiche, rimane rilevante anche in un'era dominata dalla tecnologia. I dirigenti aziendali devono essere impegnati in modo critico e in buona fede nel monitoraggio e nell'assunzione delle proprie responsabilità, bilanciando l'uso dell'IA con il giudizio umano.

Il valore dell'elemento umano non si limita alla supervisione e alla gestione strategica, ma si estende anche alla sfera legale ed etica. Nonostante i progressi dell'IA, le normative e le best practices giuridiche continuano a enfatizzare la centralità del controllo umano, dalla progettazione all'uso quotidiano della tecnologia. L'introduzione dell'IA generativa nelle aziende non dovrebbe escludere la fiducia umana; anzi, dovrebbe rafforzare i legami di fiducia tra le persone, le aziende e gli altri attori coinvolti, sia internamente che esternamente. La cooperazione tra diversi attori giuridici, etici e tecnologici è essenziale per evitare che l'IA venga utilizzata in modo dannoso o irresponsabile, sia che si tratti di comportamenti intenzionali o accidentali.

Nonostante le sue straordinarie capacità, l'IA generativa, essendo priva di intelligenza cognitiva e consapevolezza, è sostanzialmente uno strumento che può, se utilizzato in modo scorretto, causare danni. I danni generati dall'IA non sono il risultato di una "comportamento" autonomo, ma piuttosto di una serie di "interazioni" tra progettisti, utenti e l'ambiente sociale in cui l'IA opera. Tali interazioni, se mal progettate o implementate, possono portare a danni intenzionali o accidentali. La questione cruciale, quindi, è stabilire chi sia responsabile quando tali danni si verificano, in particolare quando si tratta di danni non intenzionali. La difficoltà nel risolvere queste questioni legali si manifesta soprattutto in un contesto di responsabilità penale, dove l'idea di "colpevolezza" deve essere riconsiderata alla luce di un'IA che agisce senza vera intelligenza, ma che comunque può influenzare il mondo reale.

Oltre alla responsabilità giuridica, la governance aziendale deve affrontare la crescente complessità legata alla trasparenza e all'affidabilità delle decisioni prese grazie all'IA. Ogni passo in questo processo deve essere accompagnato da una forte supervisione umana, che garantisca che l'uso dell'IA non minacci la sicurezza, la privacy o i diritti fondamentali degli individui coinvolti. Un'adeguata regolamentazione e una sorveglianza costante sono fondamentali per prevenire che l'IA diventi uno strumento di decisioni arbitrarie o dannose.

Infine, va sottolineato che l'adozione dell'IA non deve ridurre il valore dell'interazione umana nei processi decisionali. Le aziende dovrebbero considerare l'IA come un supporto, non come un sostituto, e i consigli di amministrazione devono continuare a esercitare il loro giudizio e la loro esperienza nella valutazione delle decisioni strategiche. Sebbene l'IA generativa possa essere un potente alleato nella gestione aziendale, è fondamentale che venga utilizzata in modo responsabile, etico e consapevole, sempre con il giusto equilibrio tra tecnologia e umanità.

Come le pratiche di personalizzazione manipolativa influenzano il comportamento del consumatore: una riflessione sul ruolo dell'IA nelle decisioni di acquisto

Le pratiche di personalizzazione utilizzate nel marketing moderno sono diventate sempre più sofisticate, alimentate da potenti sistemi di intelligenza artificiale (IA) e algoritmi predittivi che sfruttano i bias cognitivi del consumatore per indirizzare le sue scelte verso prodotti e servizi specifici. Un esempio di questo fenomeno può essere visto nel caso di un consumatore (Partito B) che, dopo una discussione familiare, si trova influenzato da una serie di eventi concatenati che culminano nell’acquisto di una sigaretta elettronica, spinto da stimoli emozionali e suggerimenti algoritmici mirati.

Nel contesto di una simile situazione, la tecnologia IA non solo raccoglie dati sullo stato emotivo del consumatore, ma analizza anche il suo comportamento online, le sue preferenze e interazioni sui social media. Quando il consumatore si trova vicino a un negozio di sigarette elettroniche, il sistema gli invia un suggerimento personalizzato, mostrando un prodotto sponsorizzato da un influencer che segue, il cui comportamento — una lotta seguita da una momentanea rilassatezza grazie al fumo — crea una connessione emotiva tra il consumatore e il prodotto. Il messaggio viene ulteriormente potenziato da un'IA generativa, che produce contenuti appositamente progettati per suscitare una risposta emotiva immediata, concludendo con un invito all'acquisto che sembra totalmente naturale e privo di forzature.

Questo scenario, pur non violando esplicitamente le normative europee come il Codice delle pratiche commerciali scorrette (UCPD), solleva comunque interrogativi cruciali riguardo ai limiti della manipolazione attraverso l’uso delle tecnologie predittive. L’obiettivo di tali pratiche non è solo quello di suggerire un prodotto, ma di modellare e rinforzare la percezione del consumatore che quell’acquisto è non solo desiderato, ma inevitabile. Un approccio come questo, che agisce principalmente sul Sistema 1 del consumatore (la parte del cervello che prende decisioni rapide e istintive), potrebbe distorcere la sua capacità di fare una scelta informata, senza alcun obbligo di coercizione esplicita.

Nel contesto giuridico, l’articolo 5 del UCPD stabilisce che una "distorsione materiale" delle decisioni del consumatore si verifica quando un’influenza esterna compromette la sua capacità di prendere una decisione informata. Tuttavia, le pratiche di personalizzazione, che mirano a sfruttare le predisposizioni psicologiche del consumatore, si trovano in un territorio grigio. L’acquisto di un prodotto come la sigaretta elettronica, indotto da un sistema che non agisce tramite coercizione evidente ma tramite un processo psicologicamente raffinato, solleva la questione se questo tipo di manipolazione possa essere considerato una "distorsione materiale".

La questione fondamentale riguarda la possibilità di considerare le scelte del consumatore come libere se influenzate in modo così diretto da un sistema che ha la capacità di analizzare e prevedere le sue reazioni emotive e cognitive. Sebbene la legislazione europea, come il GDPR, preveda una protezione contro l'uso improprio dei dati personali, essa non sempre risulta sufficiente per proteggere il consumatore da manipolazioni più sottili, basate su meccanismi psicologici avanzati.

Inoltre, la definizione di "consumatore medio" nel contesto del UCPD, che funge da parametro per determinare se una pratica commerciale è scorretta, non tiene conto della personalizzazione a livello individuale. Se, da un lato, l’approccio "statistico" può risultare adeguato per comprendere le tendenze generali del pubblico, dall’altro risulta poco utile quando si applica a una situazione altamente individualizzata come quella descritta, in cui le decisioni sono influenzate da una conoscenza approfondita del comportamento e delle emozioni del singolo consumatore.

Le implicazioni di queste pratiche vanno oltre l’ambito giuridico e si estendono alla filosofia dell’autonomia. Se il consumatore è in grado di fare scelte solo all’interno di un orizzonte limitato da algoritmi predittivi, la sua libertà di scelta potrebbe essere gravemente compromessa, anche senza che vi sia un vero e proprio inganno o coercizione. La manipolazione attraverso la personalizzazione, quindi, diventa una questione di equilibrio tra la libertà di scelta e la protezione del consumatore dalle influenze indebite.

A ciò si aggiunge la problematica della consapevolezza del consumatore. Molti consumatori non sono pienamente consapevoli di come i loro dati vengano utilizzati per influenzare le loro decisioni, e anche se esiste una forma di consenso informato, questo spesso non è sufficiente a proteggerli da manipolazioni più sottili, che operano a livello emotivo e psicologico piuttosto che razionale. Questo pone un ulteriore dilemma: fino a che punto un consumo consapevole è possibile quando le scelte sono così fortemente indirizzate da un sistema che agisce "dietro le quinte"?

In conclusione, mentre la personalizzazione nel marketing può essere considerata una tecnica legittima per attrarre i consumatori, è essenziale che vengano stabiliti limiti chiari e trasparenti su quanto questa possa influenzare realmente le decisioni individuali. La protezione del consumatore, in un contesto tecnologicamente avanzato, non può prescindere dal riconoscimento della complessità dei meccanismi psicologici che sono alla base delle scelte di consumo, e richiede un equilibrio tra innovazione commerciale e tutela della libertà individuale.

Come la regolamentazione dell'IA generativa può influenzare i fornitori di servizi e gli utenti

L'evoluzione dell'intelligenza artificiale generativa ha sollevato nuove sfide e responsabilità sia per i fornitori di servizi che per gli utenti. Le normative più recenti, incluse quelle che regolano il contenuto generato dall'IA, pongono obblighi significativi sui fornitori, mirando a garantire che l'uso di queste tecnologie sia sicuro, trasparente e in linea con le normative legali. Secondo l'Articolo 14, i fornitori di servizi sono tenuti a rispondere prontamente alla scoperta di contenuti illegali, interrompendo la generazione di contenuti, fermando la trasmissione o rimuovendo il contenuto stesso. Inoltre, è previsto che i fornitori migliorino e ottimizzino i modelli di IA per evitare che tali situazioni si ripetano, e che segnalino l'incidente alle autorità competenti.

Parallelamente, l'Articolo 10 obbliga i fornitori di servizi ad adottare misure appropriate nel caso in cui scoprano che un utente ha partecipato ad attività illecite. Queste misure possono includere avvertimenti, limitazioni funzionali del servizio e sospensione o cessazione dei servizi stessi. Le disposizioni previste dalle normative si allineano con gli obblighi generali per la gestione delle informazioni imposti alle piattaforme di contenuti digitali. Allo stesso tempo, le normative specificano che i fornitori di IA generativa devono assumere le stesse responsabilità dei produttori di contenuti, come l'applicazione di filigrane sui contenuti generati, la protezione dei dati personali e la creazione di meccanismi efficaci per la gestione delle denunce.

Nonostante le numerose critiche relative alla pesantezza di questi obblighi, la regolamentazione riflette le peculiarità dei servizi di IA generativa, i quali integrano in modo avanzato la produzione di contenuti, la fornitura del servizio e l'interazione con gli utenti. La responsabilità dei fornitori non si limita alla semplice offerta di strumenti tecnologici, ma include una gestione attiva e diretta della qualità e legalità del contenuto prodotto attraverso l'IA.

D'altro canto, gli utenti sono soggetti a obblighi minori. L'Articolo 4 stabilisce alcune responsabilità per gli utenti, come l'obbligo di astenersi dal generare informazioni false o dannose, ma non prevede sanzioni legali dirette. La regolamentazione è incentrata principalmente sui fornitori, e solo in misura limitata sugli utenti. Tuttavia, l'Articolo 18 conferisce agli utenti il diritto di presentare denunce o segnalazioni alle autorità competenti se ritengono che il fornitore di servizi non stia rispettando le normative.

Un altro aspetto chiave delle normative riguarda la trasparenza degli algoritmi utilizzati nell'IA generativa. L'Articolo 17 obbliga i fornitori di servizi che influenzano l'opinione pubblica a registrare e fornire informazioni dettagliate sui propri algoritmi. Questi includono la tipologia di algoritmo, i campi di applicazione e una valutazione dell’impatto che il servizio può avere. Tale trasparenza è vista come essenziale per aumentare la prevedibilità dei rischi associati all'uso di IA generativa e migliorare la fiducia degli utenti nei sistemi automatizzati.

Un altro strumento interessante utilizzato per migliorare la trasparenza è il watermarking dei contenuti generati. Questo processo consiste nell'incorporare informazioni identificabili all'interno del contenuto stesso, come immagini o testi, per indicarli come creati da un'intelligenza artificiale e identificare la sua origine. La filigrana aiuta a risolvere problemi legati alla proprietà del contenuto e facilita la tracciabilità dei materiali prodotti, aumentando così la responsabilità dei fornitori di IA.

Questi strumenti regolatori sono progettati non solo per garantire la conformità alle leggi, ma anche per affrontare le problematiche relative alla proliferazione di contenuti dannosi e ingannevoli generati automaticamente. La crescente complessità dei sistemi IA generativi e la loro capacità di produrre contenuti quasi indistinguibili da quelli creati dall'uomo richiedono un'attenta gestione e sorveglianza. L'approccio della regolamentazione mira quindi a bilanciare l'innovazione con la sicurezza, incoraggiando lo sviluppo sano dell'industria mentre si proteggono i diritti degli utenti e si limitano i rischi.

Infine, è importante notare che, sebbene le normative si concentrino principalmente sulla responsabilità dei fornitori, la responsabilità degli utenti non può essere ignorata. Gli utenti devono essere consapevoli dei rischi derivanti dall'uso di IA generativa e agire con responsabilità, sia nel generare contenuti che nel segnalare eventuali abusi. Le normative, pur non imponendo sanzioni dirette agli utenti, offrono loro strumenti legali per proteggere i loro diritti e garantire che i fornitori rispettino le leggi.