Il Tip-Adapter è un modello innovativo che affronta il problema della classificazione a pochi colpi (few-shot classification) in modo estremamente efficiente, grazie alla sua capacità di costruire un modello di cache direttamente dai pochi campioni di addestramento e dalle etichette codificate in one-hot, senza necessitare di alcun addestramento supplementare. Questo approccio non parametrico, che elimina la necessità di un training tradizionale, rappresenta una soluzione particolarmente interessante per le applicazioni in cui i dati di addestramento sono limitati, come avviene in molti scenari di visione linguistica.
Una delle principali caratteristiche del Tip-Adapter è la sua struttura "bottleneck" nelle dimensioni, che corrisponde al numero di campioni di addestramento (NK). Questo design consente al modello di catturare pienamente le informazioni del dataset a pochi colpi, evitando il sovra-adattamento che può verificarsi in modelli simili. In particolare, il Tip-Adapter sfrutta l'architettura di grandi modelli pre-addestrati senza il rischio di sovrallenamento, garantendo al contempo che le prestazioni non vengano compromesse. Un altro punto distintivo rispetto ai modelli tradizionali come il CLIP-Adapter è la funzione di attivazione utilizzata. Tip-Adapter impiega una funzione di attivazione che resta naturalmente limitata tra 0 e 1, poiché gli input sono similitudini del coseno nello spazio delle caratteristiche normalizzato. Questo approccio è in netto contrasto con l'utilizzo della ReLU nel CLIP-Adapter, che gestisce input illimitati.
Un altro aspetto fondamentale che distingue il Tip-Adapter da altri approcci è il suo impiego di un modello di cache che può essere facilmente riutilizzato durante le fasi di addestramento e inferenza, riducendo drasticamente i tempi di calcolo. Seppur il CLIP-Adapter e il CLIP-Adapter-F (una versione affinata) richiedano numerosi cicli di addestramento per ottenere un miglioramento significativo, Tip-Adapter riesce a superare il CLIP-Adapter anche senza necessitare di alcun tipo di fine-tuning, rivelandosi altamente competitivo soprattutto in scenari con pochi dati. Tip-Adapter-F, che si distingue per l'affinamento del modello di cache attraverso un numero ridotto di epoche di fine-tuning, porta le prestazioni a livelli di eccellenza, superando tutte le altre tecniche, inclusi i modelli come CoOp e Linear-probe CLIP.
Quando confrontiamo i risultati di performance ottenuti su dataset noti come ImageNet, StanfordCars, UCF101, e Food101, è evidente che le tecniche basate su adapter (come Tip-Adapter) offrono miglioramenti sostanziali rispetto ai metodi zero-shot, che non utilizzano alcun tipo di addestramento. In particolare, Tip-Adapter ha ottenuto miglioramenti significativi rispetto ai metodi tradizionali come il Linear-probe CLIP, che aggiunge un classificatore lineare ai modelli di base, ma che non riesce a sfruttare appieno la potenza dei modelli pre-addestrati.
Inoltre, sebbene il Tip-Adapter sia in grado di raggiungere risultati eccellenti senza addestramento, l'inclusione di un processo di fine-tuning attraverso Tip-Adapter-F consente al modello di ottimizzare ulteriormente il proprio comportamento, ottenendo performance da primato in tutte le configurazioni a pochi colpi, con guadagni di accuratezza che vanno dal 0.62% nel caso di un singolo campione (1-shot) fino a ben oltre il 3% nelle configurazioni a 16 campioni. Questo approccio, che combina efficienza e alta precisione, rende il Tip-Adapter uno degli strumenti più versatili ed efficaci nel campo della classificazione a pochi colpi.
I test condotti sui vari dataset dimostrano che il Tip-Adapter, pur non essendo sempre il migliore quando si utilizzano set di addestramento più ampi, mantiene una consistenza di prestazioni notevole in scenari di bassa disponibilità di dati. Un altro vantaggio importante del Tip-Adapter, che non deve essere sottovalutato, è la sua capacità di ridurre i tempi di addestramento e inferenza rispetto ad altri approcci che richiedono la computazione continua di prompt addestrabili o l'applicazione di modelli complessi come quelli che impiegano regressor log-lineari. In definitiva, l'adozione di Tip-Adapter rappresenta un approccio altamente efficiente, che risponde in modo ottimale alle sfide della classificazione a pochi colpi senza compromettere la qualità delle previsioni.
Quando si analizzano le prestazioni del Tip-Adapter su altri dataset, come quelli inclusi nella valutazione, risulta chiaro che la sua flessibilità lo rende una soluzione ideale non solo per ImageNet, ma anche per una vasta gamma di altre applicazioni di visione computazionale. In particolare, la sua capacità di adattarsi e ottimizzare rapidamente il modello di cache lo rende un candidato ideale per scenari in cui i dati sono limitati ma la precisione è cruciale.
Come i Modelli Vision-Language si Stanno Evolvendo: Dalla Pre-Formazione alla Tuning dei Prompt
Negli ultimi anni, i modelli vision-language (visione-linguaggio) hanno guadagnato una crescente attenzione nel campo dell'intelligenza artificiale. Questi modelli, che combinano dati visivi e linguistici, sono stati sviluppati per affrontare una varietà di compiti che richiedono la comprensione sia di immagini che di testi. Le innovazioni più significative in questo campo riguardano l'approccio di pre-formazione dei modelli, che consente loro di apprendere in modo più efficace da dati visivi e testuali.
La pre-formazione di modelli come BERT e GPT ha permesso un grande passo avanti nelle capacità di comprensione linguistica, ma l'adozione di tali tecniche per i dati visivi ha portato a un ampliamento delle possibilità di applicazione. Ad esempio, il lavoro di Dosovitskiy e colleghi ha mostrato che i modelli transformer, tradizionalmente utilizzati nel linguaggio, possono essere adattati per il riconoscimento delle immagini su larga scala. Questo approccio ha portato a una vera e propria rivoluzione nel riconoscimento delle immagini, consentendo modelli più efficienti e meno dispendiosi in termini di risorse computazionali.
L'idea centrale di molti di questi approcci è quella di creare rappresentazioni che possano essere trasferite tra diverse modalità, come la visione e il linguaggio. In questo contesto, un esempio particolarmente interessante è quello di CLIP, un modello che combina la potenza delle immagini e del linguaggio per migliorare la comprensione visiva attraverso l'apprendimento supervisionato da testo naturale. Tuttavia, l'integrazione tra visione e linguaggio non è priva di sfide, e il miglioramento delle tecniche di adattamento dei modelli è diventato un obiettivo fondamentale per la ricerca.
Molti ricercatori hanno suggerito che, affinché i modelli vision-language siano veramente potenti, sia necessario affinare ulteriormente i processi di "prompt tuning" o "tuning dei prompt". Questo approccio, che implica l'ottimizzazione dei prompt (frasi o parole utilizzate per guidare i modelli), ha mostrato di essere un metodo altamente efficace per migliorare le prestazioni in scenari di apprendimento con pochi esempi. La ricerca di modelli di "prompting" parametrizzati ha portato a progressi notevoli nella comprensione di comandi complessi sia in linguaggio naturale che in immagini.
Inoltre, i metodi di "fusion" dei dati, come quello proposto da Gao e colleghi, mirano a migliorare l'integrazione delle informazioni tra modalità visive e linguistiche. La fusione intra-modale e inter-modale è cruciale per permettere ai modelli di comprendere meglio le relazioni tra immagini e testi, soprattutto quando i dati sono rumorosi o imprecisi. Per esempio, il "dynamic fusion" con flussi di attenzione intra- e inter-modali aiuta i modelli a selezionare e combinare le informazioni più rilevanti, migliorando così la qualità delle risposte in compiti come il visual question answering (VQA).
Nel contesto delle tecniche di apprendimento automatico, la gestione delle risorse computazionali è altrettanto importante. Alcuni approcci, come quelli descritti da Houlsby e colleghi, si concentrano sul miglioramento dell'efficienza dei modelli. Utilizzando tecniche di apprendimento trasferito parametrico, è possibile ridurre il numero di parametri necessari senza compromettere la qualità dei risultati. Ciò rende i modelli più accessibili e pratici per applicazioni in tempo reale.
L'integrazione di nuovi tipi di supervisionamento, come nel caso di modelli come Oscar, è un altro esempio di come la ricerca stia cercando di spingere i confini dell'IA. Le tecniche di pre-formazione basate su dati eterogenei e non strutturati, inclusi testi e immagini provenienti da fonti diverse, stanno dando vita a modelli che non solo comprendono meglio il contenuto visivo e linguistico, ma sono anche più resistenti agli errori o alle anomalie nei dati.
In conclusione, il campo dei modelli vision-language è in continuo sviluppo, con progressi che vanno dalla pre-formazione dei modelli di base alla messa a punto fine dei prompt e delle tecniche di fusione. Sebbene molti dei modelli attuali abbiano già raggiunto risultati impressionanti, l'integrazione efficace di testo e immagine rimane una delle sfide più complesse. Tuttavia, con l'avanzare delle tecniche di apprendimento automatico e il perfezionamento delle architetture di rete neurale, possiamo aspettarci che questi modelli diventino sempre più precisi ed efficienti.
A livello pratico, è importante che i ricercatori comprendano come queste tecniche possano essere applicate in contesti reali, dove la qualità dei dati, l'efficienza computazionale e la capacità di generalizzare sono cruciali. Inoltre, l'evoluzione dei modelli pre-formati suggerisce che la collaborazione tra visione e linguaggio non solo migliora la comprensione automatica, ma aprirà anche nuove strade per l'analisi dei dati multimodali in una vasta gamma di settori, dal riconoscimento delle immagini alla generazione automatica di descrizioni testuali, alla comprensione di scene complesse.
Come si supera il problema della segmentazione zero-shot con CLIP?
Il riconoscimento e la segmentazione semantica delle immagini richiedono una comprensione fine e localizzata degli oggetti e delle loro interazioni all’interno di una scena. CLIP (Contrastive Language–Image Pre-training) rappresenta un notevole passo avanti in questo ambito, grazie alla sua capacità di associare direttamente immagini e testo. Tuttavia, la segmentazione semantica zero-shot – ossia la capacità di identificare oggetti mai visti durante l’addestramento – pone sfide specifiche che non possono essere risolte con le metodologie convenzionali di fine-tuning.
Il metodo tradizionale per adattare una rete di segmentazione consiste nell’inizializzare la rete con pesi pre-addestrati su ImageNet, aggiungere moduli specifici per la segmentazione e poi effettuare un fine-tuning congiunto di backbone e moduli aggiuntivi. Questo approccio, sebbene consolidato, si rivela inadatto quando si tenta di trasferire direttamente i pesi dell’encoder di immagini di CLIP in un modello di segmentazione come DeepLab. Infatti, le modifiche necessarie – in particolare l’introduzione di mapper che traducono gli embedding testuali di CLIP nei pesi del classificatore DeepLab – portano inevitabilmente alla perdita dell’associazione originaria tra immagini e testo, compromettendo così la capacità zero-shot del modello.
Il cuore del problema risiede nel fatto che durante il fine-tuning, i pesi pre-addestrati vengono aggiornati e la struttura del modello cambia, indebolendo la generalizzazione verso classi non viste. Inoltre, il mapper addestrato su dati limitati rafforza la dipendenza dalle classi conosciute, escludendo le nuove.
Di fronte a questo ostacolo, è nata l’idea di MaskCLIP, una soluzione che evita modifiche invasive nello spazio delle caratteristiche di CLIP, preservandone intatta la rappresentazione visivo-linguistica. In MaskCLIP, si sfrutta l’encoder di immagini di CLIP così com’è, concentrandosi sullo strato unico di attenzione globale: a differenza del pooling medio classico, questo strato impiega un meccanismo di self-attention in cui la media globale della mappa di caratteristiche funge da query e ogni posizione spaziale genera chiavi e valori. Questa struttura produce una somma pesata spazialmente che mantiene informazioni semantiche locali precise, cruciali per la segmentazione.
La trasformazione operata in MaskCLIP rimuove gli embedding di query e chiave originali, trasformando il layer di embedding valore e l’ultimo layer lineare in due convoluzioni 1×1, mantenendo invece invariato l’encoder testuale che riceve in input prompt relativi alle classi target. Così, ogni embedding testuale diventa un classificatore per maschere pixel-wise, permettendo previsioni di segmentazione dettagliate senza alcun addestramento aggiuntivo.
I risultati mostrano come MaskCLIP riesca a generare segmentazioni ragionevoli anche per classi non viste, conservando la robustezza e la capacità di generalizzazione intrinseche a CLIP, grazie all’addestramento su immagini web non curate. La semplicità architetturale non è una limitazione, ma piuttosto un punto di forza: MaskCLIP funge anche da annotatore gratuito, fornendo etichette pseudo-supervisionate che possono potenziare reti di segmentazione convenzionali in condizioni di dati limitati.
Per aumentare ulteriormente le prestazioni, vengono introdotte strategie di raffinamento come la “key smoothing”. Questa tecnica sfrutta le caratteristiche chiave associate a ciascun patch spaziale: poiché patch con chiavi simili dovrebbero avere previsioni simili, si utilizza una media pesata basata sulla similarità coseno delle chiavi per smussare e migliorare la coerenza spaziale delle predizioni. Parallelamente, il “prompt denoising” mira a migliorare la qualità degli input testuali per rendere le predizioni più affidabili.
Un ulteriore elemento cruciale è che il meccanismo di attenzione globale di CLIP e quello dei Transformer nel Vision Transformer (ViT) sono sostanzialmente analoghi, con lievi differenze tecniche. MaskCLIP può quindi essere facilmente esteso ai backbone basati su ViT, mantenendo le sue proprietà zero-shot e di robustezza.
Questo approccio rappresenta una svolta nella segmentazione semantica open-vocabulary, aprendo la strada a sistemi capaci di riconoscere e segmentare una vastissima gamma di concetti descritti anche da frasi libere e dettagliate, come “macchina bianca” o “autobus rosso”, senza bisogno di un addestramento specifico su ciascuna categoria.
È importante comprendere che la potenza di MaskCLIP deriva dal mantenimento intatto del legame visivo-linguistico originario di CLIP. Qualsiasi modifica che altera pesi o struttura rischia di rompere questa associazione e compromettere le capacità zero-shot. Inoltre, la robustezza a rumori e distribuzioni naturali differenti – caratteristica di CLIP – viene preservata in MaskCLIP, confermando l’efficacia di un approccio che valorizza l’architettura pre-addestrata piuttosto che adattarla pesantemente.
L’implementazione di MaskCLIP dimostra quindi come la semplicità e il rispetto delle caratteristiche originarie di un modello possano superare limiti di approcci tradizionali più complessi, fornendo strumenti più flessibili e potenti per la segmentazione semantica e l’interpretazione visiva.
Come adattare CLIP per comprendere i dati 3D con PointCLIP
L'approccio tradizionale per l'elaborazione delle nuvole di punti 3D spesso implica l'utilizzo di modelli di reti neurali progettati specificamente per questa tipologia di dati. Tuttavia, l'adozione di CLIP (Contrastive Language-Image Pre-training), un modello pre-addestrato su enormi quantità di immagini e testi, ha portato a una nuova prospettiva per l'elaborazione e la comprensione delle nuvole di punti 3D. PointCLIP, che integra CLIP con le nuvole di punti 3D, ha il potenziale di migliorare significativamente il riconoscimento e la classificazione in scenari di apprendimento zero-shot, ovvero senza la necessità di un addestramento esplicito sui dati 3D.
Nel caso di PointCLIP, le proiezioni della nuvola di punti vengono generate non a partire da modelli CAD o mesh, ma da punti grezzi, che contengono esclusivamente informazioni di profondità, senza colore. Questo approccio consente di ridurre significativamente i tempi di calcolo e i costi computazionali, mantenendo però un alto livello di precisione nella comprensione della geometria tridimensionale. Grazie all'integrazione tra CLIP e i dati 3D, si ottiene una classificazione zero-shot efficace, che sfrutta la conoscenza pre-addestrata di CLIP per riconoscere le categorie di oggetti nelle nuvole di punti senza necessità di nuovi set di dati 3D.
Per ottenere la classificazione zero-shot, PointCLIP proietta le nuvole di punti in immagini di profondità generate da diverse angolazioni. Queste immagini vengono poi utilizzate per estrarre le caratteristiche visive tramite il modello CLIP, che le analizza rispetto a descrizioni testuali predefinite come “mappa di profondità di una [CLASSE]”. Attraverso l'elaborazione di queste informazioni testuali e visive, il modello genera un classificatore che permette di assegnare una categoria a una nuvola di punti, anche se quest'ultima non è mai stata vista prima. Il calcolo dei logit di classificazione avviene per ciascuna vista in modo indipendente e, successivamente, le informazioni provenienti da diverse angolazioni vengono combinate in un'unica rappresentazione complessiva della nuvola di punti.
Tuttavia, l'approccio zero-shot ha dei limiti quando si tratta di compiti complessi che richiedono una comprensione profonda dei dati 3D. In scenari in cui si affrontano categorie mai viste, ma con un numero limitato di esempi, PointCLIP si arricchisce di un componente aggiuntivo chiamato "interview adapter", un adattatore a tre strati progettato per migliorare le prestazioni nei casi di apprendimento few-shot. Questo adattatore consente di allenare solo una piccola parte del modello, riducendo il rischio di overfitting dovuto alla scarsità dei dati di addestramento, ma ottenendo comunque un miglioramento significativo nelle prestazioni di classificazione. L’adattamento di queste caratteristiche con pochi campioni, infatti, ha permesso a PointCLIP di raggiungere un’accuratezza del 87,20% su un set di dati come ModelNet40, partendo da un livello di partenza di appena il 20,18%. Questo dimostra l’efficacia dell’adattamento delle caratteristiche per i dati 3D con pochi esempi, migliorando la transizione dalla conoscenza 2D a quella 3D.
PointCLIP V2 espande ulteriormente le potenzialità di CLIP nell’ambito 3D, includendo compiti più complessi come la segmentazione delle parti e il riconoscimento degli oggetti. Questo miglioramento si basa sull'uso di mappe di profondità realistiche che vengono proiettate su CLIP per una rappresentazione 2D dei dati 3D. Inoltre, V2 integra GPT-3 per generare comandi specifici per il 3D, garantendo così la coerenza tra le mappe di profondità e i comandi linguistici, e permettendo una comprensione ancora più completa dei dati tridimensionali.
La creazione di una rappresentazione realistica dei dati 3D avviene attraverso un processo di proiezione delle nuvole di punti in mappe di profondità. Questo processo si articola in quattro fasi: quantizzazione, densificazione, levigatura e compressione. Nella fase di quantizzazione, i punti 3D vengono mappati in una griglia 3D, mentre la densificazione mira a ridurre la scarsità dei dati attraverso un’operazione di pooling locale. Successivamente, la levigatura viene applicata per rimuovere eventuali artefatti, e infine, la compressione riduce la dimensione della profondità per creare una mappa di profondità finale pronta per essere elaborata da CLIP. Grazie a queste fasi, è possibile ottenere una rappresentazione più consistente e visivamente realistica delle nuvole di punti, che può essere utilizzata per una varietà di compiti di riconoscimento e classificazione.
Per una maggiore coerenza tra i dati visivi e il linguaggio, GPT-3 viene impiegato per generare descrizioni specifiche per il 3D, che vengono poi inserite nel modello CLIP. In questo modo, la combinazione tra le informazioni visive e testuali rende il sistema estremamente potente, permettendo di eseguire operazioni di riconoscimento e classificazione in scenari complessi e ad ampio spettro.
L’adattamento e l’espansione delle capacità di CLIP per l’elaborazione dei dati 3D sono elementi chiave per il futuro delle tecnologie di comprensione spaziale. Tuttavia, non va dimenticato che il trasferimento di conoscenza da 2D a 3D è un processo complesso che implica una corretta gestione della rappresentazione dei dati, oltre a una considerazione accurata delle limitazioni di apprendimento derivanti dalla scarsità di dati annotati. La capacità di lavorare con pochi esempi e la versatilità del modello fanno di PointCLIP uno strumento promettente per affrontare le sfide del riconoscimento e della comprensione dei dati tridimensionali in contesti reali.
Come Ottimizzare la Capacità di Denoising dei Modelli Diffusivi con FreeU?
L'introduzione di nuove tecniche di miglioramento delle capacità di denoising nei modelli U-Net, come nel caso del metodo FreeU, ha sollevato notevoli sviluppi nella qualità della generazione delle immagini, senza necessitare di allenamenti o affinamenti aggiuntivi. La chiave di questo approccio risiede nella sinergia tra le caratteristiche strutturali dei dati di ingresso e le operazioni di denoising. Durante il processo di inferenza, che ha come obiettivo la generazione di immagini a partire da rumore gaussiano, diventa essenziale intensificare le capacità di denoising del modello U-Net per garantire una generazione di alta qualità.
La sfida principale consiste nel migliorare la qualità dell'immagine durante il processo di denoising senza compromettere i dettagli ad alta frequenza, che sono fondamentali per ottenere risultati visivamente soddisfacenti. In un primo momento, si è osservato che l'amplificazione indiscriminata di tutte le caratteristiche di base del modello, tramite un semplice fattore di scala, porta a una smussatura eccessiva dei dettagli. Per evitare tale fenomeno, FreeU propone l'uso di una tecnica chiamata scaling strutturale consapevole delle caratteristiche di base, che regola dinamicamente la scala delle caratteristiche in base alla struttura del campione. Tale approccio permette di mantenere un equilibrio tra il rafforzamento delle capacità di denoising e la preservazione dei dettagli nell'immagine generata.
Il processo di scaling strutturale si basa sul calcolo della mappa media delle caratteristiche lungo la dimensione del canale, che cattura informazioni strutturali importanti. La mappa delle caratteristiche di base, denominata αl, viene determinata mediante una formula che enfatizza la variabilità delle caratteristiche strutturali del campione. Un'operazione che si è dimostrata particolarmente efficace è limitare l'amplificazione alle prime metà delle caratteristiche, evitando così la distorsione dovuta alla smussatura di tutte le caratteristiche.
In aggiunta, FreeU introduce un'ulteriore fase di miglioramento attraverso la modulazione spettrale nel dominio di Fourier, applicata ai skip features. Questi componenti, che sono cruciali per preservare i dettagli ad alta frequenza, vengono modificati per ridurre selettivamente le componenti a bassa frequenza, che tendono a sfocare l'immagine durante il processo di denoising. La modulazione spettrale permette di applicare un fattore di scala dipendente dalla frequenza ai componenti skip, limitando così l'influenza delle frequenze basse e migliorando la qualità visiva finale.
Questo approccio innovativo, pur senza necessitare di allenamenti aggiuntivi, si integra facilmente con i modelli di diffusione esistenti, come Stable Diffusion, e migliora notevolmente la qualità delle immagini generate, come evidenziato nei test sperimentali. L'integrazione di FreeU con modelli come Stable Diffusion-XL ha mostrato un netto miglioramento nella generazione di dettagli e nella qualità complessiva dell'immagine, confermando l'efficacia di FreeU nell'ottimizzare i processi di denoising.
Gli esperimenti condotti hanno dimostrato che FreeU può essere integrato senza aumentare il carico computazionale, offrendo una soluzione pratica e potente per migliorare la qualità delle immagini generate senza dover ricorrere a tecniche di addestramento specifiche o affinamenti complessi. Inoltre, il metodo non introduce un overhead computazionale significativo, rendendo il processo di generazione più efficiente.
Per comprendere appieno il valore di FreeU, è fondamentale riconoscere l'importanza del bilanciamento tra la qualità del denoising e la preservazione dei dettagli fini. Il metodo non solo ottimizza l'efficacia del modello U-Net, ma contribuisce anche a migliorare la fedeltà visiva delle immagini generate, senza compromettere la velocità o la complessità computazionale.
L'adozione di FreeU nei modelli di diffusione rappresenta un passo significativo verso la creazione di immagini più realistiche e dettagliate, riducendo al contempo la necessità di allenamenti personalizzati o ottimizzazioni ad hoc. L'approccio si dimostra versatile, applicabile a una vasta gamma di modelli di generazione d'immagini, e accessibile anche per coloro che desiderano migliorare la qualità della generazione senza complicare eccessivamente il processo.
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