Nel contesto dell'imaging fotoacustico, l'obiettivo principale è quello di ricostruire informazioni vitali sui coefficienti acustici e ottici a partire dalle misurazioni delle pressioni generate da illuminazioni controllate. Questo processo si divide in due fasi principali: l'inversione acustica e l'inversione ottica. La prima utilizza la pressione acustica laterale per ricostruire i coefficienti acustici e la funzione sorgente, mentre la seconda, una volta che la funzione sorgente è stata ricostruita, permette di ottenere i coefficienti ottici.

Nel caso di modelli fotoacustici convenzionali, il coefficiente di diffusione D, la sezione trasversale di assorbimento μab e quella di scattering μsc sono parametri cruciali da determinare. Questi modelli, purtroppo, sono complessi da risolvere direttamente a causa della natura inversa del problema. Tuttavia, approcci come la trasformata di Radon e la decomposizione spettrale, utilizzati in specifiche geometrie, possono rivelarsi utili. Quando il dominio di interesse è sferico e la velocità dell'onda c è costante, si può applicare la trasformata di Radon, mentre per geometrie più generali e velocità variabili, la decomposizione spettrale è un metodo più adatto.

Un aspetto fondamentale di questi modelli è che, nel caso di inversione acustica, è necessario conoscere con precisione il comportamento della velocità dell'onda c(x) e la densità ρ(x) nel dominio di interesse. La stabilità e l'unicità delle soluzioni per tali problemi sono state ampiamente studiate, con approcci che garantiscono che la funzione sorgente o la velocità dell'onda possano essere recuperate in modo stabile e univoco utilizzando opportune misurazioni.

Per l'inversione ottica, il problema è meno definito, ma studi recenti hanno proposto soluzioni per ricostruire i coefficienti ottici utilizzando la funzione sorgente già ricostruita. Condizioni di non-degenerazione delle soluzioni, come quelle garantite da input opportunamente scelti, sono essenziali per la stabilità del processo.

L'introduzione di nanoparticelle come agenti di contrasto nell'imaging fotoacustico ha aggiunto una nuova dimensione a queste problematiche. La presenza di nanoparticelle come fonti di riscaldamento, grazie alla loro interazione con il campo elettrico, comporta la necessità di un nuovo modello matematico che includa il campo elettrico, la temperatura del mezzo e la pressione acustica. In questo scenario, il modello di fotoacustica incoerente assume un ruolo centrale, in quanto la sorgente di riscaldamento non è più la sola intensità del campo elettrico, ma piuttosto il campo elettrico completo, che interagisce con il mezzo attraverso la permittività ε(x) delle nanoparticelle.

In particolare, il modello incoerente descrive l’evoluzione temporale e spaziale della pressione acustica generata, in cui la sorgente è determinata dal campo elettrico che interagisce con le nanoparticelle. La variabilità di permittività nel dominio e l'uso della teoria dei modelli di Lorentz per la permittività delle nanoparticelle sono aspetti distintivi di questo approccio. La difficoltà principale sta nella ricostruzione accurata dei coefficienti ottici e acustici, poiché la distribuzione delle nanoparticelle nel mezzo influisce direttamente sulla qualità e sull'accuratezza delle ricostruzioni.

Un ulteriore passo nella ricerca è stato compiuto con l'analisi asintotica delle espansioni per i campi di pressione in funzione delle singolarità legate alla funzione di Green, la quale è determinante per risolvere l'inversione dei problemi fotoacustici. L'approccio geometrico associato, che presuppone una connessione unica tra i punti del dominio tramite geodesiche, contribuisce a migliorare la stabilità e l'affidabilità delle soluzioni ricostruite.

L’imaging fotoacustico con nanoparticelle come agenti di contrasto apre nuove possibilità, ma implica anche la comprensione di una serie di complessità matematiche e fisiche legate al comportamento delle onde acustiche e ottiche. Il processo inverso in questo contesto richiede una buona conoscenza della geometria del dominio, dei modelli fisici sottostanti e delle condizioni necessarie per la stabilità delle soluzioni.

Qual è il ruolo delle tensioni di ordine superiore nella teoria delle nanostrutture elastiche con gradiente di deformazione?

Nel contesto della meccanica delle nanostrutture, la teoria delle elasticità con gradiente di deformazione assume un ruolo cruciale per la descrizione accurata dei fenomeni meccanici a scala nanometrica, dove i modelli classici risultano insufficienti. In questa teoria, il tensore del gradiente di rotazione, indicato come ηA_ijk, si può esprimere attraverso un tensore di secondo ordine, traceless, χ_ij, che è coincidente con la curvatura del campo di spostamento. Questo tensore χ_ij è definito come la derivata spaziale dell’asse di rotazione ω_i, a sua volta legata alla parte antisimmetrica del gradiente degli spostamenti.

La decomposizione del tensore doppio delle tensioni τ_ijk in componenti ortogonali τ^(0)_ijk, τ^(1)_ijk e τ^A_ijk permette di associare a ciascuna componente una specifica parte del gradiente di deformazione η^(0)_ijk, η^(1)_ijk e η^A_ijk, rispettivamente. Tale struttura ortogonale consente di rappresentare l’energia elastica di ordine superiore come somma di contributi indipendenti, associati a queste componenti. Il modello include così termini non solo relativi alla deformazione classica, ma anche a gradienti più elevati, come la curvatura e i gradienti di rotazione.

Le relazioni costitutive di ordine superiore adottate, come quelle proposte da Lam et al. (2003), utilizzano parametri dimensionali della lunghezza del materiale (l_0, l_1, l_2), che introducono scale caratteristiche capaci di catturare effetti meccanici a dimensioni ridotte. Questi parametri, insieme al modulo di taglio di Lamé μ, permettono di estendere le equazioni classiche di elasticità lineare includendo termini proporzionali ai gradienti spaziali più elevati delle deformazioni e delle rotazioni.

Nel caso di lastre nanometriche, il modello di Kirchhoff-Love viene riformulato per includere gli effetti di gradiente di deformazione. La formulazione tridimensionale dello stato di equilibrio statico, con campi di spostamento infinitesimali e regolari, si riduce alla soluzione di un problema bidimensionale sulla superficie media della lastra, sfruttando la simmetria geometrica e la sottigliezza del dominio. Le quantità cinematiche ammissibili sono descritte attraverso uno spostamento trasversale w, da cui derivano le misure di deformazione ε_i,j, η^(1)_ijk e la curvatura χ^S_ij.

L’energia totale immagazzinata nel corpo solido è data da un funzionale che coinvolge integrali volumetrici di deformazioni e dei loro gradienti, bilanciati dalle forze esterne applicate. La formulazione debole del problema di equilibrio consente di individuare la soluzione come punto stazionario di questo funzionale energetico.

La complessità della struttura tensoriale dei momenti di ordine superiore, come M_αβγ, è espressa mediante costanti che dipendono dai moduli di Lamé e dalle lunghezze caratteristiche. Queste costanti devono soddisfare condizioni di ellitticità per garantire la stabilità e la correttezza fisica del modello, imponendo vincoli positivi su μ, λ e sui parametri l_i.

Nel passaggio dalla tridimensionalità al modello bidimensionale di lastra, l’integrazione attraverso lo spessore e la riorganizzazione dei termini permette di ottenere equazioni di equilibrio che coinvolgono momenti di primo e ordine superiore, funzionali alle derivate spaziali dello spostamento trasversale. L’adozione di domini regolari e lisci assicura la correttezza matematica della formulazione e la possibilità di applicare metodi variazionali rigorosi.

La simmetria assunta per il tensore di coppia di tensioni è un’ipotesi importante che, pur semplificando le equazioni costitutive, non infrange leggi fisiche fondamentali. Questo facilita la modellizzazione, mantenendo però la capacità di descrivere materiali isotropi a gradiente di deformazione.

È fondamentale comprendere che la teoria del gradiente di deformazione non si limita a correggere le leggi di elasticità classica con termini aggiuntivi, ma introduce una nuova scala di fenomeni meccanici, strettamente connessa alle caratteristiche geometriche e materiali dei nanostrutture. In particolare, le lunghezze caratteristiche impongono limiti alla validità delle ipotesi di continuità e linearità, richiedendo attenzione nella scelta dei parametri per ogni specifico materiale.

Inoltre, l’interazione tra gradienti di spostamento, rotazione e curvatura non è solo una questione formale: essa incide profondamente sulle risposte meccaniche, specialmente in situazioni con forti discontinuità o concentrazioni di deformazioni. Pertanto, la comprensione delle proprietà di ortogonalità tra le componenti dei tensori di tensione e deformazione è cruciale per una corretta interpretazione fisica e matematica del modello.

Infine, la riduzione del problema tridimensionale a uno bidimensionale, pur semplificando l’analisi e i calcoli, preserva l’essenza delle leggi fisiche più sofisticate, offrendo un quadro teorico robusto per lo studio e la progettazione di nanostrutture sottili, come le nanopiastrine, nel regime elastico.