Quando si considera l'informazione come elemento fondamentale nella comunicazione, è necessario risolvere tre problemi interrelati: tecnico, semantico ed efficace. Il problema tecnico riguarda la precisione nella trasmissione dei simboli comunicativi, un aspetto che garantisce che il messaggio possa essere correttamente trasmesso dal mittente al destinatario. Il problema semantico si concentra sull'interpretazione del significato da parte del ricevente e sulla corrispondenza di quest'interpretazione con l'intenzione originaria del mittente. Infine, il problema dell'efficacia riguarda la misura in cui il significato trasmesso induce il destinatario a comportarsi secondo le aspettative del mittente.
Nel corso degli anni, diversi studiosi hanno proposto classificazioni concettuali dell'informazione, che riflettono diverse sfaccettature della sua natura. Bates, ad esempio, distingue tra tre forme di informazione: l'informazione 1, che riguarda l'organizzazione della materia e dell'energia; l'informazione 2, che è l'informazione dotata di significato; e la conoscenza, che è lo stato mentale che risulta dall'informarsi su un dato significativo. Floridi (2011), invece, propone di vedere l'informazione da tre prospettive: come realtà (modelli fisici di segnali), come informazione sulla realtà (informazione semantica, qualificabile in termini di verità o falsità), e come informazione per la realtà (istruzioni, come informazioni genetiche, algoritmi o ricette). Altri autori, come Deacon (2017), usano categorie come informazione strutturale, referenziale e normativa per descrivere questi aspetti.
Nonostante le differenze tra queste classificazioni, è evidente che ci sono alcune sovrapposizioni e analogie. Le teorie proposte finora, tuttavia, lasciano aperta la domanda se sia necessaria un'ulteriore chiarificazione del concetto di informazione. Un'analisi concettuale adeguata è spesso ritenuta mancante. Per esempio, Bates e Linski definiscono la conoscenza come uno stato mentale derivante dall'informazione ricevuta. Ma la conoscenza non è l'unico risultato di essere informati; vi sono anche cambiamenti nel comportamento, che vanno considerati. La proposta di Floridi, con la sua mappa che include l'informazione strutturale, referenziale e normativa, ha svolto un ruolo centrale nello sviluppo di questa ricerca, ma richiede comunque un'analisi ancora più completa ed esplicita.
Una questione importante da considerare riguarda la difficoltà di applicare concetti linguistici come sintassi, semantica e pragmatica all'informazione in generale. Questi termini derivano dalla linguistica e si riferiscono alla comprensione di come i segni e i simboli veicolano significato. Tuttavia, se consideriamo l'informazione in modo più ampio, ci accorgiamo che l'informazione non si riduce ai simboli linguistici. Infatti, l'informazione è un concetto più fondamentale della lingua, e i simboli linguistici rappresentano solo una delle tante modalità attraverso cui l'informazione può essere trasmessa.
Per fare chiarezza, si può introdurre una visione non linguistica dell'informazione, come quella proposta da Deacon, che distingue tra informazioni strutturali, referenziali e normative. L'informazione strutturale riguarda la sequenza di simboli o segnali fisici che veicolano informazioni. Essa può essere rappresentata in vari modi: ad esempio, il messaggio "ti amo" può essere scritto su un foglio di carta o trasmesso via segnali elettrici tramite il telegrafo. Questo tipo di informazione, pur essendo legato al mezzo fisico attraverso cui è trasmessa, non è determinato completamente dal medium stesso.
L'informazione strutturale (Str) si definisce come un pattern o differenza manifestata da un mezzo fisico. Essa non è completamente determinata dal mezzo fisico, ma si realizza attraverso di esso. Per definire l'informazione strutturale in modo adeguato, è necessario identificare gli elementi essenziali: il pattern e il suo realizzatore fisico. Il pattern può essere visto come una differenza, una disomogeneità che viene realizzata dal mezzo fisico ma che non è identificata con esso. Si può quindi dire che l'informazione strutturale è un'astrazione concreta, che non può esistere senza il suo supporto fisico, ma che trascende la pura fisicità del supporto stesso.
Il concetto di informazione strutturale non è mai completamente esaurito dal mezzo fisico, ma si manifesta attraverso di esso. Questo approccio consente di andare oltre le semplici definizioni linguistiche e di comprendere l'informazione come un'entità che si estende attraverso molteplici forme e supporti fisici, ognuno dei quali contribuisce alla creazione di significato.
In definitiva, l'informazione è un concetto complesso che non può essere compreso esclusivamente attraverso una visione linguistica o simbolica. È essenziale esplorare le sue molteplici dimensioni, da quella strutturale a quella semantica e pragmatica, per ottenere una comprensione più completa dei processi comunicativi e informativi che ci circondano.
Qual è la vera natura dell'informazione? Un'analisi fisica e semantica
L'informazione è un concetto che spesso viene trattato in modo ambiguo o intercambiato come se fosse sinonimo di altri termini, creando confusione nella comprensione delle sue implicazioni profonde. Questo è particolarmente evidente in alcuni trattamenti più popolari, come nel libro premiato di James Gleick, The Information: A History, A Theory, A Flood, dove la storia dell'informazione viene raccontata con grande dettaglio, ma senza alcuna considerazione riguardo al significato o all'uso di quest'ultimo. Si ha l'impressione che questi aspetti siano considerati solo come periferici, ma, come molti filosofi hanno dimostrato, le questioni legate al significato dell'informazione sono tutto fuorché marginali. In effetti, i dibattiti filosofici su questi temi, che risalgono a millenni fa, non hanno ancora trovato una risoluzione definitiva.
Dal punto di vista della filosofia, la comprensione dell'informazione ha subito un'evoluzione significativa, integrando nel corso del tempo le teorie del pensiero e della conoscenza. Le opere di pensatori come Bar-Hillel, Carnap, Wiener, Dretske, Millikan, Floridi e Skyrms, solo per citarne alcuni, hanno cercato di integrare la teoria dell'informazione con la filosofia della mente e della conoscenza. Università, società professionali internazionali e riviste specializzate hanno visto crescere il loro numero negli ultimi decenni, segno di un crescente interesse e di una crescente complessità del tema.
Dopo più di settant'anni dalla pubblicazione delle teorie di Shannon, ci si potrebbe aspettare che solo modifiche marginali alla nostra comprensione dell'informazione siano possibili. Tuttavia, un'analisi più approfondita porta alla luce una questione fondamentale che rimane irrisolta: quale sia la natura fisica dell'informazione e quale ruolo svolgano gli aspetti semantici e interpretativi di essa.
Il titolo di questo libro, Information in a Physical World, suggerisce che una domanda cruciale sia rimasta senza risposta. Esso accosta due concetti distinti di informazione. Da un lato, l'informazione si presenta come sequenze fisiche di immagini, testi o numeri, la cui materialità è evidente. Tuttavia, questa materialità ha un impatto relativamente ridotto rispetto agli effetti causati dal significato che queste informazioni trasmettono. Infatti, il significato di un'informazione non è affatto una proprietà fisica, eppure può avere conseguenze causali enormi, in grado di modificare interi sistemi sociali e i loro contesti fisici. Questo paradosso solleva un interrogativo cruciale: se le proprietà fisiche sono generalmente considerate come le uniche in grado di esercitare effetti causali, come possiamo spiegare l'efficacia causale del significato, che appare privo di una base fisica evidente?
L'informazione, come molte altre cose nel mondo moderno, si manifesta in una forma fisica, che può essere trattata nei computer o nel cervello umano come segnali chimici o elettrici. Per molti studiosi, la fisicità dell'informazione è ormai un dato acquisito. Rolf Landauer, ad esempio, nel 1961 dichiarava che l'informazione non è un'entità astratta o formale, ma è fisica. La dimostrazione di questa fisicità, secondo Landauer, si trova nel fatto che solo l'azione di cancellare informazioni, come nel caso della memoria di un computer, comporta un aumento dell'entropia. Si tratta, però, di una fisicità negativa, che non sembra essere direttamente utile per comprendere come il significato possa avere effetti fisici concreti.
Il libro Information in a Physical World si propone di esplorare una nuova concezione di fisicità dell'informazione, partendo da una distinzione tra tre aspetti gerarchicamente correlati dell'informazione: le sue proprietà strutturali, la sua funzione referenziale e le sue conseguenze normative. Mentre l'analisi di Shannon ha fornito una base adeguata per caratterizzare gli aspetti strutturali dell'informazione, le questioni legate al riferimento e alla normatività sono state per lo più trattate come epifenomenali dalla scienza naturale e come oggetto di dibattito tra i filosofi. Una delle principali ambizioni di questo lavoro è quella di spiegare l'efficacia causale di questi aspetti semiotici apparentemente soggettivi dell'informazione.
Questo obiettivo viene raggiunto attraverso un'inversione della visione accettata dell'informazione, in cui le proprietà referenziali e normative diventano la principale fonte di efficacia fisica, mentre le proprietà strutturali dei media che portano l'informazione passano in secondo piano. Un concetto chiave per comprendere come gli aspetti non intrinseci dell'informazione possano esercitare un'efficacia causale è il processo di interpretazione. Il luogo in cui si concentra l'efficacia causale non è tanto nel mezzo fisico che trasporta l'informazione, ma nel processo interpretativo che la rende significativa. Questo spostamento di focus, dalle proprietà strutturali intrinseche ai processi interpretativi, aiuta a chiarire come una causalità che inizialmente sembrava non fisica possa effettivamente avere effetti tangibili nel mondo fisico.
La discussione in seguito si amplia e esplora la logica dell'interpretazione in vari contesti, dalle interpretazioni fondamentali che riguardano la chimica normativa dei processi vitali, fino all'analisi della complessa infrastruttura semiotica che sottende il pensiero simbolico e il linguaggio. Si tratta di una riflessione che ha il potenziale di risolvere uno dei paradossi più persistenti della filosofia dell'informazione: la causalità semiotica, che inizialmente sembra non fisica, non è altro che un risultato di un'analisi che separa l'informazione dal processo fisico che la interpreta.
Questo lavoro offre una prospettiva rivoluzionaria e profonda sul problema teorico della causalità semiotica, fornendo anche una rassegna storica completa delle molteplici tentativi di dare senso alla questione. La sintesi che ne emerge integra spunti provenienti da discipline molto diverse: filosofia della mente, teoria dell'informazione, semiotica, termodinamica, linguistica, e anche ricerche più specifiche sull'origine della vita e la natura dell'informazione. Questo nuovo approccio non solo arricchisce la nostra comprensione, ma offre un quadro teorico indispensabile per affrontare le sfide concettuali che emergeranno con i progressi in biologia molecolare, neuroscienze cognitive e intelligenza artificiale.
Come Funziona il Riferimento Simbolico nel Linguaggio: La Struttura e l'Indipendenza del Significato
Il concetto di "riferimento simbolico" è una questione centrale nella filosofia del linguaggio e nella linguistica, e la sua comprensione è fondamentale per comprendere come il linguaggio umano opera nella nostra vita quotidiana. A differenza dei segni indicativi, che si basano su correlazioni dirette tra il segno e il suo oggetto, i segni simbolici, come le parole, hanno un potere rappresentativo che dipende dalla loro posizione all’interno di un sistema complesso di relazioni. In questo senso, la loro capacità di riferirsi a qualcosa non è intrinsecamente legata a un oggetto specifico, ma è piuttosto distribuita tra le relazioni strutturali con altri segni nel sistema linguistico.
Nel linguaggio, il riferimento simbolico dipende da un complesso processo di interpretazione che non può essere ridotto a semplici correlazioni tra segni e oggetti. Prendiamo ad esempio la parola "cane" nella frase "Il primo essere vivente a orbitare attorno alla Terra fu un cane". Qui, la parola "cane" si riferisce chiaramente a Laika, il cane inviato nello spazio nel 1957, ma lo fa non solo attraverso il significato comune della parola, ma anche attraverso la struttura della frase che la contestualizza. In altre parole, il significato di "cane" in questa frase è determinato dal contesto più ampio in cui la parola è inserita. La parola "cane" agisce quindi come un segno che ottiene il suo riferimento attraverso la costruzione sintattica e semantica della frase.
Questo concetto di riferimento simbolico si distingue da quello dei nomi propri, che secondo la teoria causale di Saul Kripke, si costruiscono attraverso una catena causale storica che collega il nome all'oggetto a cui si riferisce. Ad esempio, il nome "George Washington" è un riferimento univoco al primo presidente degli Stati Uniti, ma questo riferimento si forma e persiste attraverso una serie di interazioni causali che iniziano quando il nome è stato coniato. Tuttavia, questa teoria non può spiegare completamente la natura del riferimento simbolico, che dipende da un insieme più ampio di relazioni strutturali tra segni, come i simboli linguistici che operano all’interno di una grammatica universale.
Un altro aspetto fondamentale del linguaggio è la sua capacità di generare strutture complesse. Mentre, per esempio, i segnali degli scimpanzé hanno una funzione indicativa, e ogni segnale è legato a un particolare predatore, nel linguaggio umano ogni componente, dalle lettere alle frasi, è organizzata secondo regole grammaticali che permettono una combinazione infinita di espressioni. Questo rende il linguaggio estremamente generativo, capace di produrre frasi nuove e complesse a partire da un numero limitato di elementi, come ha sottolineato Noam Chomsky. Il linguaggio umano non è dunque una semplice serie di segnali, ma un sistema complesso in grado di esprimere una gamma praticamente infinita di significati.
Queste caratteristiche distintive del riferimento simbolico ci spingono a considerare la semantica come una rete di relazioni interconnesse. Secondo Deacon e Raczaszek-Leonardi, la vera sfida non è tanto quella di spiegare come i segni iconici e indicativi possano evolversi in segni simbolici, ma piuttosto di capire come il riferimento simbolico si distacchi gradualmente dal riferimento diretto per diventare "sganciato" o "disincarnato", come sostengono Deacon e Raczaszek-Leonardi nel loro approccio semiotico. In questo senso, il riferimento simbolico non è mai completamente indipendente, ma si fonda su un sistema di relazioni indexicali tra segni che supportano il loro potere rappresentativo.
Quando si parla di "sganciamento simbolico", si fa riferimento alla capacità del linguaggio di separare il suo potere di riferirsi a un oggetto dalla sua effettiva performance comunicativa. Prendiamo ad esempio una frase come "Un cane ha quattro zampe". In questo caso, la parola "un" funge da indice per la parola "cane" attraverso la continuità spaziale tra i due termini. Sebbene la frase non abbia un referente definito (come un cane specifico), essa possiede comunque un senso. Questo suggerisce che il linguaggio simbolico funziona come una rete distribuita di indici, in cui ogni segno indica un altro attraverso relazioni strutturali, come la grammatica e la sintassi.
Inoltre, il riferimento simbolico non si basa su correlazioni dirette tra il segno e il suo oggetto, come accade nei segni iconici o indicativi, ma dipende dal sistema complesso di relazioni tra i segni all'interno del linguaggio. Queste relazioni strutturali conferiscono autonomia al linguaggio simbolico, separando il potere di riferirsi dal suo effettivo referente. L’interpretazione di un segno simbolico, quindi, non si concentra più sulla relazione diretta tra il segno e l'oggetto, ma sulle connessioni astratte che si stabiliscono tra i vari segni all’interno del sistema linguistico.
Questo cambiamento di strategia interpretativa non implica un apprendimento completamente nuovo. Quando impariamo una nuova lingua, per esempio, iniziamo traducendo le parole e le frasi nella nostra lingua madre, un processo che coinvolge l'interpretazione indexicale. Solo successivamente, attraverso la consapevolezza delle strutture grammaticali, ci rendiamo conto che ci sono correlazioni sistematiche tra le lingue. L’apprendimento di una lingua è quindi un processo in cui la conoscenza del linguaggio simbolico non è acquisita direttamente, ma scoperta attraverso il riconoscimento delle relazioni strutturali tra i segni. In questo modo, l’interprete non impara solo nuove espressioni linguistiche, ma sviluppa anche una nuova comprensione delle relazioni che legano i segni tra di loro.
Il linguaggio simbolico, quindi, non è solo un mezzo per riferirsi al mondo esterno, ma un sistema dinamico e generativo che si evolve attraverso relazioni interne complesse, che vanno oltre la semplice correlazione tra segno e oggetto.
Come Si Sviluppa il Significato e la Convenzionalità nel Gioco del Segnale?
Nel contesto delle teorie evolutive della comunicazione, il concetto di equilibrio nei giochi di segnale gioca un ruolo fondamentale. In particolare, se un sistema strategico di segnali è evolutivamente stabile, significa che la strategia che prevale nella popolazione sarà una strategia di sistema di segnali. Quindi, se un gioco evolutivo di segnali porta alla dominanza di una strategia, tale strategia deve essere necessariamente una strategia di sistema di segnali. In altre parole, una strategia è evolutivamente stabile se e solo se è una strategia di sistema di segnali. Questa stabilità si estende anche agli equilibri di segnalazione, che sono descritti come equilibri di Nash rigorosi in cui i giocatori ottengono il massimo profitto attraverso atti adeguati.
Il concetto di equilibri di segnalazione è cruciale per comprendere la convenzionalità del significato. In un gioco di segnalazione tipo Lewis, l'informazione viene trasmessa dal mittente al destinatario, e quindi il successo delle azioni di entrambi i partecipanti è determinato dalla correttezza della segnalazione. Se riuscissimo a spiegare gli equilibri di segnalazione in questi giochi, potremmo spiegare anche la convenzionalità del significato. Questo approccio ha avuto un impatto significativo sulla filosofia del linguaggio, cambiando il modo in cui viene visto il significato e la sua origine.
Una delle domande principali che la teoria cerca di rispondere è se il significato delle parole possa emergere spontaneamente o per caso. La questione riguarda la convenzionalità del linguaggio e della logica. A differenza della tradizione filosofica che distingue nettamente tra linguaggio umano e segnali animali, la teoria dei giochi di segnale suggerisce che le differenze non siano di natura, ma di grado. Questo implica che i simboli linguistici, pur essendo più complessi, non sono fondamentalmente diversi dai segnali animali, ma semplicemente più sviluppati.
Una delle grandi scoperte della teoria dei giochi di segnale è che non è necessario fare riferimento alla razionalità o alle credenze epistemiche degli agenti per spiegare la convenzionalità del significato. In altre parole, la comprensione e la comunicazione tra i partecipanti non richiedono che questi abbiano credenze o conoscenze esplicite sul significato dei segnali. Questa è una delle principali sfide: come può un gioco di segnalazione evolutivamente stabile emergere tra agenti che non condividono credenze epistemiche comuni, come accade tra esseri umani? La risposta a questa domanda, secondo Skyrms e altri teorici, è che la convenzionalità può emergere senza necessità di una razionalità esplicita.
La teoria dei giochi di segnale affronta anche il problema della comunicazione tra agenti epistemici, come gli esseri umani, che possiedono credenze e intenzioni. Sebbene la teoria tratti principalmente interazioni tra agenti non epistemici, c'è spazio per estendere il modello a interazioni tra agenti epistemici. Questo approccio non solo espande il campo della teoria dei giochi di segnale, ma invita anche a riflettere su come possano nascere nuovi linguaggi tra agenti che inizialmente non condividono alcuna lingua comune.
La convenzionalità del linguaggio, dunque, non dipende dalla razionalità degli individui, ma dall'interazione ripetuta e dalla necessità di coordinarsi su un sistema di segnali che permetta a ciascun agente di ottenere il massimo beneficio. La comunicazione tra esseri umani, quindi, non è solo una questione di trasmissione di informazioni, ma è il risultato di un processo dinamico che emerge in contesti di interazione.
Tuttavia, la teoria dei giochi di segnale non è priva di critiche. Alcuni sostengono che non riesca a spiegare adeguatamente le complessità delle interazioni umane, come i fraintendimenti che possono sorgere anche quando un equilibrio di segnalazione viene raggiunto. Questo fenomeno, chiamato "malinteso reciproco", è ben illustrato nella storia del Taoista e del macellaio nella Cina imperiale. Nel gioco di segnale tra i due, il malinteso nasce proprio dal fatto che i segnali, pur essendo riconosciuti come risposte corrette all'interno del gioco, erano interpretati in modi radicalmente diversi dai partecipanti. Ciò dimostra che, anche quando un equilibrio viene raggiunto, non sempre avviene una comunicazione effettiva.
L'esempio del Taoista e del macellaio suggerisce che la corretta interpretazione dei segnali non è sempre garantita, anche se il sistema di segnalazione sembra essere evolutivamente stabile. La situazione mette in luce come le percezioni soggettive dei segnali, influenzate dalla propria esperienza e contesto, possano portare a fraintendimenti. In effetti, nel contesto umano, l'intenzione e la comprensione reciproca sono altrettanto cruciali quanto il semplice scambio di segnali.
Infine, per comprendere come i sistemi di segnalazione possano evolversi e diventare più complessi, è necessario partire dai segnali più semplici. Così come nel caso degli animali, dove i segnali di comunicazione sono relativamente semplici e privi di contenuti epistemici complessi, nel linguaggio umano i segnali possono evolversi e combinarsi per formare significati sempre più articolati. Ciò avviene attraverso un processo graduale che, pur partendo da segnali elementari, porta alla creazione di un sistema complesso di comunicazione.

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