Il modello di crescita economica in un contesto di economia aperta può essere analizzato utilizzando una funzione di produzione Cobb-Douglas ampliata, combinata con una funzione di produzione della conoscenza. Tale approccio consente di evidenziare gli aspetti principali della crescita economica globale in modo semplice e diretto. La funzione di produzione descrive come il prodotto (Y) dipenda da tre fattori principali: il capitale (K), il lavoro (L) e la conoscenza (A), ma vi è un ulteriore elemento che riflette l'impatto positivo del rapporto esportazioni/PIL (x) su Y.
In questo modello, il rapporto di esportazioni è considerato una funzione positiva del tasso di cambio reale (q*) e una funzione negativa della tariffa di importazione estera (t*). L’equazione che descrive questo effetto è:
Questa espressione suggerisce che le esportazioni aumentano quando il tasso di cambio reale è favorevole e diminuiscono quando le tariffe estere sulle importazioni aumentano. Inoltre, il tasso di crescita della conoscenza (a) è influenzato da vari fattori, tra cui il trasferimento tecnologico internazionale e l'intensità delle esportazioni. La formula che descrive la crescita della conoscenza è:
Qui, il termine rappresenta l'effetto di trasferimento tecnologico internazionale, mentre riflette l’impatto delle esportazioni sulla crescita della conoscenza. È importante notare che la variabile è stata posta pari a zero per semplificare l'equazione, sebbene possa essere inclusa in contesti più complessi.
Un aspetto fondamentale di questo modello riguarda la funzione di risparmio, che si compone di due componenti principali: una parte interna, proporzionale al reddito nazionale reale, e una componente estera che rappresenta gli utili reinvestiti delle filiali estere. Quest'ultima componente tiene conto degli effetti negativi delle tariffe sulle esportazioni delle filiali, un aspetto che finora non era stato adeguatamente considerato nella modellizzazione o nell'analisi empirica.
Il modello di produzione per una singola economia, espresso come:
mostra come la qualità delle esportazioni e la specializzazione delle imprese influenzano la produzione e la crescita economica. L’intensità delle esportazioni globali, che è aumentata significativamente dal 1960 al 2008, subisce però un rallentamento a seguito della crisi bancaria transatlantica. Questa crisi ha, in parte, smorzato l'intensità delle esportazioni globali, anche se è possibile osservare che, tra il 2003 e il 2007, tale intensità era stata gonfiata da premi di rischio molto bassi negli Stati Uniti.
La qualità delle esportazioni, che può essere trattata tramite concetti come il livello dei prezzi edonici, non è stata analizzata in questo contesto, ma rappresenta un altro fattore che può influenzare la crescita economica, in particolare se si considera solo il commercio di beni ad alta tecnologia, come suggerito da alcuni studi empirici. Quindi, il rapporto esportazioni/PIL non riguarda solo le esportazioni in generale, ma in alcuni casi le esportazioni di beni con un elevato contenuto tecnologico.
Infine, la funzione di risparmio che modella l’effetto degli investimenti diretti esteri (IDE) è stata definita come segue:
In questa equazione, rappresenta i risparmi puramente domestici, mentre rappresenta gli utili reinvestiti dalle filiali estere. I risparmi interni sono legati al reddito disponibile nazionale, mentre i risparmi delle filiali estere dipendono da fattori quali la quota di proprietà straniera e il livello delle tariffe doganali estere.
In uno scenario con IDE reciproci tra due paesi, l'equazione diventa più complessa, con l'inclusione di ulteriori termini che riflettono gli effetti delle tariffe di importazione sui profitti delle filiali e sui risparmi complessivi. L'analisi suggerisce che tariffe come quelle introdotte dagli Stati Uniti contro la Cina potrebbero ridurre i profitti delle filiali statunitensi in Cina, con conseguente impatto negativo sui risparmi negli Stati Uniti.
Queste interazioni tra esportazioni, tariffe e risparmi sono fondamentali per comprendere l’impatto delle politiche commerciali sul bilancio economico globale. L'equilibrio del mercato dei beni e la condizione di bilancio del governo sono strettamente legati alla funzione di risparmio, che deve uguagliarsi con gli investimenti lordi e con il deprezzamento del capitale.
Il modello sopra descritto evidenzia l’importanza dei flussi commerciali e degli investimenti diretti esteri nella crescita economica globale. La conoscenza e l'innovazione giocano un ruolo cruciale, ma gli effetti delle politiche commerciali, come le tariffe, sono altrettanto determinanti nel modellare le traiettorie di crescita.
Qual è l'effetto delle tariffe sulle relazioni economiche transatlantiche e sul percorso di crescita?
Nel contesto delle relazioni economiche internazionali, l'analisi delle tariffe doganali e del loro impatto sul percorso di crescita a lungo termine è di fondamentale importanza. Se assumiamo una crescita della popolazione nulla e definiamo k′ := K / (AL), a partire dalle equazioni (1), (2), (3) e (4), otteniamo l'equazione differenziale per dk′ / dt:
Analizzando questa espressione, si nota come la tariffa doganale estera —qui considerata come una tariffa a lungo termine e non una transitoria—ha un impatto ambiguo sul livello del percorso di crescita. In particolare, c'è un effetto paradossale nel denominatore che attenua il tasso di crescita della conoscenza, ma che al contempo incrementa il livello del percorso di crescita (meccanismo simile a quello presente nei modelli con crescita della popolazione, dove n = 0). Ciò che è fondamentale qui è che il tasso di crescita della conoscenza si riduce, ma l'effetto di tale riduzione non viene sempre correttamente considerato nella letteratura economica. In effetti, non si è mai tenuto conto dell'importanza degli investimenti diretti esteri (IDE) in entrata, che influenzano il risparmio complessivo del Paese 1.
Il reddito pro capite, definito come , è dato dal termine:
Come la conoscenza evolve nel tempo, con che rappresenta la conoscenza iniziale, possiamo scrivere il reddito pro capite in stato stazionario come:
Il grafico che rappresenta l'effetto di un aumento delle tariffe sulle importazioni estere evidenzia come l'aumento della tariffa riduca immediatamente il livello del percorso di crescita, portando a una riduzione del tasso di crescita del reddito pro capite. L'effetto sul reddito è chiaramente negativo, mostrando una diminuzione del tasso di crescita, come visibile nel grafico A2 dove la pendenza della curva cambia in modo significativo.
Dal punto di vista empirico, sarebbe utile esaminare due gruppi di Paesi: uno di Paesi grandi e l'altro di Paesi piccoli. Per i Paesi più piccoli, il ruolo degli IDE e dei trasferimenti tecnologici internazionali potrebbe essere maggiore rispetto alle economie più grandi. Questo aspetto è fondamentale per comprendere la dinamica post-Brexit e l'effetto delle tariffe imposte dalla politica commerciale di Trump sulla crescita a lungo termine della Cina. Per l'analisi del caso degli Stati Uniti, dove le tariffe sulle esportazioni dalla Cina coinvolgono sia le aziende cinesi che le filiali americane in Cina, si deve prendere in considerazione il termine aggiuntivo relativo ai risparmi derivanti dagli IDE bilaterali. Questo termine è cruciale per una valutazione più completa dell'impatto delle tariffe sulla crescita economica degli Stati Uniti.
L'impatto di un aumento delle tariffe sulle importazioni estere è chiaramente negativo. L'introduzione di tariffe su entrambi i lati richiede un modello di crescita modificato, come mostrato nell'equazione (9'), che estende l'analisi oltre il modello di equilibrio parziale utilizzato da altri autori. Tale modello tiene conto sia delle tariffe cinesi sia delle tariffe imposte dagli Stati Uniti , che riducono il PIL pro capite a lungo termine degli Stati Uniti. Inoltre, l'apprezzamento reale del dollaro, che aumenta il valore del cambio, ha effetti ambigui sul livello del percorso di crescita, in quanto sebbene aumenti il numeratore, esso incrementa anche il denominatore, attenuando l'effetto sull'output pro capite.
Infine, un altro aspetto fondamentale riguarda l'effetto delle tariffe sul consumo pro capite. L'incidenza di una tariffa sulle importazioni dipende dal rapporto tra l'elasticità dell'offerta e la somma delle elasticità di domanda ed offerta. Se questo rapporto è elevato, una quota maggiore della tariffa sarà trasferita sui consumatori. Ad esempio, la decisione dell'amministrazione Trump di non applicare immediatamente una tariffa sui telefoni cellulari importati dalla Cina si basa sulla bassa elasticità della domanda, poiché è difficile trovare un sostituto per i telefoni cinesi, compreso l'iPhone prodotto parzialmente in Cina.
In conclusione, mentre le tariffe sulle importazioni influenzano il percorso di crescita economica e la distribuzione del reddito, l'effetto più critico riguarda l'impatto sul consumo pro capite e sull'equilibrio delle relazioni commerciali tra Paesi. Il miglioramento della comprensione degli effetti complessi di queste politiche economiche è essenziale per valutare le scelte politiche a lungo termine in un contesto globalizzato.
Quali sono le conseguenze globali dei conflitti commerciali bilaterali e dell’ascesa del populismo economico?
Nel contesto di un’economia globale profondamente interconnessa, l'apparente bilateralità dei conflitti commerciali tra Stati Uniti e Cina si dissolve rapidamente, trasformandosi in un problema di portata mondiale. Il triangolo USA-Cina-UE, essendo costituito da attori economici di dimensioni simili e con intense relazioni commerciali e d’investimento, è particolarmente vulnerabile a tali dinamiche. Le guerre commerciali tra Washington e Pechino non solo destabilizzano gli equilibri multilaterali, ma generano effetti di ricaduta negativi sull'Unione Europea e su altri paesi terzi, i quali si ritrovano costretti ad affrontare un’improvvisa riallocazione dei flussi commerciali.
Quando gli Stati Uniti impongono dazi sull'acciaio e sull'alluminio, come nel 2018, la Cina ridireziona parte delle sue esportazioni verso l'Europa e l’ASEAN. Ciò induce i paesi importatori a introdurre a loro volta barriere commerciali per proteggere settori strategici esposti a pressioni deflattive causate dal surplus cinese. Questo effetto domino commerciale è accentuato dalla natura ormai obsoleta delle visioni economiche del presidente Trump, le cui decisioni sembrano basarsi su percezioni antiquate del commercio internazionale, piuttosto che su una comprensione aggiornata delle complesse interdipendenze macroeconomiche.
In parallelo, la Brexit – esito di un referendum confuso e male organizzato – ha generato un silenzio istituzionale inquietante. Grandi istituzioni, come la Bank for International Settlements o l’ESRB, hanno evitato deliberatamente di affrontare in modo esplicito i rischi sistemici derivanti dall’uscita del Regno Unito dall’UE. Questo vuoto analitico e comunicativo mina ulteriormente la fiducia nella governance economica transnazionale e lascia spazio a nuove incertezze politiche.
L’irrazionalità sembra ormai essersi insinuata nelle fondamenta dell’Occidente. Dopo la crisi bancaria transatlantica, molte economie avanzate hanno promosso forme di super-capitalismo che concedono eccessive libertà a settori chiave come quello bancario o farmaceutico. L’indebolimento della qualità della ricerca economica, soprattutto nella previsione e nella prevenzione di crisi sistemiche, riflette una tendenza preoccupante verso l’improvvisazione politica.
Questo terreno fertile per il malcontento ha permesso la crescita di movimenti populisti come l’AfD in Germania, i quali attingono al disagio di milioni di cittadini insoddisfatti da politiche incoerenti, specialmente in materia migratoria. Sebbene privi di una coerenza programmatica, tali movimenti prosperano in un ecosistema digitale in cui la disinformazione ha il potere di distorcere la percezione della realtà e radicalizzare l'opinione pubblica.
La rivoluzione digitale ha infatti ribaltato i canoni della comunicazione politica ed economica. Se gli economisti non saranno in grado di offrire strumenti interpretativi chiari e rigorosi in formato digitale, sarà inevitabile che gruppi radicali – spesso privi di competenze ma abili nel manipolare il linguaggio digitale – occupino lo spazio dell’informazione. Il risultato è un ecosistema comunicativo dove piattaforme specializzate nella diffusione di notizie false creano effetti distorsivi a

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